I medici: “Emergenza neonati in crisi di astinenza”
La cronaca offre esempi che non saranno trasferiti in uno studio scientifico. All’Istituto superiore di sanità dicono di non aver intenzione di farlo, perché si tratterebbe di “schedare” le persone appena nate. In più è molto difficile avere una lettura del fenomeno perché non sempre le condizioni di salute del neonato e quelle personali e sociali dei genitori spingono gli operatori sanitari a fare approfondimenti. Per svolgere l’esame tossicologico sui bambini è necessario il consenso del padre e la madre, che spesso non hanno alcuna intenzione di dare l’ok agli approfondimenti. Dalla Società italiana di neonatologia confermano che anche a livello internazionale gli studi in questo campo sono pochi.
Il vicepresidente di quella società scientifica è Piermichele Paolillo, primario proprio al Casilino. «Ci capiteranno una ventina di casi ogni anno di bambini positivi alle sostanze stupefacenti, con picchi di ricoveri come in questo momento», spiega. Nelle maternità dei grandi ospedali italiani, come Careggi a Firenze, capitano almeno una decina di casi l’anno.
«Di solito — spiega Paolillo — capita che qualcosa non ci quadri nella mamma o nel padre. Se abbiamo sospetti chiediamo un esame delle urine. Si trovano cocaina, metadone oppiacei. Così si avvia un percorso che può portare a una segnalazione al tribunale dei minori che fa partire l’iter per nominare un tutore».
Il neonatologo spiega che di solito i bambini con questi problemi «all’inizio stanno bene, la sindrome di astinenza neonatale inizia dopo un po’. Il bambino diventa agitato, irritabile e bisogna usare barbiturici per sedarlo». Se il neonato non ha sintomi particolari, fondamentale per intercettare il problema, spiega Paolillo, è il ruolo delle ostetriche che anche durante il parto colgono segnali nel comportamento dei genitori. «Spesso quando parliamo con le coppie a rischio, ci danno giustificazioni. Dicono di aver preso un po’ di coca qualche giorno prima a una festa, o magari di aver assunto eroina “ma fumandola, non iniettandola”. Questa è la situazione, e siamo consapevoli del fatto che certamente ci sfuggono dei casi», conclude il primario. – [FONTE]
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