Giugliano, lo choc nello choc: “chi sa non parli , sennò finisce male”. Frasi di invito al silenzio sui profili facebook dei “mostri”
26/03/2017 – Napoli, 11 minori abusano per 4 anni di un 13enne con disabilità mentale. Per quattro anni avrebbero abusato di un ragazzino, oggi 13enne, con disabilità mentale. Individuato nel napoletano branco di 11 minorenni accusato di violenza sessuale e sequestro di persona.
È successo a Giugliano in Campania, un comune del napoletano. I presunti aguzzini sono stati individuati e sono tutti minorenni. A otto di loro sono stati contetati i reati di violenza sessuale e sequestro di persona. Sono stati individuati anche altri tre ragazzini, che avrebbero partecipato alle violenze, ma che non sono imputabili perché minori di 14 anni.
La banda di 11 adolescenti ha abusato per quattro anni di un altro ragazzino, che oggi ha 13 anni ed è affetto da una lieve disabilità mentale. Le violenze avvenivano per la strada, nel campo da calcetto, e, in una sola occasione, secondo quanto accertato dagli inquirenti, anche a casa di uno degli indagati. Da una prima ricostruzione è emerso anche che uno dei bulli minacciava il tredicenne di picchiarlo se non si fosse assoggettato alle violenza.
A far partiere le indagini è stata la denuncia della mamma della vittima, che, per puro caso, ha notato il branco di ragazzini in atteggiamento ambiguo con suo figlio. Il 13enne, infatti, ha sempre subito gli abusi e le angherie in silenzio, senza mai confidarsi con qualcuno, nemmeno con la madre.
I carabinieri della Compagnia di Giugliano in Campania, guidati dal capitano Antonio De Lise, hanno individuato i presunti responsabili. Per otto di loro, il gip del Tribunale per i minori ha disposto una misura cautelare restrittiva con il collocamento in comunità e i carabinieri li hanno accompagnati in una “casa famiglia”. Gli altri tre sono stati affidati ai genitori in quanto minori dell’età imputabile.
“L’episodio portato alla luce dall’indagine dei carabinieri della Compagnia di Giugliano è terribile – ha commentato il sindaco di Giugliano, Antonio Poziello – Non ci sono parole per commentare. L’idea che a compiere le violenze sia stato un branco di minori, di cui due con meno di 14 anni, e che siano andate avanti per ben quattro anni lascia sgomenti”.
“L’Amministrazione comunale ha già avviato una serie di interventi ed attività per il contrasto e la prevenzione del bullismo – ha aggiunto l’assessore alla Legalità Adolfo Grauso – Lunedì la Giunta approverà una delibera, cui lavoriamo da tempo, per l’istituzione di uno sportello finalizzato alla prevenzione del bullismo in collaborazione con le istituzioni scolastiche, in particolare con il docente referente per la prevenzione al fenomeno del bullismo”. Il Comune, spiega Grauso, metterà a disposizione personale qualificato, quali psicologi, assistenti sociali e avvocati, che già operano nei servizi del piano sociale di zona. “Quanto evidenziato dall’indagine dei Carabinieri conferma la necessità di prevenire e contrastare il fenomeno – ha concluso Grauso- è indispensabile mettere in rete i diversi soggetti istituzionali che si occupano dei minori e del loro benessere, le stesse forze dell’ordine, e offrire un punto di riferimento anche alle famiglie”. – FONTE
Treviso, giudice inseguito in auto: “Mi armo, lo Stato non c’è più”
25/03/2017 – Dopo che il 67enne Mario Cattaneo ha sparato e ucciso un ladro che stava tentando un furto nel suo locale si è riaperto il dibattito sulla legittima difesa. A intervenire nella discussione questa volta è un giudice trevigiano.
Con una lettera aperta indirizzata ai quotidiani veneti del gruppo Finegil, Angelo Mascolo racconta l’episodio che lo portato a una scelta drastica: “D’ora in poi sarò armato”, scrive. Il giudice spiega che qualche sera fa si trovava in auto quando ha deciso di sorpassare una macchina di grossa cilindrata che ha cominciato a inseguirlo e a dare colpi di abbaglianti. Poco dopo il giudice ha incontrato una pattuglia di carabinieri, ai quali gli inseguitori hanno detto che Mascolo era stato seguito “per esprimere critiche sul suo modo di guidare”. Il giudice non crede alle versione e si pone un problema: “Se fossi stato armato, come è mio diritto e come sarò d’ora in poi, che sarebbe successo se, senza l’intervento dei Carabinieri, le due facce proibite a bordo della Bmw mi avessero fermato e aggredito, come chiaramente volevano fare?”.
La lettera continua poi con una critica nel confronti dei colleghi giudici e dello Stato: “Se avessi sparato avrei subito l’iradiddio dei processi – eccesso di difesa, la vita umana è sacra e via discorrendo – da parte di miei colleghi che giudicano a freddo e difficilmente – ed è qui il grave errore – tenendo conto dei gravissimi stress di certi momenti”. Il problema della legittima difesa, continua Mascolo, “è un problema di secondo grado – accusa – come quello di asciugare l’acqua quando si rompono le tubature. Il vero problema sono le tubature e, cioè, che lo Stato ha perso completamente e totalmente il controllo del territorio, nel quale, a qualunque latitudine, scorrazzano impunemente delinquenti di tutti i colori”. Per il giudice, conclude amaramente, “la severità nei confronti di questi gentiluomini è diventata, a dir poco, disdicevole, tante sono le leggi e le leggine che provvedono a tutelarli per il processo e per la detenzione e che ti fanno, talvolta, pensare: ma che lavoro a fare?”. FONTE
Saviano choc, durissimo sul decreto Minniti: “Se avete rispetto per l’uomo, scappate dal Pd”
18/03/2017 – “Scappasse dal PD chiunque ha ancora rispetto per l’uomo”. Un post così duro nei confronti del Partito Democratico, Roberto Saviano forse non lo aveva mai scritto. A far scattare l’autore di Gomorra è stato il Decreto Minniti sulla sicurezza nelle città, che ieri ha avuto il via libera della Camera dei Deputati con 230 voti a favore e 50 contrari e ora passa al Senato.
“Se ancora nel PD qualcuno pensa che l’UOMO debba essere al centro della politica, il mio consiglio è di cambiare partito, immediatamente”, è l’incipit del post pubblicato su Facebook da Saviano. “Il Decreto Minniti sulla sicurezza urbana, considerato da questo Governo cosa di “straordinaria necessità e urgenza”, è un provvedimento di destra, intriso di razzismo e classismo. Tanto valeva introdurre il colore della pelle come fattore discriminante, si sarebbe dissolta ogni ipocrisia.
I sindaci, per ripulire i centri storici delle città, avranno il potere di allontanare chiunque venga considerato “indecoroso”, non occorre che sia indagato o che abbia commesso un reato. A queste persone il sindaco potrà applicare un “mini Daspo urbano”. Daspo, perché in Italia tutto è calcio e tifo, anche la politica. Stiamo assistendo alla criminalizzazione dell’uomo anche quando per fame rovista in un cassonetto della spazzatura per prendere ciò che altri hanno buttato via. Domandiamoci ora quale sarà il risultato di questo decreto vergognoso: centri storici magari ripuliti dai clochard e dagli immigrati, ma periferie ghetto.
Saviano ricorda poi come un articolo del Dl Sicurezza prevedesse il codice identificativo sui caschi delle forze dell’ordine, “ma l’emendamento (troppo di sinistra, invero) è stato nottetempo cancellato.
Poi arriva l’attacco più duro al Pd: “Scappasse dal PD chiunque ha ancora rispetto per l’uomo, ma a quel politico non saprei quale partito consigliare”, scrive Saviano senza risparmiare poi neanche il Movimento 5 Stelle. “Il M5S si è astenuto perché il decreto sarebbe “una scatola vuota senza fondi né risorse, e molto probabilmente rimarrà lettera morta”. E se non rimanesse lettera morta? Non sarebbe stato più dignitoso un minoritario (230 favorevoli e 56 contrari) ma umano NO? L’astensione e il silenzio hanno tutto il sapore della complicità”, ha concluso. – FONTE
Camorra & Politica. Decide tutto Pasquale” le intercettazioni tra La Regina e la Di Giovanni
17/03/2017 – Marzo 2015, il Comune di Cerreto Sannita indice la gara per il restauro della Torre medievale. Si legge nell’ordinanza: «Pasquale Sommese, in qualità di assessore regionale pro tempore ai beni culturali della Campania, per il tramite di Antonello Sommese, suo stretto collaboratore, designava, prima ancora della indizione della gara relativa all’opera la ditta Bretto opere stradali come aggiudicataria dell’incanto. Come prezzo per tale attività Antonello e Pasquale Sommese ricevevano da Antonio Bretto la somma di 50.000 euro per orientare», appunto, la gara. Progetto, quello di Cerreto Sannita, finanziato con fondi europei. Non è l’unico, ovviamente.
Nelle 1500 pagine ricorre, quasi sempre, la coppia inscindibile dei due Sommese: per l’accusa Pasquale il «dominus», Antonello il braccio. In un’intercettazione telefonica quest’ultimo preconizza: «Eh… ma tu mi devi chiamare prima…i blitz li fanno i carabinieri quando devono arrestare qualcuno (ride)». A distanza di mesi c’è davvero poco da ridere. Oltre a Cerreto Sannita, c’è il caso del nuovo Museo archeologico di Alife: ad Antonello e Pasquale sarebbe andata una «somma di denaro non quantificata». Idem per i padiglioni 7 e 8 della Mostra d’Oltremare dove «emerge che gli accordi vengono presi direttamente dalle imprese con i Sommese». E poi Riardo e «Le Porte dei Parchi». Uno dei capi d’imputazione a carico di Sommese riguarda una turbativa d’asta per la realizzazione di una mostra evento nel comune casertano, «La Terra delle acque». L’assessore regionale avrebbe fatto finanziare l’iniziativa chiedendo in cambio a La Regina «la designazione di Klaus Davi come partecipe al progetto in qualità di esperto di comunicazione mediatica». Davi non è indagato.
Se il regista è Guglielmo La Regina, Pasquale Sommese, per gli inquirenti, è la cassa. L’assessore ai Beni culturali della Regione Campania targata Caldoro che dispone dei fondi per finanziare appalti in cambio di voti e, stando sempre alle ricostruzioni dei pm, denaro. Il consigliere regionale Ncd, un passato nella Margherita demitiana, oggi componente delle commissioni anticamorra e trasparenza dell’assemblea del centro direzionale, è indagato per corruzione e turbativa d’asta già dal 2015. Ma in questi anni la sua posizione giudiziaria si è, in qualche modo, irrobustita. In un’intercettazione del febbraio 2015, Mario Martinelli («imprenditore colluso») avvisa la Regina che «Pasquale Sommese si porta dietro alcune imprese di Casapesenna e questo fatto prima o poi gli causerà problemi giudiziari. Il riferimento alle imprese di Casapesenna da parte di Mario Martinelli — si legge — postula innanzitutto che egli stia parlando di imprese camorristiche provenienti da quella zona».
Nel 2015, quando a Sommese fu notificato il primo avviso di garanzia con Fulvio Martusciello (prosciolto proprio un paio di giorni fa), in un’intervista a Repubblica dichiarò: «La mia vicenda non c’entra con quella di Martusciello. Io non mi occupo di appalti». Be’ dalla corposa ordinanza Sommese emerge proprio il contrario. La sua grande accusatrice è Loredana Di Giovanni, una fedelissima dell’ex assessore della giunta Caldoro, colei che ha fatto conoscere Sommese e La Regina. La «faccendiera» di Mugnano raccoglieva voti e preferenze per Sommese. Ed è lei, interrogata, che comincia a collaborare con i magistrati e a scoperchiare il vaso di Pandora. E svela il ruolo degli studi professionali, che entrano in gioco quando «gli enti pubblici che volevano realizzare un’opera sul loro territorio non avevano i mezzi o le competenze per la predisposizione dei progetti di massima da presentare in Regione Campania». «Guglielmo La Regina e questi, grazie al suo rapporto con il Sommese, otteneva il finanziamento dell’opera», dice sempre Di Giovanni e aggiunge: «Pasquale Sommese chiedeva sostegno elettorale a noi ed ai comuni le cui opere venivano da lui finanziate. Tale sostegno era poi in concreto fornito con dei voti (che il sindaco di quel Comune garantiva al candidato Sommese). A capo dello staff di Pasquale Sommese vi era un suo parente, Antonello Sommese (anche lui arrestato, ndr), il quale interagiva sistematicamente con noi a nome dell’assessore».
Il Giudice sottolinea in più punti dell’ordinanza come Antonello Sommese, nipote dell’ex Assessore, e soprattutto suo capostaff, sia “l’interfaccia” dell’esponente politico. Non a caso, scrive il Gip Federica Colucci: “Non vi è dubbio che le condotte siano tenute in nome e per conto di Pasquale Sommese”. E a riprova di ciò vi è l’intercettazione del 23 febbraio 20015 tra Guglielmo La Regina e la Commercialista “pentita” Loredana Di Giovanni: “Perchè è sempre Pasquale che decide” Afferma la Di Giovanni. E poi aggiunge: “Fino a un certo punto può decidere Antonello. Antonello riferisce a Pasquale e poi Pasquale decide…e non è stato sempre così? Cioè proprio per evitare di parlare con Pasquale direttamente uno parla con Antonello”. E allora il Gip Colucci scrive: “Solo l’assessore Regionale ha il potere di incidere sul finanziamento dei singoliprogetti, dunque solo l’assessore è in grado di stringere accordi corruttivi e tenervi fede”.
Il momento della notifica del provvedimento l’ex potente assessore è stato colto da malore. Amico di tutti, barzellettiere di rango, Sommese nel 2008 fu indagato in una prima inchiesta riguardante Romeo che voleva scalare la Regione Campania. Ne esce pulito, come tutti. Ora le accuse sono pesanti. «Siamo sicuri che già nelle prossime ore Pasquale Sommese saprà dimostrare alle autorità la propria estraneità alle accuse e qualsiasi legame con la camorra casalese, come ha sempre finora ribadito». A dirlo è Gioacchino Alfano, sottosegretario alla Difesa e coordinatore regionale di Ncd. FONTE
De Luca jr a giudizio per bancarotta fraudolenta. Patto del padre con Renzi: posto per lui alla Camera in cambio di appoggio a primarie
17/03/2017 – Secondo i retroscena politici il nome di Piero De Luca è al centro del patto tra Matteo Renzi e Vincenzo De Luca: quest’ultimo appoggia l’ex premier al congresso Pd, l’ex premier garantisce un posto sicuro in Parlamento per il primogenito del governatore della Campania. Nessuno ha smentito, nessuno ha confermato. Ciò che nessuno potrà smentire, però, è che Piero De Luca dovrà affrontare un processo da imputato per bancarotta fraudolenta. Si è conclusa con il rinvio a giudizio di tutti gli indagati, infatti, l’udienza preliminare per il fallimento della Ifil, società satellite del pastificio Amato, che secondo gli inquirenti faceva affari sia con il Comune di Salerno che con il pastificio. Il gup Sergio De Luca (che non è parente dei De Luca), ha disposto il processo per il 29 maggio prossimo. L’accusa per tutti è di aver concorso al fallimento fraudolento della società, distraendo o dissipando il denaro di cui avevano disponibilità. A De Luca junior, nella fattispecie, viene contestato di aver beneficiato tra il 2009 ed il 2011 del pagamento di viaggi in Lussemburgo, sede lavorativa del rampollo dell’ex sindaco di Salerno: secondo l’accusa, quei voli sono stati pagati con denaro della Ifil dall’imprenditore Mario Del Mese. Quest’ultimo – socio al 50 per cento della Ifil e nipote dell’ex parlamentare Udeur Paolo Del Mese – ha patteggiato la pena assieme al cognato Vincenzo Lamberti: 7 mesi di reclusione per il primo, un anno e sei mesi per il secondo. Andrà a giudizio invece la moglie di Del Mese, Valentina Lamberti. Il gup ha inoltre rinviato a giudizio anche Giuseppe Amato, Luigi Avino, Emilio Ferraro e Marianna Gatto. Il processo si terrà dinanzi alla prima sezione penale del tribunale di Salerno.
Il coinvolgimento di Piero De Luca nell’inchiesta sul crac Ifil emerse dall’interrogatorio di Giuseppe Amato jr per un altro crac, quello del Pastificio Amato. Il rappresentante della famiglia Amato affermò di aver saputo da Mario Del Mese del pagamento dei biglietti aerei per il Lussemburgo. Pagamenti che sarebbero stati effettuati con i soldi della Ifil. Sempre secondo gli inquirenti, gli altri imputati avrebbero impropriamente utilizzato il denaro della società per acquistare arredi e per aver effettuato pagamenti a favore di altre aziende senza che ci fosse alcun rapporto commerciale. Il fallimento della Ifil è andato avanti per più di due anni e, prima che venisse dichiarato, per gli indagati l’accusa della procura salernitana era stata di appropriazione indebita. Una notizia, quella del suo rinvio a giudizio, che non sembra aver scalfito più di tanto le certezze di Piero De Luca: “In sede di dibattimento avremo finalmente la possibilità di dimostrare in modo sereno, obiettivo e trasparente l’assoluta infondatezza di una contestazione strumentale e inverosimile. Sono profondamente sereno e ho enorme fiducia nel lavoro dei magistrati” ha detto il figlio del governatore. “Auspico che il giudizio si celebri il più rapidamente possibile per fare piena chiarezza sulla mia posizione – ha continuato – Tutto questo non ci distrarrà dal lavoro che con grande impegno e sacrificio stiamo portando avanti sui territori“.
Quale lavoro? Piero De Luca negli ultimi mesi è stato molto impegnato in politica. Da metà 2016, tanto per cominciare, ha ricoperto il ruolo di coordinatore scientifico regionale dei comitati per il Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre. Già all’epoca erano in molti quelli che vedevano dietro questo impegno così diretto del rampollo di famiglia un patto tra suo padre e Matteo Renzi, con l’obiettivo di creare una corsia preferenziale per Piero in Parlamento. Tutti sanno come è andata a finire quella consultazione: il No ha stravinto e la Riforma è rimasta nel cassetto. E l’accordo tra il governatore e l’ex premier? Congelato fino alla prima occasione utile, che puntualmente si è presentata quando si è trattato di organizzare la squadra di Renzi sui territori in vista delle primarie Pd del 30 aprile e del Congresso dem. E Renzi, in questo contesto, sa benissimo che i voti che arriveranno dal feudo di De Luca potrebbero rivelarsi se non determinanti, certamente molto importanti. Da qui il rinnovamento del patto, che tra l’altro non è stato smentito da nessuno dei diretti interessati.
Avvocato, 37 anni, ricercatore in Diritto dell’Ue, referendario presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, Piero De Luca si è da sempre occupato di tematiche europee, quali aiuti di Stato e concorrenza, tutela dei consumatori, gestione del fenomeno migratorio, libera prestazione dei servizi. Il figlio dell’ex sindaco di Salerno si è quasi subito trasferito prima a Bruxelles e poi a Lussemburgo. Poco social, si racconta più che altro sul suo sito, dove innanzitutto cita b: “Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere”. Come avvocato, si legge on line, si è occupato delle problematiche legate alla realizzazione delle cosiddette ‘Autostrade del mare’ ed agli incentivi europei per lo sviluppo delle reti transeuropee dei trasporti. Ha approfondito la tematica relativa alle reti d’impresa, con specifico riferimento alle opportunità di sviluppo dell’economia locale ad esse legate nonché alle specificità della disciplina nazionale ed europea in materia. E ha assistito, tra l’altro, numerosi clienti dinanzi all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, nell’ambito di procedure relative ad accordi restrittivi della concorrenza. Piero, poi, non è l’unico figlio di De Luca impegnato in politica: Roberto De Luca, commercialista di 32 anni, è stato responsabile del dipartimento Economia della segreteria provinciale del Pd fino alla primavera del 2016, quando è diventato assessore comunale a Salerno con delega al Bilancio e allo Sviluppo. In città si diceva che il padre Vincenzo lo volesse addirittura candidare a sindaco, poi optò per un ruolo meno prestigioso anche per non scontentare il fratello maggiore Pietro. Che ora guarda a Roma, ma prima si dovrà difendere in tribunale a Salerno. – fonte
Appalti truccati in Campania, 69 misure di custodia: arrestati anche politici e imprenditori
15/03/2017 – Le mani della camorra sugli appalti pubblici in Campania. Sono almeno 18 i bandi di gara truccati per favorire i Casalesi, nella fattispecie il clan Zagaria. Per questo motivo la Guardia di Finanza ha eseguito 69 ordinanze di custodia cautelare, nell’ambito di un’inchiesta condotta da un pool di cinque pm della Dda (Catello Maresca, Maurizio Giordano, Luigi Landolfi, Sanseverino e Gloria D’Alessio) e coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Tra i destinatari dei provvedimenti anche imprenditori e molti politici. Tra questi il nome più noto è quello del consigliere regionale del Nuovo centrodestra Pasquale Sommese, ex assessore alle Risorse umane durante la Giunta Caldoro. Il suo nome era stato iscritto nel registro degli indagati nel luglio del 2015 insieme ad altre 17 persone, tra cui alcuni sindaci del casertano.
L’inchiesta è la stessa che oggi ha portato all’arresto di Sommese, accusato di corruzione in riferimento all’appalto per il restauro della torre civica mediavale del comune di Cerreto Sannita. Per gli inquirenti, l’ex assessore è colui che garantiva l’erogazione dei fondi regionali. In carcere anche il sindaco di Aversa (Caserta) Enrico De Cristofaro, mentre ai domiciliari sono finiti altri ex amministratori pubblici, tra cui l’ex sindaco di Pompei Claudio D’Alessio e l’ex primo cittadino di San Giorgio a Cremano Domenico Giorgiano. Entrambi, al pari di Sommese, sono tutti esponenti che provengono dalla Margherita.
Le 69 persone destinatarie di misure cautelari dovranno rispondere – a vario titolo – di accuse gravissime: si va dalla corruzione alla turbativa d’asta, fino al concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’operazione del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, sono coinvolti non solo politici locali, ma anche funzionari pubblici, imprenditori, professori universitari, commercialisti, ingegneri e “faccendieri”, coinvolti con vari ruoli e responsabilità nelle gare di appalto pubblico realizzate in varie province campane, talvolta anche al fine di agevolare organizzazioni criminali di tipo camorristico. – FONTE
Salvini a Napoli, è guerriglia. De Magistris accusato da destra e Sinistra: “Incidenti per colpa di chi non mi ha ascoltato”
12/03/2017 – È una vera e propria guerriglia quella che ieri è andata in scena a Napoli contro il comizio del leader della Lega Nord, Matteo Salvini.
Auto distrutte, cassonetti dati alle fiamme, sassi, petardi, bombe carta e molotov lanciate contro gli agenti in tenuta antisommossa che impedivano ai manifestanti di raggiungere la Mostra d’Oltremare, dove il leader del Carroccio teneva il suo discorso.
Il quartiere di Fuorigrotta è stato messo sotto assedio per un’ora e mezzo, quando gli agenti sono riusciti, con gli idranti e una colonna di blindati, a disperdere la folla.
IL BILANCIO – Quattro fermati (ma il numero, ha fatto sapere la questura, potrebbe crescere), 11 agenti feriti, ai quali si aggiungono 4 ispettori e 2 funzionari della polizia, 10 carabinieri, è il bilancio di una giornata da incubo.
“La prossima volta – ha assicurato Matteo Salvini – il comizio lo facciamo in piazza del Plebiscito, poi vediamo. Qui ci sono uomini, fuori i caporali. Qui ci sono uomini, fuori i quaquaraquà. Quando andiamo al Governo nel nome del buon senso, quando abbiamo finito di sgomberare i campi rom cominciamo con i centri sociali”, che ha ammesso di aver “sbagliato” in passato su Napoli e sul Sud, ma ha promesso di “non sbagliare in futuro”, perché “Il futuro dell’Italia è il rispetto delle diversità nel Paese”.
L’ATTACCO DI SALVINI – “Quello che è successo a Napoli non l’avevo mai visto. E la cosa più grave è l’appoggio dato dal sindaco. Non ha preso le distanze e ha detto di stare al fianco dei cosiddetti insorgenti. Il risultato è la città distrutta e, da quello che mi dicono, di tanti agenti feriti. Tutto frutto di un sindaco irresponsabile. È pure magistrato”, ha dichiarato il segretario della Lega. “Che io possa fare battaglie scomode per qualcuno ci può stare, per me va bene. Ma continuo a fare ciò in cui credo ed è facile che venga accusato di islamofobia o altro da sinistra”.
LA RISPOSTA DI DE MAGISTRIS – “Gli incidenti di oggi a Napoli sono il risultato di chi ostinatamente non ha voluto ascoltare il messaggio di buon senso del sindaco e dell’amministrazione”, queste le dichiarazioni del primo cittadino Luigi de Magistris. “Noi – aggiunge – non abbiamo mai detto no Salvini a Napoli”.
TUTTI CONTRO IL SINDACO DI NAPOLI – Da destra e sinistra tutti invitano il sindaco a scusarsi per aver espresso più volte pubblicamente il suo sostegno ai manifestanti, nei giorni scorsi: “Che vergogna De Magistris che alimenta l’odio contro Salvini a Napoli” afferma il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri.
Stefano Maullu ne chiede la destituzione d’ufficio, per essersi posto “al di fuori del perimetro democratico” e Gianni Alemanno chiede il commissariamento del Comune di Napoli.
“Napoli oggi sta mostrando il suo volto peggiore – sostiene Mara Carfagna, che a Napoli è consigliere comunale -, quello di una piccola minoranza di facinorosi che sentendo di avere la benevolenza del Sindaco credono di poter piegare la città al loro volere. Ed è questa fotografia di Napoli, quella della democrazia sospesa e delle manifestazioni violente, che farà il giro del mondo e getterà discredito su un’intera città e su tutti i napoletani. Questa fotografia porta la firma di de Magistris che ancora una volta non ha esitato ad incoraggiare i violenti soffiando sul fuoco della protesta”.-FONTE
BOSSI contro Salvini: “Così porta la Lega allo scatafascio”
Parole dure, affidate al telefono all’agenzia Agi. E nello stesso giorno in cui Matteo Salvini ‘scende’ a Napoli, fra polemiche e scontri di piazza, il patriarca della Lega Umberto Bossi ha accettato un invito a pranzo in un ristorante di Pontida da parte di un gruppo di irriducibili nordisti.
“Sono un pò depresso”, dice Umberto Bossi. Perché Salvini “porta la Lega a Napoli, capitale di Pulcinella. L’ho fatta io, la Lega: mi dispiace vederla andare a scatafascio. Il Nord ha avuto centomila imprese fallite l’anno scorso, questo va a Napoli come se potesse regalare chissà cosa …”.
Menù fisso (20 euro) a base di garganelli alle noci, casocelli (pasta tipica bergamasca) col ragù e maialino alle verdure con polenta. Il pranzo – i cui inviti erano stati diffusi nei giorni scorsi su Facebook sotto il titolo ‘Pontida nel cuore’ – si è tenuto nella sala al piano superiore del ristorante, chiusa ai cronisti. La tavolata al ristorante ‘La Marina’, sui colli davanti al pratone in cui ogni anno si svolge il raduno leghista in provincia di Bergamo, era per una sessantina di persone. Ma nessun dirigente del movimento. A quanto riferito da alcuni dei partecipanti, da Bossi c’è stato un richiamo alla vocazione nordista della Lega, contro la scelta nazionalista di Salvini, che viene suggellata proprio dalla visita odierna del segretario a Napoli. Per Bossi andando avanti così sostanzialmente la Lega “andrà a sbattere”.
Infine, una battuta durante il suo intervento al pranzo di Pontida: “Io sarei andato a Bari, i pugliesi che sono venuti al Nord sono laboriosi e si sono integrati. La capitale del sud moderno è Bari”.
Politici indagati? Per i renziani non si deve sapere, la Proposta al Lingotto di Graziano, ‘Avviso di Garanzia non si deve sapere’
11/03/207 – L’avviso di garanzia che rimane segreto fino all’eventuale rinvio a giudizio. E poco importa se nel frattempo la persona indagata in segreto viene magari eletta grazie a voti inconsapevoli. È in questo modo che intende combattere la cosiddetta “gogna mediatica” Stefano Graziano, consigliere campano del Pd, indagato e poi archiviato per concorso esterno in associazione camorristica. L’esponente dem ha infatti proposto di istituire l’avviso di garanzia top secret al tavolo giudiziario del Lingotto a Torino, dove è in corso la convention del Pd. “Serve una legge perché qui avvenga come in Inghilterra: l’avviso di garanzia rimane segreto e lo si rende pubblico solo quando c’è il rinvio a giudizio. È un meccanismo che serve a rendere tranquilli sia i magistrati che indagano e sia l’indagato”, ha detto il consigliere casertano, protagonista di una vicenda giudiziaria citata più volte da Matteo Renzi.
Graziano, infatti, era stato indagato per concorso esterno in associazione camorristica nell’aprile del 2016, alla vigilia delle amministrative, nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Napoli che aveva portato all’arresto per presunte tangenti dell’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro. La vicenda fece molto scalpore, ma a settembre, la procura Antimafia chiese e ottenne dal gip di Napoli l’archiviazione per l’accusa di concorso esterno, mentre a febbraio è caduta anche l’indagine per corruzione elettorale. “In quei dieci mesi – racconta Graziano – ho vissuto un dramma personale, mia moglie ha perso il latte quando mia figlia aveva cinque mesi. L’avviso di garanzia è un avviso di garanzia dell’indagato, non può diventare una gogna mediatica“. In realtà, però, il consigliere dem dimentica di sottolineare un passaggio fondamentale: dell’indagine a suo carico, infatti, si ebbe notizia solo dopo le perquisizioni dei carabinieri che entrarono non solo nelle sue abitazioni private di Roma e Teverola, in provincia di Caserta, ma anche nel suo ufficio all’interno del consiglio regionale campano. Insomma anche se l’avviso di garanzia fosse stato segreto, dell’inchiesta su Graziano si sarebbe comunque avuta notizia. A meno di non vietare alla stampa di raccontare un evidente fatto d’interesse pubblico, come nel caso della perquisizione effettuata dagli investigatori negli uffici del consiglio regionale campano.
Ed è anche per questo motivo che la proposta di rendere segreto l’avviso di garanzia non viene condivisa da Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro. “Intervenire sull’avviso di garanzia, secretandolo, è una scorciatoia: per evitare la gogna mediatica, ci sono altre modifiche da fare. La prima riguarda la stesura delle ordinanze di custodia cautelare e le informative, che non devono contenere nulla che non sia strettamente legato col reato e nulla che abbia a che fare con la vita privata delle persone”, ha detto il magistrato, che tra l’altro fu indicato da Matteo Renzi come ministro della Giustizia, prima che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si opponesse alla nomina. “Si devono evitare provvedimenti che intervengono solo su singoli punti – continua Gratteri – per cui ogni volta che c’è un problema si cambia la norma: quando c’è un problema con l’avviso di garanzia si chiede un intervento su questo aspetto, quando si prescrive un processo importante si chiede a gran voce di modificare la prescrizione. Così non va. Alla giustizia, quando la politica avrà la voglia e la libertà di farlo, serve invece, e innanzitutto, un intervento complessivo e strutturale che informatizzi i passaggi e abbatta tempi e costi“.
Nonostante la stroncatura del procuratore calabrese, però, la proposta di Graziano sembra avere parecchi fan nel Pd. “Io sono per difendermi nel processo, non dal processo: è l’opposto rispetto alla impostazione berlusconiana”, commenta sempre Graziano. “Vale anche per il caso Consip?”, gli chiedono i cronisti. “Vale per tutte le indagini. Non solo per il mio caso”, ha detto l’esponente dem. L’inchiesta sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione ha coinvolto fino a questo momento anche il ministro Luca Lotti e Tiziano Renzi, padre dell’ex premier ed ex segretario del Pd. Se la proposta di Graziano fosse già diventata legge, oggi non sapremmo che l’attuale ministro dello Sport con delega all’editoria è indagato per rivelazione di segreto. Gli esempi, però, potrebbero essere decine. – ilFattoQuotidiano.it
Camorra: La capitale dei casalesi resta senza polizia
11/03/2017 – Casal di Principe (CE). Nella capitale della camorra chiude il presidio di polizia per ‘questioni logistiche’.
Interrogazione parlamentare urgente al Governo
Casal di Principe.
“La chiusura della sede della Squadra mobile a Casal di Principe è un brutto segnale per i cittadini. È preoccupante che per una questione burocratica un territorio così importante, con tanti problemi e soli cinque vigili urbani, resti senza un presidio di Polizia”. E’ quanto dichiara Edmondo Cirielli, deputato di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale.
“Presenterò un’interrogazione parlamentare – spiega – per chiedere al governo di fare presto e di non abbandonare la comunità casertana in un luogo simbolico dove da sempre ci si sofferma solo per fare polemica e retorica, senza poi veri atti concreti, se non appunto quello dell’impegno delle forze dell’ordine e della magistratura.
Ci auguriamo che le rassicurazioni di queste ore si trasformino in azioni tangibili. Chiediamo al ministro Minniti di fare in fretta. Il segno della presenza dello Stato è quanto mai necessario”.