L’ultimo no è quello della Regione Abruzzo sulle trivellazioni petrolifere. Verso lo scontro tra Stato e Regioni
L’ultimo no è stato quello della Regione Abruzzo che ha prodotto un ricorso contro le perforazioni davanti alle sue coste. Ma lo scontro sulle trivellazioni nel mar Mediterrane per l’estrazione del petrolio interessano anche Calabria e Sicilia. E nei prossimi mesi potrebbe diventare più pesante. Più che di politica energetica stiamo parlando di una grande speculazione. Sono, infatti, 11 milioni di tonnellate le riserve petrolifere stimate nei fondali marini del nostro Paese. Ai consumi attuali, quindi, li esauriremmo in soli 55 giorni. E allora perché si estrae provocando grandi rischi per l’ambiente? A guadagnarci molto, e senza rischio d’impresa sarebbero i petrolieri, per i quali l’Italia e’ una sorta di paradiso fiscale: le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, come le prime 50 mila tonnellate di petrolio estratte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi di gas in terra e i primi 80 milioni di metri cubi in mare, infatti, sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato. Il giochino è chiaro.
La Regione Abruzzo ce l’ha chiaro e contro Ombrina Mare, il progetto idrocarburi a largo delle coste teatine ha deliberato il ricorso per osservazioni alla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) a suo tempo attivata dal ministero dell’Ambiente. Il 29 luglio scade il termine per le osservazioni. Il fascicolo della Regione sara’ inviato lunedi’ dopo il completamento della procedura. “L’Abruzzo non e’ e non sara’ mai trasformato in un distretto minerario”, dice l’assessore all’Ambiente, Mario Mazzocca. Compatibilita’ ambientale, paesaggistica, normativa e incongruenze tecniche del progetto: questi alcuni degli aspetti che riguardano le osservazioni e che, secondo la Regione “possono concretamente incidere sull’ esito positivo della procedura nel senso auspicato dalla Regione Abruzzo”.
Per quanto riguarda le trivellazioni in Adriatico, il Movimento 5 Stelle ha inoltrato una interpellanza alla Commissione europea. Tra un mese e mezzo dovrebbe arrivare la risposta. Se dopo l’apertura da parte della Croazia di un’asta finalizzata all’assegnazione delle licenze per la ricerca e l’estrazione, anche l’Italia sembra voler seguire la stessa linea, allora, secondo Marco Affronte, sarebbe meglio sapere se in Ue sono stati valutati gli effetti prodotti sugli ecosistemi marini e sugli habitat vulnerabili, quali strumenti ci sono per effettuare una sorveglianza sulla sicurezza di queste strutture, sia durante la messa in posa sia anche e soprattutto durante il funzionamento a regime”. Inoltre, prosegue l’europarlamentare di origine riminese, “vorremmo sapere se e in che modo tali interventi siano in linea con le dichiarazioni del neo-eletto presidente della Commissione, Juncker, che dichiara di volere un’Europa leader mondiale delle energie rinnovabili’.
In Calabria, il 9 giugno scorso il ministro Guidi ha concesso alla societa’ “Appennine Energy spa” la licenza per le perforazioni e lo sfruttamento. Questa volta a protestare è la Cgil. Secondo il sindacato, tale scelta e’ contraria agli interessi della popolazione calabrese e non risponde ad una adeguata politica di strategia energetica nazionale.
“Inoltre l’autorizzazione alle trivellazioni ad alcune aziende petrolifere nonostante il parere contrario delle popolazioni, delle amministrazioni locali, delle Istituzioni regionali e provinciali – si legge in un comunicato – produrrebbe un impatto negativo su settori strategici e vitali dell’economia Calabrese come il turismo, la pesca, l’itticoltura, con pesanti ricadute sociali ed occupazionali. Per queste ragioni, come Cgil, per come abbiamo gia’ avuto modo di manifestare nei mesi passati, riteniamo tale scelta incomprensibile alla luce anche degli investimenti che si dovranno attivare per tutelare il sistema delle coste e dell’ecosistema marino”. Fonte
La Russia apre un corridoio umanitario alla frontiera con l’Ucraina per dare assistenza medica ai soldati di Kiev rimasti feriti nei combattimenti.
I soldati ucraini mandati a combattere contro i filorussi, disertano in massa e scappano in Russia per chiedere la cittadinanza russa: A dirlo è Euronews! Grandissime risate in faccia alla Troika che vuole questa guerra e ha messo come vincolo al prestito miliardario l’integrità dell’Ucraina (è come dire: o mandate la gente a combattere o noi non vi diamo i soldi).
Obama alla notizia è andato in escandescenza, letteralmente fuori di melone!
La Russia apre un corridoio umanitario alla frontiera con l’Ucraina per dare assistenza medica ai soldati di Kiev rimasti feriti nei combattimenti.
Gli scontri con i separatisti filorussi sono ripresi violenti nell’est e si spara anche nei pressi del sito dove è stato abbattuto l’aereo malese. Trenta civili sono morti nei bombardamenti dell’artiglieria ucraina a Gorlovka.
“C‘è stata una sparatoria al valico di frontiera di Dolzhansky, ci sono stati numerosi feriti – dice, parlando in russo, un soldato ucraino – Abbiamo chiesto alle guardie di frontiera russe di aprire un corridoio umanitario. Lo hanno fatto ed è stato prestato il primo soccorso ai feriti”.
I soldati dell’esercito ucraino sentono il peso di quattro mesi di combattimenti e la frustrazione di avanzare a fatica verso le principali roccaforti ribelli. I tanti rimasti feriti sperano di poter tornare a casa.
“Chi passa le prove di idoneità può tornare a combattere, in caso contrario si viene congedati – spiega Alexandr, soldato del 72esimo squadrone dell’aviazione ucraina – Non credo che le passerò, perché ho perso il mio occhio sinistro”.
Decine le diserzioni. Oltre quaranta soldati hanno abbandonato i loro reparti per raggiungere il sud della Russia e due guardie di frontiera hanno approfittato del corridoio umanitario per oltrepassare il confine e chiedere la cittadinanza. Centinaia di auto cariche di civili stanno invece lasciando Donetsk. Fonte
Crimini di guerra a Gaza? Russia e Cina favorevoli, i paesi europei (tra cui l’Italia) si astengono, Stati Uniti contrari.
Ecco chi vuole un’indagine Onu e chi no. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite lancia un’inchiesta sulle possibili violazioni di Israele e Hamas.
Sia Israele sia Hamas potrebbero aver commesso crimini di guerra a Gaza, spiegava il commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay. Quando il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite si è riunito per votare sull’istituzione di una commissione di inchiesta sul tema, però, i paesi si sono divisi secondo una linea ben precisa: da una parte gli Stati Uniti, principale alleato di Israele, dall’altra Russia e Cina, con l’Europa in mezzo.
Fanno parte del Consiglio per i diritti umani 47 paesi del mondo. Il voto si è concluso con 29 stati favorevoli a istituire la commissione di inchiesta, 17 astenuti e un contrario, gli Stati Uniti.
Tra gli astenuti ci sono tutti i membri della commissione che fanno parte dell’Unione europeo: Austria, Estonia, France, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Repubblica Ceca e Romania (gli altri astenuti sono Benin, Botswana, Burkina Faso, Gabon, Giappone, Macedonia, Montenegro e Sud Corea).
I voti favorevoli sono arrivati da Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cile, Cina, Repubblica democratica del Congo, Costa Rica, Costa d’Avorio, Cuba, Emirati arabi, Etiopia, Filippine, India, Indonesia, Kazakhstan, Kenya, Kuwait, Marocco, Maldive, Messico, Namibia, Pakistan, Peru, Russia, Sierra Leone, Venezuela e Vietnam.
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