ECCO DOVE VUOLE METTERE LE MANI RENZI
Renzi è stato eletto segretario del Pd da neanche due giorni e già si parla del tipo di rapporti che intende instaurare con la Rai. Quattro quotidiani affrontano oggi il tema. Coincidenze?
Chi sono i suoi uomini nell’azienda? Chi lo diventerà? Sono previsti cambiamenti di dirigenti o di direttori di tg? I giornalisti si interrogano su queste ed altre domande. Perché?
Ecco che le voci iniziano a circolare e riportano alla mente pratiche di vecchia data. Vedremo quali saranno i fatti. Intanto meglio ribadire che è ora che la politica cambi la sua modalità di approccio con l’azienda radiotelevisiva pubblica, che deve poter operare nel modo più indipendente e trasparente possibile.
Come Presidente della Commissione di Vigilanza non ho alzato e non alzerò mai il telefono per richiedere maggiore visibilità per il M5S o per segnalare questa o quell’altra persona. La Rai è dei cittadini, i partiti ne devono stare ben fuori.Tutti dobbiamo lavorare al miglioramento del servizio pubblico e per chiudere definitivamente nel cassetto dinamiche da lottizzazione.
Nessun segretario pensi di poter fare la scalata in Rai.
Roberto Fico
Discussione alla camera mozione sull’etichettatura degli alimenti: gli impegni che si chiedono al Governo:
09/12/2013 – Emanare entro il 31 maggio 2014 i decreti ministeriali di attuazione dell’articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n.4, al fine di rendere immediatamente applicabile la normativa sull’etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari a tutela dei consumatori e degli operatori della filiera e a prevedere, per talune tipologie di prodotti, modalità di inserimento volontario in etichetta di specifici sistemi di sicurezza realizzati mediante elementi di identificazione elettronica e telematica.
Intervenire con determinazione nelle competenti sedi internazionali e prioritariamente in ambito GAC (Government Advisory Committee), anche in collaborazione con gli altri Stati membri interessati e con la Commissione europea, per bloccare l’introduzione di nomi generici a domini internet e la loro assegnazione a soggetti privati non utilizzatori delle Denominazioni, a garanzia di tutela del sistema agroalimentare di qualità italiano;
Promuovere, a livello unionale, un’azione comune a difesa della posizione della “non concedibilità” dei nomi generici e della necessità rivedere la governance di internet con la definizione di regole condivise a livello internazionale;
Assumere tutte le iniziative di competenza affinché la Commissione europea, avvii una rapida verifica sulla compatibilità del sistema di etichettatura inglese con la normativa europea relativa alle indicazioni nutrizionali degli alimenti, così come previste dal regolamento UE 1169/2011, nonché sul rispetto da parte del Governo britannico dell’obbligo di previa notifica previsto per l’introduzione di nuove regolamentazioni in materia di etichettatura;
a tutelare l’immagine e il valore economico dell’export agroalimentare dei prodotti made in Italy, evitando che i sistemi di etichettatura volontaria siano utilizzati a fini discriminatori e distorsivi del mercato nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari italiane;
a diffondere tramite puntuali campagne informative, l’importanza di una dieta varia ed equilibrata insieme ad una regolare attività fisica esprimendo contrarietà a qualsiasi sistema di etichettatura alimentare basato su approcci che tendono a confondere i consumatori;
a sostenere progetti per la promozione del consumo di prodotti agroalimentari italiani nella ristorazione italiana all’estero, attraverso la predisposizione di un documento di reciproci impegni e garanzie tra imprese agroalimentari, ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e ristoranti interessati.
Movimento dei Forconi, vertice al Viminale
Torino, 10 dic. – Proseguono da nord a sud le proteste del movimento dei Forconi. E Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito, avverte: ”Basta con i giochini del sottosegretario Girlanda e del ministro Lupi impegnati a negare l’esistenza del fermo e le ragioni della protesta, pur in presenza di ordinanze prefettizie che ricordano periodi bui della storia italiana; se insistono, senza preavviso, porteremo sui camion la nostra protesta a Roma”.
Al Viminale, alle 16, è stato convocato un vertice tra il ministro dell’Interno Angelino Alfano e le forze dell’ordine per le manifestazioni di protesta. Per il vicepremier, “gli uomini in divisa sono un presidio di legalità. Legalità vuole dire garantire la libertà dei cittadini di manifestare le proprie opinioni, senza violare le leggi e la libertà degli altri. Legalità vuole dire garantire le istituzioni. Che non si toccano”.
Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi , si dice sorpreso dalla protesta. “Abbiamo lavorato come governo per rilancio del settore dell’autotrasporto e abbiamo firmato un protocollo d’intesa con le categorie e inserito nella legge di stabilità 350 mln euro per il recupero delle accise sul gasolio. Abbiamo cercato corresponsabilità e dialogo con gli autotrasportatori. Per questo mi sono meravigliato della protesta, perchè non c’era un problema di merito”.
Ma le polemiche crescono, in particolare per il gesto dei poliziotti che si sono tolti i caschi. Forza Italia e Lega Nord chiedono che il ministro dell’Interno riferisca alla Camera. Elio Vito (Fi) ha sollevato la vicenda “dei poliziotti che ieri si sono tolti il casco” a Torino, il collega ‘azzurro’ Francesco Paolo Sisto gli fa eco dicendo che “il ministro deve darci una spiegazione”, per comprendere “se si tratta di un’insubordizione a un ordine” da parte dei poliziotti. Per questo, chiede Sisto, “Alfano venga a riferire su questo gesto”. Anche la Lega Nord chiede che il responsabile dell’Interno “relazioni in Aula in tempi certi”, sottolinea Stefano Allasia. Ma nell’emiciclo arrivano anche le parole di Beppe Grillo nella lettera indirizzata alle forze dell’ordine. A leggerle Emanuele Fiano, del Pd, che le giudica “parole gravi, gravissime”, che vanno “stigmatizzate. Siamo molto preoccupati”. Anche per Franco Bordo, di Sel, l’obiettivo di Grillo è “schierare le Forze dell’Ordine contro le istituzioni, una cosa gravissima. A casa mia questo è un invito al golpe, al colpo di Stato” che va “respinto con forza”. Per il centrista Angelo Cera il problema reale è il “disagio dei poliziotti: vogliamo occuparcene una volta per tutte? – chiede – Probabilmente ieri hanno agito anche per paura, accerchiati com’erano da delinquenti”.
Un avvertimento ai manifestanti arriva da Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di garazie sugli scioperi dei servizi pubblici essenziali: ”Il fermo dell’autrotrasporto merci deve avvenire nella disciplina del settore. Non si possono bloccare le strade. Le responsabilità saranno individuate e non faremo sconti a nessuno”.
Le proteste però proseguono in tutto il Paese. Uno straniero è stato fermato dalla polizia davanti alla stazione di Torino Porta Nuova dopo che, mentre stava passando in corteo un gruppo di manifestanti legati al movimento dei Forconi, era stata fatta esplodere una bomba carta. La posizione dell’uomo è al momento al vaglio.
Nel capoluogo piemontese e in provincia restano i presidi. Caos intorno a piazza Statuto dove un gruppo di manifestanti ha percorso in corteo corso Francia occupando una carreggiata. Alcune decine di giovanissimi con bandiere dell’Italia, a piedi o su alcune auto, hanno costretto ad abbassare le serrande dei pochi negozi aperti lungo il percorso. I dimostranti hanno invitato automobilisti e passanti: “Unitevi a noi”.
Sotto il Consiglio regionale del Piemonte si sono incrociate le proteste di Fiom, studenti universitari e popolo dei Forconi. Al presidio della Fiom per le aziende in crisi, già convocato da tempo, si è aggiunto quello degli studenti della mensa occupata che chiedono di essere ricevuti in Consiglio. Poi sono arrivati anche un gruppo di ambulanti della protesta dei Forconi che hanno contestato la Fiom. Traffico bloccato anche sul raccordo autostradale Torino-Caselle.
Il prefetto di Torino, Paola Basilone, ha annunciato rinforzi di forze dell’ordine per fronteggiare i forti disagi, non solo nel capoluogo piemontese, ma anche in alcuni centri della provincia, come Nichelino e Pinerolo.
Al termine della riunione del Comitato dell’ordine e la sicurezza pubblica il prefetto ha osservato: “Abbiamo chiesto rinforzi per monitorare e migliorare la situazione di prevenzione e contrasto dei disagi derivanti dalle proteste”.
A questo proposito il questore di Torino, Antonino Cufalo ha precisato che le forze saranno “congrue per fronteggiare l’attuale situazione”.
Dopo gli scontri di lunedì, il sindaco di Torino Piero Fassino usa parole dure contro il movimento: “Sono degli irresponsabili. Le ragioni di disagio alla base della protesta sono comprensibili ma sconvolgere la vita dei cittadini è inaccettabile”.
La protesta continua in molte regioni d’Italia. Nuove manifestazioni in Liguria, a Imperia e Savona, mentre a Genova i dimostranti si sono concentrati in poche decine in piazza De Ferrari. A Imperia la stazione ferroviaria di Oneglia, questa mattina già occupata e poi liberata, è stata rioccupata intorno alle 12.30. Bloccato anche l’accesso al casello autostradale. A Savona alcuni giovani hanno bloccato la stazione ferroviaria per una decina di minuti, intorno alle 12, poi sono stati allontanati dalla polizia ferroviaria. Gruppi di dimostranti si spostano da un punto all’altro nelle zone centrali della città, provocando una forte congestione del traffico. ”Rigore e fermezza” nei confronti di chi paralizza la città è la richiesta alle istituzioni di Federico Berruti, sindaco di Savona.
Presidi e manifestazioni in Puglia: a Bari, all’altezza dell’uscita per Poggiofranco in direzione sud, sulla tangenziale (statale 16). Altro presidio, con modalità simili, nel nord barese sulla provinciale 231 (ex statale 98) all’altezza di Corato e sulla statale 16, nel foggiano, uno dei quali all’altezza di Carapelle.
Traffico in tilt anche a Palermo per la protesta dei Forconi. Paralizzata la circolazione stradale in piazza Indipendenza a causa di una manifestazione davanti Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione nel capoluogo siciliano. Difficoltà anche in via Ernesto Basile, per il volantinaggio di alcuni manifestanti. Franco Crupi, esponente siciliano del movimento, sottolinea come “il popolo siciliano debba mostrare gli attributi di non essere ancora sottomesso al padrino della politica o al padrino mafioso. Il cittadino siciliano deve vivere con la propria dignità”.
La mobilitazione va avanti anche in Veneto con decine e decine di manifestanti sulle strade che rallentano il traffico. Il punto più critico è al casello di Soave, nel veronese, sulla A4 Serenissima, che è stato chiuso sia in entrata che in uscita a causa della presenza di centinaia di manifestanti. In prima fila gli imprenditori della Life, gli allevatori dei Cospa del latte, del movimento autonomo degli autotrasportatori, a cui si sono aggiunti stamane tanti studenti del veronese. E in centro storico a Verona un gruppo di studenti ha percorso le vie cittadine, in un corteo non autorizzato, lanciando dei sassi contro un’auto della polizia municipale. Nel resto del Veneto la protesta continua al casello di Montecchio Maggiore, nel vicentino, a Cittadella (Padova) e al casello di Treviso Sud, sulla A27, sulla statale Pontebbana a Ponte della Priula (Treviso), con rallentamenti del traffico.
In Friuli Venezia Giulia la manifestazione più imponente si è svolta oggi a Monfalcone, in provincia di Gorizia, con un corteo di pressappoco un migliaio di persone partito molto presto dai cancelli dei cantieri della Fincantieri. I dimostranti, in parte lavoratori dell’indotto della Fincantieri, hanno attraversato la città. A Monfalcone, il traffico è stato bloccato per un paio di ore. Tra gli striscioni impugnati dai dimostranti, quello che recitava: ”Italia chi ti ha ridotto in questo stato?”. Le proteste proseguono anche lungo la strada statale 13 Pontebbana, a Orcenico di Zoppola, (Pordenone) con sit in, blocchi stradali a carreggiata alterna e volantinaggi ad automobilisti e camionisti. I dimostranti hanno ricevuto la solidarietà dei lavoratori della Electrolux e dell’Ideal Standard. ((Adnkronos/Ign)
EQUITALIA: NULLE LE CARTELLE SPEDITE DOPO IL 2008
Dopo la sentenza del TAR del Lazio, che annullava le cartelle di Equitalia non redatte o firmate da un dirigente, apprendiamo ora dell’esistenza di due precedenti sentenze, di cui mai si è fatto accenno sui mezzi di informazione generalisti, che annullano quasi tutte le cartelle di Equitalia presentate dopo giugno 2008. Chi lo spiegherà alle tante persone vittima di questo strozzinaggio legalizzato, comprese quelle che si sono tolte la vita nella disperazione?
La Cassazione Civile Tributaria n. 4516 del 22 febbraio 2012, stabilisce che la cartella di pagamento non può limitarsi a riportare la cifra globale degli interessi dovuti. Al contrario, in essa deve essere indicato come si è arrivati ad un dato calcolo, specificando le singole aliquote a base delle annualità prese in considerazione. L’operato di Equitalia non deve risultare ricostruibile soltanto attraverso difficili indagini che non competono al contribuente, perché se così fosse, risulterebbe violato il diritto di difesa del destinatario dell’atto.
La Cassazione ha precisato che sono illegittimi tutti gli atti di riscossione notificati dopo giugno 2008, se privi dell’indicazione della base di calcolo degli interessi: quindi sono tutte illegittime le cartelle Equitalia notificate dopo giugno 2008.
Basilicata: così ricca, così povera L’Europa ci declassa, torniamo ex Obiettivo 1
POTENZA – Ufficializzato il declassamento della Basilicata e il ritorno a zona Obiettivo convergenza, cioè nella fascia delle regioni a forte sottosviluppo. Tutto questo nonostante il “tesorone” delle royalties: dal 2008, 762 milioni alla Regione, 83 al solo comune di Viggiano. Una valanga di soldi, cifre che fanno venire i brividi, soprattutto nel giorno in cui Bruxelles ufficializza il declassamento della Basilicata a zona Obiettivo convergenza (ex obiettivo 1), per non aver conseguito una crescita del Pil tale da consentire alla regione di portarsi fuori dalla fascia delle aree sottosviluppate, nonostante le previsioni. L’Europa decide in base a quei dati statistici che ci dicono come il prodotto interno lordo lucano non solo non sia cresciuto, ma addirittura sia tornato a livelli simili a quelli del 2001: fermo al 75 per cento della media europea, facendo così scattare l’automatico passo indietro. Un po’ quello che è accaduto anche nelle altre regioni del Mezzogiorno, incapaci di fronteggiare la sfavorevole congiuntura economica.
Ma per la Basilicata l’involuzione ha il sapore di una doppia beffa. E non solo perché a un certo punto del percorso della crescita agevolata dagli aiuti europei la Regione si era distinta tra le altre per i risultati raggiunti. Ma soprattutto perché in base alla ricchezza del suo sottosuolo la Basilicata non può considerarsi al pari delle altre regioni. Nelle casse degli enti pubblici, a partire dalle Regione, per arrivare ai comuni, sono arrivati milioni e milioni di euro. Dire che i traguardi raggiunti, in termini di sviluppo, siano lontani dai risultati attesi in virtù delle estrazioni, è ormai un esercizio di retorica. Ma quando ce li hai di fronte, quei numeri, capisci che il senso di sconforto per il paradosso tutto lucano non sarà mai abbastanza.
Le cifre sono quelle che arrivano dal Ministero dello Sviluppo economico. La direzione generale per le Risorse minerarie ed energetiche ci informa del flusso delle compensazioni economiche derivanti dall’estrazione del greggio: a chi sono andate, e soprattutto in quali quantità. L’ultimo aggiornamento è datato agosto 2013 e ci dà conto delle aliquote della produzione di gas e olio del 2012 versate alla data del 30 giugno del 2013 e quelle relative alla produzione di gas del 2011, versate a seguito della aste effettuate presso la piattaforma di negoziazione P-Gas a gennaio del 2013. Sommando queste due voci il calcolo è facile: il gettito di un solo anno ha portato nelle casse della Regione 168.974.961 euro (più di 91 milioni versati da Eni e altri 77 milioni di Shell Italia). Quasi 50 milioni in più rispetto all’anno precedente. E in totale, dal 2008 ad oggi, più di 762 milioni di euro.
Compensazioni dirette, al netto, a esempio, di quelle derivanti dal Po Val d’Agri. Sappiamo – come ha spiegato il presidente De Filippo nella recente conferenza stampa di fine mandato – che la congiuntura economica negativa degli ultimi anni e il sensibile taglio ai trasferimenti centrali ha portato a utilizzare sempre più spesso questo tesoro per continuare a garantire servizi fondamentali, a partire dall’ateneo lucano. Insomma, una sorta di bancomat – un paragone utilizzato più di qualche volta – a cui attingere per far fronte alla progressiva riduzione di risorse. Attenuanti che però non può bastare a liquidare la questione dell’utilizzo delle royalty e soprattutto non eliminano quell’interrogativo che pesa come una spada di Damocle sulla testa della Regione: perché una parte di quelle risorse non è stata indirizzata verso investimenti che avrebbero dovuto fare da moltiplicatori di sviluppo?
Sconfitta ancora più cocente se si guarda al flusso delle royalty finite nelle casse dei comuni interessati dalle attività estrattive. Se siete mai stati in Val d’Agri e avete visitato i comuni delle valle che ospita il Centro Oli, vi sembrerà quasi fantascienza sapere che questa dovrebbe essere la zona più ricca d’Italia. Basta dare un’occhiata alla griglia del ministero che riporta il gettito suddiviso per comuni per concludere che sono quelli lucani i più pagati. Viggiano è in testa alla classifica e stacca di molto quelli che vengono dopo. Dal 2008 ad oggi nelle casse municipali sono finiti ben 83 milioni e mezzo di euro. Che equivale a 25 mila euro per ognuno dei 3200 abitanti. Un’enormità di danaro di cui non ci sono molte tracce sul territorio. Le aree industriali raccontano un’altra storia. Le attività artigianali o legate all’agricoltura e all’allevamento – ormai compromesse (almeno in termini di immagini) dalla forzata convivenza con le attività estrattive – sono allo stesso livello di quelle di qualsiasi altra area dell’entroterra del Mezzogiorno.
Guadagnano meno, ma comunque tantissimo gli altri comuni lucani interessati dalle estrazioni: nella classifica relativa al gettito del 2013, dopo Viggiano, seguono Calvello (più di 4 milioni in un solo anno), Grumento Nova (tre milioni), Marsico Nuovo (2 milioni), Montemurro (720 mila euro). Non solo. Negli anni hanno ricevuto laute “ricompense” anche comuni come Ferrandina (il fallimento della Valbasento non ha bisogno di troppe presentazioni), Pisticci e Salandra. Va detto che le royalty non possono essere utilizzate per sostenere la spesa corrente. Così com’è vero che anche queste risorse sono vincolate ai limiti del patto di stabilità che le amministrazioni sono tenute a rispettare. Un ostacolo che va superato per evitare di ingessare l’economia degli enti su questo tipo di risorse. Sul punto si è sentito alzare la voce in qualche occasione. Al momento manca, però, un’azione politica forte che vada in questa direzione. Ma, a parte gli ostacoli che si sono frapposti nel tempo, nel paradosso della Basilicata ricca in teoria e povera nei fatti c’è una lacuna che pesa su tutte: la mancanza di programmazione. Perché una cosa è spendere una parte di quelle risorse per un intervento limitato (la realizzazione di un’opera, a esempio) e in grado di produrre occupazione solo per un determinato periodo di tempo. Diverso è, anche in questo caso, tanto per fare un esempio, costruire un impianto a energia “pulita” che consenta di abbassare la bolletta energetica delle aziende, quindi richiamare imprese sul territorio, e creare occupazione di lunga durata. La recente azione dei sindaci della Val d’Agri, guidata dall’amministrazione di Viggiano, che ha chiuso un accordo integrativo con Eni e Shell sul gas aggiuntivo che verrà estratto nella zona, va in questa direzione. Ma le royalty, che comunque continueranno a essere versate, sono un discorso a parte. La legge prevede che il ristoro economico ai comuni del petrolio sia destinato allo sviluppo dell’occupazione, delle attività economiche, all’incremento industriale e a interventi di miglioramento ambientale. A giudicare dai risultati, siamo ampiamente al di sotto di ogni aspettativa.
di MariaTeresa LA BANCA Fonte
Mario Giarrusso, al ministro degli Interni e vicepremier, Angelino Alfano
“Via la scorta al pregiudicato Berlusconi e via i carabinieri davanti a palazzo Grazioli “. E’ quanto chiede il Movimento Cinque Stelle che al Senato rivolge un’interrogazione parlamentare, firmata per primo dal senatore Mario Giarrusso, al ministro degli Interni e vicepremier, Angelino Alfano. “È assurdo che i cittadini debbano pagare per la sicurezza di un pregiudicato che non è più parlamentare e che tra l’altro ha tutti i mezzi per pagarsi da solo guardie del corpo e sistemi di protezione”, scrivono i cinque stelle in un comunicato.
“Ci risulta – continuano – che la scorta di Berlusconi sia fatta di personale di varia provenienza con stipendi da favola“. Dei veri e propri “pretoriani”, attaccano i senatori del Movimento, “probabilmente inquadrati nei servizi“. Quindi chiedono al ministro Alfano : “perché debbano essere i cittadini a pagare”. Altra questione sollevata nell’interrogazione è il presidio delle forze dell’ordine davanti alla residenza romana di Silvio Berlusconi in via del Plebiscito: “Perché carabinieri e polizia invece di dedicarsi alla sicurezza dei cittadini vengono impiegati per stazionare davanti alla casa di un pregiudicato?”. Fonte
STA PASSANDO INOSSERVATO IL BUCO DI DE BENEDETTI
De Benedetti e il buco da 1,8 miliardi Sorgenia, fondata nel 1999, negli ultimi 10 anni ha accumulato debiti su debiti, fino a raggiungere quota 1,8 miliardi di euro.
Certo, c’è il “buco” di Alitalia. E c’è quello di Telecom. Ne hanno parlato e scritto tutti. Ma nell’economia italiana ci sono anche buchi “neri”, nel senso che passano sotto silenzio. Come quello di Sorgenia, la società energetica che fa capo al gruppo Cir della famiglia De benedetti.
A rompere il silenzio è Il Giornale, che mette in pagina numeri da brividi. La società fondata nel 1999 al tempo della liberalizzazione del settore, negli ultimi 10 anni ha accumulato debiti su debiti, fino a raggiungere quota 1,8 miliardi di euro. E nei soli primi 9 mesi del 2013 ha annunciato perdite per altri 434 milioni. Un “rosso” dovuto a un errore di fondo commesso dai De Benedetti, che in anni di contrazione della domanda elettrica e di sviluppo delle fonti alternative ha investito miliardi sulle centrali cosiddette “a ciclo combinato” (quelle che funzionano a gas).
Risultato: impianti programmati per lavorare 7-8mila ore l’anno si trovano a funzionare per 2.500 e per il resto rimangono ferme non producendo ricavi ma solo costi fissi. Ora Sorgenia ha chisto alle banche una moratoria e una ristrutturazione del debito, dato che non riesce a rispettare le scadenze e tra 2015 e 2015 deve rimborsi per oltre un miliardo. Le banche, Mps in primis, seguita da Intesa, Unicredit e Mediobanca, tremano. E si irritano, perchè Cir da parte sua non intende metterci un euro, nonostante i 350 milioni sonanti incassati poco tempo fa grazie alla sentenza favorevole sul Lodo Mondadori. Fonte
148 abusivi in Parlamento #tuttiacasa
I 148 deputati di centrosinistra eletti con il premio di maggioranza giudicato incostituzionale dalla Consulta devono andare a casa. La loro elezione non è stata convalidata e a questo punto non può più esserlo. Lo dice anche Piero Alberto Capotosti, presidente emerito della Corte costituzionale, che ha ricoperto tale ruolo nel 2005. Chi sono questi 148 deputati di pdmenoelle, sel e centro democratico che occupano abusivamente lo scranno parlamentare? Presto sul blog pubblicheremo i loro nomi e i loro volti. Fuori gli abusivi dal Parlamento!
“Il problema è serio. Per ora no, perché la sentenza entrerà in vigore quando sarà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, presumibilmente verso la fine di gennaio. Ma il giorno dopo, i deputati che sono stati eletti grazie al premio di maggioranza diventano illegittimi. L’annullamento che pronuncia la Corte costituzionale ha effetto retroattivo. Cioè vale dal giorno dell’entrata in vigore della legge dichiarata incostituzionale. Se la loro elezione fosse stata già convalidata non c’era problema, ma alla Camera è successo. Dunque, una volta pubblicata la sentenza, essendo la legge illegittima, non si può applicare. Diciamolo chiaramente: questa sentenza ha un effetto dirompente. In teoria, dovremmo annullare le elezioni due volte del Presidente della Repubblica, la fiducia data ai vari governi dal 2005, e tutte le leggi che ha fatto un Parlamento illegittimo. Sennonché il passato si salva applicando i principi sulle situazione giuridiche esaurite. Ma dal giorno dopo la pubblicazione della sentenza questo Parlamento è esautorato perché eletto in base a una legge dichiarata incostituzionale. Quindi non potrà più fare niente, e questo è drammatico.” Piero Alberto Capotosti Fonte