L’HOTEL RIGOPIANO, ”RESORT NATO SUI PASCOLI DA UN PRESUNTO ABUSO EDILIZIO”
PESCARA 23/01/2017 – È una storia di presunto abusivismo edilizio quella che ha portato un casolare rurale a diventare un lussuoso resort a 1.200 metri di quota, l’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), distrutto ieri da una slavina.
Le tappe vengono raccontate da Tiscali News, che ripercorre la vicenda processuale che si è conclusa nel novembre scorso con l’assoluzione di tutti gli imputati perché “il fatto non sussiste”.
La vicenda ha inizio nel 2008, quando il pm della procura di Pescara, Gennaro Varone, sulla base di indagini e intercettazioni telefoniche nell’ambito dell’inchiesta Vestina, ipotizzava un passaggio di denaro e posti di lavoro in cambio di un voto favorevole per sanare l’occupazione abusiva del suolo pubblico.
Hotel Rigopiano abusivo . Sgarbi. Strage di Stato (VIDEO)
Il presunto abuso riguardava proprio l’ampliamento della struttura, che in origine era un casolare – ricorda il quotidiano diretto da Giuseppe Caporale – per la realizzazione dell’attuale hotel a quattro stelle, gestito dalla società Del Rosso e in seguito ceduto alla Gran Sasso Resort.
processo, nel 2013, finirono sette persone tra cui l’ex sindaco, Massimiliano Giancaterino, e Antonello De Vico, suo successore alla guida del Comune e all’epoca consigliere comunale. Inoltre rimasero coinvolti i due ex assessori Ezio Marzola e Walter Colangeli, l’ex consigliere Andrea Fusaro e gli imprenditori Paolo Marco e Roberto Del Rosso.
Il fatto oggetto del processo risale al 2008. Secondo l’accusa, l’allora sindaco, assessori e consiglieri avevano votato a favore della delibera del 30 settembre di quell’anno finalizzata a “sanare l’occupazione abusiva di suolo pubblico da parte della società Del Rosso”, è scritto in un articolo del Centro dell’epoca, in un’area fino ad allora adibita a pascolo del bestiame e compresa in un’area naturalistica protetta.
Scrive Lacerba (giornale locale di Penne), citando la procura, che “l’autorizzazione a sanatoria si basava sul presupposto che detta occupazione non costituisse abuso edilizio per mancata, definitiva trasformazione del suolo”.
Secondo quanto sosteneva il pm, Giancaterino e De Vico in cambio della delibera avrebbero incassato la “promessa di un versamento di denaro destinato al finanziamento del partito” di appartenenza (il Pd) e, in particolare, il secondo avrebbe ottenuto “il pagamento di 26.250 euro” che, dice ancora l’accusa, andava ad “adempimento parziale di un debito pregresso ma inquadrabile nel rapporto corruttivo”.
Il pm sostenne inoltre che come merce di scambio per quella delibera favorevole, i consiglieri e gli assessori del tempo avessero ottenuto dai titolare della società Del Rosso anche “assunzioni preferenziali per i propri protetti”.
L’ex sindaco di Farindola nel corso del processo aveva sempre respinto l’accusa di corruzione, ottenendo ragione dal giudice che lo scorso novembre ha emesso la sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.
Il reato era comunque prescritto già nell’aprile del 2016, ragion per cui questa sentenza non potrà essere appellata. Le motivazioni della sentenza non sono state ancora depositate. – Fonte
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