Truffa milionaria all’Asl di Ferrara: 6 persone rinviate a giudizio
11/05/2021 -Con gli avvisi di garanzia notificati nei confronti di sei indagati ed il conseguente rinvio a giudizio degli stessi, si sono concluse le indagini coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Ferrara, dott. Andrea Maggioni e condotte dai finanzieri del Comando Provinciale di Ferrara, relative ai lavori affidati dall’Azienda Sanitaria Locale ad una Cooperativa forlivese in occasione dell’emergenza sanitaria avvenuta nel Comune di Codigoro per un focolaio di influenza “aviaria” presso un allevamento avicolo nell’ottobre del 2017.
Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. reato di “caporalato”), truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e sub-appalti non autorizzati. Si tratta, in particolare, del presidente, vice-presidente e direttore di cantiere della cooperativa forlivese, nonché dei legali rappresentanti delle tre imprese, due venete e una romagnola, alle quali erano stati successivamente concessi in sub-appalto i lavori, senza la preventiva autorizzazione dell’Agenzia Regionale Intercent-Emilia Romagna.
In particolare, le indagini eseguite dai militari della Tenenza di Codigoro, erano state avviate a seguito di un incidente stradale avvenuto nella notte tra il 25 e 26 novembre 2017 sull’autostrada A13, nei pressi del casello autostradale di Ferrara Nord, che aveva coinvolto un furgone finito nella scarpata a lato della carreggiata dopo un tamponamento. A bordo vi erano dodici persone, in maggioranza senegalesi e nigeriani, che insieme ad altri loro connazionali avevano lavorato presso lo stabilimento dell’allevamento avicolo di Codigoro.
Gli accertamenti, eseguiti dai militari della Guardia di Finanza in collaborazione con l’Ispettorato Territoriale del Lavoro e l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro di Ferrara, consentivano di accertare che i nominativi di questi lavoratori non risultavano presenti nei registri di cantiere tenuti nello stabilimento avicolo dall’impresa appaltatrice.
Peraltro, dalle indagini è emerso che i lavoratori extracomunitari venivano reclutati dalle imprese sub-appaltatrici che, approfittando del loro stato di bisogno, non li retribuivano o li sottopagavano, violando frequentemente la normativa sui turni di lavoro, sul periodo di riposo giornaliero e settimanale. Complessivamente veniva accertato l’impiego di 148 lavoratori “in nero” e 232 “irregolari”, da parte delle tre cooperative, con un’evasione previdenziale pari a 533.963 euro e un imponibile assicurativo non dichiarato di 894.164 euro.
L’attenzione dei finanzieri si è poi focalizzata sull’appalto da quasi 5 milioni di euro affidato, sulla base di una convenzione, dall’Agenzia Regionale Intercent-Emilia Romagna, alla cooperativa forlivese, la quale, a sua volta, aveva indebitamente concesso in sub-appalto tali lavori a tre distinte società cooperative, due con sede a Verona e una di Cesena, per debellare un’emergenza senza precedenti a livello regionale per l’entità dell’allevamento colpito.
A riguardo, gli approfondimenti investigativi permettevano di accertare che l’azienda appaltatrice era ben consapevole che i lavoratori delle cooperative a cui aveva affidato i lavori, non possedevano i necessari requisiti tecnico-professionali (formazione sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e uso di dispositivi di protezione individuali) per il regolare e corretto svolgimento delle operazioni di abbattimento, disinfezione e bonifica. Per tentare di lucrare sull’appalto erano state fornite “false” spiegazioni all’Azienda Sanitaria Locale riguardo l’identità del personale impiegato, presentando, per di più, un preventivo di spesa artatamente “gonfiato” (documentato da ore di lavoro mai prestate sul cantiere e da personale non presente o con identità non confermate), riferibile alla quota parte dei costi richiesti dalla cooperativa forlivese e relativi ai sub-appalti delle tre cooperative per un ammontare complessivo di oltre 2.000.000,00 di euro.
L’attività in rassegna rappresenta la tangibile testimonianza del costante impegno profuso dalla Guardia di Finanza, quale forza di polizia economico-finanziaria a tutela della finanza pubblica per garantire l’osservanza delle regole sull’aggiudicazione ed esecuzione di appalti con l’impiego di cospicue risorse pubbliche e interrompere quei disegni criminosi prima che gli stessi abbiano fino in fondo manifestato la propria carica antigiuridica. In questo contesto le fiamme gialle operano trasversalmente, anche a tutela dei diritti dei lavoratori, soprattutto se violati a seguito di comportamenti di “sfruttamento”, al fine di debellare il fenomeno del “caporalato” legato anche ai fittizi rapporti di appalto di servizi affidati ad imprese che provvedono talvolta e solo formalmente, ad assumere i dipendenti senza assolvere ai relativi obblighi fiscali e contributivi. – [FONTE]
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Operazione Wall Papers: Frode fiscale con il sistema delle imprese “apri e chiudi”
20/11/2020 – La Guardia di Finanza di Ferrara ha individuato una milionaria frode all’IVA perpetrata sul territorio nazionale da svariate aziende “apri e chiudi”, tutte gestite da soggetti di etnia cinese, create al solo scopo di far figurare un apparente giro d’affari, in realtà inesistente, e consentire, attraverso le false fatture emesse a favore di altre aziende gestite da connazionali, di evadere il Fisco. Le indagini coordinate dalla Procura ferrarese, hanno consentito di denunciare 23 soggetti, tutti di nazionalità cinese, resisi responsabili, a vario titolo, dell’emissione e dell’utilizzo di fatture inesistenti, attraverso l’uso strumentale di 22 società “cartiere”.
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L’illecito giro d’affari scoperto è di oltre 120 milioni di euro che ha generato un’evasione fiscale di circa 40 milioni di euro. L’operazione “Wall Papers” condotta dalla Tenenza di Comacchio, ha portato alla luce un meccanismo illecito con l’utilizzo di imprese create solo sulla carta e con breve ciclo vitale, che vede coinvolte decine di aziende attive nel settore degli empori che collocano sul mercato merce varia (articoli per l’arredo e per la casa, accessori per l’auto, prodotti dell’elettronica di consumo, abbigliamento ecc.) a prezzi estremamente concorrenziali.
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Le Fiamme Gialle ferraresi hanno ricostruito il complesso mosaico della frode, partendo da una verifica fiscale eseguita nei confronti di un esercizio commerciale del comacchiese, il cui titolare, un cittadino cinese ben radicato sul territorio, presentava alcune anomalie sui dati delle fatture ricevute dai fornitori che i finanzieri hanno estrapolato ed analizzato attraverso la consultazione delle banche dati in uso al Corpo.
L’analisi condotta sugli elementi delle fatture d’acquisto, portavano gli investigatori ad individuare, anche attraverso i numerosi controlli incrociati effettuati in collaborazione con altri Reparti del Corpo dislocati in varie province e regioni, diversi fornitori, di fatto risultati delle “scatole vuote”, con partita IVA non più attiva, una vita media di 2/3 anni, prive di qualsiasi struttura imprenditoriale, con sedi inesistenti e, ovviamente, inadempienti a qualsiasi obbligo fiscale.
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Gli accertamenti hanno dimostrato, in sostanza, che la frode era stata ideata facendo leva sulle cc.dd. “imprese apri e chiudi”, create come “cartiere” per produrre, a ciclostile, false fatture destinate alle aziende realmente operanti nel settore del commercio a dettaglio, che le utilizzavano, ad arte, per abbattere il reddito imponibile da dichiarare ed ottenere, talvolta, rilevanti crediti di IVA nei confronti dello Stato per compensare le imposte da versare.
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Tale meccanismo ha consentito, anche alla società verificata, di poter essere fortemente competitiva sul mercato, praticando prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato a danno degli altri operatori di quel settore economico.
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La ricostruzione della filiera delle imprese “apri a chiudi” utilizzate per alimentare il sistema di frode ha permesso di scoprire come il fenomeno, sia vasto ed articolato, e sempre attuale, con imprese pronte ad essere aperte e chiuse con a capo soggetti che di fatto risultano nullatenenti e irreperibili. Le 22 “cartiere” scoperte, risultano dislocate un po’ a macchia di leopardo, fra il Piemonte (Torino, Cuneo, Novara), la Lombardia (Milano, Varese, Lecco, Monza, Bergamo, Mantova), il Veneto (Treviso); l’Emilia-Romagna (Ferrara, Ravenna, Reggio Emilia), le Marche (Fermo), e il Lazio (Roma) e annoverano fra i loro clienti, numerose aziende, pronte a richiedere, senza alcuna remora, false fatture.
L’attività di contrasto all’evasione fiscale, anche in questo periodo emergenziale, non si pone dunque solo lo scopo di recuperare i tributi evasi, ma è volta soprattutto a incidere concretamente sulla diffusione dell’illegalità fiscale, finanziaria ed economica e sugli effetti negativi che questa produce per l’economia, alterando il normale gioco competitivo degli attori del sistema, e a tutelare, proprio, quelle imprese, quei professionisti e quei cittadini che operano nel pieno rispetto della legalità. – [GdF.Gov.it]
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Ferrara, aggredisce la Nonna in auto e la uccide a pugni
21/11/2019 – L’ha picchiata a mani nude, sino ad ucciderla. Aggressione mortale ieri sera a Ferrara. Un giovane di 22 anni ha ucciso la sua nonna, 71 anni, massacrandola a pugni mentre era alla guida dell’auto, dal sedile passeggero. L’omicidio sarebbe avvenuto, secondo le prime ipotesi, per questioni di soldi.
La vittima si chiamava Maria Luisa Silvestri ed è stata lasciata dal giovane agonizzante nell’auto ferma al semaforo. La donna è morta poco dopo l’arrivo all’ospedale Sant’Anna di Cona. Viveva assieme al nipote, Pier Paolo Alessio, a Pontelagoscuro e il litigio, a quanto si apprende, potrebbe essere iniziato poco dopo cena, in un fast food, e degenerato poco dopo, mentre i due erano in auto.
A lanciare un primo allarme alcuni testimoni che hanno segnalato un giovane che stava picchiando un’anziana nei pressi di un parcheggio del fast food e poi ancora dopo, con l’auto in movimento, guidata dalla vittima, fino al semaforo.
Il nipote avrebbe tentato la fuga ma è stato bloccato appena sceso dall’auto da alcune persone e da un carabiniere fuori servizio. La nonna nell’abitacolo era priva di sensi. Il personale del 118 ha tentato di rianimarla ma poco dopo l’arrivo al Cona è deceduta.
Il giovane è stato interrogato a lungo durante la notte e si è avvalso della facoltà di non rispondere. È in stato di arresto per omicidio volontario. – [Repubblica]
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A Ferrara l’ultimo capolavoro dell’ipocrisia leghista: la nuova giunta si alza lo stipendio
12/08/2019 – Ricordo con una certa malinconia la rivoluzione che si accese in Italia per i centesimi delle buste di plastica al supermercato. Ve la ricordate? Un’orda di incazzati si è riversata sui social per urlare la propria indignazione contro un provvedimento che appariva come l’impoverimento definitivo. Erano i tempi in cui si voleva tagliare tutto ai parlamentari, tagliare anche i parlamentari e ci si scannava per i prezzi del caffè alla buvette del Parlamento come se la legge finanziaria dipendesse principalmente da questo. Poi c’erano quelli che dicevano che era una questione di principio, cavalcando tutte le troppe spese pazze dei governi italiani.
Nel carro degli indignati ovviamente salì anche la Lega di Matteo Salvini, sempre pronto a essere moralista con il comportamento degli altri e piuttosto disattento sul comportamento dei suoi. Non importa che proprio i leghisti siano tra i protagonisti delle spese inconsulte dei consigli regionali di mezza Italia: Salvini, per erodere il M5S, ha continuato a ripetere che la politica doveva diventare umile. Lui.
Lui che di politica vive da 25 anni con lauti stipendi e pochissime presenze. L’ultimo capolavoro dell’ipocrisia leghista arriva da Ferrara dove la nuova giunta comunale a trazione leghista ha deciso di tagliare i tagli della giunta precedente e di alzarsi del 10 per cento gli emolumenti mensili.
Si tratta, nel complesso, di 225mila euro in più per le casse cittadine e che segue l’aumento del presidente del presidente del consiglio comunale (nel suo caso si tratta del 15 per cento) e le spese di formazione di uno staff a disposizione del sindaco (direttore generale, portavoce e segreteria particolare) interamente formato da persone esterne alla pubblica amministrazione.
Il caso è locale ma rappresenta perfettamente la tattica del fate quello che dite non fate quello che faccio che il segretario della Lega applica ogni volta che si tratta di qualche provvedimento di suoi uomini di partito: non conta ciò che accade nelle amministrazioni in cui la Lega ha l’occasione di governare ma tutte le energie sono riservate a una buona narrazione che torni utile per solleticare gli intestini degli elettori. Così il partito che si rivende per nuovo (e che in realtà è il partito più vecchio d’Italia) dimostra di essere identico ai partiti della Prima Repubblica appena ha l’occasione di mettere le mani sulla cassa. Ma vedrete che anche a Ferrara vi diranno che il problema sono i migranti e i loro telefonini. Sicuro. – [FONTE]
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Corruzione, arrestati i magistrati Savasta e Nardi. Misura interdittiva per Dagostino, l’ex socio di Tiziano Renzi
16/01/2019 – Soldi, diamanti, Rolex, viaggi a Dubai, auto e pure la ristrutturazione di una casa. Per questo i due magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi, con l’intermediazione di alcuni avvocati, aggiustavano i processi a carico di facoltosi imprenditori baresi e toscani, tra cui Luigi Dagostino, re degli outlet ed ex socio di Tiziano Renzi e Laura Bovoli. È il “programma criminoso” emerso dall’inchiesta coordinata dai pm Leonardo Leone de Castris e Roberta Licci che conta in totale 18 indagati. I due magistrati sono ora in carcere, arrestati su richiesta della procura di Lecce che ha ricostruito i flussi di denaro: Savasta avrebbe intascato quasi mezzo milione di euro, Nardi un qualcosa come 1.300.000 euro. Associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso sono le accuse di cui rispondono. I fatti contestati vanno dal 2014 al 2018, ma per i pm ce ne sono altri documentati fino a dieci anni fa, ormai prescritti. I due magistrati erano in servizio a Trani in quel periodo. Ora Savasta è giudice del Tribunale di Roma, mentre Nardi è pm a Roma ed in precedenza gip a Trani e magistrato all’ispettorato del ministero della Giustizia. Per loro il gip Giovanni Gallo ha disposto la misura cautelare più restrittiva, per un motivo ben preciso: era in corso un “gravissimo, documentato e attuale rischio di inquinamento probatorio”, ha spiegato il procuratore capo De Castris.
Il ruolo di Dagostino – Nell’inchiesta, con un ruolo più marginale, è coinvolto anche l’imprenditore Dagostino, socio di Tiziano Renzi e della moglie nella società Party Srl, chiusa dopo due anni a causa – dissero in una nota i diretti interessati – “di una campagna di stampa avversa”. Dagostino era stato arrestato nel giugno scorso a Firenze e la Procura toscana ha poi trasferito una parte del fascicolo a Lecce, competente sui magistrati del distretto di Corte d’Appello di Bari: l’imprenditore, di origini barlettane, era stato indagato a Trani da Savasta per false fatturazioni relative alle sue imprese.. L’allora pm, secondo l’accusa dei magistrati salentini, lo avrebbe favorito evitando di fare “i dovuti approfondimenti sul suo conto” in cambio di denaro: tangenti, scrive il gip nell’ordinanza, da 20mila e 25mila euro. Per Dagostino, per cui i pm avevano chiesto i domiciliari, è stato disposto il divieto temporaneo di esercizio dell’attività imprenditoriale e di esercizio degli uffici direttivi per un anno.
I capi d’imputazione – Oltre ai due magistrati, è stato arrestato e condotto in carcere anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, in servizio al commissariato di Corato (Bari). Sono stati interdetti dalla professione per un anno invece gli avvocati Simona Cuomo, del Foro di Bari, e Ruggiero Sfrecola, del Foro di Trani. Nardi, Savasta, Di Chiaro e Cuomo rispondono di associazione per delinquere finalizzata ad una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. Gli altri indagati, 14 in totale esclusi i già citati, sono accusati, a vario titolo, di millantato credito, calunnia e corruzione in atti giudiziari. In particolare Dagostino e Sfrecola sono accusati di corruzione in atti giudiziari.
L’origine dell’inchiesta – L’intera inchiesta ha avuto origine da una serie di attentati dinamitardi avvenuti nel 2015 a Canosa di Puglia, ai danni di un discount, finito nel mirino del clan Piarulli-Ferraro di Cerignola. Così si è scoperchiato il vaso di Pandora da cui è emerso quello che appare come un “programma criminoso indeterminato nel tempo che, attraverso il costante ricorso alla corruzione di pubblici ufficiali, assicurava favori nei confronti di facoltosi imprenditori”. I due magistrati “avrebbero garantito positivi esiti processuali” nelle vicende giudiziarie in cui erano coinvolti gli imprenditori, “in cambio di ingenti somme di denaro e in alcuni casi di altre utilità tra cui anche gioielli e pietre preziose”.
Viaggi, rolex e diamanti – Il magistrato Nardi in particolare, come emerge dall’ordinanza di custodia cautelare, ha ricevuto dell’imprenditore indagato Flavio D’Introno un viaggio a Dubai da 10mila euro, quindi la ristrutturazione di una casa a Roma costata, tra pavimentazione e pitturazione, circa 120/130mila euro. Il tutto, ricostruiscono i pm, “sia quale prezzo della propria mediazione che con il pretesto di dover comprare il favore dei giudici” in un processo presso il Tribunale di Trani in cui D’Introno era imputato e al termine del quale venne comunque condannato. Nardi ricevette poi da D’Introno anche somme di denaro e un orologio Rolex Daytona, per cercare di aggiustare il successivo processo d’Appello. Da ultimo, due diamanti da un carato ciascuno dal valore di 27mila euro per intervenire sul giudizio di Cassazione dopo che la Corte di secondo grado di Bari aveva comunque condannato D’Introno a cinque anni e nove mesi.
Le “tangenti” di Dagostino – Come emerge sempre dall’ordinanza, le indagini hanno provato una serie di versamenti di denaro effettuati, ad esempio, da Dagostino all’avvocato Ruggiero Sfrecola, somme “(almeno in gran parte) dirette a remunerare i favori effettuati dal Savasta nell’interesse” dell’imprenditore: 20mila euro in contanti l’8 maggio 2015; altri 25mila euro tredici giorni dopo; ulteriori 4.500 e 3.500 euro tra gennaio e febbraio 2016. “Proprio nei giorni (precedenti o successivi) a quelli in cui il Dagostino” consegnava all’avvocato Sfrecola le somme – annotano i magistrati – “il pm Savasta compiva le attività in favore di Dagostino”.
I sequestri – Il gip Giovanni Gallo ha anche disposto il sequestro preventivo nei confronti degli indagati di beni che superano complessivamente i due milioni di euro di valore. In particolare, al magistrato Michele Nardi sono stati sequestrati beni per 672mila euro tra cui un orologio Daytona Rolex d’oro e diamanti, all’altro magistrato Antonio Savasta sono stati sequestrati beni per quasi 490mila euro. Altri 436mila sono stati sequestrati rispettivamente al poliziotto Vincenzo Di Chiaro e all’avvocata barese Simona Cuomo. All’imprenditore fiorentino Dagostino e all’avvocato Ruggiero Sfrecola altri 53mila euro. [IlFattoQuotidiano.it]
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Ferrara peggio della giungla: pusher nigeriani si affrontano a colpi di machete
01/08/2018 – A Ferrara come nella giungla, bande di spacciatori nigeriani si affrontano a colpi di machete e coltelli. Un’aggressione domenica e tre lunedì. I testimone oculari riferiscono – come si legge sul quotidiano on line Affaritaliani.it – di una lotta per spartirsi le piazze di spaccio in città. Tra questi, per un caso, è presente anche il consigliere comunale della Lega Nicola Lodi: “Ero al momento giusto nel posto sbagliato. Un incubo. Non ci è scappato il morto ma siamo al quarto scontro per strada in due giorni. Qua oramai è normale”.
Domenica, 14.30 in piazzale Castellina, nei pressi della stazione dei treni, un nigeriano avvicina un connazionale spacciatore per acquistare 5 euro di hashish e lo paga con una banconota da 10 euro. Ma il venditore non gli dà il resto e la discussione degenera. Il primo tira fuori un coltello per cercare di far valere le sue ragioni, il venditore scappa, i passanti chiamano le forze dell’ordine. I due vengono semplicemente identificati dai carabinieri che non hanno trovato il coltello, visto da testimoni.
Lunedì, ore 18 in via Oroboni, una zona più periferica, c’è uno scontro tra due bande di nigeriani che combattono per strada. Parte la caccia all’uomo. 4 nigeriani inseguono un quinto, probabilmente di un gruppo rivale. Uno degli aggressori impugna un machete e colpisce il rivale alla testa. “Ero lì presente”, spiega Lodi, “se non ci fosse stato per caso una pattuglia di passaggio non so come sarebbe finita”.
L’uomo colpito si accascia a terra col sangue che gli cola dalla testa. Gli aggressori scappano, vista la polizia. La vittima si siede su una gradino e con un poliziotto al fianco e aspetta l’arrivo dell’ambulanza. Finirà in ospedale in rianimazione.
Lunedì, ore 22, poco dopo i fatti di via Oroboni c’è un accoltellamento in Corso Giovecca, zona centrale. Un nigeriano viene colpito da un fendente impartitogli da connazionali. Sul posto arrivano carabinieri e sanitari del 118.
Sempre lunedì quasi in contemporanea si rischia il bagno di sangue stile film horror in zona Ippodromo. Sono le 22.30, al Caffé bar Vienna, in via Bologna, un ragazzo nigeriano entra spalancando la porta per ripararsi. Era rincorso da una banda di nigeriani armati di machete, ascia e pistola. E’ terrorizzato. I titolari e chi è presente gli prestano soccorso e chiamano le forze dell’ordine a cui il ragazzo racconta dell’aggressione. – FONTE
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Ultima ora. Bugie sull’affaire Consip. È indagato per falso il presidente Ferrara
19/06/2017 – “False informazioni a Pm”. Secondo quanto si apprende da ambienti parlamentari, il presidente della Consip Luigi Ferrara, da ieri dimissionario insieme alla consigliera Marialaura Ferrigno, risulta indagato dalla Procura di Roma per il reato di “false informazioni ai Pm”. Sempre secondo quanto si apprende, l’esponente della Consip, venerdì scorso durante il suo colloquio con i magistrati che lo avevano convocato in qualità di testimone, avrebbe ritrattato quanto dichiarato in precedenza. Da qui la sua iscrizione nel registro degli indagati.
Il colpo di scena arriva all’indomani delle dimissioni dei due consiglieri espressi dal Tesoro che di fatto ha spianato la strada alla decadenza del board in cui rimane solo Luigi Marroni, il grande accusatore nella vicenda che vede indagati anche il ministro Luca Lotti e il padre di Matteo Renzi per le vicende legate alla gara di facility management del valore di 2,7 miliardi (Fm4) bandita nel 2014.
Una mossa che avrebbe evitato al Pd il duro confronto in Senato dove martedì è prevista comunque la discussione di una mozione per la decadenza dei vertici della stazione appaltante a firma dell’opposizione e una seconda a firma del Pd, mozione arrivata tre mesi dopo che comportava per i dem il rischio di andare sotto, con prevedibili polemiche e tensioni politiche. Marroni, accerchiato dai partiti, sembra orientato a resistere facendo valere fino in fondo lo statuto societario che prevede la permanenza in carica dell’amministratore con il solo compito di convocare, entro otto giorni, l’assemblea dei soci che dovrà nominare il nuovo cda. – fonte
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Tenta il suicidio, Salvata da un’amica: ha perso 150mila euro, ora agisce legalmente contro Carife
11/12/2015 – Dopo il suicidio del pensionato che aveva perso 110mila euro in Banca Etruria, un simile gesto disperato è stato tentato da una risparmiatrice Carife che aveva investito 150mila euro in obbligazioni subordinate presso la Carife di Modena.
carifenew 2015 3La donna, C. C., residente a Modena, è stata per fortuna salvata in extremis da un’amica che si trovava per caso a casa sua e che aveva notato da qualche tempo il particolare stato depressivo della 40enne.
Aiutata psicologicamente ed economicamente dall’amica, la donna ha ora deciso di agire legalmente non solo contro la Carife, ma anche contro Bankitalia e il Ministero dell’Economia ritenendoli responsabili in solido per “fallimento” dei fondi obbligazionari dell’istituto bancario. C.C. si è rivolta infatti all’associazione Agitalia, della quale era già associata, raccontando di avere acquistato qualche anno fa, con i risparmi di una vita di lavoro (per lo più precario e in nero), alcune obbligazioni presso la Carife di Modena, investendo 150mila euro.
Dopo la nota crisi economica che ha colpito l’Istituto bancario e i provvedimenti governativi “salva banche”, la donna si è sentita dire che i suoi investimenti erano per ora “congelati”, in attesa di non meglio precisate risoluzioni di politica economica. Circa una settimana fa il disperato gesto di togliersi la vita, evitato per il provvidenziale intervento dell’amica.
L’ufficio legale di Agitalia ha quindi predisposto una richiesta risarcitoria di 500mila euro nei confronti dei tre enti citati (Carife, Bankitalia e Ministero dell’Economia) con udienza fissata davanti al Tribunale Civile di Roma per il giorno 23 marzo 2016.
“I risparmiatori che avessero subìto perdite economiche per investimenti operati con Carife o con gli altri tre istituti bancari coinvolti nella “crisi” – è l’appello dell’associazione – possono inviare una email ad agitalia@virgilio.it allegando copia delle obbligazioni o delle azioni sottoscritte”. FONTE
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