Il complesso di norme per lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso dei sistemi di IA in Europa si regge su un delicato equilibrio tra spinta all’innovazione e tutela dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto e della sostenibilità ambientale. Il regolamento sarà applicabile dopo due anni dall’entrata in vigore che scatterà con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue. Ma alcune sue parti scatteranno anche prima. E’ il caso dei divieti (ad esempio i limiti imposti all’utilizzo dei riconoscimenti biometrici) applicabili dopo 6 mesi. Oppure dei codici di buone pratiche, che entreranno in vigore dopo 9 mesi. E dei controlli sui sistemi di IA per finalità generali, compresa la governance (12 mesi) e gli obblighi per i sistemi ad alto rischio (36 mesi). Un impianto normativo che intende anche dare una prima risposta alle inquietudini sollevate dalla velocissima diffusione di sistemi come ChatGPT.
E che prevede sanzioni fino a 35 milioni e il 7% del fatturato delle imprese che non rispetteranno quanto previsto dal regolamento. “Democrazia 1 – Lobby 0” posta su X soddisfatto il commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton, rimasto inflessibile anche alle pressioni di Parigi che avrebbe voluto una mano più leggera sul capitolo dell’IA generativa per promuovere lo sviluppo di stelle emergenti made in France, Mistral su tutti. E su X è un florilegio di tweet che commentano entusiasti il voto. Dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, secondo cui le nuove norme costituiranno “un modello per un’IA affidabile in tutto il mondo”, alla numero uno dell’Eurocamera, Roberta Metsola, “orgogliosi”, dice a nome dei deputati, per un atto che “coniuga leadership, innovazione e rispetto dei diritti fondamentali”.
Anche Roma brinda al voto, con il sottosegretario Alessio Butti che plaude al lavoro “serio e silenzioso” del governo Meloni per “far passare la linea italiana volta ad avere regole snelle e certe invece della semplice autoregolamentazione da parte delle aziende”. Valutazione divergente da quella del co-relatore dell’AI Act, Brando Benifei, per il quale il governo è stato invece “molto assente e a volte anche confuso” nel corso del negoziato.
Ma il voto odierno, per Benifei, non è che il punto di partenza. C’è una “tabella di marcia” per l’attuazione graduale della legge e in parallelo “l’adempimento volontario da parte di aziende e istituzioni” alle norme, in particolare quelle concepite per contrastare la disinformazione nel super anno elettorale che vedrà anche i cittadini europei recarsi alle urne per il rinnovo dell’Eurocamera. E in cantiere, spiega ancora l’eurodeputato, vi sono altre iniziative, rimandate alla prossima legislatura, tra cui una direttiva ad hoc sulle condizioni del posto di lavoro e l’IA.
E se il lavoro continua, ora è il momento dei festeggiamenti.
Per l’Italia, hanno votato sì i partiti di maggioranza e opposizione, con l’unica eccezione del M5S che mette in guardia dal rischio di creare “barriere d’entrata, aumentando i divari e scoraggiando l’innovazione europea”. Non è la sola voce critica.
Sul fronte dei diritti umani, è Amnesty International a intervenire bollando come “deludente” il fatto che l’Ue abbia dato “priorità agli interessi dell’industria e delle forze dell’ordine rispetto alla protezione dei diritti umani”. Il mondo delle imprese chiede, per bocca di Business Europe, che l’Ue sostenga “le aziende che innovano” e faciliti “l’accesso ai capitali e ai finanziamenti per lo sviluppo dell’IA”. Perché nella corsa all’IA, l’Europa ha ancora tanto terreno da recuperare. – [ANSA]
“Sos” al centro dell’indagine
Nell’inchiesta di Perugia – che vede indagato tra gli altri un finanziere e un ex sostituto procuratore dell’Antimafia – le “Sos” sono l’elemento al centro dell’indagine degli inquirenti, secondo cui le informazioni potrebbero essere state utilizzate per il presunto dossieraggio su politici e vip.
Un software per incrociare i nomi di persone e società
Carpirne i dati non è semplice, così come esistono rigide regole sul flusso delle segnalazioni: un software incrocia automaticamente i nomi di persone e società presenti nelle Sos, confrontandolo con le segnalazioni delle banche dati delle procure e in caso di esatta corrispondenza vengono inviate alle relative procure distrettuali.
Ufficio “Sos” coordinato da tre pm
Alle segnalazioni lavorano magistrati e ufficiali di polizia giudiziaria con operazioni tracciabili, al cui autore si può risalire attraverso le password. Le “Sos” sono schermate da codici criptati dove i nomi non sono leggibili e diventano accessibili solo a seconda delle ipotesi di reato: nel caso della Procura nazionale antimafia, arrivano soltanto quelle che riguardano riciclaggio di denaro compiuto da organizzazioni mafiose o terroristiche. L’ufficio sulle Segnalazioni di operazioni sospette, dal 2023 coordinato da tre pm, è inserito nell’ambito del Servizio di contrasto patrimoniale. – [FONTE]
Ci sono nomi noti della criminalità e della politica barese tra i 130 destinatari di misure cautelari eseguite oggi dalla polizia a Bari e in provincia, nei confronti di altrettante persone indagate – a vario titolo – per scambio elettorale politico-mafioso per le elezioni comunali di Bari del 2019; estorsioni, porto e detenzioni di armi, illecita commercializzazione di stupefacenti, turbata libertà degli incanti, frode in competizioni sportive, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.
Tra questi, il carcere è stato disposto per Tommaso ‘Tommy’ P., cantante neomelodico e figlio del boss S. (detto ‘Savinuccio’) del quartiere Japigia, già condannato in primo grado a otto anni per associazione mafiosa, e per l’ex consigliere regionale e avvocato G. O.
I domiciliari sono invece stati disposti per la moglie di O., la consigliera comunale M. C. L., eletta con la lista ‘Di Rella sindaco’ (centrodestra) e poi passata alla maggioranza che sostiene il sindaco Antonio Decaro.
Le elezioni comunali del 2019 finirono al centro di un’altra indagine sui rapporti tra politica e mafia che portò, nell’ottobre 2022, all’arresto dell’allora consigliera comunale F. F., eletta sempre nelle file della lista ‘Di Rella sindaco’.
F., il compagno F. D. e il presidente del Foggia calcio N. C., sono attualmente sotto processo per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale e scambio elettorale politico mafioso per le elezioni di Bari e del vicino comune di Valenzano. Coinvolti in quell’inchiesta anche i vertici del clan Buscemi di Valenzano, legati proprio al clan Parisi del quartiere Japigia.
L’amministrazione parte civile nel procedimento in cui fra gli imputati c’è l’ex consigliera F. F.. La maggior parte risponde di spaccio di droga, estorsioni, porto d’armi nell’ambito del controllo del territorio di Valenzano da parte del clan di S. B.
“L’illecito mercimonio dei suffragi” che sarebbe stato alla base dell’elezione dell’ex consigliera comunale barese F. F. ha provocato “un danno di immagine al Comune di Bari“, suscitando “allarme e sdegno fra i cittadini”. È questo il motivo per cui l’amministrazione di Antonio Decaro ha deciso di entrare da protagonista nell’udienza preliminare che è cominciata davanti alla giudice Anna Perrelli. – [ANSA]
]]>15 le misure cautelari eseguite, di cui 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 7 misure degli arresti domiciliari, 1 obbligo di dimora e 3 misure interdittive, di cui due nei confronti di professionisti. Si è reso necessario anche un arresto in flagranza per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, in quanto rinvenuti durante una perquisizione 18 KG di hashish e 4 di marijuana. Sequestrati anche preziosi ed orologi di valore.
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Le condotte poste in essere dall’organizzazione criminale sono emerse all’esito di complesse attività di indagine (sviluppate dai militari del Gruppo Guardia di Finanza e della Compagnia Carabinieri di Reggio Emilia), che hanno evidenziato operazioni di infiltrazione nel tessuto economico regionale e conseguente gestione criminale, con influssi sull’intero territorio nazionale, ad opera del sodalizio, condotte da soggetti calabresi originari di Cutro, professionisti calabresi e campani, soggetti nativi di Reggio Emilia ed altri originari della Provincia di Foggia.
Le attività d’indagine hanno fatto emergere come il core business criminale fosse legato in misura prevalente alla commissione di reati tributari, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, con una costante crescita dei cd. “utilizzatori”, coinvolti nell’articolato sistema di frode fiscale; l’organizzazione ha, inoltre, gestito un imponente giro d’affari nel più ampio settore delle prestazioni di servizi, quali cantieristica e manutenzione di macchinari industriali e pulizie, oltre che nel settore del noleggio di autovetture e di commercio all’ingrosso.
Nello specifico, il meccanismo fraudolento prevedeva la creazione di società cartiere o l’acquisizione di società realmente esistenti poi destinate alla emissione di fatture false, che venivano intestate a soggetti principalmente prestanome, che agivano sotto le direttive loro impartite dai capi dell’organizzazione. Venivano quindi individuate ditte compiacenti utilizzatrici delle F.O.I., i cui titolari effettuavano bonifici pari all’importo delle fatture ricevute sui conti correnti riferibili alle società del sodalizio, denaro che successivamente veniva – sia attraverso numerosi prelievi giornalieri, sia attraverso bonifici o emissione di assegni – riconsegnato agli stessi fruitori delle fatture emesse per operazioni inesistenti, al netto della percentuale stabilita per il “servizio”.
Oltre ai reati fiscali i sodali avrebbero altresì commesso numerosi altri delitti, quali l’estorsione, il riciclaggio ed auto-riciclaggio dei proventi illecitamente ottenuti, nonché bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni pubbliche ed appropriazione indebita.
Nel corso delle attività d’indagine, i militari hanno scoperto come il sodalizio criminale abbia posto in essere anche sistemi di frode al welfare statale, mediante la richiesta e la percezione illecita dell’indennità di disoccupazione NASPI, per un valore di circa 60.000,00 euro, mentre continuavano illecitamente a porre in essere le proprie attività criminose ed a gestire il proprio giro d’affari; alcune delle “società cartiere” hanno altresì fatto indebitamente ricorso ai contributi pubblici stanziati durante l’emergenza pandemica da Covid-19, per un importo di circa euro 72.000,00.
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Nel corso delle investigazioni, è stato ricostruito anche il sistema di riciclaggio internazionale utilizzato dall’organizzazione in molti casi: infatti, i proventi illecitamente ottenuti venivano fatti confluire attraverso un sistema di scatole vuote prevalentemente verso il territorio Bulgaro; da qui, il denaro veniva inviato su ulteriori conti esteri o monetizzato, per essere poi reintrodotto fisicamente in Italia.
In altri casi, l’organizzazione criminale, per “ripulire” il denaro illecitamente ottenuto e reintrodurlo nei circuiti dell’economia legale nazionale, lo reinvestiva nell’acquisto di diamanti o preziosi ovvero in autovetture di lusso, acquistate in territorio austriaco e poi noleggiate sul territorio reggiano, attraverso società riconducibili all’organizzazione. – [Continua su fonte]
Anziani maltrattati e abbandonati
Una lunga indagine ha portato alla luce la conduzione illecita dell’attività assistenziale agli anziani ospiti di una casa di riposo nissena. Nella struttura, definita come un “lager”, avvenivano quotidiani abusi. Gli anziani, come si legge nel comunicato stampa dei carabinieri, venivano abbandonati senza assistenza per ore.
Nel corso delle indagini sono emersi una serie di comportamenti che rappresentano la fattispecie di reato del sequestro di persona (fatti che ricordano la scoperta di maltrattamenti in una casa di riposo di Sassari). Nel caso specifico un anziano paziente è stato rinchiuso nel suo posto letto, con l’utilizzo di griglie di ferro, impedendogli di spostarsi di notte. – [CONTINUA SU FONTE]
Mentre i soccorritori continuano senza sosta a scavare tra le macerie alla ricerca dei dispersi – nella notte è stato recuperato il corpo della quarta vittima – gli inquirenti hanno già iniziato ad ascoltare i testimoni.
Ieri, fino a tarda sera, negli uffici della Procura sono stati convocati alcuni testimoni. Il primo ad essere ascoltato è stato il direttore dei lavori di una delle ditte impegnate nel cantiere: «È una tragedia enorme — ha detto Edoardo Ciardi — ancora non è chiaro cosa sia successo. Secondo me quello è un cantiere in regola su tutto». Poi, quando le loro condizioni lo consentiranno, toccherà agli operai sopravvissuti raccontare quello che hanno vissuto.
Omicidio colposo plurimo e crollo colposo
Ad occuparsi del più grosso incidente sul lavoro mai avvenuto a Firenze saranno i pm Francesco Sottosanti e la pm Alessandra Falcone. Hanno aperto un fascicolo in cui ipotizzano i reati di omicidio colposo plurimo e crollo colposo.
Al momento non ci sono indagati ma è facile prevedere che presto partiranno i primi avvisi di garanzia visto che il primo passo sarà affidare una consulenza che possa servire a fare chiarezza sulle cause della tragedia. «È spaventoso quello che è accaduto — si lascia sfuggire uno dei primi investigatori ad arrivare nel cantiere — Sicuramente non è stato un evento accidentale, non è possibile che una trave di quella portata possa spezzarsi in questo modo».
La dinamica
Anche sulla dinamica dell’incidente c’è ancora molto da chiarire: sembra, dalle prime testimonianze, che gli operai fossero impegnati a sistemare la trave nella mensola, al quarto piano della struttura, quando all’improvviso la trave ha ceduto, provocando i crolli a cascata del pilone e dei solai degli altri piani.
La trave in questione è un prodotto industriale che arriva già finito in cantiere.
Per questo sarà il primo ad essere esaminato. Verrà analizzato il materiale utilizzato per realizzarlo e poi verranno fatti gli accertamenti sull’installazione, anche realizzando una comparazione con le altre travi già montate per valutare eventuali differenze nella posa.
«Difficile pensare che possano aver montato male la trave — dice Marco Carletti, segretario generale di Fillea Cgil Firenze — Credo sia più presumibile che sia stata progettata male o realizzata con materiali scadenti. E se così fosse, l’incidente non sarebbe legato a una carenza di sicurezza nel cantiere».
La filiera degli appalti
Sotto la lente degli inquirenti finirà inevitabilmente la complessa filiera di appalti e subappalti. Bisognerà anche capire se gli operai coinvolti avessero un inquadramento professionale equiparato alla loro mansione nel cantiere. Per questo nelle prossime ore verrà acquisita la documentazione per ricostruire le singole posizione dei lavoratori e per capire se quanto denunciato ieri dai sindacati corrisponde a verità, cioè che molte ditte sono solite inquadrare gli operai con contratti metalmeccanici e non del settore edile.
«Questo significa che non hanno avuto quella formazione specifica che serve per lavorare in un cantiere edile», dice Luca Vomero della Feneal Uil. «Se la cosa fosse confermata — ribadisce Daniele Calosi, segretario della Fiom Firenze, Prato e Pistoia — saremmo di fronte a un caso grave: aziende che utilizzano un contratto che ha un costo minore per garantire la possibilità a chi prende il subappalto di risparmiare».
Omicidio colposo plurimo e crollo colposo
Ad occuparsi del più grosso incidente sul lavoro mai avvenuto a Firenze saranno i pm Francesco Sottosanti e la pm Alessandra Falcone. Hanno aperto un fascicolo in cui ipotizzano i reati di omicidio colposo plurimo e crollo colposo.
Al momento non ci sono indagati ma è facile prevedere che presto partiranno i primi avvisi di garanzia visto che il primo passo sarà affidare una consulenza che possa servire a fare chiarezza sulle cause della tragedia. «È spaventoso quello che è accaduto — si lascia sfuggire uno dei primi investigatori ad arrivare nel cantiere — Sicuramente non è stato un evento accidentale, non è possibile che una trave di quella portata possa spezzarsi in questo modo».
La dinamica
Anche sulla dinamica dell’incidente c’è ancora molto da chiarire: sembra, dalle prime testimonianze, che gli operai fossero impegnati a sistemare la trave nella mensola, al quarto piano della struttura, quando all’improvviso la trave ha ceduto, provocando i crolli a cascata del pilone e dei solai degli altri piani.
La trave in questione è un prodotto industriale che arriva già finito in cantiere.
Per questo sarà il primo ad essere esaminato. Verrà analizzato il materiale utilizzato per realizzarlo e poi verranno fatti gli accertamenti sull’installazione, anche realizzando una comparazione con le altre travi già montate per valutare eventuali differenze nella posa.
«Difficile pensare che possano aver montato male la trave — dice Marco Carletti, segretario generale di Fillea Cgil Firenze — Credo sia più presumibile che sia stata progettata male o realizzata con materiali scadenti. E se così fosse, l’incidente non sarebbe legato a una carenza di sicurezza nel cantiere».
La filiera degli appalti
Sotto la lente degli inquirenti finirà inevitabilmente la complessa filiera di appalti e subappalti. Bisognerà anche capire se gli operai coinvolti avessero un inquadramento professionale equiparato alla loro mansione nel cantiere. Per questo nelle prossime ore verrà acquisita la documentazione per ricostruire le singole posizione dei lavoratori e per capire se quanto denunciato ieri dai sindacati corrisponde a verità, cioè che molte ditte sono solite inquadrare gli operai con contratti metalmeccanici e non del settore edile.
«Questo significa che non hanno avuto quella formazione specifica che serve per lavorare in un cantiere edile», dice Luca Vomero della Feneal Uil. «Se la cosa fosse confermata — ribadisce Daniele Calosi, segretario della Fiom Firenze, Prato e Pistoia — saremmo di fronte a un caso grave: aziende che utilizzano un contratto che ha un costo minore per garantire la possibilità a chi prende il subappalto di risparmiare».
La società committente dei lavori risulta La Villata spa, immobiliare di investimento e sviluppo controllata da Esselunga, con sede a Milano, di cui da un anno è presidente l’ex ministro Angelino Alfano.
L’impresa esecutrice dei lavori nel cantiere è l’Aep Attività Edilizie Pavesi srl, con sede a Pieve del Cairo (Pavia).
I subappalti
La costruzione del nuovo supermercato, nell’area da 10 mila metri quadrati che un tempo veniva utilizzata per rifornire di generi di prima necessità le strutture militari, sta impegnando oltre 30 aziende in subappalto. Però, scorrendo la lista delle aziende notificate alla Asl dal coordinatore della sicurezza (l’ultima comunicazione telematica risale all’8 febbraio), spuntano 61 nomi: sono tutte le imprese che hanno avuto accesso al cantiere di via Mariti. Ci sono grosse aziende come Vangi che fa movimento terra, la Rdb di Pescara, colosso specializzato nella realizzazione di prefabbricati per grandi superfici di vendita, ma ci sono anche tante piccole ditte individuali, la maggior parte con titolari stranieri. – (FONTE)
Le misure cautelari odierne costituiscono l’epilogo di una attività d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Palmi, retta dal Dott. Emanuele Crescenti, e condotta dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Gioia Tauro, che ha permesso di documentare reiterati tentativi di istigazione alla corruzione perpetrati sia direttamente dal consigliere indagato che per il tramite del terzo, nell’ambito di un disegno finalizzato ad influenzare l’onesta e leale volontà di esponenti politici della fazione opposta, anche attraverso la consegna della somma di 25.000 € in contante.
In particolare, allo stato delle indagini e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità, dagli accertamenti svolti è emersa la volontà del predetto consigliere comunale di far decadere l’attuale amministrazione entro il 20.02.2024, termine perentorio entro il quale viene effettuata la ricognizione dei Comuni nei quali occorrerà procedere alle elezioni dei nuovi organi elettivi con la prossima tornata elettorale di giugno.
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Per raggiungere tale obiettivo, il consigliere destinatario dell’odierno provvedimento avrebbe indebitamente promesso 25.000 € ad un altro consigliere comunale di maggioranza di un Comune della Piana di Gioia Tauro in cambio delle sue dimissioni. – [FONTE]
In particolare, un avvocato del foro di Imperia, in virtù del suo ruolo di amministratore di sostegno dell’anziana, mediante visita medica neurologica eseguita da un professionista compiacente otteneva la certificazione inerente alla capacità di testare della vittima e, successivamente, grazie a un notaio le faceva redigere un testamento istituendo erede, per l’appunto, la sorella e, in caso di rinuncia, la nipote.
L’attività d’indagine, svolta dal personale del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria appartenente alla Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Imperia, è stata eseguita attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali, alcune perquisizioni che hanno consentito di acquisire copiosa documentazione bancaria e sanitaria sia presso le strutture ove la vittima era stata ricoverata nel corso del tempo, che presso la locale ASL 1 Imperiese.
Inoltre, le molteplici testimonianze raccolte tra il personale sanitario della struttura ove la vittima era ricoverata, attestanti l’esistenza di una ben visibile deficienza psichica, le dichiarazioni di un testimone presente alla redazione dell’atto, che raffigurava l’anziana testatrice del tutto silente, nonché la successiva perizia del C.T.U. nominato dall’Autorità Giudiziaria che constatava uno stato tale da comprometterne le facoltà critiche e volitive, conducevano alla denuncia, ferma restando la presunzione d’innocenza, dell’avvocato, del notaio, del neurochirurgo e della nipote della vittima per il reato di circonvenzione di incapace.
Al fine di “preservare” le disponibilità finanziarie e i beni immobili oggetto del testamento dal rischio di dispersione, il G.I.P. presso il Tribunale di Imperia, accogliendo le proposte formulate da parte della Procura della Repubblica di Imperia, ha emesso il decreto di sequestro preventivo di quasi 2 milioni e 300 mila euro di disponibilità finanziarie, nonché di quattro immobili e un terreno, siti nei comuni di Roma, Santa Marinella (RM) e Valenza (AL), per il valore complessivamente stimato in oltre 600.000 euro. Il provvedimento ha poi riguardato ulteriori 113.000 euro quale profitto del reato. – [Fonte GDF]
]]>Dalle polemiche sulla casa comunale acquistata a prezzo stracciato (910 mila euro per 155 metri quadro nel centro storico di Roma) a quelle sull’assunzione «blindata» a Invitalia, società governativa controllata proprio dal quel ministero delle Finanze di cui il padre, Vincenzo Visco, fu ministro. E oggi l’arresto, ai domiciliari.
L’arresto di oggi
G. Visco, 51 anni e figlio dell’ex ministro Visco, torna dunque al centro delle cronache nell’ambito dell’ultima operazione sulla corruzione nella Capitale condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Procura di Roma. Appalti e assunzioni pilotate, e consulenze a persone amiche: le accuse riguardano, oltre a Visco junior, anche un avvocato e altri due imprenditori.
«L’indagine – ha illustrato in una nota della Procura – ha consentito di ipotizzare un sistema di relazioni illecite diffuso e consolidato nel quale un ex dirigente pubblico (Visco, ndr), con la mediazione di un imprenditore romano, avrebbe favorito, a fronte di denaro e di altre utilità, l’aggiudicazione di un bando di gara di oltre 4 milioni di euro a una società riconducibile a un costruttore e tentato di agevolare l’assunzione presso una partecipata pubblica di una persona vicina a quest’ultimo».
L’ascesa, da Telecom a Invitalia
Un curriculum asciutto e sintetico quello di Visco, nato a Roma il 29 dicembre 1972 e con «una buona conoscenza della lingua inglese scritta e parlata», scrive lui stesso nella sua presentazione precisando che invece «il francese è elementare». Visco soprassiede sugli studi e passa direttamente all’esperienza lavorativa: inizialmente Telecom, nel 2001, presso le sedi di San Francisco e Venezia, e poi altri ruoli, «servizi di wholesale nazionali» e «responsabile sviluppo dei piani regionali». E poi nel 2007 il «salto» in Invitalia con la qualifica di dirigente, assunto quando alla guida dell’ente c’era ancora l’ex commissario Domenico Arcuri e incaricato del ruolo di «responsabile degli Investimenti esteri e della Programmazione controllo di innovazione e competitività».
Incarico che però ha perso, pochi mesi fa: in queste ore, dopo l’arresto, c’è chi dice proprio a causa di alcuni sospetti sul suo operato.
La casa a prezzi stracciati
Prima, correva l’anno 2011 e in Campidoglio governava Gianni Alemanno, Visco fu al centro delle polemiche per la casa acquistata nella Capitale. Prezzo ritenuto inferiore agli indici di mercato, 910 mila euro per un’abitazione in via Monte della Farina nel centro di Roma, dietro Torre Argentina, ma Visco si giustificò dicendo che si trattava di un’asta: «Quell’appartamento, occupato al momento dell’acquisto, mi è stato regolarmente aggiudicato avendo presentato l’offerta migliore» [CORRIERE.IT]
LEGGI ANCHE: Corruzione per l’ex dirigente Rai, maxi «tangente» per comprare film russi mai trasmessi.
Sempre nel 2023 sono emersi un caso di peculato, quindi di indebita appropriazione di denaro, quattro di corruzione per l’esercizio della funzione, uno di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, sette per abuso d’ufficio e sei per omissione in atti d’ufficio. Di conseguenza durante l’anno sono stati adottati tre provvedimenti di rotazione straordinaria del personale a seguito dell’avvio di procedimenti penali o disciplinari per le condotte di natura corruttiva.
Tra i dipendenti capitolini, che occorre precisare sono 22 mila a tempo indeterminato e si arriva a 24 mila se si consideratno i precari, c’era anche chi svolgeva un altro incarico extra-istituzionale senza essere autorizzato. Quattro i casi accertati. – [CONTINUA SU FONTE]
Secondo l’accusa il sindaco avrebbe garantito il proprio appoggio agli imprenditori per avvantaggiarsi politicamente, come quando ha chiesto assunzioni ad alcune ditte e al rappresentante di una nota catena di discount, in cambio di agevolazioni varie, e di servizi e lavori, talvolta addirittura superflui. Una intercettazione testimonia, secondo i pm, “la gestione fortemente personalistica”, come l’ha definita il gip Teresa Valentino, del primo cittadino: “Da qua ai prossimi 6-7 mesi… – dice D. – arrivano 20 milioni di finanziamento, ma chi li gestiamo, io e te?” A parlare, il 20 dicembre 2021, è proprio il sindaco, in auto con l’imprenditore A. N., Parole, per la Procura, emblematiche circa la volontà di gestire illecitamente i fondi pubblici e, anche, delle pressioni esercitate su alcuni dirigenti comunali. Proprio questi hanno confermato le ingerenze “spesso insostenibili” del sindaco che “concepisce l’ente comunale come un’azienda”.
Il Sindaco, scrive il gip, avrebbe orientato “…le decisioni… dei propri dirigenti… nell’interesse dei privati”. Tra i numerosi appalti e servizi finiti nel mirino figura anche quello relativo alla realizzazione della sede di una nota catena di discount.
Per accrescere il consenso elettorale, teorizzano gli inquirenti, si sarebbe adoperato per agevolarne la costruzione, avvenuta malgrado un ricorso amministrativo che metteva in luce incompatibilità e carenze istruttorie. Durante una seduta del consiglio comunale si sarebbe espresso in favore della delibera in questione, in cambio di una serie di assunzioni poi concretizzatesi. Pressioni sui funzionari comunali anche nel Brindisino dove ai domiciliari sono finiti il sindaco di Erchie, P. N., e l’assessore O. B., appartenenti a una lista civica di centrosinistra. Anche attraverso minacce N. avrebbe tentato di condizionare il responsabile dell’area servizi affinchè prorogasse retroattivamente l’affidamento dei servizi cimiteriali a una cooperativa sociale in scadenza di contratto. – [ANSA]
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]]>LEGGI ANCHE: Frode fiscale e autoriciclaggio. Arrestato imprenditore e sequestrati beni e disponibilità per 10 milioni di euro.
Le difese degli imputati, accusati a vario titolo di turbativa d’asta ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, sono insorte dopo la presentazione di oltre seimila pagine di nuovi documenti prodotti da Woodcock. “Non possiamo far passare sotto silenzio questo modus operandi – ha sostenuto l’avvocato Claudio Botti -: viene aperto un filone parallelo con il coinvolgimento di testimoni che ora risultano indagati, senza dare il tempo alle difese di studiare la documentazione e dunque garantire l’esercizio pieno del mandato difensivo”. Le questioni sollevate sono state però rigettate dal collegio presieduto da Roberto Melone, giudici a latere Gilda Zarrella e Vincenza Cozzino, dopo una camera di consiglio. – [ANSA]
Complessivamente, 17 soggetti sono indagati per corruzione, induzione indebita, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, truffa ai danni di ente pubblico, frode nelle forniture pubbliche, falsità ideologica e materiale da parte di pubblici ufficiali, rivelazione di segreti d’ufficio, favoreggiamento personale e false attestazioni di presenza in servizio.
L’indagine della procura di Trapani, delegata al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di finanza, ha svelato un collaudato meccanismo di controllo su procedure di gara, concorsi pubblici e affidamenti dirigenziali nella sanità trapanese. Questo avveniva in un contesto collusivo e clientelare, con la compiacenza di alcuni pubblici ufficiali.
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Inizialmente focalizzate sulla regolarità di un bando di gara per attrezzature sanitarie anti-Covid-19, le indagini hanno evidenziato anomalie nella gestione, portando all’assegnazione favorevole a una società già legata contrattualmente all’Azienda sanitaria trapanese. Il demansionamento di strutture dell’Asp ha concentrato il controllo delle gare su una persona esterna legata alla Spa, attribuendole ruoli di valutazione e progettazione.
Le illegalità coinvolgono anche forniture per i servizi sanitari, assunzioni di personale dirigente ed amministrativo. In alcuni casi, il testo delle domande d’esame è stato fornito a candidati esterni, con indicazioni specifiche sul contenuto. È emerso anche il coinvolgimento di un membro della commissione nella selezione delle buste dei quesiti. Altre irregolarità riguardano la gestione privata delle visite da parte di un medico libero professionista, omissioni nella comunicazione della positività al Covid-19 e richieste di prestazioni sessuali in cambio di supporto per il rinnovo della patente di guida. Le false attestazioni di presenza in servizio sono state effettuate tramite abusiva timbratura del badge elettronico.
]]>Schlein, ritiro la mia firma
«Comunico la mia volontà di togliere la mia firma da questa proposta di legge. Questa non è più la proposta di salario minimo delle opposizioni perché la maggioranza ha svuotato la proposta di ogni significato con la consueta arroganza. Togliamo le nostre firme: non nel nostro nome state tradendo le attese dei lavoratori» ha dichiarato la leader del Pd Elly Schlein in Aula.
Conte strappa in Aula il testo
Identico annuncio il leader del M5S Giuseppe Conte: «Questo gesto proditorio non lo compirete nel mio nome né di quello del M5S: per questo ritiro la mia firma dal provvedimento. Questa battaglia la vinceremo. Il Paese è con noi» ha detto l’ex premier, originariamente il primo firmatario della proposta di legge sul salario minimo che ha strappato il testo in Aula.
Fratoianni: ritiro firma da proposta di legge
«Ritiro la mia firma da questa proposta di legge, non intendo e non intendiamo mettere i nomi e le nostre facce su un atto indecente di pirateria politica e istituzionale» ha affermato nell’aula di Montecitorio Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra. «Si può fare tutto o quasi nella dialettica parlamentare – prosegue – quello che non va bene è trasformare un testo d’iniziativa parlamentare delle opposizioni in una legge delega del governo, è uno schiaffo al Parlamento».