Pd: alle urne solo i partiti. Capotosti: anticostituzionale
Un emendamento, come quell riproposto ieri dai senatori democratici Luigi Zanda e Anna Finocchiaro sull’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione che impedirebbe in futuro ai movimenti senza statuto di candidarsi alle elezioni, che ha scatenato una bufera, a partire dal Pd.
Secondo l’ex presidente della Consulta, Piero Alberto Capotosti, intervistato dal CORRIERE DELLA SERA, ‘fissare statuti limita la libertà del sistema politico’. ‘‘Una tesi politica che circola da tempo ma che contrasta con quanto affermato dalla nostra Costituzione’.
Il professor Piero Alberto Capotosti, ex presidente della Corte Costituzionale e vicepresidente del Csm, non è d’accordo con il contenuto del ddl del Pd che vorrebbe limitare la competizione elettorale ai soli partiti che abbiamo uno statuto a base democratica.
‘Ci sono dei problemi dal punto di vista strettamente costituzionale’. ‘Bisogna partire dall’articolo 49 della Costituzione, che prevede il diritto dei cittadini di riunirsi nei partiti descritti come libere associazioni.
I nostri padri costituenti quindi sottolineano innanzitutto che si tratta di un diritto e che questo diritto deve potersi esercitare liberamente’. Quindi esattamente il contrario di quanto prevede il ddl? ‘Si, mi sembra che il ddl si rifaccia al modello previsto dall’articolo 39 per i sindacati, ma questo contrasta appunto con quanto previsto esplicitamente per i partiti.
È solo per i sindacati (e non per i partiti) che la nostra Costituzione prevede l’obbligo dello Statuto (anzi questo, viene sottolineato, è l’unico obbligo, per ottenere la registrazione) che fissi un ordinamento interno a base democratica’. Perché questa differenza tra partiti e sindacati? ‘La Costituzione vuole tutelare la libertà di associazione dei cittadini nei partiti. Fissare statuti, pretendere la personalità giuridica dei partiti infatti può diventare fortemente limitativa dell’autonomia del sistema politico. Ed è questo che i padri costituenti non hanno voluto: la libertà è il bene primario che la Costituzione vuole garantire alla dialettica politica’. Ma non si finisce per avere partiti senza nessun controllo? ‘In realtà, il controllo previsto dalla nostra Carta risiede nel libero gioco della politica e delle competizioni elettorali, ma non si è voluto espressamente prevedere altro, per garantire la libertà di partecipazione dei cittadini’. Ecco, parliamo dei cittadini: in che modo questa proposta rischia di lederne i diritti? ‘Se si fissano dei paletti troppo rigidi ai partiti, come appunto gli statuti, la personalità giuridica (che impone obblighi e vincoli), e così via, si rischia di intaccare il diritto all’elettorato passivo di tutti i cittadini sancito dall’articolo 51 della Costituzione. Insomma, io vedo una serie di problemi e quindi sarebbe meglio studiare più approfonditamente la questione’. (…) La nostra Costituzione è stata scritta quando il Paese usciva dal fascismo… ‘Certamente, è per questo che i nostri padri costituenti hanno voluto ben sottolineare la necessità della libertà di partecipazione democratica. Si tratta di una lezione sempre valida’. (…)”.
Secondo Massimo Franco, che dedica la sua nota all’argomento, dal Pd arriva “un regalo involontario e maldestro a Beppe Grillo”. Scrive sul CORRIERE DELLA SERA: “(…) E se anche l’intenzione non è quella di boicottare Grillo, il disegno di legge di Luigi Zanda e Anna Finocchiaro sta avendo un unico risultato: mostrare un Partito democratico spaventato dalla fioritura di gruppi politici che erodono anche il suo elettorato; e tentato di combatterli con una risposta più burocratica che politica. L’idea ha il demerito di essere percepita come un gesto insieme di debolezza e di prepotenza. Non è chiaro, infatti, il motivo che giustifica proprio adesso una norma per l’attuazione di un articolo della Carta fondamentale lasciato in sonno per oltre sessant’anni. La risposta del Pd è piccata. ‘L’interpretazione’ secondo la quale l’iniziativa serve a ‘bloccare e andare contro i movimenti è una forzatura deformante’, replica il partito in una nota ufficiale. Di più, nasconderebbe ‘un’operazione di disinformazione’. Il vero obiettivo, si fa presente, sarebbe quello di introdurre meccanismi che garantiscano partecipazione e trasparenza. E si addita il proprio modello di scelta dei gruppi dirigenti. Ma l’impressione è che la risposta non basterà a togliere a Grillo un’occasione ghiotta di polemica con una forza politica alla quale conta di sottrarre altri consensi. E non solo perché con le sue crepe il Pd appare un modello a dir poco controverso. Il problema è la pretesa, discutibile in sé, di obbligare i movimenti a registrarsi per partecipare al voto e ottenere finanziamenti. ‘Il Movimento 5 Stelle non è un partito, non intende diventarlo e non può essere costretto a farlo’, scrive Grillo sul suo blog. ‘Se la legge di Finocchiaro e Zanda sarà approvata in Parlamento, il M5S NON si presenterà alle prossime elezioni’. Quel ‘non’ maiuscolo sa già di campagna elettorale. E l’ex comico attribuisce ai ‘partiti’, senza distinzione, l’eventuale responsabilità di lasciare ‘milioni di cittadini senza rappresentanza’. L’episodio gli permette sia di velare i contrasti interni e qualche imbarazzo sui finanziamenti del suo sito; sia di rivendicare il poco splendido isolamento per il quale ha optato. La proposta del Pd, la boccia Matteo Renzi, ‘è un modo per far vincere le elezioni a Grillo e ai grillini’. ‘Se vuoi vincere le elezioni’ aggiunge il sindaco di Firenze alludendo ai tentativi della sinistra di sancire l’ineleggibilità per legge di Berlusconi, ‘non puoi squalificare gli altri. Altrimenti gli italiani ti beccano e ti puniscono’. L’errore tattico commesso con il disegno di legge è vistoso: tanto più perché si registra nelle stesse ore in cui il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha ricevuto Stefano Rodotà, giurista e candidato di Grillo per il Quirinale; per chiedergli di partecipare in qualche modo alle riforme istituzionali. La risposta di Rodotà è stata garbata ma negativa. Né poteva essere molto diversa, in una fase in cui Palazzo Chigi è costretto a rintuzzare gli attacchi virulenti di Grillo, che teorizza una competizione elettorale fra il proprio movimento e Silvio Berlusconi: come se la sinistra e il Pd, di cui Enrico Letta è stato vicesegretario, fossero destinati a scomparire. ‘C’è chi fa e chi parla’, replica il premier al leader del M5S, cercando di inchiodare Grillo alla realtà. Sa che per sgonfiare il sintomo più recente e sconcertante della protesta anti-sistema occorre governare e produrre risultati: l’unico modo per mostrare contraddizioni e inadeguatezza di un movimento da battere non con leggi che rischiano di suonare soprattutto strumentali, ma con la buona politica”.
di red – 21 maggio 2013 08:57 fonte ilVelino/AGV NEWS
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