Accuse per truffa, omicidio e scambio elettorale politico mafioso. Maxioperazione del Ros in Calabria
27/06/2023 – Maxioperazione antimafia in Calabria dove i carabinieri del Ros, con il supporto dei comandi provinciali di Crotone, Cosenza, Catanzaro, Potenza, Parma, Brescia, Milano e Mantova e dello Squadrone Eliportato Calabria, hanno eseguito un’ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 34 persone, indagate, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso (22 indagati), associazione per delinquere (9 indagati), associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravata dalle finalità mafiose (3 indagati), turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, omicidio, trasferimento fraudolento di valori, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, turbata liberà degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, scambio elettorale politico mafioso, truffa aggravata.
Tra gli indagati (in tutto 123) ci sono l’ex governatore calabrese G. M. O. e l’ex assessore N. A.. Arresti domiciliari per E. S., ex consigliere regionale e G. D., già capo gabinetto di M. O. e per un periodo capo struttura di E. A.. Due dirigenti della Regione Calabria Calabria indagati, si tratta di M. P. (ex sindaco di Curinga, attualmente consigliere comunale e direttore generale del dipartimento Forestazione della Regione) ed O. R.. Sotto indagine anche A. D., sindaco di R. di N., l’ex consigliera regionale F. S. e R. V., ex presidente del Crotone calcio. – [CONTINUA SU FONTE]
Palermo: smantellata la famiglia mafiosa del villaggio Santa Rosalia. Eseguite 33 misure cautelari personali
27/02/2023 – I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal G.I.P. del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 33 soggetti, di cui 25 sottoposti alla custodia in carcere, 1 destinatario degli arresti domiciliari e 7 della misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriali.
Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, dei reati di partecipazione e concorso esterno in associazione mafiosa, con l’aggravante dell’associazione armata, trasferimento fraudolento di valori al fine di agevolare Cosa Nostra, e traffico di stupefacenti con l’utilizzo del metodo mafioso.
Con il medesimo provvedimento il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo di 6 attività commerciali operanti nel settore della ristorazione, del commercio al dettaglio di generi alimentari, del trasporto merci su strada e del movimento terra, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.
Per l’esecuzione del provvedimento sono stati impiegati 220 militari della Guardia di Finanza, in forza ai Reparti di Palermo, Caltanissetta, Agrigento, Siracusa e Trapani, che stanno inoltre effettuando numerose perquisizioni nei luoghi nella disponibilità degli indagati.
Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo – G.I.C.O., con l’ausilio della Polizia Penitenziaria della casa circondariale “A. Lorusso – Pagliarelli”, avrebbero permesso di ricostruire l’esistenza di consolidate e capillari dinamiche criminali legate all’esercizio di un penetrante potere di controllo economico del territorio esercitato nel quartiere Villaggio Santa Rosalia da parte dell’omonima famiglia mafiosa, inserita nel mandamento di Pagliarelli.
A capo della stessa si collocherebbe uno degli uomini d’onore più influenti all’interno di Cosa Nostra palermitana, il quale, nonostante lo stato detentivo cui è sottoposto, confermandosi – come riconosciuto dal GIP nell’ordinanza cautelare – “protervamente ed irriducibilmente mafioso”, avrebbe conservato la propria leadership mantenendo rapporti diretti e indiretti con i suoi storici sodali e con altri soggetti “contigui” alla consorteria.
Le decisioni strategiche necessarie alla prosecuzione delle attività associative dell’articolazione territoriale di Cosa Nostra sarebbero state assunte direttamente dagli esponenti “di vertice” della famiglia mafiosa detenuti, attraverso messaggi e direttive veicolati all’esterno della struttura carceraria.
In particolare, il figlio del presunto capofamiglia – appartenente alle nuove leve di Cosa nostra – sarebbe stato investito di una funzione di supplenza rispetto al padre, curando gli interessi mafiosi ed economico-criminali della consorteria sul territorio, anche grazie al supporto di un altro giovane affiliato, che avrebbe svolto il ruolo di “braccio operativo” con funzioni di raccordo con i vertici della famiglia. – [CONTINUA SU FONTE]
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Pescara: Operazione Tana delle tigri. In comune droga e mazzette passe-partout per appalti truccati
18/06/2023 – Gli affari si fanno con la droga e le tangenti, e la corruzione è la via d’accesso preferenziale per infiltrarsi nella pubblica amministrazione. È una saga a tema “appalti truccati” quella che, secondo le risultanze di oltre un anno di indagini, è andata a lungo in scena negli uffici comunali, con attori protagonisti il dirigente del Settore “Lavori Pubblici” del Comune di Pescara, un imprenditore edile e due pusher, colpiti oggi da provvedimenti di custodia cautelare in carcere, oltre a due collaboratori di fiducia del dirigente, tutti destinatari di contestazioni di numerosi reati, tra cui corruzione, turbata libertà degli incanti, peculato, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti.
Le misure cautelari sono state disposte dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara, dott. Fabrizio Cingolani, su richiesta della Procura della Repubblica di Pescara e sono state eseguite stamattina all’alba dai militari del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza, con l’ausilio dei cani anti-droga, dei baschi verdi e con il supporto dei mezzi aerei del reparto operativo aeronavale.
L’intensa e minuziosa attività investigativa delle Fiamme Gialle pescaresi, dirette dalla Procura della Repubblica del capoluogo adriatico, racconta, anche grazie alle intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, innanzitutto, di gare turbate, gestite dal dirigente in modo illecito, col vizio dei favoritismi. Si tratta di procedure di affidamento che hanno per oggetto, principalmente, opere pubbliche e appalti di lavori. Persino cantieri per la manutenzione delle strade della città finanziati dai fondi P.N.R.R. per un valore di 5 milioni di euro.
Nel mentre, suggella l’accordo con la ditta favorita quotidianamente. A pranzo in noti ristoranti o durante incontri, organizzati, sempre durante i turni di lavoro, in locali rinomati o nella “tana delle tigri”, l’immobile che in poco tempo diventa luogo di ritrovo del gruppo.
Ed è qui che la trama si infittisce. Viene fuori che il trait d’union tra l’area grigia dell’economia collusa e l’altra “area grigia”, altrettanto pericolosa, in cui operano gli apparati infedeli della pubblica amministrazione, è un contratto non scritto improntato alla corrispettività, il tradizionale do ut des. Per cui, in cambio degli affidamenti diretti e dei subappalti, dei pareri favorevoli e dell’accelerazione dei pagamenti per le commesse pubbliche, l’imprenditore dà al dirigente soldi, droga, regali e altre utilità.
La fornitura della sostanza stupefacente viene garantita da due spacciatori con precedenti, spesso finiti in manette. L’imprenditore la acquista e poi la condivide con il dirigente e i due funzionari pubblici, che, come documentato dalle Fiamme Gialle, sono soliti consumarla con assunzione di alcol, in ufficio o alla guida delle auto personali e comunali, anche in orario di servizio.
È così che il tunnel della droga si unisce al giro di favoritismi che ha disseminato macerie nell’attività amministrativa, in un baratto cocaina–bustarelle e appalti che ha danneggiato l’interesse pubblico.
Tra i comportamenti posti in essere dal Dirigente in favore dell’imprenditore edile, vi è anche l’interessamento alla gara di appalto, finanziata con fondi del P.N.R.R. (piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e indetta dal Comune di Pescara, avente ad oggetto l’affidamento dei lavori per la realizzazione del collegamento dell’Asse Attrezzato di Pescara e l’adeguamento dello svincolo della S.S. 714, gara nella quale è risultata prima classificata l’A.T.I. costituita dalla suddetta società e da un’altra società, che venivano successivamente escluse dalla gara per ragioni esclusivamente formali attinenti la documentazione amministrativa presentata.
Inoltre, tra i fatti oggetto di indagine per i quali non è stata richiesta misura cautelare e per i quali sono in corso ulteriori verifiche, vi sono anche l’ipotizzato turbamento, da parte del Dirigente del settore “Lavori Pubblici” del Comune di Pescara, di una Selezione pubblica finalizzata alle assunzioni a tempo indeterminato e/o determinato di impiegati e indetta dalla società “Pescara Energia” S.r.l., nonché un episodio di finanziamento illecito politico elettorale, erogato da parte del legale rappresentante della suddetta società su richiesta del Dirigente del settore “Lavori Pubblici” del Comune di Pescara, ad un soggetto candidato alle ultime elezioni del 2022 per il rinnovo del Parlamento Italiano (fatto per il quale sono indagati tutti e tre i protagonisti). – [CONTINUA SU FONTE]
D’Alema e Profumo indagati a Napoli per una compravendita di navi militari con la Colombia
06/06/2023 – L’ex primo ministro italiano Massimo D’Alema e l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, si trovano al centro di un’indagine condotta dalla procura di Napoli riguardante la vendita di navi e aerei militari all’ambito governativo colombiano. L’accordo, del valore complessivo di oltre 4 miliardi di euro, è stato oggetto di attenzione da parte delle autorità giudiziarie per sospetti di illeciti e corruzione.
Secondo le accuse, D’Alema e Profumo avrebbero promosso la vendita di prodotti di aziende italiane a partecipazione pubblica, come Leonardo e Fincantieri, al governo colombiano, con l’obiettivo di ottenere accordi formali e definitivi con le autorità del paese sudamericano. In particolare, Leonardo avrebbe fornito aerei M-346, mentre Fincantieri avrebbe fornito Corvette, piccoli sommergibili e allestimenti di cantieri navali.
Nel contesto di tali operazioni, Massimo D’Alema, grazie alla sua vasta esperienza internazionale, avrebbe agito come mediatore informale tra i vertici delle società coinvolte, tra cui Alessandro Profumo, e i rappresentanti colombiani. Al fine di ottenere la conclusione degli accordi, sarebbe stato offerto e promesso un corrispettivo illecito di 40 milioni di euro ad altre persone, pari al 50% della provvigione totale di 80 milioni di euro.
Le indagini coinvolgono anche altre figure di rilievo. Tra di esse figura Edgardo Fierro Flores, responsabile del gruppo di lavoro per la presentazione di opportunità in Colombia, nonché Marta Lucia Ramirez, ministro degli Esteri e vice presidente della Colombia. Inoltre, German Monroy Ramirez e Francisco Joya Prieto, delegati della commissione del Senato colombiano, sono tra le personalità coinvolte nelle indagini.
Le accuse di corruzione e il coinvolgimento di figure politiche di rilievo pongono l’accento sulla necessità di una maggiore trasparenza e di un rigoroso controllo nelle transazioni che coinvolgono forniture militari. Le autorità competenti continueranno a investigare su questo caso al fine di fare luce sulle responsabilità e garantire la giustizia.
La difesa dei soggetti coinvolti non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali riguardo alle accuse mosse loro.
Tale operazione era volta a favorire e ottenere da parte delle autorità colombiane la conclusione di accordi per un valore complessivo di oltre 4 miliardi di euro. Per ottenere ciò offrivano e promettevano ad altre persone il corrispettivo illecito di 40 milioni di euro corrispondenti al 50% della complessiva provvigione di 80 milioni di euro». Tutti i soggetti coinvolti potranno dimostrare la correttezza del proprio operato.
Ma in cosa sarebbe consistita la mediazione di D’Alema? Fioccano milioni nella ricostruzione operata dall’ex aggiunto V. P..
La somma complessiva di 80 milioni di euro andava a ripartirsi tra «la parte colombiana» e la «parte italiana» attraverso il ricorso allo studio legale associato americano Robert allen law – segnalato e introdotto da D’Alema quale agent e formale intermediario commerciale presso Fincantieri e Leonardo rappresentato in Italia e per la specifica trattativa da Umberto Bonavita e Gherardo Gardo – per la predisposizione e la sottoscrizione della contrattualistica simulatori e formalmente giustificativa della transizione finanziaria e dei veicoli societari bancari e finanziari in concreto predisposti per il transito, la ripartizione e la finale distribuzione della predetta somma a cui non faceva infine seguito la formalizzazione dei contratti per l’intervenuta interruzione della trattativa a causa della mancata intesa sulla ulteriore distribuzione della predetta somma tra le singole persone fisiche costituenti la «parte italiana» e la parte colombiana. – [FONTE]
Riciclavano denaro per cartelli della droga sudamericani, 42 arresti e 18,5 milioni sequestrati: «Presi grazie a un agente sotto copertura»
05/06/2023 – Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Trento – coadiuvati da personale dello S.C.I.C.O. e da numerosi Reparti territoriali del Corpo sul territorio nazionale, insieme alla squadra di polizia giudiziaria della Procura Distrettuale di Trento con l’ausilio di funzionari dell’Agenzia EUROPOL – nell’ambito d’indagini delegate dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Trento con l’applicazione di un sostituto procuratore della Direzionale Nazionale Antimafia e Anti-terrorismo, in sinergia con il rappresentante italiano di EUROJUST, in materia di riciclaggio internazionale, hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza che ha disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di nr. 42 soggetti, di cui nr. 5 all’estero (Colombia e Spagna) ed il sequestro di oltre 18,5 milioni di euro.
Il procedimento, a firma del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Trento, su richiesta della locale Procura Distrettuale della Repubblica, è stato emesso sulla base delle risultanze investigative emerse al termine di un’articolata e complessa attività d’indagine condotta dalle Fiamme Gialle del capoluogo trentino.
Complessivamente, l’indagine vede il coinvolgimento di 47 soggetti, di cui 26 di nazionalità estera (Colombia, Marocco, Albania e Siria), ritenuti a vario titolo, salvo il principio di presunzione di innocenza, responsabili di aver partecipato o concorso ad un’articolata associazione per delinquere a carattere transazionale dedita al riciclaggio di denaro derivante dal traffico internazionale di sostanze stupefacente in favore dai cartelli sud americani.
Le investigazioni, specificamente svolte dal G.I.C.O. del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trento, sotto la direzione dell’A.G. trentina, traggono origine dall’attivazione di un‘operazione speciale ex. art. 9 della L. 146/2006, nel corso della quale è stato impiegato un agente undercover, allo scopo di infiltrarsi all’interno della fitta rete di broker internazionali serventi i cartelli sud americani che – nel quadro di un accordo illecito preesistente che coinvolgeva i rappresentati della criminalità organizzata siciliana, calabrese e altre strutture criminali organizzate, grazie ad una ramificata rete di collaboratori e facilitatori – erano dediti al riciclaggio internazionale dei proventi derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti sul territorio nazionale.L’attività investigativa è stata avviata nel 2019 e si è avvalsa degli strumenti di cooperazione internazionale giudiziaria di 27 paesi esteri (tra i quali gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, la Spagna e la Colombia) e dei canali di cooperazione internazionale di polizia, attivati sia per il tramite di personale della Homeland Security Investigations, sia attraverso l’attività degli Esperti e degli Ufficiali di Collegamento all’’estero della Guardia di Finanza, sia dell’Ufficio E.F.E.C.C. (European Financial and Economic Crime Centre) di EUROPOL.
Il rappresentante italiano di EUROJUST ha lavorato in sinergia con la Procura della Repubblica di Trento, coordinando e collegando attività investigative con altre Procure europee, ottenendo l’acquisizione del cripto chat Sky ECC e Encrochat, utilizzate dalle persone sottoposte ad indagini per la messaggistica relativa ai prelevamenti di denaro contante (c.d. “money pick up”).
Importante collaborazione è stata realizzata attraverso sinergie investigative con Pubblici Ministeri della Procura di Bogotá (Fiscalia General de la Nacion della Repubblica Colombiana) e di Pubblici Ministeri di Miami (Assistant United States Attorney’s).
L’organizzazione per delinquere transazionale era suddivisa in 3 livelli organizzativi ed inquadrata in un network criminale operativo a livello mondiale dedito al riciclaggio internazionale e servente il traffico intercontinentale di cocaina dei cartelli sud americani.
Nel corso delle investigazioni è emerso che i clan colombiani e messicani, che cedevano a credito sostanze stupefacenti alle organizzazioni criminali nazionali, per far fronte alla necessità di far rientrare in Sud America il prezzo dello stupefacente, si avvalevano di una specifica “rete di broker” internazionali allo scopo di riciclare il denaro e convertirlo sotto forma di beni e servizi. – [CONTINUA SU FONTE]
Frode fiscale nel pronto moda. Scoperto giro di fatture false e riciclaggio per quasi 50 milioni di euro con il sistema delle “cartiere”
12/05/2023 -Scoperta dalla Guardia di Finanza di Prato una ingente frode fiscale nel settore del cosiddetto “Pronto Moda”, perpetrata mediante l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per oltre 40 milioni di euro ed IVA per circa 9 milioni di euro da parte di società, riconducibili a soggetti stranieri. I Finanzieri del Gruppo di Prato, con il coordinamento della locale Autorità Giudiziaria, hanno individuato 7 imprese operanti nel settore dell’abbigliamento, collegate tra loro in un complesso sistema di frode fiscale, ricostruito attraverso un’approfondita analisi dei movimenti bancari e finanziari oltre che del fatturato delle imprese coinvolte.
Gli imprenditori indagati si avvalevano di imprese “cartiere” – di fatto inesistenti, prive di struttura operativa e intestate a meri prestanome compiacenti, persone perlopiù indigenti e disposte a farsi carico delle eventuali responsabilità derivanti dalla loro amministrazione – per l’emissione di fatture false nei confronti di una società di Prato, consentendo a quest’ultima di detrarsi indebitamente l’Iva e praticare conseguentemente prezzi inferiori a quelli di mercato, con un evidente effetto distorsivo della concorrenza. Tutti i proventi illeciti frutto dell’evasione fiscale sono stati sistematicamente trasferiti all’estero, in modo da essere “ripuliti” e reimmessi nel circuito dell’economia legale. L’indagine ha consentito altresì di ricondurre la gestione di fatto di 4 imprese “cartiere” a due soggetti stranieri, residenti nella provincia di Firenze, ma con interessi a Prato.
In questo modo le Fiamme Gialle hanno segnalato gli imprenditori coinvolti alla locale Autorità Giudiziaria per svariati reati tributari, quali l’omessa e infedele dichiarazione oltre all’emissione e utilizzo di fatture false, nonché per il trasferimento fraudolento di valori fuori dall’Italia, a scopo di riciclaggio, per oltre 44.500.000 di euro. A margine dell’attività d’indagine, e a riprova dell’approccio integrato adottato dai finanzieri per il contrasto della criminalità economico-finanziaria, i militari del Gruppo di Prato hanno portato anche a termine dei controlli fiscali nei confronti delle imprese coinvolte, ricostruendo e segnalando all’Agenzia delle Entrate un fatturato complessivo di oltre 33 milioni di euro, ed IVA dovuta per oltre 7 milioni di euro. La validità dell’impianto investigativo posto in essere dalla Guardia di Finanza ha già trovato i primi riscontri, infatti, la principale impresa oggetto di controllo ha aderito all’accertamento definendo il versamento di quanto dovuto a favore delle casse dello Stato, per circa 1,5 milioni di euro. Le attività sono ancora in corso per incamerare nelle casse dello Stato l’intero ammontare dovuto. – [FONTE]
Lo scandalo dei palazzi pubblici venduti e poi ricomprati: chi ha guadagnato miliardi a spese dello Stato
27/05/2023 – Immobili ceduti ai privati a prezzi convenienti. Gli enti costretti a rimanerci in affitto. Ora, diciotto anni dopo, devono riacquistarli. A decidere tutta l’operazione un governo di centrodestra. La stessa maggioranza di oggi.
Immaginate di essere costretti a vendere la vostra bella casa perché vi servono soldi. Dalla vendita incassate un milione. Ma siccome non vi potete trasferire, immaginate di dover rimanere lì, pagando un affitto al nuovo proprietario dell’ex vostro appartamento. Con un contratto che siete stati obbligati a firmare controvoglia: un canone dell’8 per cento annuo e tutte le spese a carico vostro. [CONTINUA SU FONTE]
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Sequestrati beni per circa 40 milioni di euro ad un imprenditore vicino alla criminalità organizzata campana.
08/05/2023 – Il provvedimento scaturisce da complesse indagini condotte nei confronti di un imprenditore edile di Melito di Napoli (NA), già condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per aver riciclato denaro proveniente da truffe assicurative poste in essere da un soggetto contiguo a vari clan camorristici (quest’ultimo a sua volta destinatario di un sequestro di beni nel mese di dicembre u.s.).
L’imprenditore destinatario della misura di prevenzione patrimoniale è inoltre attualmente imputato per una grave vicenda di lottizzazione abusiva e di truffa aggravata in danno del Comune di Melito (c.d. speculazione del Parco Primavera). Operazione posta in essere procurandosi un ingiusto ed ingente profitto, dato dalla trasformazione di una zona commerciale in zona residenziale, e agevolando l’operatività del clan D.L., poi clan degli scissionisti, operante prevalentemente nella zona settentrionale di Napoli e provincia.
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Le indagini economico-patrimoniali eseguite sull’imprenditore melitese e sui componenti del suo nucleo familiare avrebbero acclarato l’esistenza di redditi dichiarati del tutto irrilevanti e decisamente incongruenti rispetto agli investimenti finanziari, patrimoniali e societari eseguiti nel periodo 2020-2021.
Su queste basi, in applicazione delle disposizioni del “Codice Antimafia”, sono stati sottoposti a sequestro 103 immobili siti a Melito di Napoli, 7 rapporti finanziari, 1 autovettura, 2 compendi aziendali e le quote di 2 società riconducibili, direttamente o indirettamente, al proposto. – [FONTE]
Reggio Calabria, corruzione nella sanità: 11 arresti
06/05/2023 – Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Locri, diretta dal Dott. Giuseppe Casciaro, stanno dando esecuzione ad un provvedimento emesso dal G.I.P. del Tribunale di Locri che dispone l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 11 soggetti.
In particolare, con il provvedimento in parola la citata Autorità Giudiziaria ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di un dirigente medico in servizio presso l’ospedale di Locri, la detenzione domiciliare nei confronti di un primario, l’obbligo di firma nei confronti di 3 indagati – tra cui due avvocati – e l’interdizione dall’esercizio della professione nei confronti di 5 medici e 1 avvocato, per 12 mesi.
Sono, inoltre, in corso numerose perquisizioni personali e locali, anche presso l’ospedale di Locri.
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Nell’ambito del procedimento, che attualmente verte nella fase delle indagini preliminari, risultano indagati, a vario titolo e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità, complessivamente 90 soggetti – tra i quali medici, avvocati, tecnici di laboratorio e altri pubblici ufficiali – per i reati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e falsità ideologica del pubblico ufficiale in atti pubblici, commessi in Locri e in altri comuni della provincia di Reggio Calabria nel periodo compreso tra il 2021 ed il 2022.
Il provvedimento cautelare in rassegna scaturisce da complesse indagini che hanno consentito di disvelare l’esistenza di un articolato sistema illecito volto al rilascio di falsi certificati medici finalizzati, tra l’altro, a giustificare la mancata partecipazione ad udienze da parte di imputati di gravi reati, ad accedere a benefici assistenziali non dovuti o ad ottenere rimborsi assicurativi non spettanti, inabilità temporanee al servizio ovvero indebiti trasferimenti per motivi di studio e lavoro.
In particolare, da quanto emerso dalle indagini svolte dai Finanzieri del Gruppo di Locri, il rilascio da parte di alcuni indagati di certificazioni sanitarie attestanti diagnosi non corrispondenti alla realtà sarebbe avvenuto dietro la pattuizione di somme di denaro o di altre utilità. – [FONTE]
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