Corruzione nella sanità, blitz in 7 regioni: indagati 36 medici e 7 aziende coinvolte
03/10/2018 – Corruzione nella Sanità. Unidici misure cautelari a carico di dirigenti medici, universitari e rappresentanti del settore farmaceutico; 36 sono persone indagate e 7 aziende coinvolte nelle attività illecite.
Oltre 200 carabinieri del Comando per la Tutela della Salute e dei Comandi Provinciali di 7 Regioni stanno eseguendo un’ordinanza d’applicazione di misure cautelari richiesta dalla Procura della Repubblica di Parma ed emessa dal G.I.P. Contestualmente, si sta procedendo al sequestro di 335.000 euro per i reati di corruzione e truffa.
Complessivamente, nell’operazione «Conquibus» condotta dai Nas di Parma, sono stata emesse 11 misure cautelari a carico di dirigenti medici, universitari e rappresentanti del settore farmaceutico; 36 sono le persone indagate e le 7 aziende coinvolte nelle attività illecite. In corso d’esecuzione, inoltre, oltre 40 perquisizioni presso le abitazioni di altrettanti professionisti e presso le sedi di società e di note aziende farmaceutiche.
I reati contestati agli indagati: corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, comparaggio farmaceutico, abuso d’ufficio, falso ideologico e truffa aggravata. Le regioni interessate dall’operazione sono: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Lazio.
Cuore dell’inchiesta Parma e l’azienda ospedaliero-universitaria. Ai domiciliari sono finiti il professor Franco Aversa, direttore della struttura complessa di ematologia e trapianto midollo osseo del Maggiore di Parma e Paola Gagliardini, amministratrice delegata della Csc srl, centro servizi congressuali, di Perugia. Erano loro i vertici di una organizzazione che assicurava, secondo l’accusa, favori alle aziende farmaceutiche – report positivi o negativi per questo o quel medicinale – in cambio di sponsorizzazioni per convegni e simposi medici e anche contributi economici che finivano direttamente nelle tasche degli indagati.
«Ci sono delle aziende che hanno contribuito in maniera sostanziale e altre che non hanno nemmeno risposto – diceva ancora Aversa, il medico parmigiano – quindi è chiaro che devo fare la lista dei “buoni” e dei “cattivi”». Poi anche la minaccia diretta: «C’era un atteggiamento di non apertura, per cui lo dico francamente… questi nuovi prodotti che voi dovete lanciare, qui praticamente non entreranno mai!».
Fra gli indagati undici sono professori o dirigenti dell’Università di Parma. La struttura ospedaliera di Parma invece non avrebbe propri dipendenti coinvolti anche se il professor Aversa ovviamente era dirigente di una unità operativa interna al Maggiore. Il rettore dell’Università di Parma, Paolo Andrei, si dichiara «profondamente colpito e attonito» dalla vicenda; assicura collaborazione alla magistratura e ribadisce l’impegno dell’Ateneo «verso la cultura della legalità e il rispetto dell’integrità». – FONTE
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