La centrale a biomasse di Enel nella Valle del Mercure, all’interno del Parco Nazionale del Pollino, è davvero un’opera necessaria?
Nel 1993, è stato istituito il Parco Nazionale del Pollino e quattordici anni dopo, nel 2007, anche due Zone di Protezione Speciale (ZPS), individuate dall’Unione Europea, che lo comprendono completamente. Il fiume Mercure-Lao, sulle rive del quale sorge la centrale, è famoso in Italia – e non solo – per il rafting che richiama annualmente oltre 20.000 turisti. L’area è inoltre habitat naturale di specie vegetali ed animali protette, alcune delle quali in via di estinzione, come la rarissima lontra. Un territorio preziosissimo, dunque, dal punto di vista ambientale e della biodiversità, che sarebbe irreparabilmente danneggiato, anche economicamente, dalle colossali attività industriali connesse alla riapertura dell’impianto Enel.
Nell’area, inoltre, è possibile intervenire “solo per esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l’ambiente, oppure, previo parere della Commissione Europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” (D.P.R. 12 marzo 2003) [1]. In tutti gli altri casi, la legge esclude l’approvazione di qualsivoglia progetto.Questi e altri motivi hanno bloccato la riapertura della centrale – che con i suoi 41 MWe sarebbe una delle più grandi d’Europa – che l’Enel, nel 2000, ha proposto di riconvertire a biomasse.
Enorme la quantità di biomasse necessarie da reperirsi, come esplicitato dalla stessa società elettrica, sul territorio dell’intera Unione Europea, con il rischio, tra l’altro, di “importazione” di specie alloctone, rischiose per l’integrità della biodiversità del Parco.
Anche il trasporto delle biomasse e delle relative ceneri (da smaltire non si sa ancora dove) rappresenterebbe un grave problema viario ed ambientale, atteso che sarebbero necessari oltre centodieci camion al giorno (anche questo dato si ritiene calcolato per difetto) – tra andata e ritorno – che andrebbero a congestionare una rete viaria già ora inadeguata per il semplice traffico automobilistico, oltre ad impattare in maniera disastrosa con l’ecosistema del Parco.
Altri aspetti criticabili nel progetto Enel sono le procedure amministrative incomplete e scadute, la mancanza di uno studio di impatto sulla salute delle popolazioni residenti e lo studio microclimatico della Valle del Mercure, che è stato fatto mutuando i dati di una valle diversa e distante ben 11 chilometri (quella di Latronico), rendendo lo studio del tutto inattendibile. L’assenza di valutazioni sanitarie hanno spinto l’International Society of Doctors for Environment (ISDE Internazionale) e il Presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Potenza, a chiedere, ognuno per suo conto, una Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS) delle popolazioni del territorio, prima di prendere una qualsiasi altra decisione [2][3][4].
Contro la riapertura della centrale si sono schierate le popolazioni della Valle, con imponenti e ripetute mobilitazioni e manifestazioni (il 5 settembre 2009, hanno manifestato 4.000 persone, 14 Amministrazioni comunali, 50 tra Associazioni e Comitati locali e nazionali, esponenti sindacali e politici di ogni schieramento) [5]. Ma l’opposizione alla centrale risale a molto tempo prima. Infatti, già nel periodo in cui la centrale era ancora funzionante, si era manifestata una decisa opposizione, visti i danni da essa arrecati alla salute e alle attività agricole dei residenti, specie per gli abitanti dei comuni di Viggianello (PZ) e Rotonda (PZ), assai prossimi alla centrale. Non a caso i Sindaci di questi due comuni sono stati protagonisti di questa battaglia fin dall’inizio [6].
L’ondivago comportamento dell’Ente Parco del Pollino (le cui deliberazioni ufficiali, in linea con il Piano del Parco – Comunità del Parco, Consiglio Direttivo e Direttore – sono esplicitamente contro l’ipotesi-centrale) ha portato, a fine 2013, ad un presidio dei cittadini e dei comitati locali culminata in un’assemblea permanente, durata ininterrottamente oltre un mese, all’interno dell’Ente stesso [7].
Questa durissima opposizione nasce non solo perché sono a rischio salute, diritti e sviluppo dell’intera area, ma anche perché l’impatto occupazionale risulterebbe ampiamente negativo. Si perderebbero posti di lavoro, attuali e prospettici, nel settore turistico e in quello dell’agricoltura di qualità. Né altri se ne creerebbero, localmente, nel settore della filiera delle biomasse di cui non si potrebbe assicurare né un approvvigionamento né un trasporto adeguato, mentre la forza-lavoro impiegata in centrale non deriverebbe da nuove assunzioni, ma unicamente da trasferimenti da altri impianti dell’ENEL, come già ampiamente dimostrato in questi pochi mesi in cui la centrale ha funzionato, tra intoppi e problemi – senza neanche aver ottemperato alle prescrizioni ricevute, come certificato anche da ARPA Basilicata – approfittando della illegittima autorizzazione concessa dalla Regione Calabria.
Per quanto concerne l’iter autorizzativo, iniziato nel 2000, esso è durato oltre 10 anni, fino alla sentenza del Consiglio di Stato dell’1 agosto 2012 (n. 4400/2012) che ha accolto le ragioni dei Sindaci di Viggianello e Rotonda, dell’Ente Parco e delle Associazioni ambientaliste, annullando l’autorizzazione della Regione Calabria e azzerando, di fatto, il progetto ENEL [8].
La Regione Calabria ha però immediatamente indetto una Conferenza di Servizi, nel tentativo di “sanare” le irregolarità (in realtà insanabili) e consentendo così l’attivazione della centrale [9]. Contro tale, ennesima e illegittima autorizzazione si è pronunciato il 18 dicembre 2013 il TAR di Catanzaro, bocciandola e bloccando così il funzionamento dell’impianto a biomasse [10][11].
In seguito a ciò, ENEL ha presentato ricorso presso il Consiglio di Stato, ma l’udienza, che doveva tenersi il 14 ottobre 2014, non ebbe luogo, in quanto la Regione Calabria aveva già precedentemente riconvocato la Conferenza dei Servizi, nella quale il Direttore dell’Ente Parco (in cui nei mesi precedenti ci furono anche “avvicendamenti” interni) aveva ribadito la sua opposizione [12].
A seguito del mancato accordo, il Responsabile della Conferenza ha inviato la documentazione del caso al Consiglio dei Ministri che ha dato parere favorevole alla centrale l’11 giugno 2015 (CdM n.67) [13]. Il decreto vincola però il tutto ad una deroga, da parte delle Regioni Calabria e Basilicata, circa la potenza della centrale, rispetto al Piano del Parco. Il Piano, infatti, prevede attualmente potenze massime quasi 20 volte inferiori a quella della centrale del Mercure. Gli Uffici della Regione Calabria hanno già comunicato che è in corso la stesura dell’Autorizzazione Unica, ancora prima che questo adempimento richiesto sia stato evaso.
A intorbidire le acque, intanto, sono ricomparsi, a inizio 2014 e dopo mesi di assenza dalla scena, equivoci personaggi legati ad ENEL, coinvolti nel “business” delle biomasse calabresi – dove deforestazione selvaggia, traffico di legname, dissesto idrogeologico, criminalità organizzata, rappresentano una realtà assai preoccupante. Gente del tutto estranea al territorio che già in passato si è segnalata per aggressioni ed intimidazioni – denunciate alle autorità competenti – a danno di esponenti del fronte che si oppone al progetto ENEL. – Approfondimenti su Fonte