Il rom che uccise il vigile? Scarcerato dopo soli 5 anni. I giudici: “Potrà fare l’attore”
13/07/2017 – Quanto vale la vita di un essere umano, in questo caso la vita di un vigile ucciso mentre sta facendo il proprio lavoro? Per la giustizia italiana solo 5 anni di carcere. Questa è la pena scontata da Remi Nikolic, il rom che nel 2012 travolse brutalmente con un suv l’agente della polizia locale Niccolò Savarino, 42 anni, impegnato in servizio di controllo nel parcheggio di via Varè alla Bovisa, quartiere periferico di Milano. Il nomade, all’epoca minorenne, si diede alla fuga per poi venire rintracciato in Ungheria. Un fatto di sangue feroce e assurdo, che sconvolse l’opinione pubblica a livello nazionale.
Eppure i magistrati italiani, fino in Cassazione, hanno concesso ogni possibile attenuante all’assassino, condannato per omicidio volontario a una pena di soli 9 anni e 8 mesi. Ora Nikolic è stato scarcerato. Ha ottenuto l’affidamento ai servizi sociali, con il Tribunale per i minori di Milano che ha accolto l’istanza dell’avvocato David Russo. Per i giudici la misura “può rivelarsi utile per favorire il processo di integrazione sociale del condannato e, nel contempo, impedire la commissione di altri reati”. Del resto stiamo parlando dello stesso sistema giudiziario che motivò quella sentenza, da molti ritenuta scandalosa, con il fatto che il rom, tra le altre cose, “è cresciuto caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte degli adulti di riferimento” oltre che dalla “totale assenza di scolarizzazione”. Dunque crescere in un contesto di delinquenti veri o presunti è considerata un’attenuante decisiva, così come non aver frequentato le scuole dell’obbligo.
Attenuante dopo attenuante si è giunti all’odierna scarcerazione che ha indignato la famiglia, per usare un eufemismo. I familiari “sono arrabbiati, ma erano già consapevoli di come sarebbero andate le cose dopo la pena così bassa”, ha spiegato Gabriele Caputo, legale delle parti civili, sottolineando che il rom “non ha mai chiesto scusa a nessuno della famiglia, le scuse le ha presentate una volta sola in primo grado ma al giudice e invece ha sempre negato di aver voluto uccidere e da lui non è arrivato mai un pentimento sincero”.
Per il legale lo sviluppo del procedimento sull’esecuzione della pena, “dalla semilibertà che aveva già ottenuto in passato all’affidamento, è normale, ma tutto deriva a cascata dalla pena bassa del secondo grado, il minimo che si poteva dare per un omicidio volontario con tutte le attuanti possibili concesse”. Nel processo d’appello, dunque, “è cambiato tutto, l’imputato è stato trattato come una vittima più delle vittime stesse e quella pena è stata una beffa per la famiglia, che si è sentita tradita dalle istituzioni”.
L’assassino ora si diletta con il teatro e grazie alla scarcerazione per il Tribunale potrà proseguire la sua attività “attoriale”, alloggiando a titolo gratuito in un’abitazione offertagli del titolare dell’associazione con cui collabora. Insomma tutto procede a meraviglia e frequentare “un ambiente lavorativo e artistico” costituisce, secondo i giudici, “un’occasione di riscatto”. Succede dunque che non pochi magistrati italiani ragionino e sentenzino in questo modo. Davanti a epiloghi giudiziari di questo tipo si rischia di restare davvero senza parole. Matteo Salvini: “Uccise un vigile a Milano, scappò e venne arrestato all’estero. Dopo soli cinque anni di galera, i giudici hanno deciso che il Rom Remi Nikolic può uscire dal carcere, per essere affidato ai servizi sociali. Questa “giustizia” mi fa schifo. Basta premi e sconti di pena, chi sbaglia paga. Una preghiera per Niccolò, il povero vigile ucciso”. FONTE
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