Palermo, il Pd si fonde con Alfano: listone unico per sostenere Orlando. E il simbolo dei dem scompare dalle schede
29/03/2017 – Si chiama Democratici e Popolari ed è la lista civica presentata dai dem, dagli alfaniani e dagli ex Udc per appoggiare il sindaco del capoluogo siciliano alle prossime amministrative.
Erano tutti o quasi d’accordo: con Angelino non andremo mai più, dicevano. E invece non solo il Pd torna ad allearsi con Alfano, ma addirittura è costretto a occultare il suo simbolo per fondersi con Alternativa Popolare, il neonato partito del ministro degli Esteri.
Succede in Sicilia, infaticabile laboratorio politico nazionale, dove lunedì gli esponenti dem hanno presentato la loro lista in vista delle amministrative di Palermo. Dopo cinque anni all’opposizione del sindaco Leoluca Orlando, infatti, il partito del sottosegretario Davide Faraone – sconfitto alle primarie nel 2012 – ha ben pensato di riporre in archivio centinaia di dichiarazioni al vetriolo contro il primo cittadino palermitano per sostenerne la ricandidatura, in mancanza di concorrenti più credibili.
Solo che Orlando – eletto sindaco per la prima volta nell’ormai lontanissimo 1985 – non è certo l’ultimo arrivato. “Piero Fassino a Torino ha perso non perché ha amministrato male, ma perché è diventato simbolo dei partiti”, ha ripetuto fino allo sfinimento il professore ai suoi fedelissimi. Ed è proprio per evitare di fare la fine di Fassino – cioè essere battuto clamorosamente dal Movimento 5 Stelle – che Orlando ha dato il suo ultimatum al Pd: sì all’alleanza ma senza alcun simbolo di partito.
I dem – come ha raccontato ilfattoquotidiano.it – ci hanno riflettuto non poco: poteva il partito che governa a Roma con Paolo Gentiloni e in Sicilia con Rosario Crocetta rinunciare alla sua lista proprio nella principale città chiamata alle urne per le amministrative della prossima primavera? Poteva quella che è – o punta ad essere – la prima forza politica del Paese nascondere il proprio simbolo sotto il tappeto, manco si trattasse di un marchio di cui vergognarsi, a pochi mesi dalle elezioni politiche? In teoria no, non poteva. In pratica, però, Lorenzo Guerini, numero due del Nazareno, non ha potuto fare altro che piegarsi al diktat di Orlando, ordinando ai suoi di contenere ogni orgoglio di sorta. Per raccogliere qualche consigliere, e magari qualche assessore, a Palermo i dem saranno costretti a fare finta di non essere dem: negare se stessi in nome di qualche voto.
Ma non solo. Perché sulla rielezione del quattro volte sindaco di Palermo non punta le sue fiches solo il Pd. Al contrario anche le cosiddette forze moderate – e cioè gli alfaniani e quel che resta dell’Udc – sono ben consapevoli di non avere scelta: o con Orlando o fuori dal consiglio comunale del capoluogo siciliano. È per questo motivo che alla fine è nata Democratici e Popolari, la lista civica del Pd, degli alfaniani che hanno appena chiuso il Nuovo Centrodestra per convertirlo in Alternativa Popolare, e degli ex Udc che hanno seguito Giampiero D’Alia nella scissione a colpi di “cocainomani” e “mafiosi” dalla corrente di Lorenzo Cesa.
Un’occhiata al simbolo vale più di qualsiasi manuale di trasformismo politico: il Partito Democratico sacrifica la sua P, a beneficio di Alternativa Popolare che invece fa a meno della A. I colori, invece, ci sono tutti: il rosso e il verde dei dem, il blu degli alfaniani, persino quattro stelle pescate chissà dove, che però di questi tempi vanno tanto di moda. In pratica un simbolo marmellata che raffigura in maniera efficace la fusione tra il partito di Matteo Renzi e quello di Angelino Alfano. “Questa è un’alleanza alla pari ci saranno 20 candidati indicati dal Pd e 20 dall’area popolare”, rivendica il deputato Dore Misuraca, leader degli alfaniani che sostengono Orlando, mentre Francesco Cascio, ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, punta ad appoggiare l’altro candidato Fabrizio Ferrandelli. “Daremo un contributo decisivo alla vittoria del centro sinistra e di Leoluca Orlando alle prossime elezioni amministrative. Il simbolo che abbiamo presentato tiene dentro le istanze dei nostri alleati, del sindaco ma soprattutto dei tanti iscritti e militanti del Pd che ci hanno spronato a tenere insieme unità e identità”, annuncia anche Antonio Rubino, responsabile dell’organizzazione del Pd in Sicilia. FONTE
Assunzioni in cambio di voti. Impiegati al Cara di Mineo, solo se iscritti a NCD di Alfano
Lo scandalo del Cara di Mineo (Sicilia) e del business che ruota attorno all’accoglienza degli immigrati si colora di un nuovo particolare. Questa volta dall’inchiesta etnea (che di fatto è una costola di Mafia Capitale) emerge un “mercimonio delle assunzioni” che coinvolgerebbe Ncd, il partito di Angelino Alfano.
Secondo quanto riporta il quotidiano locale La Sicilia, dalle indagini della procura di Catania sul bando di gara per la gestione del Cara sarebbe emerso anche dell’altro. Nei documenti si parla di “una spregiudicata gestione dei posti di lavoro (circa 400) per l’illecita acquisizione di consenso elettorale”. In sostanza in cambio di un lavoro sarebbe stato chiesto ai dipendenti di iscriversi a Ncd, di votare i candidati locali e partecipare attivamente alle campagne elettorali del partitino di Alfano. A finire nell’occhio del ciclone sono tre persone: Paolo Ragusa, ex presidente della coop, Giuseppe Castiglione e Anna Aloisi. Il primo è sottosegretario, mentre la seconda è sindaco di Mineo. Le accuse di voto di scambio riguarderebbero le campagne elettorali del Pdl nel 2013 (Politiche), di Ncd nel 2014 (Europee) e della lista civica Uniti per Mineo nel 2013 (Amministrative).
Il sistema delle assunzioni “politiche” avrebbe coinvolto tutti i comuni del consorzio che gestisce il centro. I sindaci, secondo quanti emerso dalle testimonianze di Luca Odevaine, l’uomo di Mafia Capitale, ogni volta che c’era da assumere qualcuno si riunivano proprio con Paolo Ragusa allo scopo di “spartire il numero delle assunzioni da fare”. Gli inquirenti si sono basati sulle testimonianze degli stessi dipendenti della coop che gestiva il Cara di Mineo. Alcuni hanno ammesso di essere stati assunti “fino alla fine del periodo elettorale”, altri – scrive il Fatto Quotidiano – di essere stati licenziati perché non partecipavano alla campagna elettorale, altri ancora hanno detto che “nell’ufficio della Sol Calatino capitava di occuparsi anche delle procedure di apertura dei circoli di Ncd della zona del Calatino”. “Io stessa – ha detto una dipendente – mi sono occupata anche di queste incombenze unitamente a Ragusa. I soggetti che intendevano aprire un circolo dovevano versare 150 euro al partito che in alcuni casi raccoglievamo direttamente”. E quasi tutti i dipendenti si sono iscritti ai circoli locali di Ncd. Non era obbligatorio, dicono, ma forse per quieto vivere era norma farlo nel circolo “coordinato da Paolo Ragusa”.
L’inchiesta originaria da cui sono emerse tali testimonianze condotta dai pm Marco Bisogni e Raffaella Vinciguerra riguarda il bando di gara da 100milioni di euro per la gestione del Cara vinta dalla coop Sol Calatino. Un bando segnalato pure da Raffaele Cantone come anomalo. FONTE
Indovinate, nasce Alternativa Popolare: svolta dove nulla cambia, si vaneggia di primarie, e Formigoni ride
19/03/2017 – Più che una svolta politica, una mossa da “Gattopardo”. Il ministro degli Esteri Angelino Alfano chiude il Nuovo centrodestra per lanciare il nuovo soggetto, “Alternativa popolare“. Peccato che di nuovo ci sia bene poco, almeno per ora. Stessi parlamentari, stessi big del partito, quasi identico pure il simbolo rispetto a quello del gruppo “Area popolare”, già utilizzato in Parlamento e alle amministrative. E stessa ambiguità sulle alleanze, con gli alfaniani che guardano sia al Pd (se vincerà Renzi) che a Berlusconi (se non seguirà la Lega). Anche grazie al proporzionale: “Andiamo da soli.
Tanto saranno gli altri a cercarci”, incalza dal palco il leader. E poi invoca le primarie. Ma non si sa con chi andrebbero fatte. All’evento partecipa Giacomo Portas con i suoi “Moderati“, mentre tutti gli altri snobbano l’iniziativa. E Forza Italia? “Berlusconi non vuole le primarie? Noi non rincorriamo nessuno. C’à anche Parisi…”, replica a ilfattoquotidiano.it Maurizio Lupi. “Dov’è la novità? Noi lanciamo un nuovo polo, lontano sia dal Pd che da Salvini”, recita invece Roberto Formigoni. Proprio le stesse parole ripetute da Alfano già ai tempi di Ncd. Il ministro, invece, preferisce fuggire via dalle telecamere. Altra scena già vista. Almeno per ora, tutto cambia, perché nulla cambi. FONTE
I voli di Stato atterrano in Tribunale: il MoVimento ha denunciato Alfano
14/03/2017 – Il Movimento 5 Stelle passa dalle dichiarazioni alle denunce. Con il rischio di portare in Tribunale il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, che come anticipato da La Notizia è in testa alla classifica dei voli di Stato. I parlamentari pentastellati Carlo Sibilia, Michele Dell’Orco e Paolo Nicolò Romano sono andati alla sede della Polizia della Camera, in via in Lucina a Roma, per chiedere un chiarimento giudiziario.
“Angelino Alfano pare sia detentore di un record su cui c’è poco da vantarsi: è il ministro che fa un maggior uso dell’aereo blu di Stato”, accusano i 5 Stelle. I decolli a carico dei cittadini “costano in media 50 milioni di euro l’anno. Basta con gli aerotaxi di Stato a spese dei cittadini”, hanno concluso i parlamentari del M5S. Certo, è difficile che l’esposto possa provocare chissà quali effetti, anche perché il ministro degli Esteri ha regolarmente dichiarato l’uso dei voli di Stato. Ma l’azione getta di nuovo la luce sui soldi spesi per gli spostamenti dei membri del Governo. – fonte
Corruzione Roma, l’intercettazione: Il padre di Alfano mi ha mandato 80 curriculum per assunzioni alle Poste
Dopo il fratello, dalle carte dell’inchiesta “Labirinto” sulla corruzione spunta un altro congiunto del ministro dell’Interno. La segretaria di Raffaele Pizza, arrestato: “Mi ha detto buttali dentro, la situazione la gestiamo noi”. Lo sfogo: “Gli abbiamo sistemato la famiglia”
Il magnifico inglese di Angelino Alfano, il nostro nuovo ministro degli esteri
Dopo il fratello, nella carte dell’inchiesta Labirinto della Procura di Roma spunta anche il padre del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Il quale, a quanto si dice in un’intercettazione contenuta nella richiesta di arresto dei pm, avrebbe mandato ben 80 curriculum per assunzioni alle Poste. Parlando del ministro e leader Ncd, una delle indagate afferma: “La sera prima mi ha chiamato suo padre…
Alfano, prenda qualche lezione d’inglese! E Angelino reagisce stizzito…reagisce!
Mi ha mandato ottanta curriculum… ottanta…. dicendomi… non ti preoccupare…. tu buttali dentro… la situazione la gestiamo noi… e il fratello comunque è un funzionario di Poste…. anzi è un amministratore delegato di Poste…”. Ecco il testo dell’intercettazione del 17 maggio 2015, diffuso dall’Ansa. A colloquio sono Marzia Capaccio, indagata, segretaria di Raffaele Pizza, arrestato dalla Guardia di Finanza, e un’altra persona, Elisabetta C.
CAPACCIO: “Io ti ho spiegato cosa ci ha fatto a noi Angelino…”
ELISABETTA: “e… lo so… lo so… lo so…”.
CAPACCIO: “cioè noi gli abbiamo sistemato la famiglia… questo doveva fare una cosa…. la sera prima… mi ha chiamato suo padre…mi ha mandato ottanta curriculum… ottanta….”.
ELISABETTA: “aiuto… aiuto…”.
CAPACCIO: “ottanta… e dicendomi… non ti preoccupare…. tu buttali dentro… la situazione la gestiamo noi… e il fratello comunque è un funzionario di Poste… anzi è un amministratore delegato di Poste…”.
ELISABETTA: “si… si… lo so… lo so…”.
CAPACCIO: “e questo è un danno che ha fatto il mio capo (ndr. Pizza)… io lo sputerei in faccia solo per questo…”.
ELISABETTA: “vabbè… tanto ce ne sono tanti Marzia… è inutile dirsi… questo è il sistema purtroppo…”.
Al comizio di Alfano a loro insaputa. Ci hanno preso dal centro anziani, noi Votiamo NO
CAPACCIO: “sì ma io l’avevo già capito che questo guardava solo ai cazzi suoi… glielo avevo già detto… io a differenza tua non mi faccio coinvolgere più di tanto, perché cerco di razionalizzare un attimo di più e di valutare le persone che ho davanti… cosa che il mio capo… purtroppo in alcune circostanze nonostante la sua esperienza non è in grado di fare”. – FONTE
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Gentiloni-Alfano, voli per 70mila euro per andare a Bruxelles. Ecco il nuovo che avanza.
17/12/2016 – Aeroporto Ciampino di Roma, giovedì 15 dicembre, ore 7.30: a pochi minuti distanza decollano due aerei blu, destinazione Bruxelles. Due diversi voli di Stato per portare il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro degli Esteri Angelino Alfano nello stesso luogo alla stessa ora. È la denuncia di Mario Giordano sulle pagine del quotidiano La Verità, che parla di uno spreco costato “70mila euro in un giorno”. “A qualcuno forse viene il sospetto – scrive il direttore del Tg4 – ma non potevano mettersi d’accordo e, per lo meno, andare insieme?”
Gentiloni. I leader europei mi hanno chiesto di Renzi e di salutarlo
Gentiloni e Alfano erano entrambi diretti nella capitale belga per prendere parte al Consiglio europeo, il primo per il nuovo capo del governo, ma anche l’esordio del leader di Ncd come ministro degli Esteri. Da Roma a Bruxelles esistono già molti voli di linea, che i due avrebbero potuto utilizzare, ma hanno preferito l’aereo di Stato. Inoltre risulta che l’Airbus 319 utilizzato da Gentiloni abbia all’incirca 40 posti, come si legge su La Verità, mentre Alfano ha preferito usare un “Falcon 50 da 9 posti“.
Bruxelles, capitale europea degli sprechi
Secondo i calcoli riportati da Giordano, il primo volo è costato 50mila euro, il secondo altri 20mila. In tutto quindi fanno 70mila euro in un giorno. Tutto questo, ricorda Giordano nel suo articolo, mentre l’A340 voluto da Matteo Renzi rimane inutilizzato e costa 40 mila euro al giorno. Forse è stato l’orario di rientro diverso a giustificare l’impiego di due aerei: il premier è atterrato a Roma intorno a mezzanotte, mentre Alfano è tornato nella capitale molto prima, verso le 15.30. – fonte
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Dopo referendum, Alfano suddito di Renzi: Angelino abbandonato, lo scarica pure l’UDC
06/12/2016 – A comunicarlo una nota del segretario nazionale Lorenzo Cesa, storico braccio destro di Pierferdinando Casini, che invece ha lasciato il suo partito a giugno di quest’anno proprio in dissenso in merito al referendum.
Al comizio di Alfano a loro insaputa. Ci hanno preso dal centro anziani, noi Votiamo NO
“Il risultato del referendum non è ascrivibile a categorie politiche precise. Nessuno può attribuirsi un risultato: nè i vincitori, nè gli sconfitti- si può leggere nel comunicato del segretario dell’Udc – L’esito del 4 dicembre è la reazione di una società stanca, smarrita e priva di riferimenti certi.
Per questo l’idea di far precipitare il Paese verso il voto appare più il segno di una reazione emotiva alla sconfitta che un disegno politico utile all’Italia. Su questo punto si segna l’ultima differenza nei confronti di Alfano che, da tempo, ha trasformato in sudditanza nei confronti di Renzi quella che per noi è stata ed è un’alleanza leale con il Pd.” – FONTE
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Mattarella tuona. NO ad elezioni anticipate, governo Tecnico con Alfano e Prodi
06/12/2016 – L’annuncio choc di Mattarella. Il governo, si ragiona, è pur tuttavia un’altra cosa. La prima intenzione del presidente Sergio Mattarella sarebbe quindi quella di formare un nuovo governo tecnico, rinunciando ad elezioni anticipate come chiesto da diverse fazioni politiche e schieramenti. Il presidente della Repubblica ha tuonato così: “Non andremo a elezioni anticipate, le uniche elezioni si terranno nel 2018 e fino ad allora sarà compito di Alfano e Romano Prodi guidare il Paese”.
Dichiarazione choc di Mattarella, al min 0,45 vi si gelerà il sangue nelle vene
L’Italia si sveglia con un governo che si prepara alle dimissioni e con il presidente del Consiglio Matteo Renzi che si prepara a rimettere il proprio mandato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un’ampia maggioranza degli italiani ha bocciato la riforma costituzionale che il segretario del Pd si è messo sulle spalle e alla quale ha affidato la propria faccia. Il dato definitivo dice che al No è andato oltre il 59 per cento dei voti, mentre al Sì il 40,4.
Il Quirinale cerca di frenare sul nascere l’ira funesta del premier Matteo Renzi, la sua sete di rifarsi sul tavolo verde della scommessa perduta con gli italiani. La possibilità che voglia imprimere un’accelerazione alla fine della legislatura, così da poter capitalizzare quel 40 per cento che sembra preludere a un partito totalmente «suo», e di maggioranza relativa di fronte ai grillini e a un centrodestra diviso tra le leadership di Berlusconi e Salvini.
Le dimissioni annunciate da Renzi, atteso sul Colle in mattinata dopo i risultati ufficiali, secondo lo staff presidenziale dovrebbero essere ricondotte, smaltite le scorie della delusione, a mero «atto formale» senza alcuna ulteriore «drammatizzazione» verso crisi al buio. Invano era stato raccomandato al leader pidino di non farne una questione personale, un plebiscito su se stesso. Ma il governo, si ragiona, è pur tuttavia un’altra cosa. E intenzione del presidente Sergio Mattarella sarebbe (almeno) quella di «congelare» la situazione. Anzitutto per non dare segnali negativi ai mercati e all’Europa, in secondo luogo per cominciare a «stemperare gli animi» dopo una delle campagne elettorali più aspre della storia.
Rinviare il governo Renzi alle Camere, magari provvedendo a dotarlo di due-tre scopi precisi: condurre in porto la legge di Stabilità, ora approdata in Senato; giocare la partita delle ricapitalizzazioni bancarie (circa 18 miliardi di euro in ballo); la nuova legge elettorale. In alternativa, se Renzi fosse irremovibile nelle sue determinazioni, Mattarella sarebbe costretto ad aprire ufficialmente le consultazioni per giungere al più presto a un’indicazione sul possibile successore. Ma sarà lo stesso Renzi, in qualità di capo del Pd a indicare un nome? Meglio sarebbe, considerata la crisi che si apre al Nazareno, affidare al presidente del Senato, Pietro Grasso, il compito di un governo di «responsabilità» che conduca verso elezioni anticipate appena pronte le modifiche alla legge elettorale (dunque maggio o autunno, se la situazione in Parlamento si complicasse).
Marco Travaglio sputtana giornali e giornalisti che si sono battuti per il SI
È stato tra i primi contatti telefonici di Renzi, quando il risultato si è andato configurando nelle proporzioni finali, quello con il capo dello Stato. Mattarella stava seguendo lo spoglio elettorale nel suo studio privato al Quirinale dopo il rientro da Palermo, dove in mattinata aveva votato all’istituto Giovanni XIII. Per il capo dello Stato il primo punto dell’agenda resta la «riconciliazione nazionale» ottenuta attraverso una lenta ma costante tessitura, persino con i fili più sfibrati (e sfibranti) come Beppe Grillo e il leader leghista Matteo Salvini, che ora vedono concretamente la possibilità di diventare aghi della bilancia puntando dritto verso le elezioni. Mattarella invece resta assai cauto: prima di procedere con lo scioglimento delle Camere vuol essere certo che non vi sia alcun altra maggioranza capace di gestire la transizione dal biennio renziano, veloce e inconcludente come il suo protagonista. – FONTE
Al comizio di Alfano a loro insaputa: “Ci hanno preso dal centro anziani”
19/11/2016 – Al comizio di Alfano senza saperlo. Quando due giorni fa, il 15 novembre, i vertici di Ncd si sono trovati al Teatro Marconi di Roma per parlare del Sì al referendum, tra il pubblico – non proprio folto – c’erano numerosi anziani che non avevano la minima idea di chi avrebbe parlato.
C’era chi si è presentato “perché era stato invitato”. Chi ha accompagnato un amico, o chi non sapeva nemmeno che tra gli “ospiti” ci sarebbe stato il ministro Angelino Alfano: “Se lo avessi saputo non sarei venuto….”. Roma, Teatro Marconi, 15 novembre.
GUARDA IL VIDEO: Anziani portati al comizio di Alfano a loro insaputa. “Ci hanno portato qui…Referendum? Votiamo No”
All’iniziativa su referendum e sanità organizzata da “Insieme Si Cambia” (comitato del “Sì” vicino ad Area Popolare) con il leader di Ncd, il capogruppo alla Camera Maurizio Lupi e il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin, la platea è composta quasi esclusivamente da ospiti provenienti da associazioni e centri anziani. Con il “Sì” indietro nei sondaggi, avranno forse pensato dentro Ncd, meglio cercare di recuperare consensi. Ed evitare che l’iniziativa si rivelasse un flop. Peccato che, ai microfoni del fattoquotidiano.it, non pochi abbiano rivelato di aver già deciso cosa votare il 4 dicembre. E di voler esprimersi per il “No”, al contrario di quanto faranno Alfano e Lorenzin. Altri sono indecisi: “Tanto non cambia nulla”, c’è chi spiega sconsolato. In pochi sono a favore della riforma. E un’altra signora ammette: “Io sono di sinistra, altro che alfaniana. Sono venuta perché faccio parte di un centro anziani, ci hanno portato con i bus” – FONTE
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