Ecco come fare per il rimborso sulle Bollette ENEL degli ultimi 10 anni
AVVISO IMPORTANTE CHE CREDO POSSA FARVI RISPARMIARE SOLDI E AVERE ANCHE UN RIMBORSO PER QUELLO CHE EVENTUALMENTE AVETE PAGATO IN PIU’ IN QUESTI ANNI…
Se avete la dicitura “Uso domestico non residente con Tariffa D3 bioraria transitoria” …. vi stanno facendo pagare il 30% in più di quello che dovreste pagare…
Controllatevi le bollette!!!
NEL CASO AVETE QUELLA SCRITTA E SIETE RESIDENTI VI DEVONO RIMBORSARE I SOLDI….ANDATE IN COMUNE VI FATE FARE UNO STORICO DI RESIDENZA, LO INVIATE VIA FAX A ENEL E CHIEDETE IL RIMBORSO PER TARIFFA RESIDENZA…. FINO A 10 ANNI DI RETROATTIVA’ CONTINUA…..
Se la bolletta dell’energia sembra troppo cara, potrebbe essere utile verificare alcuni dati sulla propria fattura.
Potrebbe darsi infatti – stando a quanto riportato da molti siti internet – che si stia versando una somma superiore a quella effettivamente dovuta (per valori che possono arrivare fino al 30%).
Per accertarsene è necessario visualizzare la dicitura nella sezione “dati fornitura” del proprio conto per l’energia elettrica.
Qualora sia riportato il testo “Uso domestico non residente con Tariffa D3 bioraria” l’Enel può chiedere una cifra superiore a quella che si dovrebbe pagare.
Per ripristinare la situazione più favorevole e chiedere il rimborso di quanto non dovuto si può scrivere all’Enel e chiedere di passare alla tariffa corretta per residenti inviando i documenti che attestino l’effettiva residenza.
L’Enel in una nota – riportata sul sito Affari Italiani – spiega che il problema sorge dal fatto che per l’applicazione della tariffa per uso domestico “residente” il Cliente che ha la residenza anagrafica nell’abitazione in cui è attiva la fornitura o che ne ha richiesto il trasferimento in caso di nuovo contratto deve presentare l’ autocertificazione entro 5 mesi dalla data del contratto.
Comunque, fa sapere il gestore, qualora il cliente non provveda, Enel Servizio Elettrico invia una lettera “pro-memoria” per sollecitarne la produzione, fornendo ulteriori 30 giorni di tempo per l’invio e, solo in caso di mancata produzione della documentazione, si provvede alla revoca del beneficio tariffario.
E’ possibile comunque verificare sulla bolletta e chiedere la modifica del tipo di contratto e il rimborso anche con effetto retroattivo fino a 10 anni inviando l’autocertificazione.
A quel punto la differenza economica sarà restituita in fattura.
TESTIMONIANZA PRESA DAL WEB:
Mi stanno addebitando le tariffe D3 (Uso domestico non residente) anziché le D2 (Uso domestico residente).
Ho chiamato il numero verde Enel e la gentilissima interlocutrice mi ha invitato a spedirgli una dichiarazione in cui comunico la data di trasferimento in questa abitazione e loro provvederanno a rifare i conteggi e ad accreditarmi ciò che ho pagato in più .
La differenza tra le due tariffe D2-D3 è significativa:
Quota fissa €/anno 43,5125 anziché 16,1272
Corrispettivo di potenza €/kW 14,4354 anziché 5,1340
Prezzo dell’energia
————————-Ore di punta—–Ore non di punta
1- fino a 1800 kWh €/kWh 0,113200 0,104730
2- oltre 1800 fino a 2640 kWh €/kWh 0,132200 0,123730
anziché
1- fino a 1800 kWh €/kWh 0,097450 0,088980
2- oltre 1800 fino a 2640 kWh €/kWh 0,139250 0,130780
L’ente fa pagare in automatico ai cittadini italiani la tariffa da non-residenti. Il tutto con un aggravio del 30% a coloro che sono invece residenti. Oggi, inviando copia della bolletta e atto di residenza a Enel ci si può far rimborsare appunto proprio del 30 % del costo in bolletta.
Controllate, quindi, la propria bolletta e le scritte riportate!!!
La prassi classica dell’azienda Enel è quella di chiedere ai clienti attraverso una comunicazioni telefonica, nel momento in cui si sottoscrive il contratto, lo stato: residente o non-residente. La tariffa di chi non è residente nel luogo dell’allaccio dell’energia ha un aggravio del 30%. La scritta che si trova in bolletta “Uso domestico non residente con Tariffa D3 bioraria” permette infatti ad Enel di incassare la cifra superiore. Ma il processo fa pagare in automatico anche a coloro che invece sono realmente residenti.
Oggi inviando copia della bolletta e l’atto di residenza a Enel ci si può far restituire appunto proprio il 30 % del costo in bolletta.
Se siete residenti basta verificare se sulla vostra bolletta avete la scritta “Uso domestico non residente con Tariffa D3 bioraria” per capire che state pagando troppo e la cifra è scorretta. In rete c’è chi ha scoperto che per 10 anni ha pagato la cifra sbagliata, gravata appunto del 30%.
La nota informativa dell’Azienda ENEL
Il processo e la regolazione prevedono che abbia diritto all’applicazione della tariffa per uso domestico “residente” il Cliente che ha la residenza anagrafica nell’abitazione in cui è attiva la fornitura o che ne ha richiesto il trasferimento in caso di nuovo contratto.
In tal caso è previsto che l’ autocertificazione venga inviata entro 5 mesi dalla data del contratto, e comunque qualora il cliente non provveda Enel Servizio Elettrico invia una lettera “pro-memoria” per sollecitarne la produzione, fornendo ulteriori 30 giorni di tempo, solo in caso di mancata produzione della documentazione si provvede alla revoca del beneficio tariffario.
La tariffa applicata alla fornitura è verificabile direttamente dalle bollette in ogni momento, vengono sempre riportati i dati principali della fornitura, tipologia di contratto e tariffa applicata con indicazione in chiaro “uso domestico non residente” oppure tariffa “uso domestico residente”.
In ogni caso comunque, qualora il cliente si accorga successivamente di non aver prodotto la documentazione, riscontrando l’applicazione di tariffa di uso domestico non residente, l’applicazione della tariffa di suo domestico residente può essere richiesta in ogni momento, anche con effetto retroattivo, sino a 10 anni, è sufficiente farci avere apposita autocertificazione, e se la data di decorrenza è retroattiva, viene eseguita la rifatturazione del consumo nel frattempo addebitato con tariffa non residente.
Anche in ordine alla presunta differenza economica questa varia in relazione alle caratteristiche di consumo, sino quasi ad annullarsi in presenza di consumi rilevanti. – FONTE
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Scuola della Legalità “Don Peppe Diana”: il silenzio della politica sull’iniziativa.
La Scuola della Legalità intitolata a Don Peppe Diana, sacerdote trucidato dalla camorra a Casal di Principe, rappresenta senza dubbio l’iniziativa dedicata alla legalità più bella della mia vita. Abbiamo ricevuto il plauso da numerosi esponenti delle forze dell’ordine e della magistratura molisana e oggi della segreteria generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tante scuole hanno aderito al progetto e per questo siamo davvero soddisfatti. Tanti anche i giovani entusiasti e vistoso il coinvolgimento di quasi tutti i mass media locali. Un solo “piccolissimo” neo. Nessun politico ha sprecato un solo vocabolo per una simile iniziativa. Persino l’amministrazione di Casal di Principe ha sposato la nostra idea al punto che presto andremo lì per tenere alcuni incontri su progetti comuni che intraprenderemo anche con il comitato nazionale “don Peppe Diana”.
La mia domanda – credo legittima – è: cosa significa questo silenzio e questa totale assenza della politica? Io lo so! Mi auguro però che ognuno di noi nel suo intimo si dia una risposta! Personalmente sento tra la gente voglia di legalità, di giustizia, di verità e di trasparenza, che si sposano magicamente con un grande desiderio di costruire un futuro migliore per il nostro Molise. Sono stato sempre convinto che la battaglia per la legalità non ha colori politici e si fa sotto un’unica bandiera. Forse per qualcuno (o per tanti) le nostre iniziative sono una “farsa”? Bene, allora si abbia il coraggio di dirlo apertamente! Un vecchio boss mafioso, Michele Greco, al maxi-processo di Palermo disse al giudice che il silenzio spesso fu la loro arma migliore. Il silenzio di cui parlava Greco in quel contesto si chiama “omertà”. Il silenzio in temi come la legalità invece io non riesco a qualificarlo.
Non trovo davvero la parola più appropriata. Posso solo dire che la politica doveva essere presente e far sentire il proprio appoggio ad un simile avvenimento, indipendentemente da chi ha organizzato e da come ha organizzato. Invito i cittadini a riflettere profondamente per avere un’idea di cosa può nascere dal silenzio di chi potrebbe parlare e non lo fa! Noi andremo comunque avanti! (VINCENZO MUSACCHIO)
La Germania nasconde il suo vero debito pubblico: La clamorosa denuncia di un finanziere Italiano
A raccontare al Giornale.it il «lato oscuro» di Berlino è Fabio Zoffi, veneziano che da vent’anni vive con la famiglia a Monaco di Baviera e proprietario di attività che spaziano dall’alimentare al Big data: tra i suoi clienti Luxottica, Pirelli, Bnl, Banco Popolare e Benetton.
Il grande malato dell’Eurozona non è l’Italia o un altro Paese periferico, apostrofati «pigs» («maiali») nel pieno della crisi del debito sovrano, ma proprio la Germania di Angela Merkel che continua a fare la voce grossa con la Bce e gli altri condòmini del Vecchio Continente.
Debiti occulti e banche fragili anche la Germania rischia il crac. Fabio Zoffi, italiano che vive a Monaco: “Dal 2020 i conti dello Stato salteranno per pensioni e sanità”
«ll debito pubblico complessivo tedesco non è pari all’80% del pil come certificano i documenti ufficiali ma al 287%», assicura il venture capitalist italiano dopo essersi preso la briga di rielaborare tabelle e proiezioni statistiche. La colpa è del debito «implicito», che con approssimazione possiamo qui definire «nascosto», prodotto dalle costose riforme concesse dai governi che si sono succeduti negli ultimi decenni. Tutto questo comporterà, dal 2020, pesanti aggravi alla spesa per le pensioni, le assicurazioni sanitarie e l’assistenza ai malati cronici. «Berlino è finora stata molto brava a nascondere la polvere sotto il tappeto, ma ormai è impossibile non vedere le gobbe e anche in Germania gli economisti più capaci hanno iniziato a lanciare l’allarme», precisa Zoffi, citando tra i primi profeti di sventura proprio i presidenti dei due maggiori think tank economici del Paese: Hans-Werner Sinn, temutissima voce dell’Ifo (per la verità più noto a sud della catena alpina per i giudizi tranchant che ci ha riservato) e Marcel Fratzscher, capo del Diw e autore del libro Die Deutschland-Illusion («L’illusione tedesca»). A titolo di raffronto, il debito complessivo (implicito ed esplicito) italiano si attesterebbe invece al 160% del prodotto interno lordo. In sostanza, negli ultimi anni Palazzo Chigi e Parlamento italiano fatto i compiti a casa, Frau Merkel e il Bundestag no. A contribuire al disastro annunciato della Germania, insiste Zoffi, è poi il suo quadro demografico squilibrato. È lo Stato con meno nascite al mondo.
L’altra falla aperta è rappresentata da un mercato del lavoro ormai composto per un quarto da precari (tra part-time, stagisti e mini-job), perché ne consegue una distribuzione dei redditi sempre più squilibrata: nel 2011 il 10% della popolazione deteneva il 66% della ricchezza contro il 44% del 1970.
Per non parlare delle grane del sistema del credito: le banche tedesche, sebbene tutte promosse ai recenti esami patrimoniali della Bce (ma Berlino ha ottenuto di esentare le problematiche casse di risparmio e le landesbank) da un lato «contano debiti complessivi (raccolta alla clientela, prestiti di varia natura e obbligazioni, ndr ) per 8mila miliardi di euro» dall’altro, e questo appare il problema principe, «impieghi in asset di qualità sovente discutibile: Abs, derivati, prestiti alle banche greche e spagnole». In pratica avrebbero investito male (e con una certa dose di pericolo) il denaro raccolto: «Deutsche Bank assomiglia a un grande hedge fund», lancia la provocazione Zoffi. L’imprenditore tiene a sottolineare di essere tornato a investire sulle imprese dello Stivale all’apice della crisi, sfruttando i saldi provocati dallo sferzare dello spread. Insomma, da uomo d’affari è convinto di aver fatto bene a credere nell’Italia: stima che le sue attività (il gruppo Ors specializzato nel big data; la tenuta vitivinicola in Monferrato Noceto Michelotti e l’azienda friulana di insaccati di selvaggina Bertolini Wild, insieme alle potenzialità di sviluppo del portale Gourmitaly) abbiano oggi un valore potenziale di 50 milioni. La Germania – chiosa Zoffi – resta però un esempio per la Penisola sotto molti altri aspetti fondamentali sia per la qualità di vita dei cittadini sia la buona riuscita di un’impresa: a partire da un apparato pubblico-burocratico e da un sistema della giustizia che funzionano a dovere. Fonte
Prof. Alleva: JobsAct creerà una crisi Costituzionale
Stanno preparando il terreno per lo schiavismo delle multinazionali che arriveranno in Italia. Durante le audizioni alla Camera sul Jobs Act, il Professore Giuslavorista Alleva spiega dettagliatamente le storture della legge Delega sul lavoro e dei suoi effetti.
In pillole il #JobsAct secondo il Professore giuslavorista#Alleva. Crisi costituzionale, mobbing legalizzato e spionaggio autorizzato tra i temi trattati. Vi prego di diffondere a chi ancora non è informato sulla Legge peggiore della storia della Repubblica:
MENTRE IL QUESTORE (M5S) SPALA FANGO A CARRARA GRASSO (PD) FA UN REGALO ALLA CASTA
Dopo aver appreso dell’assenza della Sen. Laura Bottici, comunicata con lettera del 11/11/2014, il presidente Grasso ha colto la palla al balzo per inserire un nuovo punto all’ordine del giorno della seduta del Consiglio di presidenza già prevista per oggi.
Con questo stratagemma, approfittando dell’assenza del questore del M5S impegnata da giorni a prestare soccorso agli alluvionati di Massa Carrara, vengono nominati 3 vice-segretari generali e 13 capi servizio. La scelta dei funzionari apicali ovviamente è avvenuta in base ad una logica partitocratica e spartitoria alla quale il M5S si è sempre opposto in questi mesi.
Mentre i cittadini sono sommersi dal fango i partiti si occupano della spartizione e della conservazione del potere: Renzi e Berlusconi si trovano a porte chiuse per capire come e quando farsi rieleggere; Grasso approfitta di un’alluvione per spartire un po’ di poltrone.
Solo se alzeremo la testa vedremo un nuovo orizzonte! Riccardo FRACCARO (M5S)
Patto Renzusconi, accordi per il Quirinale: Veltroni piace a tutti
SI È AUTOROTTAMATO, PERÒ ADESSO POTREBBE TOCCARE A LUI GIOVANE QUANTO BASTA, TONI MORBIDI E PROFILO EUROPEO IL PRIMO SEGRETARIO DEL PD GARANTE IDEALE DEL RENZUSCONI. Pare che i due si siano accordati pure sul nome del nuovo Capo dello Stato. Rendiamoci conto: un premier non eletto decide con un condannato in via definitiva chi sarà il nuovo Presidente della Repubblica. Ci sarebbe da scendere in piazza solo per questo, ma ormai ci siamo talmente abituati ed assuefatti che in Italia passa qualsiasi cosa nell’indifferenza del popolo. Torniamo ai fatti. C’è un nome, pensate un po’, sul quale convergono Renzi e Berlusconi. Ne ha parlato ieri il Fatto Quotidiano dicui riportiamo l’intero articolo:
Chi è il Candidato, con la maiuscola, su cui il Condannato ha iniziato a ragionare domenica scorsa ad Arcore con i suoi fedelissimi? Il Candidato per il Quirinale, naturalmente. La successione a Giorgio Napolitano è il Grande Gioco innescato dalle indiscrezioni di sabato scorso sulla “stanchezza” di Re Giorgio e dalla conseguente ipotesi delle sue dimissioni nel bimestre gennaio-febbraio del ‘15. E il “ragionamento” aperto dall’ex Cavaliere è la prova regina che il patto del Nazareno con Matteo Renzi reggerà nonostante l’ammuina sull’Italicum su soglie di sbarramento e compromessi sulle quote di nominati. Come vanno spiegando, sino allo sfinimento, le colombe forziste “la pietra angolare su cui poggia il Nazareno è l’elezione del capo dello Stato ed è impensabile che Berlusconi si tiri fuori”.
Aggiunge un parlamentare che conosce bene il Pregiudicato: “C’è un dato psicologico di cui bisogna tenere conto: tra Ciampi e Napolitano sono 15 anni che Berlusconi non può telefonare al Colle, è sempre stato costretto a fidarsi di vari ambasciatori, a partire da quello principale, Gianni Letta. Il patto del Nazareno serve anche stabilire un filo diretto tra lui e il Colle”. ECCO PERCHÉ il Pregiudicato non romperà con lo Spregiudicato e punta il grosso delle sue fiches (a parte la scontata garanzia sulla “roba” e sulla tutela del conflitto d’interessi) su un nome davvero amico al posto di Napolitano. E ragionando, ragionando, domenica scorsa ad Arcore c’è stata una prima scrematura dei nomi possibili, con uno che svetta su tutti gli altri. Quello di Walter Veltroni, africano ad honorem, regista nonché scrittore nella sua seconda vita da autorottamato. “Di Veltroni mi posso fidare”, questa la frase berlusconiana che sottintende ai primi abboccamenti in merito con il clan renziano e che prevede Gianni Letta come segretario generale del Colle. Il premier ha già messo in chiaro che spetterà al Pd fornire l’indicazione del nome e quello di Veltroni è collocato nella primissima fascia. Ma soprattutto è l’unico autorevole in grado di unire le due sponde del patto. Non Romano Prodi, detestato da B. ed escluso dalla stesura originaria del patto segreto. Non D’Alema, che è l’incubo di Renzi; non Casini, autocandidatosi, ma che sa di muffa democristiana; non l’ex craxiano Amato, che sarà però il nome che Napolitano farà ai due contraenti, come ultima moral suasion del suo secondo e breve mandato. IL CONDANNATO vuole una figura “morbida”, rotonda, senza spigoli come Napolitano. E il profilo veltroniano è perfetto. Non solo. Il regista che ha raccontato Berlinguer rappresenta il compromesso ideale tra le due “strade” avanzate sin qui nei vari colloqui riservati sulla successione a Napolitano. Da un lato un presidente esperto e ancora garante verso l’Europa (Draghi, Monti, lo stesso Amato) ma che schiaccerebbe inevitabilmente i due soci del Nazareno. Dall’altro una soluzione più giovane, magari rosa, tenuta in pugno dal renzusconismo. Veltroni è a meta tra le due “strade” e può soddisfare le condizioni del patto. Starà poi a lui, icona politica del buonismo e del “maanchismo”, districarsi tra i primi due macigni del suo eventuale settennato: gli azzardi renziani sul voto anticipato, soprattutto quando l’Italicum sarà approvato, e l’eterna richiesta di grazia motu proprio per il Condannato. Sogghigna un deputato dem informatissimo sulla trattativa in corso: “Un presidente che si trovasse a fare subito tutte e due le cose, scioglimento delle Camere e grazia a B., si ritroverebbe i forconi in piazza del Quirinale”. I rapporti tra il primo segretario del Pd e Berlusconi non sono mai stati agitati. Fa parte ormai della storia di questo Paese, la celebre campagna elettorale delle politiche del 2008, quando Veltroni candidato premier del centrosinistra non citò mai l’avversario. Ovviamente Berlusconi stravinse e arrivò all’acme della sua popolarità con il discorso bipartisan sulla Resistenza a Onna. Dettaglio da non sottovalutare la trattativa segreta che B. e Veltroni fecero per introdurre la soglia del 4 per cento alle elezioni europee del 2009. Tutto si svolse a partire dal gennaio del 2009, come ha rivelato uno scoop del Male di Vauro e Vincino nel 2011, e l’incontro decisivo si tenne a casa di Goffredo Bettini, l’inventore del modello Roma. INDOVINATE chi c’era a rappresentare Berlusconi? L’ineffabile Denis Verdini e finanche il faccendiere pregiudicato Luigi Bisignani. Un tris di logge: P2, P3 e P4. Poco dopo s’insediò anche Mauro Masi alla direzione generale della Rai. Fu il Riformista, qualche anno prima, a svelare i contenuti dell’accordone tra B. e Veltroni: Rai, legge elettorale, giustizia, federalismo e regolamenti parlamentari. Unica controindicazione alla candidatura renzusconiana di Veltroni è il posto da dove è partito per la prima volta il suo nome: il Foglio di Giuliano Ferrara, monolocale giornalistico dell’inciucio permanente. Fassino, su quelle colonne, nel 2006 lanciò D’Alema. E venne fuori Napolitano.
Da Il Fatto Quotidiano del 12/11/2014.
In pillole il #JobsAct secondo il Professore giuslavorista#Alleva. Crisi costituzionale, mobbing legalizzato e spionaggio autorizzato tra i temi trattati. Vi prego di diffondere a chi ancora non è informato sulla Legge peggiore della storia della Repubblica:
Integrale: Beppe Grillo in diretta da Bruxelles presenta il referendum sull’euro
Sceneggiata di Lorenzo Consoli, dopo il discorso di Beppe, dubbi in rete sulla sfuriata a Grillo. Lavorava per il PD.
Lorenzo Consoli, membro dell’Api (Associazione stampa internazionale), prende la parola per criticare il modo di gestire la conferenza stampa. “Putin fa così, che fa parlare i suoi amici”, la critica del giornalista italiano. “Vuole essere come Putin? In conferenza stampa le domande le fanno i giornalisti”.
Grillo risponde: “Io sono padrone di rispondere a chi voglio. Sono padrone della mia libertà … Quando sarete degli organi liberi, io risponderò alle vostre domande”.
Ma chi è Lorenzo Consoli? Trattasi del fratello di Angelo Consoli, collaboratore e direttore dell’Ufficio Europeo di Jeremy Rifkin, celebre economista. Su Facebook, qualche utente ha chiesto lumi ad Angelo Consoli circa il comportamento tenuto dal fratello nei confronti di Grillo. Una sceneggiata?
“Bimbe malate, guai a chi osa cacciarle”: Casa all’asta per debiti il Paese si Ribella
E’ successo in una cittadina della Sardegna, Uta: un intero paese è sceso in piazza per impedire la vendita all’asta della casa di una famiglia in cui vivono due gemelline di nove anni affette da problemi cardiaci.
Una lunga processione fino al Comune per impedire che la famiglia lasci la sua casa e che le due bambine, già provate dalla malattia, subiscano i pesanti contraccolpi dello sfratto. L’abitazione è stata messa all’asta per via dei debiti accumulati dai genitori proprietari di un market che non ha retto alla crisi. Oggi era atteso un possibile acquirente ma la levata di scudi dei cittadini ne ha impedito l’arrivo. “Se hai cuore non comprare, noi diciamo no”, è scritto nei tanti cartelli preparati per la manifestazione spontanea a cui si sono unite anche molte persone provenienti dai paesi del circondario. Tutti si sono detti disposti a versare una cifra per poter riscattare la casa e risparmiare alle due sorelline la sofferenza che l’abbandono del nido in cui sono nate e cresciute potrebbe provocare. Fonte e Photo
4 MILIARDI di fondi FAS destinati al SUD, dirottati al NORD con il plauso di un On. Pugliese
L’Incredibile difesa d’ufficio dell’on. Michele Bordo, da Manfredonia, dello scippo di quattro miliardi di euro di fondi europei destinati al Sud e dirottati al nord, previsto dal governo Renzi, scatena reazioni indignate. Persino il deputato barese Boccia, renziano di ferro, ha denunciato la malvagità di tale operazione di spoliazione del Sud, mentre il pur “dalemiano” politico di Manfredonia la difende a spada tratta, dicendo che è cosa giusta aver dirottato i quattro miliardi per sostenere l’occupazione. Posti di lavoro che come vedremo andranno tutti e soltanto al nord.
A sostegno della sua difesa, Bordo, presidente della Commissione politiche europee della Camera, si appiglia alla cosiddetta “incapacità” di spesa delle regioni meridionali che rischierebbero “probabilmente” (l’avverbio è dello stesso bordo) di far decadere i fondi. Secondo alcuni opinionisti, come Marco Esposito, giornalista economico de “il Mattino” di Napoli e l’esperto di Fondi europei Federico Cimmino, collaboratore de “Il Fatto quotidiano”, si tratterebbe di scuse e pretesti per sottrarre i già miseri fondi desinati al Sud. Continua su FONTE