L’Italiano medio vota Cinque Stelle (ma il Pd nemmeno se ne accorge)
16/01/2018 – Per chi voteranno i losers meridionali? I trentenni senza arte né parte, senza risorse per prestigiosi master al Nord né energie per farcela nell’era della specializzazione e del lavoro discontinuo; senza sogni oltre quello del posto fisso né capacità di “farsi imprenditori di se stessi”, come vuole la regola? Insomma, per chi tifano i Checcozalone? Un nuovo sondaggio effettuato da Alessandra Ghisleri offre una risposta molto netta: il Mezzogiorno resta il grande bacino elettorale del Movimento 5 Stelle, che in Sardegna, Sicilia, Puglia e Campania viaggia su quote astronomiche – fra un minimo del 31% (Campania) e un massimo del 36% (Sardegna) – e minaccia di conquistare una sorta di rappresentanza esclusiva delle ragioni e delle tensioni del nostro Sud.
Della leggendaria forza dei grillino nell’altra metà d’Italia si sapeva da tempo. Il Centro Studi della Luiss, all’inizio dell’anno scorso, valutava addirittura che andando alle urne col vecchio Mattarellum i grillini avrebbero fatto cappotto da Roma in giù. Le nuove regole hanno riaperto spazi anche agli altri, ma il primo posto – come ha scritto Fabio Martini su “La Stampa” – resta «saldamente e nettamente» in mano al Cinque Stelle realizzando così una inversione di prospettiva addirittura storica: «se si pensa che in 72 anni di Repubblica gli elettori meridionali hanno sempre premiato in prevalenza i partiti di governo (la Dc, Forza Italia, l’Ulivo) e comunque mai un movimento dichiaratamente anti-sistema».
In realtà, mai come in questo passaggio politico, i messaggi dei partiti “di sistema” più che ignorare il Sud sembrano irriderlo. Quando Silvio Berlusconi collega la capacità di far politica al conto in banca («L’87% dei grillini non ha mai presentato una dichiarazione dei redditi, non ha mai lavorato, non ha mai realizzato nulla»), senza accorgersene, proclama l’irrilevanza di un mondo intero. Il mondo, appunto, dei Checcozalone, che al massimo può aspirare a farci sghignazzare nei film ma per il resto deve restare al posto suo. Quando il Pd usa il tasto dell’ignoranza e della dabbenaggine («Quelli delle scie chimiche, quelli che si curano col bicarbonato») come arma esclusiva di contestazione al M5S, apre senza volerlo una sorta di “questione razziale” che conduce direttamente al vecchio scontro Nord/Sud: noi intelligenti, colti, razionali; voi superstiziosi, ignoranti, bigotti.
È il Nord il core-business delle forze “di sistema”. Il Nord dell’Expo, dei referendum autonomisti in Lombardia e Veneto, il Nord della ripresa. E infatti è al Nord che si sono concentrati i primi eventi elettorali di serie A, collegati alla campagna elettorale per le Regionali lombarde. Sono le istanze del Nord – immigrazione, sicurezza, tasse – a dominare le agende del Pd e di FI (per non dire della Lega) e ad agitare le proteste che fanno notizia. Come ha scritto il saggista Isaia Sales qualche tempo fa, «i benestanti prendono la parole e le piazze, rispetto ai “malestanti” che ne avrebbero più causa e diritto». Un mondo capovolto, dove gli stessi partiti: «per timore di essere travolti da una tendenza che non riescono a contrastare o ad attutire, la seguono accodandosi».
L’inversione di prospettiva segnalata dai sondaggi – con questo Sud che per la prima volta si accoda a una forza non-governativa – viene anche da qui, ma non solo. In un mondo politico bloccato soprattutto al Sud da liste d’attesa infinite, il M5S si qualifica come un rapidissimo ed esclusivo “ascensore sociale”. Oggi, con le Parlamentarie in rete, i grillini sceglieranno tra 15mila nomi quelli di un tot di fortunati che saranno traghettati direttamente dalla marginalità al Parlamento. Insieme a loro, nell’uninominale, ci saranno figure più note, manager e professori, spesso reduci da deludenti esperienze con gli altri e lusingati da queste nuove attenzioni. Andiamoci cauti prima di definirla scelta “antisistema”. A noi sembra piuttosto che emerga la volontà del Meridione di farsi largo a spallate nel “sistema” – cioè nello spazio pubblico dove si conta qualcosa, anche se all’opposizione – usando l’unica forza che offre qualche opportunità. Un calcio alla porta dei Checcozalone, insomma, che rischia di sancire anche politicamente la divisione dell’Italia in due. – (di Flavia Perina – linkiesta.it) –
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Beppe Grillo: nessun addio al M5S, come se un jazzista si desse al liscio
14/01/2018 – Lasciare il Movimento 5 Stelle? Non se ne parla nemmeno. Beppe Grillo scende in campo direttamente per smentire le voci su un ormai imminente disimpegno dalla sua creatura politica. «Per me lasciare il Movimento sarebbe come per un jazzista darsi al liscio.
Praticamente mi stanno dando dello scemo: si vota fra meno di due mesi e, dopo oltre 10 anni, mi è girato il boccino così? Per fortuna non c’è un aggettivo per descrivere uno che si inventa una stronzata del genere, perché lo userei senza dubbio: mi hanno davvero lasciato a bocca aperta» scrive il garante pentastellato in una lettera al Fatto quotidiano.
Grillo parla apertamente di fake news, di false notizie buttate in pasto all’opinione pubblica per bloccare una forza politica che in questo avvio di campagna elettorale pare avere le vele spiegate verso la conquista del primo posto (anche se questo potrebbe non voler dire riuscire a formare un governo dopo il 4 marzo).
«Questa non è semplicemente la smentita a una grandinata di fake news: questa è l’occasione per mostrarvi come è fatto e come si comporta il sistema “poli – tico”-mediatico. Uno stormo di disperati che tentano di far apparire noi come loro. Si tratta di un compito davvero arduo perché non esiste alcun “loro”, ma soltanto la finanza internazionale che si protegge con il caos. (Corriere.it)
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M5s, l’avvocato Borrè sul nuovo ricorso: “Grillo è in conflitto d’interessi, vi spiego cosa rischia ora Di Maio”
14/01/2018 – “Quando si parla di Movimento 5 Stelle s’immagina un nome, ma non è così: è un’associazione e la nuova associazione, nata sul finire del 2017 rischia di vedersi disconosciuto il diritto di utilizzare il nome ed il simbolo”. Con una conferenza stampa, il Comitato per la difesa dei diritti dell’associazione Movimento 5 stelle costituita nel 2009″, assistita dall’avvocato Lorenzo Borrè, commenta con soddisfazione la prima decisione del Tribunale di Genova – che fa seguito al loro ricorso – che ha accolto la richiesta del comitato stesso e sancito la nomina di un curatore, che rappresenti la prima associazione M5s, quella nata nel 2009, per gestirne gli interessi.
La complessa vicenda normativa la spiega l’avvocato Borrè: “Il curatore è stato nominato per ottenere da Beppe Grillo i nomi e dati di tutti gli associati della prima associazione al fine al fine di consentire la ricostruzione di una dinamica democratica, convocando un’assemblea che nomini il nuovo ‘capo politico’ della prima associazione e il secondo obiettivo del curatore – continua Borrè – è quello della tutela del nome chiedendo che venga riconosciuto il legittimo sudo solo in capo all’associazione nata nel 2009 e che ne inibisca l’uso alla terza associazione“. Beppe Grillo figurava come “capo politico“ nella prima associazione, nella seconda – quella nata nel 2012 – come “presidente del consiglio direttivo” e nella terza – nata negli ultimi giorni del 2017 – come “garante“. Per questo lui è in conflitto di interesse e da qui nasce il nostro ricorso” spiega Borrè.
Per il Comitato, presieduto dalla consigliera comunale di Roma, Cristina Grancio “la nuova associazione e il nuovo statuto impediscono alla base di essere incisiva sulla decisioni prese dal vertice M5s” e Borrè spiega le novità ora in vigore nel M5s: “Il nuovo statuto attribuisce al ‘capo politico’ il vaglio dell’opportunità di dare immediata esecuzione al deliberato assembleare (cioè da quanto deciso dagli iscritti). Una decisione già presa può essere sottoposta ad una nuova votazione che deve però avere un quorum superiore a quello con cui è stata adottata la delibera precedente. Questo – continua l’avvocato protagonista di altre battaglie giudiziarie contro i vertici del M5s – non avveniva nella prima associazione, in cui il ‘capo politico’ non doveva far altro che attuare quanto deciso dagli iscritti”.
I componenti del Comitato, tutti da molti anni iscritti ed attivi nel M5s e che hanno scelto di restare nella prima associazione lanciata da Beppe Grillo e dunque di non aderire a quella nata da poco affermano: “Il nuovo statuto sconvolge e snatura quanto sancito nell’articolo 4 del ‘non statuto’ e sul quale abbiamo lavorato per anni”. “Il Movimento 5 Stelle è diventato un vero partito politico non è più quel movimento in cui siamo entrati”. E ancora: “Siamo passati da una democrazia diretta dalla base ad una democrazia imposta. Come possiamo pensare di portare una democrazia partecipata nelle istituzioni quando non c’è all’interno del movimento?” FONTE
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Orietta Berti: “Votero’ M5S”. Esposto PD contro la cantante
13/01/2018 – “Il 4 marzo voterò il mio amico Grillo. Gliel’ho sempre promesso ma non l’ho mai votato, ero sempre all’estero”. Orietta Berti, ospite a “Un giorno da pecora”, si sbilancia sulle sue intenzioni di voto per le prossime elezioni. (Continua dopo la pubblicità…)
Una presa di posizione che non è piaciuta al Pd. Sergio Boccadutri, deputato del Partito democratico e componente della Commissione Vigilanza Rai, annuncia un esposto all’Agcom, perché “a Radio1, durante Un giorno da pecora, un’artista come Orietta Berti ha espresso tranquillamente la sua intenzione di voto a favore del Movimento 5 stelle. È legale?”.
Boccadutri aggiunge: “Ora, la trasmissione dovrà invitare un elettore per ogni altra lista in campo per il voto del 4 marzo? O forse, sarebbe stata necessaria una maggiore attenzione da parte di chi conduce il programma? È opportuno che l’Agcom valuti se non siamo di fronte ad una chiara violazione della legge, come sembrerebbe, se non sia il caso di comminare delle sanzioni e in che modo possano essere sanata la questione nei confronti delle altre forze politiche. Sarebbe opportuno anche valutare se Orietta Berti, dopo il suo coming out, possa continuare a ricoprire il ruolo di ospite fisso nella seconda parte della trasmissione di Fabio Fazio”.
Orietta Berti aveva espresso piena fiducia dunque nel candidato premier grillino Luigi Di Maio: “Non è importante l’età ma che sappia fare ciò che deve. Un suo difetto? Penso che sia troppo bello. Quando una persona è troppo bella poi non è tanto credibile quando parla. Io l’ho visto di persona, ha dei bellissimi lineamenti e delle belle mani, poi l’abbronzatura non ne parliamo. E poi non è basso. Berlusconi, per esempio, è più basso. Ha un altro fascino, è un uomo più attempato”. Di Renzi invece pensa abbia “un’abbronzatura bellissima. Mi ha detto che fa lampada. E invece Di Maio è scuro così di suo, è naturale, sembra un mulatto”. FONTE
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Sanità: muore a 41 anni di morbillo a Sanremo. Asl, nessun allarmismo
08/01/2018 – “Desideriamo tranquillare la popolazione, per evitare allarmismi e timori infondati. Non siamo in presenza di una epidemia da morbillo: sono stati registrati alcuni casi di questo virus la cui insorgenza non ha alcuna corrispondenza con il contestuale picco di influenza stagionale”. Così l’Asl 1 Imperiese, con una nota, interviene sul caso del quarantunenne di Sanremo, Alessandro Grosso, morto, nella tarda serata di ieri, per l’evoluzione critica di morbillo.
“Il morbillo – prosegue la nota – come confermano i dati epidemiologici a livello nazionale (4 casi di decesso nel 2017 su tutto il territorio italiano) è una malattia che, se non presenta complicazioni, può essere trattata al domicilio con riposo e terapia sintomatica. In caso di sintomi respiratori importanti è raccomandabile rivolgersi al proprio medico di famiglia o al Pronto Soccorso. Ricordiamo che il morbillo è una patologia per la quale in caso di infezione è possibile mettere in atto solo la terapia sintomatica. La vera prevenzione viene assicurata dalla copertura vaccinale della collettività”.(ANSA).
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Il Movimento 5 Stelle “scongela” i voti: cade anche il divieto di fare alleanze
01/01/2018 – Le nuove regole del Movimento 5 Stelle sono ufficiali. Sono state rese pubbliche sul blog di Beppe Grillo: il nuovo statuto dell’associazione, il nuovo codice etico, l’organigramma e il regolamento per la selezione dei candidati alle elezioni di marzo. La prima notizia è il termine per le candidature alle prossime Politiche.
Ieri pomeriggio il sito BeppeGrillo.it ha pubblicato un testo dal titolo: «È ora di pensare in grande: nuovo Statuto e regole per le candidature». Il testo è firmato da Luigi Di Maio – che da settembre è ufficialmente leader del Movimento e suo candidato alla presidenza del Consiglio per le elezioni del 4 marzo 2018 – e parla di diverse importanti modifiche alle regole del Movimento 5 Stelle, alcune delle quali già anticipate questa mattina dai principali giornali italiani.
Di Maio ha scritto che per potersi presentare alle elezioni, il Movimento 5 Stelle ha dovuto dotarsi «di un nuovo Statuto e di un nuovo Codice Etico». Il Codice Etico prevede obblighi specifici per i candidati, per i portavoce (cioè i parlamentari e gli amministratori locali) e per gli amministratori. Il nuovo Statuto individua quelli che saranno i sei nuovi organi del Movimento 5 Stelle: l’Assemblea, il Capo Politico, il Garante, il Comitato di Garanzia, il Collegio dei Probiviri, il Tesoriere. Di Maio sarà il Capo Politico, che resta in carica per cinque anni ed è rieleggibile per non più di due mandati consecutivi; Beppe Grillo sarà il Garante, e sarà «eletto mediante consultazione in rete»; il Comitato di Garanzia sarà composto da Giancarlo Cancelleri, Vito Crimi e Roberta Lombardi; il Collegio dei Probiviri da Paola Carinelli, Nunzia Catalfo e Riccardo Fraccaro.
Di Maio, che sarà anche Tesoriere (un ruolo che prima non c’era), ha scritto: «Io ho accettato la carica di Capo Politico con tutte le responsabilità che ne derivano: la presentazione delle liste, del simbolo e del programma e la definizione della squadra di governo». Lo statuto dice che il «Collegio dei Probiviri vigila sul rispetto dei doveri degli iscritti ed a tal fine irroga le sanzioni disciplinari». Il Comitato di Garanzia, invece, «sovrintende alla corretta applicazione delle disposizioni dello Statuto». L’Assemblea è «formata da tutti gli iscritti con iscrizione in corso di validità al momento della sua convocazione».
Il testo scritto da Di Maio e pubblicato su BeppeGrillo.it dice anche che dalle 15.15 di oggi e fino alle 12 di mercoledì 3 gennaio gli iscritti al Movimento «possono presentare la propria autocandidatura per le parlamentarie che si svolgeranno secondo le modalità previste dal Regolamento e i tempi che saranno pubblicati sul sito». Di Maio ha scritto che «è un giorno storico perché tante persone da oggi potranno decidere di dare il loro contributo e mettersi a disposizione» e che come prima cosa si procederà alle parlamentarie solo per quanto riguarda i candidati nei collegi plurinominali.
Il regolamento per le parlamentarie specifica che «chi avrà compiuto 40 anni di età alla data del 1 gennaio 2018 potrà proporre la propria candidatura esclusivamente al Senato». Alla Camera potranno quindi andare solo persone con meno di 40 anni. Il regolamento prevede anche, come previsto dal Codice Etico, che ogni eletto debba «erogare un contributo mensile di euro 300 destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi e dei singoli parlamentari».
Nel testo pubblicato sul blog di Grillo, Di Maio ha poi spiegato che potranno candidarsi anche persone che – rispettando i requisiti e comunque in base alle scelte di Di Maio e di Grillo – non sono al momento iscritte al Movimento 5 Stelle. Non servirà quindi essere stati iscritti per un determinato periodo di tempo, come era ad esempio successo cinque anni fa.
È ora di pensare in grande: nuovo Statuto e regole per le candidature https://t.co/3hnDk4wbNN
— Luigi Di Maio (@luigidimaio) 30 dicembre 2017
Voglio fare un appello a tutti i cittadini di grande competenza ed esperienza, che sono stati esclusi dalla cosa pubblica perchè al loro posto venivano piazzati i burocrati di partito. Queste persone vedano nel MoVimento una possibilità di partecipazione irripetibile per cambiare il Paese. A queste persone chiediamo di iscriversi al MoVimento, condividerne il programma votato in Rete, rispettare le nostre poche e semplici regole (due mandati e a casa, non essere iscritti a partiti ecc), di impegnarsi a tagliarsi lo stipendio se eletti, di accettare tutti i punti del regolamento per i candidati e di mettersi al servizio di un sogno. Da oggi inizia la composizione del gruppo parlamentare che sosterrà il governo 5 Stelle, per cui questo è un appello a tutti gli italiani di buona volontà che vogliono dare un contributo al Paese: diamoci un’opportunità!
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G8 di Genova, promosso a questore il poliziotto che accusò i no-global di aver ucciso Carlo Giuliani
27/12/2917 – Non solo la nomina di Gilberto Caldarozzi a numero due dell’Antimafia. C’è un altro protagonista dei giorni bui del G8 di Genova che recentemente è stato promosso. Si tratta di Adriano Lauro, 54 anni, nominato questore di Pesaro: il poliziotto era in piazza Alimonda nel giorno in cui venne ammazzato Carlo Giuliani. Nessun coinvolgimento nella morte del giovane genovese, ma il 20 luglio 2001, mentre i manifestanti urlavano “assassini, assassini” nei confronti degli agenti, lui gettò pietre contro i no-global e poi inseguì alcuni dei presenti urlando “lo hai ammazzato tu, sei stato tu con le pietre… pezzo di m….”. In audizione in Commissione parlamentare sul G8 si era poi difeso sostenendo che “ero convinto che fosse stata la pietra, e che se non avessero attaccato non sarebbe accaduto”.
In questi giorni Lauro era vicequestore aggiunto e gestiva l’ordine pubblico dove e mentre Giuliani venne raggiunto dal proiettile esploso dal giovane carabiniere Mario Placanica. Dopo il G8, il poliziotto ha ricoperto la stessa carica a Roma, è stato responsabile del Gruppo operativo sicurezza nelle manifestazioni sportive e poi ha prestato servizio alla polizia ferroviaria in Campania. A inizio dicembre, la promozione a questore nel capoluogo di provincia marchigiano.
Il 17 luglio 2015, a Casale San Nicola, Lauro è stato protagonista di una scena simile a quella di piazza Alimonda. In un momento di pausa durante gli scontri romani tra poliziotti e militanti di Casapound, accusò: “Mi sono arrivati due pezzi di marmo in testa, se non ve ne andate vi arrestiamo tutti”. FONTE
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Ai vertici dell’antimafia un condannato per la “macelleria messicana” alla scuola Diaz
25/12/2017 – Più che la rabbia della vittima c’è il senso di sconfitta del cittadino di fronte al Potere, negli occhi di uno degli ex ragazzi che nel luglio del 2001 attraversarono le notti della macelleria messicana della Diaz e del carcere cileno di Bolzaneto.
Gilberto Caldarozzi, condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi per falso, ovvero per aver partecipato alla creazione di false prove finalizzate ad accusare ingiustamente chi venne pestato senza pietà da agenti rimasti impuniti, è oggi il numero 2 – Vice direttore tecnico operativo- della Direzione Investigativa Antimafia, ovvero il fiore all’occhiello delle forze investigative italiane, la struttura alla quale è affidata la lotta al cancro criminale.
La nomina, decisa dal ministro dell’Interno Marco Minniti, passata quasi in sordina ed ignorata dalla politica, risale a poche settimane fa.
Se ne sono accorti, quasi casualmente nei giorni scorsi i reduci del Comitato Verità e Giustizia per Genova, un gruppo formato da ex arrestati della Diaz e di Bolzaneto e dai loro famigliari.
“Molti dei ragazzi tedeschi, vittime della polizia nel luglio 2001 – racconta un membro del Comitato – spiegano di avere provato paura quando, ritornati in Italia per i processi o per le vacanze hanno incontrato agenti in divisa. Mi chiedo come si possa dire a queste persone che l’Italia è cambiata se uno dei massimi dirigenti del nostro apparato di sicurezza è oggi proprio colui che ieri fece di tutto per accusarli ingiustamente e coprì gli autori materiali dei pestaggi e delle torture”.
Caldarozzi, ex capo dello Sco, la Sezione criminalità organizzata, considerato un “cacciatore di mafiosi”, per la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è invece uno dei responsabili dei comportamenti di quella notte del 2001 e dei successivi comportamenti degli apparati di Stato, che sono valsi al nostro paese due condanne per violazione alle norme sulla tortura.
Scrissero i giudici della Cassazione per Caldarozzi e gli altri condannati: “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Non esattamente una medaglia da inserire nel proprio curriculum.
D’altra parte, a luglio di quest’anno sono scaduti i cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e i dirigenti condannati per la Diaz che non erano andati in pensione sono rientrati in polizia.
In un intervento sulle sentenze della Cedu, pubblicato sul sito Questione Giustizia di Magistratura Democratica, il pm del processo Diaz Enrico Zucca affronta il caso Caldarozzi: “L’ultimo dei rientri, che si fa fatica a conciliare con quanto espresso nei confronti del condannato in sede di giudizio di Cassazione, è quello che riguarda l’attuale vice-capo della Dia, che vanta così nel suo curriculum il “trascurabile” episodio della scuola Diaz”.
Il capo della polizia, il prefetto Franco Gabrielli, in un’intervista a Repubblica dell’estate ha voluto finalmente affrontare il tema G8 senza tabù, dichiarando che lui al posto di “Gianni De Gennaro (allora capo della polizia oggi presidente di Finmeccanica, ndr) si sarebbe dimesso”. A quanto si sa, i funzionari rientrati in polizia sarebbero stati destinati a ruoli non di primo piano. Ma Caldarozzi è sfuggito a questa logica. Essendo la Dia una struttura che dipende direttamente dal Ministero, per lui, che vanta con Minniti e con il gruppo De Gennaro un’antica amicizia, si sono spalancate le porte dei piani alti.
Il suo esilio, per altro non è stato quello di un appestato. Gli anni di interdizione li ha trascorsi lavorando come consulente della sicurezza per le banche e poi come consulente per la Finmeccanica dell’ex capo De Gennaro.
Si parlò anche di “collaborazioni” con il Sisde, i servizi segreti, proprio come, sempre a stare alle voci, si racconta intrattenga oggi il anche pensionato Franco Gratteri, ex capo della Direzione centrale anticrimine, il più alto in grado fra i condannati della Diaz.
Nonostante l’Italia, tra molte contestazioni e distinguo, si sia dotata da qualche mese di una legge sulla tortura, sembra essere completamente inevaso uno degli aspetti più volte ricordati dai giudici europei.
Quello che riguarda non gli autori materiali delle torture bensì tutta la scala gerarchica e i regolamenti interni che non provvedono a isolare i torturatori e chi li ha coperti nelle fase preliminare delle indagini, e che poi non provvede, se non a radiarli, perlomeno a bloccare
le progressioni di carriera, o in estremo subordine ad assegnarli ad incarichi non operativi. Diciassette anni dopo aver disonorato – lo dicono, per sempre, i giudici della Cassazione, anche se molti poliziotti e altrettanti politici non hanno mai accettato questa sentenza – la polizia italiana, Gilberto Caldarozzi viene premiato con una delle poltrone più importanti della lotta al crimine. La “macelleria messicana” è stata archiviata dallo Stato. FONTE
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Il governo Usa avverte l’Italia: “Fate attenzione. Ci sono legami Russia-M5S”
15/11/2017 – «Fate attenzione ai legami fra governo russo e M5S». È il messaggio circolato nei mesi scorsi nell’amministrazione Usa, con lo scopo di mettere poi Roma al corrente di un fenomeno più vasto: l’esteso impegno di Mosca a sostenere forze politiche intenzionate a sfidare gli establishment nazionali.
Con lo scopo di indebolire nel lungo periodo tanto l’Unione Europea, quanto la Nato. Sono fonti governative americane a ricostruire per «La Stampa» quanto sta avvenendo, spiegando in particolare che sono preoccupate per l’influenza che la Russia sta cercando di avere sulle prossime elezioni italiane, nell’ambito di una strategia di interferenza che tocca tutta l’Europa, dopo quella adottata durante le presidenziali degli Stati Uniti. Finora il potenziale punto di contatto è stato individuato da Washington soprattutto nei rapporti che Mosca sta costruendo con il Movimento 5 Stelle, e con la Lega, che però ha prospettive elettorali inferiori.
All’origine di tali sviluppi ci sono le conseguenze dell’Election Day. Quando l’intelligence americana è arrivata alla conclusione che il Cremlino aveva gestito le incursioni degli hacker nell’archivio digitale del Partito democratico, per rubare documenti con cui deragliare la candidatura presidenziale di Hillary Clinton, l’apparato governativo degli Usa si è attivato per comprendere meglio le dimensioni e lo scopo di questa strategia. Quindi si è convinto che la Russia sta cercando di dividere e indebolire l’intero Occidente, favorendo le formazioni politiche che mettono in discussione le alleanze storiche e più recenti tra le due sponde dell’Atlantico. Questa offensiva era già presente negli Stati baltici, che avendo fatto parte dell’Unione Sovietica sono abituati a simili tattiche di propaganda e manipolazione, e le riconoscono in fretta. Discorso analogo per la Serbia e l’intera area della ex Jugoslavia. L’operazione però si è allargata anche al resto dell’Europa occidentale, che secondo gli analisti di Washington è meno pronta a capirla e difendersi. Perciò il governo Usa si è attivato, con missioni discrete che hanno riguardato anche l’Italia.
Gli obiettivi di Mosca sono tutti i Paesi dove nei prossimi mesi sono in programma le elezioni, che per la loro natura democratica consentono di infiltrare i sistemi politici e cercare di condizionarli. Al primo posto ci sono le presidenziali francesi, dove gli effetti dell’offensiva russa sono già stati pubblicamente notati, con la visita di Marine Le Pen al Cremlino e le informazioni uscite per attaccare l’indipendente Macron. Nel radar degli americani però ci sono anche le presidenziali del 2 aprile in Serbia, il voto di settembre in Germania, e quello che comunque dovrà avvenire in Italia entro la primavera del 2018.
Secondo quanto appurato da Washington, i metodi usati sono diversi. Negli Stati Uniti gli attacchi sono avvenuti nel campo digitale, perché è molto sviluppato e offriva grandi opportunità. Lo stesso sta avvenendo già in Europa, come hanno dimostrato le denunce fatte da Macron. Più difficile è provare eventuali finanziamenti o aiuti diretti per le campagne elettorali e i partiti. In Italia il sistema digitale è meno sviluppato di quello americano, e i nostri apparati contano anche sul naturale scetticismo degli elettori per depotenziare eventuali offensive. Nel mondo di oggi, però, non serve molto: basta intercettare una mail o una lettera, per demolire un candidato o un partito.
Poi ci sono i rapporti personali diretti. Ha sorpreso, ad esempio, la visita di una delegazione italiana che qualche tempo fa è andata in Lituania, dialogando con la comunità di origine russa nel Paese. Rilevanti sono anche gli incontri con le ambasciate, che sono leciti, ma possono andare oltre la cortesia diplomatica. M5S e Lega non hanno fatto mistero dei contatti avuti con Mosca, e ciò ha suscitato preoccupazione, anche se in scala diversa.
L’attenzione riservata dal governo americano a questi fenomeni è maturata prima dell’entrata in carica della nuova amministrazione Trump, e delle stesse presidenziali dell’8 novembre. Finora se ne sono occupati funzionari di carriera non partisan, e la loro attività è completamente slegata dalle inchieste in corso all’Fbi e al Congresso sulle eventuali complicità tra gli hacker russi e la campagna del candidato repubblicano. Si tratta in sostanza di valutazioni professionali, indipendenti dalle vicende politiche interne. La transizione naturalmente complica le cose, perché il governo deve affrontare altre priorità, e nei Paesi che sono potenziali obiettivi non sono ancora stati nominati i nuovi ambasciatori. Le elezioni italiane però sono quelle più lontane nel calendario, a fine aprile il premier Gentiloni verrà alla Casa Bianca e a maggio ospiterà Trump al G7, e quindi ci sarà il tempo per discutere e chiarire queste preoccupazioni. Da qui lo scenario di una consultazione in crescendo fra Washington e Roma sul ruolo dei grillini come emissari del Cremlino nel Bel Paese. FONTE
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Investita su strisce lancia passeggino e salva figlia. Nel genovese. Bimba 6 mesi è incolume, la madre è gravissima
07/11/2017 – Si trova in gravi condizioni all’ospedale San Martino di Genova Michela Figone la donna travolta da un’apecar a Casarza Ligure. La quarantenne prima di essere investita è riuscita a spingere via la carrozzina con il figlio di sei mesi, salvandogli la vita.
L’incidente è avvenuto in via Annuti, nel piccolo comune a pochi chilometri da Sestri Levante. Alla guida dell’apecar c’era un ottantenne. La donna è grave, mentre il figlio è illeso ed è stato affidato ai familiari della madre, dopo essere stato preso in consegna da alcuni passanti.
Il conducente del veicolo è stato denunciato per lesioni colpose gravi. È risultato negativo all’alcol test, effettuato dai carabinieri che conducono le indagini.
Michela nell’incidente ha riportato un trauma cranico e ferite in più parti del corpo. Soccorsa dai volontari del soccorso di Sestri Levante, è stata intubata e trasferita con l’elicottero dei pompieri al pronto soccorso del San Martino di Genova in codice rosso. (ANSA.IT)
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