Crocetta intercettato con il proprio Medico su Lucia Borsellino: «Va fatta fuori come il padre».
«Mi auto-sospendo immediatamente da presidente della Regione», questa la reazione di Rosario Crocetta, sull’onda delle polemiche per le intercettazione della telefonata col suo medico Matteo Tutino che parlando di Lucia Borsellino dice: «Va fermata, va fatta fuori come suo padre».
16/07/2015 – Intercettato al telefono con il presidente della regione Sicilia, il chirurgo Matteo Tutino parla della figlia del magistrato ucciso da Cosa Nostra. Una conversazione che imbarazza il governatore e fa traballare la giunta.
«Va fatta fuori come il padre». Lucia Borsellino minacciata dal medico di Rosario Crocetta
Lucia Borsellino «va fatta fuori. Come suo padre». Come Paolo Borsellino, il giudice assassinato il 19 luglio 1992. Sono parole pesantissime, intercettate pochi mesi fa. A pronunciarle non è un boss, ma un medico di successo: Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia. All’altro capo del telefono c’è il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che ascolta e tace. Non si indigna, non replica: nessuna reazione di fronte a quel commento macabro nei confronti dell’assessore della sua giunta, scelto come simbolo di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi. Crocetta, che ha costruito tutta la sua carriera di politico di sinistra sventolando la bandiera della lotta a Cosa Nostra, non ha nulla da dire.
Lui e Matteo Tutino hanno condiviso molto. Il chirurgo estetico da anni è il suo medico personale. Un rapporto intenso, proseguito fino all’intervento della magistratura che il 29 giugno lo ha arrestato con l’accusa di falso, abuso d’ufficio, truffa e peculato, contestando un intreccio perverso tra incarichi pubblici e affari privati. Anche in quelle ore, Tutino ha chiamato Crocetta sul cellulare per avvertire il più famoso dei suoi pazienti: «Mi stanno arrestando». Non ha avuto nessun sostegno, soltanto il consiglio di rivolgersi a un buon avvocato. Gli stralci di queste intercettazioni sono confermati dai magistrati e dagli investigatori che lavorano all’inchiesta: questa volta, dicono, «si va fino in fondo».
L’indagine è solo all’inizio e promette un’estate caldissima nei palazzi del potere palermitano. Ma il primo effetto è arrivato proprio con le dimissioni di Lucia Borsellino, che per quasi tre anni ha portato sulle spalle la croce della sanità siciliana, ginepraio dei mali dell’isola e di gran parte degli appetiti criminali. Aggredita, vessata e offesa più d’una volta, ha detto basta. L’ha fatto per scelta etica e perché ha scoperto di essere bersaglio delle offese del medico personale del suo silente presidente. Il segnale è forte e chiaro: né Lucia, né i suoi familiari parteciperanno quest’anno alla commemorazione di via D’Amelio, la strage che ha segnato il momento più cupo della vita cittadina.
L’addio della Borsellino mette in ginocchio i già fragili assetti politici siciliani e rischia di assestare il colpo di grazia alla credibilità di Crocetta. Il suo governo regionale ha sbaragliato ogni record di rimpasti e rabberciature. Era nato meno di tre anni fa sull’onda del rinnovamento, dopo decenni di amministrazioni di centrodestra segnate da collusioni, provate o contestate, con Cosa Nostra. In principio fu giunta «a sette stelle» («Due in più dei grillini», precisò il governatore), con le top star Franco Battiato e Antonino Zichichi. I primi a sbattere la porta o a venire estromessi, in una lista che è arrivata a contare 36 ex assessori. Nel mezzo, la cancellazione delle province mai arrivata a compimento, le idee di emettere Trinacria Bond per finanziare il debito o trasformare la costosissima Azienda siciliana trasporti in compagnia aerea. Perle di creatività sicula buone per lo share nei talk show ma inutili a quadrare i conti: il buco di bilancio a fine 2015 sfiorerà i 9 miliardi.
Adesso in questo quadro amministrativo e politico desolante, arriva l’arresto del medico personale di Crocetta. Dalle corsie dell’ospedale palermitano, l’interesse degli inquirenti si è spostato anche nello studio privato di Tutino. Cartelle cliniche di vip, prescrizioni in bilico tra l’estetica e la medicina verranno passate al setaccio. Con uno scenario inquietante. Un capitolo dell’inchiesta riguarda i rapporti del primario con investigatori e magistrati. Appena arrivato al vertice del reparto di chirurgia plastica del Villa Sofia di Palermo, Tutino infatti ha iniziato una campagna di denunce. Prima si rivolge ai carabinieri del Nas, mettendo sotto accusa i colleghi rei – a dir suo – di avere falsificato le cartelle cliniche. Il medico parlerà anche di intimidazioni mafiose e sabotaggi in sala operatoria. I militari si mettono al lavoro, ma fanno luce anche su errori ed omissioni del chirurgo. Così Tutino finisce sotto indagine. Ma lui ribatte di essere al centro di un complotto e disegna la mappa di chi lo perseguita: si va dalla sanità pubblica e privata, al comando nazionale dei Nas, dal ministero dell’Interno, passando dall’immancabile Massimo Ciancimino, per arrivare a banchieri e imprenditori. Di questa trama non si troverà riscontro: per i giudici è un pensiero «strampalato».
Chi ha presentato quelle denunce alla Procura? Le lettere di accompagnamento recano in calce la firma di Rosario Crocetta. Le ultime missive presidenziali sono di marzo, quando Tutino era già indagato da più di un anno. Su un binario parallelo, poi, correvano le inchieste della Digos. Una dozzina di relazioni su presunte irregolarità finite in un nulla di fatto. Con il sospetto che Tutino abbia tentato di favorire la compagna di un funzionario della Polizia, creandole su misura una Banca dei tessuti e del seme da realizzare con affidamento ad hoc. Anche su quel progetto, il medico entra in rotta di collisione con Lucia Borsellino, favorevole all’idea ma a condizione di eseguire una gara d’appalto.
Imbarazzi pure a Palazzo di Giustizia. Il pm Dario Scaletta ha scritto una relazione di servizio al procuratore di Palermo per descrivere la sua frequentazione con il chirurgo. Ha spiegato di non sapere che Tutino era sotto inchiesta e quel medico gli «era stato precedentemente presentato dai colleghi, i magistrati Lia Sava e Antonio Ingroia e, in loro presenza, si era più volte incontrato». L’ex pm antimafia Ingroia – insediato da Crocetta alla guida di una società regionale – non nega l’amicizia con Tutino: «Lo conosco da anni e sono stato io a presentarlo alla collega Sava. Nessun favore, quando si presentava in procura per sporgere denunce lo inviavo ad altri colleghi».
Ora Crocetta si affanna a derubricare il caso come nomina sbagliata. E grida al complotto omofobico, dopo le indiscrezioni volgari su alcuni suoi trattamenti chirurgici. Ma è difficile definire Tutino un millantatore. Tutti lo ricordano in prima fila il giorno dell’insediamento di Crocetta alla guida della Sicilia. Ai suoi collaboratori come ai suoi avversari, il medico faceva sapere di essere arrivato in quell’ospedale pubblico su «mandato presidenziale» per portare legalità e giustizia. FONTE
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