Sequestriamo i beni dei partiti!
I partiti hanno truffato gli italiani. Gli hanno estorto 2,3 miliardi di euro di finanziamenti pubblici nonostante il voto contrario di un referendum. Dopo anni di silenzio omertoso delle istituzioni, il procuratore del Lazio Raffaele De Dominicis ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale dei cosiddetti rimborsi elettorali che “sono da ritenersi apertamente elusive e manipolative del risultato referendario e quindi materialmente ripristinatorie di norme abrogate”. I partiti sono indifferenti alla volontà popolare, cambiano il significato delle parole per ingannare i cittadini. Sempre la Corte dei Conti: “tutte le disposizioni impugnate dal 1997… hanno ripristinato i privilegi abrogati con il referendum del 1993 facendo ricorso a artifici semantici, come il rimborso al posto del contributo, gli sgravi fiscali al posto del contributo”. In attesa del responso della Corte Costituzionale che ha la velocità di un gasteropodo quando si tratta dei privilegi dei partiti, come è avvenuto per il Lodo Alfano e per la legge elettorale Porcellum, si dovrebbe avviare un’azione di sequestro preventivo dei patrimoni immobiliari dei partiti e una sospensione degli stipendi ai loro dipendenti.
Il pdmenoelle è il partito del “chiagni e fotti”, ha come alfieri Renzie, che è contro il finanziamento pubblico, ma i soldi dei “rimborsi” li ha sempre utilizzati (va ricordato che il tesoriere della Margherita era Lusi, finito in carcere) e Capitan Findus Letta, il ballista d’acciaio, che voleva abolire il finanziamento e poi ha incassato una rata di 91 milioni di euro insieme agli altri partiti a luglio. Il pdmenoelle spende per sedi e stipendi dei suoi impiegati venti milioni all’anno, l’autofinanziamento è di soli otto milioni. Senza i soldi estorti ai contribuenti Bersani e D’alema dovrebbero lavorare da casa, ai domiciliari con i figli che gli accendono il computer e inviano le email. Il pdmenoelle (quota ex Ds, ex Pds, ex Pci) dispone di 2.399 immobili che hanno un valore di circa mezzo miliardo di euro affidati a 57 fondazioni che, beffa nella beffa, a cui si può versare il 5 per mille in quanto enti di volontariato. Sequestriamoli in attesa delle decisioni della Corte che non potrà che essere la restituzione del maltolto allo Stato. Ne dubitate? Anche un bambino capirebbe che aggirare un referendum è incostituzionale. La domanda è però se la Corte Costituzionale è costituzionale. (beppegrillo.it)
M5S e ambientalisti contro il DL emergenze
Nel decreto approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, insieme alle nuove norme per la Terra dei fuochi sono inseriti articoli che mettono al sicuro il lavoro del commissario dell’acciaieria Enrico Bondi:sanzioni azzerate, sblocco dei fondi e soprattutto nessuna responsabilità per la gestione dei rifiuti all’interno della fabbrica. Insorgono 5 Stelle e Verdi
Il quinto decreto ad Ilvam, approvato dal consiglio dei ministri insieme alle nuove norme per laTerra dei fuochi, è un vero e proprio ‘salva-commisari’, il commissario straordinario dell’acciaieria di Taranto. Sanzioni azzerate, sblocco dei fondi e soprattutto nessuna responsabilità per la gestione dei rifiuti all’interno della fabbrica.
“LE SANZIONI NON SI APPLICANO AL COMMISSARIO”
Le norme salva-commissari prevedono che “durante la gestione commissariale, qualora vengano rispettate le prescrizioni dei piani” e “le previsioni” di adeguamento, non si debbano applicare “per atti o comportamenti imputabili alla gestione commissariale”, le sanzioni previste dall’Aia del 2012, ovvero quelle che sancivano per l’azienda una multa anche del 10 percento del fatturato aziendale. Non solo. Il decreto prevede che le “sanzioni, ove riferite a atti o comportamenti imputabili alla gestione precedente al commissariamento, si irrogano alle persone fisiche che abbiano posto in essere gli atti o comportamenti, e non possono essere poste a carico dell’impresa commissariata per tutta la durata del commissariamento”. In sostanza, la nuova norma prevede che le colpe deiRiva, come titolari del siderurgico, debbano essere pagate dai Riva stessi e non dall’Ilva commissariata.
Ma cosa si intende per previsioni? Con un’interpretazione autentica il governo ha chiarito che “la progressiva adozione delle misure” deve essere intesa nel senso che la stessa è rispettata se laqualità dell’aria nella zona esterna allo stabilimento “non abbia registrato un peggioramento rispetto alla data di inizio della gestione commissariale” e soprattutto se “alla data di approvazione del piano, siano stati avviati gli interventi necessari ad ottemperare ad almeno il 70% del numero complessivo delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni integrate ambientali, ferma restando la non applicazione dei termini previsti dalle predette autorizzazioni e prescrizioni”. In definitiva non è necessario che le misure di adeguamento siano state realizzate completamente, ma è sufficiente che il 70 percento di quelle previste siano state avviate. Inoltre il decreto non stabilisce quali siano le prescrizioni da avviare lasciando di fatto una grande discrezionalità nelle mani di Bondi.
LE MANI SUI SOLDI DEL JERSEY
Non ci sono fondi per ambientalizzare l’Ilva in tre anni. Il governo lo scrive chiaramente nelle premesse del decreto quando afferma che “la insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione della struttura commissariale rischiano di vanificare il rispetto del termine di 36 mesi per l’attuazione delle Aia”. Tradotto: bisogna mettere mano ai fondi sequestrati dalla magistratura. In tal senso, se a Taranto – rispetto agli 8 miliardi imposti dal gip Patrizia Todisco – le Fiamme gialle sono riuscite a trovare ben poche risorse dei Riva, a Milano al contrario i finanzieri hanno sequestrato circa 1 miliardo e 200 milioni di euro che gli gruppo industriale aveva riportato in Italia con lo scudo fiscale voluto da Tremonti e Berlusconi dopo averli nascosti nel paradiso fiscale del Jersey. Il decreto, ora, stabilisce che se i Riva non metteranno a disposizione di Bondi i fondi necessari, il commissario potrà richiedere “le somme sottoposte a sequestro penale in relazione a procedimenti penali a carico del titolare dell’impresa o del socio di maggioranza, diversi da quelli per reati ambientali o connessi all’attuazione dell’Aia”. Somme da utilizzare immediatamente per ambientalizzare l’Ilva e che altrimenti sarebbero entrate nella disponibilità dello Stato solo dopo un’eventuale condanna definitiva.
BONELLI: “LA SOSPENSIONE DELLE SANZIONI E’ INCOSTITUZIONALE”
Per Angelo Bonelli, leader dei Verdi, “la norma del decreto sull’Ilva che contiene la sospensione delle sanzioni per le prescrizioni ambientali è assolutamente incostituzionale perché subordina in maniera inaccettabile la vita e la salute alla produzione. Mai ci saremmo aspettati – ha aggiunto l’ex candidato sindaco di Taranto dell’area ambientalista – che si potesse giungere a superare questo limite con una norma che non solo garantisce l’impunità a chi inquina, ma abbandona i cittadini di Taranto a subire le drammatiche conseguenze dell’inquinamento”. Inoltre Bonelli ha annunciato che “una volta pubblicato porterò personalmente il testo del decreto al Commissario Ue all’Ambiente in relazione alla procedura di infrazione comunitari” perché “con questo decreto si vuole garantire un periodo transitorio che secondo la struttura commissariale dovrebbe durare almeno 3 anni, periodo nel quale, da quello che abbiamo compreso non sarà possibile garantire la conformità degli impianti dell’Ilva alla legge. Di fatto si tratta di un decreto che consente nei prossimi anni la libertà d’inquinare”.
M5S: “SANZIONI CANCELLATE, E’ REGALO A ILVA”
Sul dl approvato dal governo Letta, inoltre, è arrivata la sonora bocciatura di Movimento 5 Stelle e Verdi. “Dietro un decreto che dovrebbe mettere una pezza sul disastro ambientale della Terra dei Fuochi si nasconde l’ennesimo regalo al commissario straordinario dell’Ilva Enrico Bondi – hanno scritto i deputati M5S della commissione Ambiente – Siamo preoccupati per la volontà del governo di togliere di fatto le sanzioni sull’Ilva durante il periodo di commissariamento”. Non solo. Gli onorevoli a 5 Stelle sono “convinti che chi commette reati ambientali debba pagare, e oltretutto che le eventuali bonifiche previste riguardino tutti i Siti di interesse nazionale (Sin) inquinati, e non soltanto alcune zone”. Per quanto riguarda il provvedimento generale, invece, per i 5 Stelle “ben venga l’introduzione del reato per la combustione dei rifiuti”, ma loro aspetteranno che il testo approdi in Aula. “Continueremo a batterci – hanno concluso – affinché la tutela dell’ambiente diventi sempre di più una priorità improrogabile, non una bandiera da sventolare solo quando gira il vento”. Non meno forte la presa di posizione dell’associazione ambientalista Peacelink: “Questo governo porta l’Italia fuori dall’Europa, approvando l’ennesimo decreto ‘Salva-Ilva’ che concede deroghe e proroghe in barba alle rigorose norme della direttiva europea sull’Autorizzazione Integrata Ambientale“.
DA BERLUSCONI FINO A LETTA, ECCO I CINQUE DECRETI “AD AZIENDAM”
Quello di oggi, come detto, è il quinto decreto firmato da vari governi nei confronti dei padroni dell’acciaio. Il primo risale al 2010 e fu firmato dal duo Prestigiacomo–Berlusconi per risolvere l’emergenze benzo(a)pirene che attanagliava Taranto. In realtà il decreto si limitò eslcusivamente ad innalzare i limiti di legge per le città con più di 150mila abitanti. Il secondo decreto fu voluto dall’ex ministro dell’ambiente del Governo Monti, Corrado Clini, per sbloccare l’acciaio sequestrato dalla procura di Taranto. Ben tre, invece, sono i decreti firmati dall’attuale governo Letta e dal ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. Oltre a quello di oggi, Letta-Orlando hanno emanato due provvedimenti per nominare Bondi commissario ed Edo Ronchi com subcommissario e per autorizzare le discariche interne dell’Ilva.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, 3 dicembre 2013 (autore: Francesco Casula)
P.S. e, mentre l’ILVA di Taranto continua ad uccidere, il Sindaco e la Giunta del Comune di Taranto presentano gli eventi natalizi con due “bambole” infiocchettate. . . la reputano forse una “cosa di sinistra” per far dimenticare il sinistro presente e futuro dei cittadini di Taranto? (Silvia Nascetti)
La Rai è completamente asservita al pensiero unico con giornalisti che non sono tali
La Rai è completamente asservita al pensiero unico con giornalisti che non sono tali, ridotti a poveracci succubi di ciò che vien loro ordinato. Come pulire da tanta sporcizia il servizio pubblico se non con la soda caustica? VIDEO DI MARIO ALBANESI:
“In occasione del V3DAY a Genova ho deciso di seguire contemporaneamente buona parte dei canali informativi della Rai che si sono rivelati squallidamente asserviti al pensiero unico non tollera l’emergere e il crescere di forze giovani, combattive qual è il M5S. Il peggiore telegiornale della Rai si è rivelato il TG3 diretto dalla signora Berlinguer che nell’edizione di mezzogiorno dava sì in piccolo la notizia della manifestazione di Genova, ma si guardava bene dal trasmettere una qualsiasi immagine della piazza. Rai News invece ha compiuto una scelta differente: ricorrere ai trucchetti. Notizie imprecise se non false come quella delle 14,35 che affermava: “Dario Fo ha già parlato”, Dario Fo parlerà solo dopo le ore 16. Le telecamere basse affinché gli ascoltatori non potessere vedere la gente che c’era. Le interviste con il “vuoto”. Che cosa sono? C’è un intervistatore ed un intervistato il quale, quest’ultimo dietro di sé non ha nessuno, per dare l’impressione agli ascoltatori che fossero solo in due. Poi il discorso di Grillo, inquadrato con una sola telecamera fissa perché una seconda telecamera sarebbe stata costretta a inquadrare la grafica quando Grillo mostrava i vari dati statistici, salvo poi troncare improvvisamente il suo discorso a metà. Un trattamento ignobile riservato a Dario Fo le cui immagini sono state mandate a singhiozzo, uno sfregio, una mancanza di rispetto per il Maestro che l’Italia dovrebbe tenersi ben caro
Beppegrillo.it
POMPEI: chiediamo al Ministro Bray l’accelerazione delle procedure per le nomine del direttore generale e del vice vicario dell’Unità Grande Pompei.
Alla luce dei recenti crolli avvenuti presso gli Scavi di Pompei chiediamo al Ministro Bray l’accelerazione delle procedure per le nomine del direttore generale e del vice vicario dell’Unità Grande Pompei.
Il direttore generale ed il vice vicario, previsti dal decreto “Valore Cultura” devono essere nominati entro il 9 dicembre prossimo, ma a ridosso di tale data ancora non ha visto ancora la luce il decreto attuativo del Ministro dei Beni e delle Attività culturali.
Questa empasse provoca inevitabili ritardi nell’avvio degli interventi per il recupero e la messa in sicurezza dell’area archeologica di Pompei ed un crescente degrado: ad oggi sono stati aperti solo cinque cantieri sugli oltre trenta previsti.
Non possiamo permetterci ulteriori rinvii ingiustificati, dal momento che entro fine dicembre occorre inviare all’Unesco il piano di gestione degli Scavi, onde evitare l’inserimento di Pompei nella lista dei beni in pericolo del Patrimonio mondiale dell’umanità.
Il Ministro acceleri, pertanto, le procedure necessarie a far partire a pieno regime i lavori che hanno già ricevuto un cofinanziamento di 105 milioni di euro da Bruxelles e che sono strettamente necessari per salvaguardare l’area e rilanciarla sul piano turistico.
I portavoce al Senato Laura Bignami, Michela Montevecchi, Fabrizio Bocchino e Manuela Serra, componenti della Commissione Cultura e Istruzione del Senato.
La Murgia: “Dal Pd mi promettono voti se metto in lista dieci nomi indicati da loro”
Emissari del Partito democratico chiamano Michela Murgia per proporle il seguente scambio: tu candidi nelle liste di “Sardegna Possibile” una decina di nomi che noi ti indichiamo. E noi di garantiamo quei punti di percentuale che ti mancano per vincere. E’ la stessa Murgia a segnalarlo sul suo blog con un post dal titolo: “Basta Risiko, facciamo politica per i sardi”.
Prendendo spunto dal recente convegno del Fai sul Piao paesaggistico, la scrittrice rileva la “marginalità della classe politica” a fronte di una società che invece si muove, si incontra, discute. ” C’è un centrosinistra – scrive – che combatte anche così per non disperdere la propria identità politica: si stringe intorno a temi universali come l’ambientalismo responsabile, si riunisce per contare le forze e per farlo paga volentieri anche il prezzo di ritrovarsi accanto complici improbabili quanto può esserlo un’impellicciata Marta Marzotto”.
Un ambiente prodigo di consigli. Accomunati, racconta la Murgia, da una parola d’ordine: rassicurare. “E’ sorprendente osservare quanto molte persone benissimo intenzionate la vogliano mediana questa nostra ‘Sardegna Possibile’: trasversale ma non di traverso, magari giovane e dinamica, ma comunque pronta a un buon numero di compromessi con il vecchio, altrimenti – mi assicurano – non andremo da nessuna parte”.
Ed ecco la rivelazione sugli approcci democratici: “Come sarebbe facile dare retta a questa sirena. Come sarebbe facile dire di sì ai signori del PD che chiamano per dirmi “Accetta dieci nomi nostri e ti diamo i punti che ti mancano, altrimenti noi perdiamo, ma tu non vinci”. Dicono proprio così: “ti diamo i punti che ti mancano”, come se stessimo parlando della tessera del supermercato per ritirare le pentole a Natale, e non della Sardegna e dei suoi prossimi difficilissimi cinque anni”. Ma chi sono questi signori? La Murgia non lo dice.
Il Partito democratico, comunque, non è l’unico bersaglio. La Murgia si occupa anche delle forze che si stanno raccogliendo attorno a don Ettore Cannavera: “Sarebbe facile – scrive – anche accettare di sedermi al tavolo di chi in questi giorni sta radunando intorno a sé chi è rimasto fuori dai tavoli più grossi; potrei farlo per diplomazia, ma non posso fare finta di credere davvero che il cambiamento di rotta passi per la somma di sei sigle minoritarie rappresentate da altrettanti marpioni, sempre maschi, sempre gli stessi da vent’anni, avvezzi a ogni trattativa al punto da essere pronti anche a farsi compattare da un uomo di potere nascosto dietro a un uomo di chiesa”.
Durissima la conclusione: “Mi dispiace per don Cannavera, ma credo che si stia prestando – voglio sperare inconsapevolmente – a un’operazione di bassa macelleria strategica: tenere ferme le bocce impazzite del sedicente sovranismo e della sinistra con il solo scopo di destabilizzare la candidatura di Francesca Barracciu, nella speranza che un avvicendamento con un nome meno imbarazzante del suo possa riaprire le trattative per far sedere a quel tavolo tutte le sigle sopraccitate. Ecco perché io il 6 dicembre non sarò a Serdiana, ma a Tempio, a Sassari e a Olbia nei giorni successivi per incontrare i sardi come me, quelli ai quali interessa ragionare del futuro dell’isola e non di quello di partiti e coalizioni”. Fonte
DL MISSIONI: Intervento del nostro Alessandro Di Battista
DL MISSIONI: Ieri il Governo ha posto la fiducia al decreto sulla proroga delle missioni internazionali. Oggi abbiamo votato: noi siamo per il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, siamo per la fine di una guerra che è diventata la più lunga dopo il secondo conflitto mondiale.
“Il cambiamento è dietro l’angolo, un’ondata democratica è partita e non si arresta. Dobbiamo solo insistere, dobbiamo informarci meglio, essere curiosi, mettere in discussione il pensiero dominante a cominciare da questa Europa, aprire gli occhi: la Repubblica è piena di corrotti, corruttori, ominicchi, collusi, condannati, è piena di mediocri.
Basta aprire gli occhi per non vedervi più”.
Ascoltate per intero il bellissimo intervento del nostro Alessandro Di Battista:
Renzo Bossi indagato a Tirana, 77 mila euro per comprarsi la laurea
Renzo Bossi indagato a Tirana. Sembra, ormai, essere diventata una maledizione quella dell’Albania per il Carroccio. La senatrice Rosi Mauro è indagata a Milano per appropriazione indebita pari a 99 mila euro e, secondo i pm, una parte di essi (77 mila) sarebbero serviti per comprarsi una laurea in Sociologia per la sua ex guardia del corpo Moscagiuro. La stessa soluzione di Renzo Bossi (in arte “il trota”) che risulta essere indagato dalla Procura di Tirana per aver comprato la laurea in Gestione Aziendale all’università Kristal.
Lo ha rivelato il ministro dell’interno albanese Samjr Tahiri alla trasmissione A Ciascuno il Suo su Radio 24: “Sono una decina gli studenti italiani indagati a Tirana, per aver conseguito una laurea senza aver mai seguito le lezioni nelle università private albanesi” e tra essi c’è anche il figlio del fondatore della Lega Nord che avrebbe pagato la bellezza di 77 mila euro per una laurea in Gestione aziendale il 29 settembre del 2010.
Pratica, quella delle lauree concesse con cotanta generosità, che non piace assolutamente al governo di Tirana che, sempre attraverso Tahiri, ha annunciato: “abbiamo affidato ad una società internazionale di valutazione l’incarico di verificare gli standard di qualità degli atenei. Gli studenti fantasma sono un danno per tutti. Sono meno di dieci gli studenti italiani su cui stiamo indagando, hanno preso la laurea in Scienze sociali senza essere venuti neanche un giorno”. Non spetta però al governo di Tirana, decretare una possibile revoca delle lauree perché, come spiega il ministro, “quella sarà una decisione amministrativa, noi stiamo indagando anche su quanti vanno all’estero per individuare le persone che vogliono questa laurea e pagano”. Fonte
69esimo posto nel mondo per corruzione, Italia peggio del Montenegro
Milano, 3 dic. (Adnkronos/Ign) – Nonostante un lieve miglioramento, il nostro Paese continua a essere percepito come uno dei più corrotti in Europa e nel mondo. Il Cpi 2013, l’indice di Transparency International che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico, posiziona l’Italia al 69esimo posto nel mondo, con un punteggio di 43 su 100. Un piccolo ma significativo miglioramento rispetto all’anno passato, quando il nostro paese si posizionò 72esimo con una valutazione pari a 42/100, che indica finalmente una controtendenza dopo diversi anni consecutivi di costante peggioramento.
Trattandosi di un indice sulla percezione, le interpretazioni devono tenere conto del fattore ”soggettivo”, ma è possibile fare alcune considerazioni generali riguardo alle performance anticorruzione dei diversi paesi del mondo: “nonostante questo breve passo in avanti -si legge in una nota- l’Italia rimane ancora confinata agli ultimi posti in Europa, seguita solo da Bulgaria (41) e Grecia (40), ed allo stesso livello della Romania”.
Come d’abitudine, al vertice della classifica mondiale troviamo i paesi del Nord Europa (Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia), oltre alla Nuova Zelanda, mentre l’ultima posizione è occupata da Afghanistan, Corea del Nord e Somalia (tutti con un misero voto di 8/100).
Maria Teresa Brassiolo, Presidente di Transparency International Italia, non è stupita della leggera inversione di tendenza perché ”si sono compiuti molti sforzi strutturali per migliorare la trasparenza e l’integrità del settore pubblico, a partire dal decreto 150, fino alla legge anticorruzione 190 e agli ultimi decreti sulla trasparenza e l’accesso civico. Il trend positivo è maggiormente visibile dai dati del Global Corruption Barometer 2013 che ci ha portati almeno a pari merito con Francia e Germania, in taluni segmenti anche meglio. Naturalmente dobbiamo proseguire lo sforzo, ma il messaggio pare recepito. Resta l’uso disinvolto e spesso incompetente delle risorse pubbliche che creano debito, tasse e rabbia”.
”La speranza” ribadisce il vicepresidente Virginio Carnevali ”è che gli sforzi di Transparency International Italia, la nuova legge anticorruzione e soparttutto la ferma presa di posizione del Santo Padre risveglino le coscienze degli italiani”. Coscienze che Transparency International Italia intende far risvegliare anche grazie alla nuova campagna sociale ”Svegliati!”, in particolar modo con il nuovo spot anticorruzione prodotto dall’associazione, con cui si vuole sottrarre la corruzione dal solo ambito economico e politico. (Adnkronos)
Approvato il decreto legge: pene severe per chi brucia rifiuti, al via la mappatura per le bonifiche dei terreni
Terra dei fuochi: «Per la prima volta il Governo affronta il problema della terra dei fuochi». Così il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha annunciato, in conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine del Consiglio dei ministri, il decreto legge per affrontare l’emergenza ambientale nella cosiddetta ‘Terra dei fuochi’, tra le province di Napoli e Caserta, caratterizzata dalla presenza di roghi di rifiuti. Il provvedimento introduce nell’ordinamento italiano il reato di combustione dei rifiuti, stabilisce la perimetrazione delle aree coinvolte e prevede il controllo di tutti i terreni entro 150 giorni.
In mattinata era stato un tweet del ministro Nunzia De Girolamo a diffondere la notizia dell’approvazione del decreto legge, presentato dallo stesso ministro dell’agricoltura e dal ministro dell’ambiente Andrea Orlando. Ha scritto il ministro De Girolamo su Twitter: «Decreto #terradeifuochi non è un punto di arrivo ma un inizio. Nuovo inizio per la Campania».
Presente alla riunione del governo anche il governatore campano Stefano Caldoro. «Dal Governo ok alle richieste della Regione e dei cittadini. Parte il lavoro comune sulla Terra dei fuochi» ha “twittato” Caldoro.
LE DISPOSIZIONI URGENTI. Il decreto, che reca disposizioni urgenti per fronteggiare emergenze ambientali e industriali, è stato largamente dibattuto. Con il Dl si dà il via alla mappatura delle aree interessate e si semplificano e accelerano le bonifiche. Inoltre viene introdotto nell’ordinamento italiano il reato di combustione dei rifiuti. È inoltre stabilita la perimetrazione delle aree agricole interessate e della campagna ed entro 150 giorni tutti i terreni saranno controllati. È quanto riferiscono fonti ministeriali.
LA SODDISFAZIONE DI REALACCI. «Il cosiddetto decreto Terra dei Fuochi approvato oggi in Consiglio dei Ministri è un provvedimento importante, che potrà essere ulteriormente migliorato nel suo passaggio alla Camera». Lo afferma Ermete Realacci (Pd), presidente della commissione Ambiente della Camera. «Questo provvedimento – rileva Realacci – permetterà di affrontare meglio l’emergenza bonifiche, di alzare l’asticella della legalità e di rafforzare l’azione di contrasto alle ecomafie e ai clan che si sono arricchiti con lo smaltimento illegale di rifiuti. Come denunciato dal dossier Ecomafia di Legambiente, in Campania sono almeno quindici i clan che hanno tratto profitto da questo ‘traffico sporco’, praticamente due squadre di calciotto che si contendono il titolo di campioni dell’orrore di cui fanno parte: gli Alfieri, i Belforte, Bidognetti, Birra-Iacopino, i Casalesi, i Crimaldi, i Fabbrocino e i Galasso, e ancora i La Torre, i Mallardo, i Marfella, i Mazzacane, Moccia-Maione, i Nuvoletta e gli Schiavone», conclude Realacci.
IL COMMENTO DI ROMANO. Dal ministro De Girolamo un’ottima notizia per la Terra dei Fuochi: il Governo ha approvato il decreto legge. Da oggi, pene severe per chi commette il reato di combustione dei rifiuti, la perimetrazione delle aree agricole e 600 milioni per le bonifiche, che si aggiungeranno ai 300 milioni già destinati dalla Regione Campania: è una svolta per l’ambiente in
Campania». È quanto afferma Paolo Romano, presidente del Consiglio regionale della Campania. «Fondamentale è anche il raccordo informativo che si crea tra l’autorità giudiziaria e i sindaci al
fine di intervenire con le bonifiche sui terreni colpiti da sversamenti illegali e per creare quella rete di
prevenzione, repressione ed intervento indispensabile per affrontare questa immensa problematica che investe la vita dei cittadini delle province di Napoli e di Caserta», aggiunge l’esponente di Ncd, che sottolinea «il determinato impegno messo in campo dal presidente Caldoro e dal Consiglio regionale e l’ottima sinergia tra la Regione Campania e il Governo che hanno consentito di dare una risposta efficace alla Terra dei Fuochi».
«NUOVO PUNTO DI PARTENZA». «L’approvazione in Consiglio dei Ministri del Decreto sulla Terra dei Fuochi rappresenta un nuovo punto di partenza per il lavoro di risanamento della Campania». Ad affermarlo è il deputato del Pd Massimiliano Manfredi, membro della Commissione Ambiente. «Un plauso doveroso – continua – va al Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, che fin dal primo giorno di mandato ha voluto impegnarsi in prima persona per porre le basi di quello che sarà un lungo percorso di rilancio del territorio di Napoli e Caserta». Per Manfredi, «i punti focali del Decreto rispondono con forza alle istanze presentate da noi in Parlamento e sollecitate dai tanti Enti Locali virtuosi che, grazie alla condivisione in tempo reale delle informazioni con l’Autorità Giudiziaria, saranno veri protagonisti di questa missione. Fondamentale sarà la mappatura dei suoli e delle falde acquifere, che in pochi mesi farà luce sui terreni da bonificare e su quelli che potranno continuare ad essere coltivati, ponendo fine a qualsiasi speculazione a danno della nostra filiera agroalimentare». «Importantissima allo stesso modo – conclude – risulta l’introduzione del reato di combustione dei rifiuti, che rafforzerà il lavoro di contrasto ai roghi e alla criminalità organizzata già egregiamente promosso dal commissario Donato Cafagna. Infine, per l’immediato futuro, è basilare che vengano non solo impegnate, ma messe subito a disposizione le risorse per tutte le opere ambientali programmate in seno al Decreto. I cittadini si aspettano una svolta, le Istituzioni sono chiamate a fornirle all’unisono senza un minuto in più di ritardo».
DON PATRICIELLO: «SUBITO LA MAPPATURA». «Ben venga la repressione, ma ora serve la mappatura delle terre inquinate»: è il commento di don Maurizio Patriciello, il prete diventato simbolo della ribellione dei cittadini della Terra dei Fuochi, all’ok nel Consiglio dei Ministri al decreto sulla Terra dei Fuochi. «Ora servono interventi a monte – continua don Patriciello – leggi in grado di bloccare il fenomeno degli sversamenti abusivi sulle nostre terre di rifiuti provenienti da tutto il territorio italiano». Secondo don Maurizio le attività «in nero» – come quella venuta alla luce a Prato, dove sette operai cinesi sono morti in un incendio – producono anche «scarti in nero», cioè, sottolinea, «rifiuti che non possono essere smaltiti alla luce del sole e che finiscono per essere interrati nella Terra dei Fuochi». «Il problema – dice ancora don Patriciello – lo risolveremo sicuramente con la repressione, che è il primo atto, ma poi anche andando a incidere seriamente sulla tassazione di queste fabbriche e sulla sistemazione delle loro attività». «Se si continua a produrre ‘in nerò, e noi facciamo finta di non vedere – conclude don Maurizio – il problema non troverà mai una vera e definitiva soluzione» Fonte