Angelino Alfano e il ritorno con Silvio Berlusconi, qualcosa c’è
21/07/2017 – Angelino Alfano, ministro degli Esteri, ha brigato con successo per bloccare lo ius soli, la legge che precede di conferire la cittadinanza italiana a chiunque nasca nel nostro Paese. Ha compiuto quindi un’opera buona, meritevole di applausi. E noi gli battiamo le mani. Non perché in linea di principio siamo ostili alla norma in questione, figuriamoci. Ma non è questo il momento di concedere la patente tricolore a tutti coloro che ci invadono. Meglio soprassedere. Rinviare a tempi migliori, cioè a quando i neri avranno cessato di invaderci al ritmo di 3.000 individui al giorno. Per cui consideriamo il responsabile della Farnesina un eroe da issare su un piedistallo. Il suo gesto ostativo è stato apprezzato anche da Berlusconi e probabilmente anche da Salvini che pure detestava Angelino per ovvi motivi ideologici.
Insomma Alfano col suo gesto contrario allo ius soli ha guadagnato punti agli occhi della gente di centrodestra, e non è escluso che il Cavaliere abbia intenzione di riportarlo nella casa ospitale di Forza Italia, da cui il ministro fuggì alcuni anni fa per dare una mano prima a Letta, poi a Renzi. Scelte queste che lo hanno reso antipatico ai berluscones fedeli al capo, ma non definitivamente. Infatti Libero ieri ha pubblicato un articolo titolato così: «Alfano ritrova il quid e torna da Berlusconi».
La notizia ovviamente è stata smentita da Arcore per motivi di opportunità, ma siamo certi che essa sia fondata. Nel senso che Silvio sta davvero pensando di riprendersi il figliol prodigo, anche se non lo confessa apertamente per non irritare la truppa ansiosa di essere ricandidata per la prossima legislatura. L’indennità parlamentare infatti sta a cuore a una massa di azzurri, tutti timorosi che la concorrenza di Angelino possa danneggiarli. Più chiari di così non potremmo essere. Forza Italia respinge colui che ritiene un fedifrago perché difende i posti disponibili in Senato e alla Camera. Non per altro. Ma il giovin politico siciliano non è affatto sgradito all’ex premier che lo elesse a proprio delfino e lo promosse a segretario del partito.
Il rientro alla casa madre del fuggitivo non è pertanto una ipotesi stravagante. Si realizzerà? Secondo noi sì, anche perché possediamo informazioni di prima mano. Poi chi vivrà vedrà. A suffragio della nostra previsione, aggiungiamo che ieri Enrico Costa, ministro alfaniano, si è dimesso dal governo perché ne ha piena l’anima di stare con Gentiloni. Che significa? Anche Costa, ex azzurro, smania dal desiderio di fare marcia indietro per accucciarsi ai piedi del dottore presidente. Queste sono le notizie. Le interpretazioni delle quali spettano al lettore. Noi una idea in merito l’abbiamo ed è quella descritta. di Vittorio Feltri
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Sondaggio, Berlusconi scavalcato dalla popolarità di Di Maio e Di Battista
09/07/2017 – La decisione di Silvio Berlusconi di puntare su Sergio Marchionne come candidato premier non va archiviata nel già nutrito fascicolo di personaggi lanciati, e presto scaricati, dal Cav per la corsa a palazzo Chigi. La convinzione si sarebbe concretizzata quando sulla sua scrivania è arrivato il risultato di un sondaggio “segreto”, come riporta il Tempo, di soli pochi giorni fa.
Berlusconi sarebbe letteralmente saltato sulla sedia davanti alla durissima sentenza di quelle cifre.
Il sondaggio ha rilevato che il politico preferito dagli italiani in questo momento è Luigi Di Maio, candidato premier di fatto del Movimento cinque stelle. Dopo di lui, altra mazzata per il Cav: Alessandro Di Battista, altro parlamentare grillino. Nella classifica ci sarebbe anche il segretario del Pd Matteo Renzi, ma solo in quinta posizione. FONTE
Marchionne invece, boccia l’idea di Berlusconi: “Candidarmi? Ha spiazzato tutti, ma non ci penso nemmeno di notte”. Non c’è stato neanche il tempo di contestualizzare la frase di Silvio Berlusconi che il diretto interessato ha declinato l’offerta. Sergio Marchionne ringrazia e si smarca: a fare il candidato premier del centrodestra non ci pensa “nemmeno di notte”. Il manager lo ha detto in Austria, all’arrivo sul circuito Red Bull per il Gran Premio di Formula Uno: “Berlusconi è un grande, nella sua uscita – ha spiegato il numero uno di Fca – ha spiazzato tutti quanti, chapeau per lui”.
Marchionne, il cui contratto con Fca scade nel 2019, ha in ogni caso sotterrato l’idea, mentre – secondo La Verità – anche Berlusconi, in realtà, non ci avrebbe mai pensato. Il quotidiano di Maurizio Belpietro scrive che la vera arma del fondatore di Forza Italia sarebbe un’altra. Assai più suggestiva e molto più vicina. Vista l’impossibilità di candidarsi in prima persona, Berlusconi avrebbe già individuato la primogenita Marina come capolista.
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Labriola: «Io, dai Cinque Stelle a Forza Italia? Berlusconi è amato dal popolo. E gentilissimo»
18/06/2017 – All’ epoca la bollarono come «schifosa traditrice» e di peggio. Vincenza Labriola fu una delle prime a lasciare il M5S. E dopo quattro anni nel Misto, eccola ricevuta in pompa magna da Silvio Berlusconi.
Labriola, un salto spericolato.
«Non è stato un colpo di fulmine. Mi sono guardata intorno per capire chi era coerente e chi no. Poi ho scelto. E ho consegnato un dossier con il lavoro fatto a Taranto a Renato Brunetta. Che mi ha portato da Berlusconi».
Il male assoluto per i 5 Stelle.
«Ha governato tanti anni, è amato e stimato dal popolo: qualcosa di buono deve averlo fatto. Comunque io lo avevo già votato prima di entrare nei 5 Stelle. Del resto Di Battista ha confessato di aver votato Pd, no?».
Si disse che uscì da M5S per soldi.
«Uscii perché non c’ era chiarezza nei meet up di Taranto. Telefonammo a Grillo. E invece di fermarci, ci disse: aspettate a dare comunicazione dopo il ballottaggio di Gela».
Ora diranno che cerca una poltrona con Forza Italia alla prossima legislatura.
«Non ho chiesto niente. Poi si vedrà».
Non si sente scorretta?
«Perché? M5S raccatta voti a destra e manca. È un voto volatile».
Anche lei è parecchio volatile. È stata con i socialisti di Gennaro Migliore in Led, componente del Misto.
«Me lo chiesero. Ma non sono una voltagabbana: non li seguii nel Pd».
Com’ era palazzo Grazioli? E Berlusconi?
«Il Presidente è stato gentilissimo. Sono entusiasti di avermi tra i loro. Forza Italia è un bel partito: è liberale e non espelle nessuno. Il palazzo non mi interessa: non mi faccio abbindolare da oro e parquet». Tratto da Corriere.it
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Ultima ora, esclusivo: Berlusconi all’attacco: “Voglio governare con la Lega, i grillini pensano solo al vitalizio”
12/06/2017 – Presidente, alla luce delle ultime evoluzioni in Parlamento, con quale legge andremo a votare e quando?
«Le rispondo volentieri, ma solo se mi fa una promessa. Che dopo, nel resto dell’intervista, parliamo di contenuti, di programmi e di problemi reali. La legge elettorale è importante, ma gli italiani non vivono di legge elettorale».
Promesso. Ma intanto mi dica come voteremo.
«Sono preoccupato. Quello che è successo nei giorni scorsi in Parlamento non è accettabile. Spettacoli come questi non fanno altro che aumentare la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni. Nella vita normale, fra le persone normali, non rispettare i patti, anzi tradirli di nascosto, è considerato un comportamento riprovevole. Non vedo perché la stessa cosa dovrebbe diventare un atto di libertà quando accade in politica, quando a tradire sono i rappresentanti del popolo, che avrebbero il dovere di essere trasparenti nei loro atti e di risponderne agli elettori. Questa legislatura è vissuta di tradimenti, di accordi non rispettati, di parlamentari che hanno abbandonato lo schieramento che li ha eletti. Temo si stia concludendo nello stesso modo, che è il peggiore, anche perché quelli che ci rimettono sono ancora una volta gli italiani, i quali dovrebbero avere il diritto di andare a votare al più presto con una buona legge elettorale. A questo punto non ci sono certezze, se non quella che in queste condizioni la data del voto potrebbe allontanarsi molto».
Come si spiega la retromarcia dei Cinque Stelle?
«È stata una retromarcia che ha preso come pretesto un tema marginale della legge elettorale, il sistema di voto in Alto Adige per assicurare la rappresentanza in Parlamento della componente tedesca. È quindi sospetto il mettere in crisi un accordo così faticosamente raggiunto per una questione così di dettaglio. Le ragioni del voto dei Cinque Stelle sono altre rispetto al tema oggetto dell’emendamento. L’opinione corrente è che i deputati grillini abbiano approfittato dell’occasione per rinviare la data delle elezioni al fine di garantirsi l’indennità parlamentare per altri sette mesi sino alla fine della legislatura e al fine di consolidare e aumentare il diritto ai vitalizi che scatterà, dicono, solo se la legislatura si concluderà dopo il mese di settembre. Quanto è accaduto in Parlamento è quindi riprovevole, ma la rissa che ne è derivata fra Pd e M5S è certamente sproporzionata rispetto al merito effettivo della questione. Ci vorrebbe più senso di responsabilità, per consentire agli italiani di andare al voto con una legge elettorale condivisa. Sarebbe davvero urgente, dopo quattro governi consecutivi non scelti dagli italiani».
Come si spiega l’insistenza di Renzi ad andare al voto comunque in autunno?
«Deve chiederlo a Renzi. Io immagino che preferisca evitare prima delle elezioni una manovra economica che sarà inevitabilmente dura, visti gli sprechi e le mance elettorali distribuite dai suoi governi negli ultimi anni. Però una cosa dev’essere chiara: il voto non è una patologia, è anzi il sistema fisiologico di una vera democrazia. La Germania voterà in settembre e nessuno avanza preoccupazioni».
L’intesa con Renzi sulla legge elettorale è naufragata: tenterete un altro accordo?
«Se questa legge è davvero naufragata sarà molto difficile scriverne un’altra che abbia un consenso diffuso. Per questo aspetterei a definirla naufragata. In commissione le quattro maggiori forze politiche l’hanno votata. Ripartiamo da lì».
Quale legge elettorale auspica ora e quando vorrebbe andare a votare?
«Noi siamo sempre stati chiarissimi: una legge elettorale che riproduca in Parlamento il voto degli italiani nel modo più fedele possibile. Se un partito ha il 20% dei voti, deve avere il 20% dei seggi. Il rapporto fra elettore ed eletto dev’essere assicurato con strumenti efficaci e trasparenti, evitando lo scandaloso e pericoloso sistema delle preferenze. La data del voto la deciderà il capo dello Stato, che è garante di questo complicato passaggio e ha chiesto più volte una nuova legge condivisa».
Lo sbarramento al 5% rendeva difficile la rielezione in Parlamento di Alfano e dei centristi e di tutto il variegato schieramento a sinistra del Pd: lavorerete per reintrodurre uno sbarramento così alto?
«La frammentazione non fa bene alla democrazia e rende difficile governare per chi vince le elezioni. Per questo sono stato e rimango favorevole a soglie alte anche perché favoriscono le aggregazioni. Comunque lo sbarramento al 5% era una specifica richiesta del Pd e di M5S».
Cosa risponde a chi sostiene che l’intesa elettorale era propedeutica a un’intesa di governo?
«Qualcuno pensa davvero che sia possibile un’intesa di governo fra Lega, Forza Italia, Pd e M5S? Sono questi i partiti che avevano raggiunto un’intesa sulla legge elettorale. Pensare che vogliano governare tutti insieme è ovviamente fantapolitica. Le regole invece sono un tema sul quale occorre il massimo accordo possibile».
Come programmi, su temi caldi come Europa, euro e immigrazione Forza Italia è più vicina al Pd di Renzi o alla Lega?
«Mi pare ovvio: il Pd su queste materie si è limitato alle parole alle quali non sono mai seguiti i fatti. Con la Lega abbiamo governato insieme, ottenendo grandi risultati, e vogliamo continuare a farlo. Il contrasto all’immigrazione clandestina, che era stata praticamente azzerata, è stata uno dei grandi risultati ottenuti dal nostro governo. Sull’Europa abbiamo idee simili, solo che la Lega preferisce farsi interprete di paure diffuse, noi preferiamo cercare risposte praticabili. Siamo europeisti con convinzione, ma proprio per questo consapevoli della necessità che l’Europa cambi profondamente».
Cosa pensa di un tecnico europeista come prossimo premier in caso d’ingovernabilità per tranquillizzare i mercati e l’Europa?
«Non ci sarà ingovernabilità perché noi vinceremo le elezioni. È quindi un problema che, semplicemente, non si pone».
Libero ha titolato «Silvio è risorto» e ha scritto che il segreto della sua resilienza è che ha sempre tenuto duro: negli ultimi difficili anni c’è stato un momento in cui stava per mollare davvero la politica?
«Non ho mai lasciato a metà una cosa che avevo cominciato, non ho mai pensato di farlo per l’impresa che considero la più importante e la più nobile di tutte: quella di battermi per garantire la libertà e la prosperità al Paese che amo».
Nell’intervento sul Corriere ha sostanzialmente affermato che l’intesa sul proporzionale aveva lo scopo di scongiurare un governo Cinquestelle: perché ha cambiato idea dopo aver sostenuto per anni che è giusto che chi ha più voti governi?
«Mi scusi, forse non ha letto con attenzione il mio intervento. Ho scritto al Corriere, e ribadisco volentieri a Libero, che non si fanno le leggi elettorali contro qualcuno, e che se il Movimento Cinque Stelle avesse i voti della metà più uno degli italiani avrebbe pieno diritto di governare. Solo in quel caso, però, solo con quel livello di consenso effettivo, senza numeri parlamentari drogati da un premio di maggioranza».
Non pensa che l’indicazione di Draghi possa essere sfruttata sia dalla destra sovranista che dai Cinquestelle contro di lei, accusandola di essere diventato macronista e di accettare i diktat dell’europa filo-Merkel?
«Draghi è un valente economista che fu proprio il presidente del Consiglio Berlusconi a collocare alla guida della Bce, superando il contrasto della Germania e della Francia, pochi mesi prima di essere abbattuto da un vero e proprio colpo di stato, uno dei cinque che hanno alterato la democrazia italiana dal 1994 ad oggi. Draghi è riuscito a cambiare la politica della Banca Centrale, convincendo anche la cancelliera Merkel ad accettare l’idea di introdurre liquidità nell’economia dei Paesi in difficoltà, attraverso lo strumento del quantitative easing. Peraltro quello che ho detto rispondendo ad una precisa domanda è che Draghi sarebbe un ottimo premier, non che sia il nostro candidato premier».
Come risponde a chi (Meloni e Salvini) la accusa di non volere l’unità del centrodestra perché non vuole trattare alla pari?
«Non rispondo nulla, perché è una critica che non ha senso. Io tratto tutti con grande rispetto, sempre. E con Salvini e Meloni ho anche condiviso il 95% di un programma elettorale indispensabile per rispondere ai grandi problemi del Paese: lo sviluppo dell’economia per creare nuovi posti di lavoro, il controllo dell’immigrazione per restituire la sicurezza ai cittadini, la riforma della giustizia per garantirli e difenderli dall’oppressione giudiziaria. Vogliamo parlarne?».
Nei sondaggi il centrodestra unito è primo. Gli elettori vi vogliono uniti: non teme di averli delusi?
«Sono d’accordo con gli elettori e lo affermo in ogni occasione: il centrodestra deve essere unito».
Lo sbarramento al 5% mette in difficoltà Fdi: si può insinuare che, dalla creazione del Pdl all’opposizione alla candidatura della Meloni a Roma, alle scelte nelle ultime due Regionali pugliesi, lei di fatto non voglia una forza alla destra di Forza Italia?
«Forza Italia non è “la destra”, è un partito di centro, che fa parte della grande famiglia della democrazia e della libertà che è il Partito Popolare Europeo. È ovvio che vi siano partiti alla nostra destra, con piena dignità».
Che effetto le farebbe vedere Parisi, il candidato sindaco che si è inventato lei, alla guida di un movimento centrista con Alfano?
«Sarebbe una modesta conclusione di un percorso politico cominciato sotto ben altri auspici. A Parisi avevo proposto di darmi una mano in Forza Italia, ma lui si dichiarò non interessato. Ha preferito costruire un piccolo partito di cui mi sfugge la funzione. Peccato, perché ho stima delle sue qualità intellettuali e politiche».
Come voterà al referendum per l’autonomia della Lombardia?
«Voterò certamente “Sì” al referendum sulla Lombardia».
Perché con Salvini non è mai scattato non dico l’amore ma almeno l’intesa: questione generazionale, temperamentale o di visione?
«Mi permetto di dire che l’amore è un sentimento troppo nobile per mischiarlo alla cose della politica. Stimo Salvini come leader che ha fatto ottenere alla Lega buoni risultati. Non sempre ne condivido i toni e il linguaggio, ma siamo alleati non siamo fidanzati».
Resta convinto che sia percorribile la strada della doppia moneta euro-lira, che di fatto non è stata accolta favorevolmente da economisti e altre forze politiche?
«Non solo percorribile, ma necessaria. L’euro è una moneta nata malissimo, con un cambio lira-euro che ha dimezzato il valore dei nostri patrimoni in lire, ma uscirne comporterebbe un prezzo troppo alto. Isolerebbe l’Italia, farebbe schizzare in su i tassi di interesse, genererebbe inflazione, favorirebbe manovre speculative alle quali siamo troppo deboli per resistere. L’Italia non è il Regno Unito. Però riacquisire una parziale sovranità monetaria è fondamentale. A questo fine la doppia moneta è l’unica strada praticabile. Ci sono importanti economisti che stanno lavorando per definire i dettagli del progetto».
Come reimposterà il rapporto con l’Europa dopo le elezioni?
«Non si tratta solo del nostro rapporto con la Ue, quella da ripensare è l’idea stessa di Europa, se vogliamo salvare questo grande sogno. L’Europa ha garantito 50 anni di pace. Le frontiere sulle quali milioni di giovani vite si sono immolate in guerre sanguinose ora sono aperte, le persone, i capitali, le merci le attraversano senza neppure la necessità di un documento, e questi – per la mia generazione che ha visto l’orrore della guerra – sono dei risultati straordinari. Ma l’Europa che avrebbero voluto i padri fondatori era un grande spazio di libertà, non una gabbia burocratica. Si sarebbe dovuta basare su valori condivisi, sulle comuni radici giudaico-cristiane e greco-romane, e quindi avere assolutamente una politica estera e una politica di difesa comuni che la imponessero come potenza mondiale alla pari di Stati Uniti, Federazione Russa e Cina. Non abbiamo fatto nulla di tutto questo, e in compenso ci siamo dati regole ottuse che danneggiano le nostre economie. Dobbiamo rifondare l’Europa che deve diventare l’Europa dei popoli, non l’Europa dei burocrati contro i popoli».
Nel resto d’Europa la crisi è finita, noi ancora arranchiamo: da grande politico e imprenditore unico, sa spiegarmi il motivo?
«Le rispondo prima di tutto da imprenditore: fare l’imprenditore in Italia oggi è un’impresa quasi eroica. Tasse altissime, una burocrazia soffocante, una giustizia ostile, infrastrutture carenti: sono tutte cose che scoraggiano gli investimenti. Ma senza investimenti non vi è crescita, e senza crescita non si risolve nessuno dei drammatici problemi che l’Italia sta vivendo, a partire dalla disoccupazione, soprattutto giovanile ma anche dei “giovani anziani”, i 50enni espulsi dal mercato del lavoro, che oggi non hanno praticamente nessuna possibilità di ritrovare un’occupazione. L’Italia vive una condizione davvero grave, il nostro tasso di crescita è meno della metà di quello europeo. La povertà – è drammatico dirlo – dilaga: abbiamo 15 milioni di poveri, e fra loro 4,6 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta. Oltre un milione in più da quando abbiamo lasciato il governo. Occorre trovare delle soluzioni immediate e radicali».
Lei è sulla scena politica da quasi 25 anni: ha qualcosa di cui rammaricarsi o da rimproverarsi?
«Dico spesso, scherzando ma non troppo, che l’unica colpa che mi riconosco è quella di non aver saputo convincere il 51% degli italiani a darmi fiducia con il loro voto. In effetti la necessità di costruire coalizioni con alleati riottosi o concentrati su piccoli interessi di bottega non ci ha consentito di realizzare tutti gli obbiettivi che ci eravamo proposti. Nonostante queste difficoltà, però, sono orgoglioso dei risultati ottenuti dai nostri governi. Al di là dei grandi risultati nella politica internazionale, se oggi si va da Milano a Roma in meno di 3 ore e da Napoli a Milano in poco più di 4, senza bisogno dell’aereo, è perché abbiamo realizzato l’alta velocità ferroviaria. Se il numero di morti sulle strade è dimezzato, è perché abbiamo introdotto la patente a punti. Se il numero dei malati di tumore è calato è perché abbiamo varato severe norme antifumo. Se i ragazzi italiani si sono visti restituire un anno di vita, è perché abbiamo abolito il servizio di leva obbligatorio. Potrei continuare a lungo, parlando dell’emergenza rifiuti a Napoli che abbiamo risolto in poche settimane, mentre oggi un’emergenza analoga rischia di mettere in ginocchio la città di Roma senza che nessuno abbia la necessaria risolutezza per intervenite. Potrei ricordare che di fronte alla tragedia dell’Aquila nel 2008 abbiamo in un tempo record dato un tetto sicuro e confortevole a migliaia di persone che avevano perso la casa, mentre oggi le popolazioni dell’Italia centrale colpite del sisma nei mesi scorsi sono ancora abbandonate a sé stesse e hanno trascorso l’inverno in condizioni di fortuna. Potrei ricordare infine le 36 grandi riforme di sistema che abbiamo realizzato senza mettere mai le mani nelle tasche degli italiani. Mi limiterò a due dati, che considero i più eloquenti. Noi avevamo mantenuto anche nella fase peggiore della crisi il tasso di disoccupazione due punti sotto la media europea. Da quando governa la sinistra il tasso di disoccupazione è due punti sopra la media di eurozona. Noi avevamo ridotto la pressione fiscale al 39%, oggi supera il 43%».
Quali saranno le battaglie forziste della prossima legislatura?
«Abbiamo un programma estremamente concreto, che abbiamo riassunto simbolicamente nell’Albero della Libertà. Un grande albero che fonda le radici nei nostri valori e che porta su ogni ramo i frutti di tre soluzioni concrete. Voglio citare solo due esempi, che considero forse i più importanti. Il primo è una radicale riforma del fisco, con l’introduzione della flat-tax, l’imposta “piatta” uguale per tutti, famiglie e imprese, con esenzione totale per i primi 12mila euro di reddito. Un’imposta semplice, a prova di evasione ed elusione, che riduce in modo significativo la pressione fiscale complessiva e cancella l’eccesso di progressività che scoraggia la crescita. È un sistema che sta dando ottimi frutti, favorendo la crescita nei numerosi Paesi che l’hanno applicato. Il secondo esempio è quello che abbiamo chiamato “reddito di dignità”, come risposta concreta e immediata per chi è costretto a vivere in condizioni particolarmente difficili, con un reddito inferiore a 1.000 euro mensili. Ci siamo ispirati agli studi del grande economista liberista della Scuola di Chicago, Milton Friedman, sull’imposta negativa sul reddito. Per la stessa ragione le pensioni minime devono essere portate a 1.000 euro per tutti, e prima di tutti per una categoria di anziani spesso priva di protezione e che ha svolto nella vita una funzione fondamentale: mi riferisco alle nostre mamme, che come casalinghe spesso sono prive di una pensione adeguata alla fine di una vita di sacrifici e devono avere invece diritto ad una vecchiaia serena e dignitosa».
Sembra avere un successo notevole il Partito degli Animali: ma si presenterà autonomamente o nell’alveo di Forza Italia?
«Dipenderà dalla legge elettorale e dalla data delle elezioni. Io spero che si possa presentare autonomamente ma quel che è certo è che considero l’impegno per i diritti degli animali un dovere di civiltà. Lo dico da cristiano, da persona civile».
Lei e Renzi avete in comune un rapporto difficile con la magistratura: la giustizia sarà riformata, in caso di grande coalizione?
«La giustizia italiana ha un drammatico bisogno di riforme, nell’interesse dei milioni di cittadini vittime di procedimenti penali che durano anni e che spesso si concludono in assoluzioni dopo aver rovinato la vita di tante persone. Assoluzioni contro cui non deve essere possibile alcun ricorso in appello o in cassazione da parte dei pm che nel nostro programma chiamiamo “avvocati dell’accusa” con parità di diritti rispetto agli avvocati della difesa. C’è bisogno di una diversa tutela della privacy di ognuno di noi, contro il fatto che la vita privata delle persone – anche di quelle non accusate di nulla – sia sbattuta sui giornali con la complicità di qualche procura. Ci sono da modificare le norme sulla custodia cautelare, introducendo anche l’istituto della cauzione. Occorre mettere fine ai processi infiniti e rafforzare il diritto alla difesa rendendolo effettivo per ogni cittadino. C’è bisogno di far funzionare la giustizia civile, visto che oggi spesso si rinuncia a tutelare i propri interessi per via giudiziaria, visti i tempi, le lentezze e le farraginosità dei processi. Il fatto che Renzi e alcune persone vicine a lui siano stati vittime come me – ma certo in una misura non paragonabile alla mia – di una malevolenza mediatico-giudiziaria mi dispiace molto e non lo condivido. Tuttavia non c’è alcun bisogno di una grande coalizione per riformare la giustizia: lo farà il nostro governo».
Ci chiarisce la sua posizione riguardo l’emergenza immigrati?
«Il tema è drammatico: la gente ha paura, ed ha ragione. Nelle strade italiane secondo le statistiche si commette un reato al minuto: scippi, violenze, spaccio, prostituzione e nelle case degli italiani un furto ogni due minuti. Sarebbe sbagliato dire che tutto questo dipenda solo dagli immigrati clandestini, e sarebbe sbagliato dire che tutti gli immigrati clandestini vengano qui per delinquere. Ma chi non ha visto riconosciuto il diritto alla permanenza in Italia, e quindi non può neppure contare sul sussidio di 35 euro al giorno, per sopravvivere delinque. Per questo il fenomeno va assolutamente bloccato, nel loro stesso interesse. Ormai nei furti in appartamento i ladri prendono di mira prima di tutto il frigorifero: cercano cibo prima ancora che denaro e gioielli. Significa che sono alla fame, che sono disperati. In Italia ci sono sulle strade migliaia di giovanissimi e giovanissime che vivono in condizioni simili alla schiavitù, subiscono violenze e omicidi da parte delle organizzazioni criminali che le hanno portate in Italia. Tutto questo va stroncato. Il nostro governo era riuscito a farlo, con accordi bilaterali con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, poi travolti dalle cosiddette primavere arabe. In cambio di denaro o altri aiuti, alcuni governi, a cominciare da quello di Gheddafi, stanziavano delle truppe che impedivano ai trafficanti di partire e ne mettevano fuori uso le imbarcazioni. Con altri accordi bilaterali gestivamo il rimpatrio dei pochi clandestini che comunque riuscivano ad arrivare in Italia. Bisogna tornare a questi accordi, a partire dalla Libia, coinvolgendo le diverse fazioni che si contendono il controllo del territorio libico. I migranti vanno trattenuti in campi di raccolta gestiti sotto l’egida dell’Onu e poi rimandati nei paesi d’origine. È l’Unione Europea che deve farsi carico di stipulare questi trattati con tutti i paesi africani sul Mediterraneo. Però anche questo non basta. La drammatica pressione migratoria va fermata nei paesi d’origine, offrendo una speranza di futuro a quelle popolazioni. Occorre un grande “piano Marshall per l’Africa”, che sotto la bandiera delle Nazioni Unite coinvolga tutti i Paesi del benessere, dall’Europa agli Stati Uniti, dalla Russia alla Cina. Solo se riusciremo a garantire a quelle popolazioni un futuro nella loro patria, cesserà l’illusione di milioni di loro di poter venire da noi e condividere il benessere dell’Occidente come lo raccontano i giornali e le televisioni. Un sogno che si traduce in una moderna schiavitù per loro e in un pericolo gravissimo per noi».
Quale destino dobbiamo aspettarci per Mediaset e per il resto del suo impero economico?
«Mediaset è un grande patrimonio dell’Italia destinato a crescere ancora. Ma non sarò io ad occuparmene perché è in ottime mani, quelle dei miei figli e dei loro validissimi collaboratori. Complimenti e auguri a loro e a tutti quello che lavorano nelle aziende che ho creato. Mi consente però una osservazione finale? Abbiamo toccato tanti temi, che riguardano il futuro del nostro paese. Quel futuro cominciamo a costruirlo proprio oggi, in molte città italiane, chiamate a scegliere il loro sindaco e i loro consiglieri comunali. È una scelta importante, che riguarda da vicino la vita di ciascuno. Io credo che gli italiani sapranno guardare la qualità dei candidati e dei programmi».
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Sconvolgente, Mafia, il boss Graviano intercettato in carcere: “Berlusconi dietro le stragi del 1992 e 1993”
09/06/2017 – Una intercettazione clamorosa, da prendere con le molle: Silvio Berlusconi sarebbe stato il mandante delle stragi di mafia del 1992-93. A sostenerlo, intercettato in carcere con il detenuto Umberto Adinolfi, è stato il boss di Cosa Nostra Giuseppe Graviano, il 10 aprile 2016. “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza di… come mai questo qua, poi che successe, ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni in Sicilia, Berlusconi…”. Gli atti delle intercettazioni sono adesso finiti nel dibattimento per la trattativa tra Stato e mafia. “Lui voleva scendere – dice ancora Graviano al suo interlocutore – però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa…”. Le accuse di collusione con la mafia rivolte a Berlusconi (e al suo storico braccio destro in Forza Italia Marcello Dell’Utri) sono note, ma il “salto di qualità” in questo caso è notevole.
Graviano ripercorre poi a modo suo la carriera del Cavaliere: “Berlusconi ha iniziato negli anni ’70 con i piedi giusti, mettiamoci la fortuna da solo e si è ritrovato ad essere quello che è. Quando lui si è ritrovato ad avere, grazie a diversi… un partito così nel ’94… si è ubriacato. Perché lui dice Non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato. Pigliò le distanze e ha fatto il traditore…”. “Al Signor Crasto gli faccio fare la mala vecchiaia”, è la minaccia finale del boss a Berlusconi. “Trenta anni fa mi sono seduto con te, 25 anni fa mi sono seduto con te, giusto? Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi arrestano e tu cominci a pugnalarmi”. E ancora: “Tu lo sai che mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta… alle buttane glieli dà i soldi ogni mese. Io ti ho aspettato fino adesso… e tu mi stai facendo morire in galera senza che io abbia fatto niente”. “Ma pezzo di crasto – continua lo sfogo di Graviano – ma vagli a dire come sei al governo. Che hai fatto cose vergognose, ingiuste…”.
Con Adinolfi Graviano ha sottolineato anche come la mafia, con quelle stragi, non c’entrasse: “…Poi nel 1993 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, la mafia, iddi ricinu (loro dicono, ndr) che era la mafia, allora che fa il governo senza, ha deciso di allentare il 41bis, poi c’è la situazione che hanno levato pure i 450…”. In un’altra intercettazione, il 17 settembre 2016, Graviano parla della notte del 27 luglio 1993, quella degli attentati al Pac di Milano e alla basiliche di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma.
Quella sera i telefoni di Palazzo Chigi rimasero isolati per alcune ore. “…Quella notte si sono spaventati, un colpo di Stato, e Ciampi (l’allora premier, ndr) è andato subito a Palazzo Chigi assieme ai suoi vertici, fanno il colpo di Stato. Loro, loro hanno voluto nemmeno la resistenza, non volevano nemmeno resistere. Avevano deciso già… In quel periodo il 41 bis è stato modificato e 300 di loro…”. Il riferimento è ai detenuti di Cosa Nostra per cui nel novembre 1993 l’allora ministro della Giustizia Giovanni Conso decise di non prorogare il “carcere duro”.
Fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/12409042/berlusconi-mandante-stragi-mafia-intercettazione-boss-graviano-carcere-cosa-nostra-.html
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Nuova legge elettorale, Pd, M5s, Lega e Forza Italia: come cambia il Parlamento
31/05/2017 – L’accordo è chiuso, ora si tratta di vedere se tutti e tre i partiti che che hanno preso l’impegno di votare la nuova legge elettorale vi terranno fede. «Si va verso un sistema tedesco; per noi si può andare alle urne anche il 24 settembre», ha confermato Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, dopo che era terminato l’incontro che lui e Paolo Romani avevano avuto con gli omologhi del Pd, Ettore Rosato e Luigi Zanda. «L’incontro è andato bene, vedremo i testi dell’ emendamento che il relatore Emanuele Fiano presenterà, ma si va verso il modello che aveva proposto il presidente Silvio Berlusconi», ha aggiunto. I forzisti, in cambio, hanno fornito garanzie sulla tempistica, si sono detti dispobili ad accelerare al punto che si possa approvare definitivamente il nuovo sistema «entro luglio».
Così, almeno sulla carta, il Pd di Matteo Renzi è riuscito a coinvolgere i maggiori partiti e a costruire una maggioranza larga a favore del nuovo sistema di voto e delle urne anticipate. Pure la Lega Nord, infatti, ha dato il suo assenso al testo, anche se Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, al termine del summit con il Pd ha detto che loro avrebbero «preferito un sistema maggioritario, più, rispettoso della volontà popolare».
GODE LA LEGA – Il Carroccio, in realtà, è, insieme col M5S il maggiore favorito dal nuovo meccanismo per la distribuzione dei seggi. A dimostrarlo i primi studi del Cise, istituto di Roberto D’Alimonte, che già era stato consultato dai leader di Pd e di Fi ai tempi dell’Italicum, il quale ha immaginato come potrebbe essere il prossimo Parlamento se si votasse con la nuova legge elettorale.
I PARTITI – Il primo dato che balza all’occhio è che soltanto quattro partiti sarebbero rappresentati: i più grossi. Il Pd, oggi quotato mediamente al 29,3%, che alle ultime elezioni si era potuto avvantaggiare di un importante premio di maggioranza, passerebbe dai 282 seggi attuali ai 217. Un balzo in avanti lo farebbero invece il M5s e la Lega Nord. Il primo, che aumenta di qualche punto percentuale rispetto a qualche anno fa, è favorito da un sistema proporzionale: gli 88 deputati di oggi potrebbero diventare ben 212, cioè un terzo del totale. Il Carroccio ha aumentato di molto le sue percentuali di consenso. Stando ai sondaggi, oggi è quotato al 13%. Per questa ragione si appresta, con un sistema proporzionale, a quintuplicare la rappresentanza in Parlamento. I leghisti oggi a Montecitorio sono 19, ma potrebbero diventare 87.
Lo studio del Cise, in collaborazione con la Luiss e il Sole 24 Ore, fa ben sperare anche Silvio Berlusconi. Dopo più di una scissione (quelle di Angelino Alfano, Denis Verdini e Raffaele Fitto), nonostante la decadenza da senatore del suo leader, Forza Italia è quotata al 12,4%. Questa cifra – lontanissima dai risultati del Pdl, di un decennio fa – potrebbe comunque consentire agli azzurri di raddoppiare i seggi. Gli iscritti al gruppo di Brunetta sono oggi 50, ma, col nuovo sistema, diventerebbero 97. Oltretutto il Cavaliere ripete continuamente di essere «sicuro» di «riportare il partito sopra il 20%».
CHI RISCHIA – Andrebbero a sbattere – secondo i sondaggi – contro la soglia di sbarramento indicata al 5% tutti gli altri, a partire da Fratelli d’Italia. La presidente Giorgia Meloni, però, dice di essere ottimista rispetto alla possibilità che il suo partito la superi e sta valutando l’offerta – recapitata dal Carroccio – di mettere in piedi un listone “sovranista”. Oggi Fdi ha 11 deputati, ma nessun senatore. Senza seggi resterebbe anche Area Popolare. Il partito di Angelino Alfano oggi ha addirittura 27 deputati e, con quelli, si è guadagnata ben tre ministeri.
L’avvicinamento in corso con Stefano Parisi e la sua Energie per l’Italia potrebbe aiutare, ma chissà. Per i sondaggi, salvo colpi di scena o aggregazioni tra partiti, resterebbe a secco, così come Scelta Civica – Ala (che ha sedici deputati) e pure Sinistra Italiana, che ne ha 17.
IL VOTO – Ma come funziona il voto? Ci sarà una sola scheda, con indicati il nome del candidato di collegio (maggioritario) e, a destra del simbolo del partito, un listino corto di 4 nomi per i seggi distribuiti col sistema proporzionale. L’ Italia sarà divisa in 308 collegi e in 27 circoscrizioni che coincidono con le Regioni, tranne le più popolose, che saranno divise in più circoscrizioni (2 in Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia, 3 in Lombardia). Il primo ad essere eletto è il capolista del listino bloccato, seguito dai candidati che hanno vinto nei collegi maggioritari. – di Paolo Emilio Russo
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D’Alema: ‘Renzusconi favorirà Grillo. La gente vota M5S perché è indignata dalle ingiustizie’
27/05/2017 – D’alema non ha dubbi. “La loro alleanza tirerà la volata al M5s e a Grillo”. Il ritorno all’asse Renzi-Berlusconi spinge Massimo D’Alema a dire che il segretario del Pd ha stravinto le primarie anche perché “non ha detto la verità sul suo progetto: allearsi con Berlusconi. Del resto, il suo modello è House of Cards“. Per questo oggi l’ex leader dei Ds dice che la scissione del Pd non solo era “inevitabile”, ma “persino tardiva”. “Meglio prendere il 3 per cento a favore di ciò che si ritiene giusto – spiega al Corriere della Sera – che il 20 a favore di ciò che si ritiene sbagliato. E comunque io credo che lo spazio a sinistra del Pd sia molto più grande”.
La scissione, secondo l’ex presidente del Consiglio, “bisognava farla prima”, spiega, “era matura già con il Jobs act. Tutta l’ispirazione politica renziana è contraria ai valori della sinistra e prima ancora agli interessi del Paese. Il renzismo non è stato che il revival del berlusconismo. Meno tasse per tutti. Bonus. Abolizione dell’articolo 18. Financo il ponte sullo Stretto. Mi stupisco che Berlusconi non si rivolga alla Siae per avere i diritti d’autore.
E per due anni e mezzo si è paralizzato il Parlamento per una riforma costituzionale confusa, spazzata via dal popolo; e per una legge elettorale incostituzionale, frutto di un mix di insipienza e arroganza”. D’Alema la chiama “l’ammucchiata di forze ‘responsabili”, che gli ricorda più Razzi e Scilipoti che Moro e Berlinguer. Una parte secondo me maggioritaria del Pd vuole il centrosinistra. Il ‘Renzusconi’ non mi pare molto popolare, tirerà la volata a Grillo”. Tanto più, prosegue D’Alema, che Renzi “ha imposto una legge elettorale solo per la Camera, dando per scontato che il Senato venisse abolito: ora siamo alla vigilia delle elezioni e la legge elettorale non c’è. Il fallimento del renzismo non potrebbe essere più totale”.
Intanto però c’è da passare la prima fase, l’approvazione in commissione. Oggi scadono i termini per presentare gli emendamenti e di gruppi scatenati ci sono: la corrente di Andrea Orlando, dentro al Pd, si batterà per esempio contro il proporzionale e per un sistema maggioritario stile Mattarellum. La proposta renziana “ci porta a una campagna elettorale nella quale la denuncia principale sarebbe quella di voler fare poi il giorno dopo l’accordo con Fi”. Gli emendamenti di Gianni Cuperlo confermano il Rosatellum, ma vi aggiungono i simboli di coalizione a livello nazionale, per favorire una intesa per un centrosinistra largo che coinvolga Pisapia e magari Mdp, anche se la legislatura sta finendo peggio di come si è sviluppata con Renzi (l’ultimo caso è la lite sui voucher). Alternativa Popolare di Angelino Alfano vuole che l’accordo parta dalla maggioranza di governo, mentre finora il Pd è andato per conto proprio addirittura facendo approvare il proprio testo-base, il Rosatellum, con i voti della Lega Nord e dei verdiniani.
Rinnova la disponibilità ad un accordo il M5s. “Ci siederemo a quel tavolo – dichiara Luigi Di Maio – Il nostro obiettivo è introdurre correttivi di governabilità per scongiurare inciuci. Chi vince deve poter realizzare il proprio programma elettorale, per questa ragione nei prossimi giorni formuleremo una proposta ufficiale ispirata ai criteri indicati dalla Consulta, che ha riconosciuto la costituzionalità del premio di governabilità”. – FONTE
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Da non perdere, Fratelli di Crozza Mix: De Luca schow. Berlusconi-Renzi, incontriamoci. Renzi ritenta il colpaccio
27/05/2017 – Fratelli di Crozza: ultima puntata, Renzi il sognatore! Crozza nella sua ultima perfonmance su De Luca, Renzi e Berlusconi in prossimità delle prossime elezioni e probabilissima intesa elettorale Renzi Berlusconi: VIDEO:
Crozza scatenato a Tv2000 sulla visita del Papa a Genova:
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News Legge elettorale, Berlusconi propone a Renzi un nuovo Patto del Nazareno
22/05/2017 – Silvio #berlusconi propone a Matteo Renzi un nuovo #Patto del Nazareno per approvare la #legge elettorale. Lo fa questa mattina, domenica 21 maggio, dalle colonne del quotidiano Il Messaggero. L’offerta del Caimano al Rottamatore è chiara e concisa: “Patto sul sistema tedesco e si può votare in autunno”. Il Rosatellum, attualmente proposto dai Dem, viene invece bollato come una “non buona base di partenza”.
Intanto, proprio, ieri, il Cavaliere aveva contribuito a dare vita al primo Movimento animalista italiano insieme a Michela Vittoria Brambilla. Berlusconi, nella sua strategia di riconquista della stanza dei bottoni (anche se non più in veste di premier), è convinto che un partito ‘amico degli animali’ possa intercettare il voto di 7 milioni e mezzo di famiglie possessori di un animale da compagnia, arrivando a totalizzare addirittura un immaginifico 20% delle preferenze. Boutade a parte, Silvio offre a Matteo su un piatto d’argento una sponda per tornare a Palazzo Chigi.
La proposta di Berlusconi sulla legge elettorale
Dunque, il leader di Forza Italia, punta al sistema elettorale tedesco (proporzionale quasi puro, con soglia di ingresso per i partiti in parlamento fissata al 5%) che ha regalato al paese teutonico “settant’anni di stabilità, di bipolarismo, di democrazia consolidata ed efficiente”. A suo modo di vedere, i numeri delle forze politiche attualmente presenti negli emicicli parlamentari renderebbero “necessario” un “costruttivo” ritorno al tavolo delle trattative di Pd e FI. L’unica alternativa al sistema tedesco, aggiunge Berlusconi, potrebbe essere il semipresidenzialismo alla francese. Il metodo con cui Emmanuel Macron ha conquistato l’Eliseo, infatti, secondo lui è “l’unico che funziona davvero in Europa nei paesi in cui non è prevista l’elezione diretta del presidente”.
Ma il corteggiamento del tycoon di Arcore nei confronti del ‘Bomba’ di Rignano prevede anche una solidarietà incondizionata, ma molto interessata, sul fronte giudiziario. La famiglia politica di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, ovvero il Giglio Magico, è stata infatti colpita duramente dai casi ‘Banca Etruria’ e ‘Consip’, e ora rischia di affondare. E Berlusconi, cinico come sempre, offre la sua spalla contro quella che definisce senza mezzi termini una “riprovevole la campagna scandalistica della quale sono vittime”, portata avanti a colpi di intercettazioni e rivelazioni di ‘gole profonde’. “Metodi ripugnanti”, secondo Berlusconi, quelli utilizzati da magistrati come Woodcock, prima contro di lui e ora contro il segretario Pd. La stoccata finale, in vista di un rassemblement tra forzisti e piddini, è contro il M5S, perché i seguaci di Grillo, accusa, “quando sono chiamati alla prova del governo, come a Roma, falliscono clamorosamente”. Meglio un Patto del Nazareno 2 allora. – FONTE
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