L. C. condannata a 4 anni e 2 mesi per la «Mensa dei poveri»: la sentenza
05/10/2023 – L’eurodeputata di Forza Italia L. C. è stata condannata a 4 anni e 2 mesi dal Tribunale di Milano nel maxi processo a carico di oltre 60 persone imputate per il caso «Mensa dei poveri». A deciderlo è stata la sesta sezione penale, presieduta da Paolo Guidi.
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L’esponente di Fi, difesa dall’avvocato Gian Piero Biancolella, nel novembre 2019 era finita agli arresti domiciliari, poi revocati, con le accuse di corruzione, false fatturazioni e truffa ai danni dell’Europarlamento per circa 500mila euro per i corsi di formazione dei dipendenti di Afol, agenzia per la formazione, orientamento e lavoro.
Voto di scambio, 27 indagati a Napoli: tra loro due ex senatori di Fi, attuale capogruppo dei forzisti in Comune e consigliere regionale FdI
02/07/2020 – Gli ex senatori Salvatore Marano (Forza Italia) e Antonio Milo (Forza Italia e Gal). Poi un altro berlusconiano, l’attuale capogruppo nel Consiglio comunale di Napoli, Stanislao Lanzotti, che è anche commissario del partito per l’area metropolitana partenopea. Inoltre, il consigliere regionale Michele Schiano di Visconti (Fratelli d’Italia). Tutti politici del centrodestra, tutti coinvolti nell’indagine della Procura di Napoli sul voto di scambio per le elezioni comunali del 2016. Gli inquirenti hanno complessivamente notificato 27 avvisi di conclusione delle indagini preliminari (firmati dai pm Maurizio De Marco e Henry John Woodcock) ad altrettanti indagati, tra cui politici e presunti appartenenti alla camorra, nei confronti dei quali vengono ipotizzati, a vario titolo, i reati di voto di scambio e ricettazione aggravati dalla finalità mafiosa.
Gli investigatori, attraverso la polizia giudiziaria, ritengono di avere documentato numerosi episodi durante i quali sono stati promessi denaro, agevolazioni di vario tipo e anche posti di lavoro in cambio di voti e pacchetti di voti per determinati candidati. L’inchiesta risale a diversi anni fa: gli inquirenti misero sotto indagine ben 82 persone, tra esponenti politici, dell’imprenditoria e della criminalità organizzata di Secondigliano, in particolare il clan Di Lauro.
L’ex senatore Marano, secondo i pm, sarebbe coinvolto in alcuni episodi di voto di scambio come la promessa di un posto di lavoro a una donna, in una ditta ritenuta legata ai clan, per voti in occasione delle comunali del 2016. Ma gli episodi, aggravati dal metodo mafioso, elencati nelle 22 pagine dell’avviso di conclusione indagini della Procura sono parecchi. Interi pacchetti di voti, secondo l’accusa, sono stati venduti in cambio di denaro, anche decine di migliaia di euro: in cambio di preferenze per un candidato poi deceduto, sarebbero stati versati 9500 euro.
Infine, tra gli episodi documentati dalla Polizia Giudiziaria, sempre in cambio di preferenze per la tornata elettorale del 2016, figura la promessa, a un uomo, di un trasferimento a un incarico più agevole (per ferie e retribuzione) nella stessa società di pulizie di cui era già dipendente. Ditta, secondo gli inquirenti, riconducibile alla camorra e in rapporti – all’epoca – con l’azienda ospedaliera Cardarelli. Le indagini, che si sono chiuse alla fine dello scorso mese di maggio, si sono avvalse delle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, di informative della Polizia Giudiziaria (Guardia di Finanza), intercettazioni ambientali e telefoniche e delle risultanze investigative derivate da perquisizioni e sequestri. – [ILF.Q.it]
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Danno erariale di quasi 20 milioni di euro nelle ASL della Liguria. Irregolarità nelle retribuzioni dei medici della “Guardia Medica”
30/06/2020 – I finanzieri del Comando Provinciale di Genova hanno eseguito un’attività ispettiva nei confronti delle cinque AA.SS.LL. della Liguria in merito all’indebita erogazione, a personale medico dipendente, di indennità aggiuntive alla retribuzione ordinaria.
L’attività ha avuto origine da una segnalazione operativa, nell’ambito di un progetto a livello nazionale denominato “Viribus Unitis”, del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressioni Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza che, anche in virtù del rinnovato protocollo d’intesa siglato tra la Guardia di Finanza e la Procura Generale della Corte dei Conti lo scorso 28 maggio, è il referente, a livello centrale, per lo sviluppo delle deleghe istruttorie e per il coordinamento informativo per i Reparti dislocati sul territorio nazionale.
Le indagini, svolte dal Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Genova, hanno permesso di accertare l’indebita erogazione di una indennità oraria aggiuntiva di € 5,00 ai medici di guardia medica delle aziende sanitarie liguri.
Gli accertamenti hanno evidenziato una distribuzione a pioggia delle risorse finanziarie disponibili che sono state erogate ai medici in assenza di progetti ovvero in relazione a mansioni ordinarie. L’Accordo Collettivo Nazionale e gli Accordi Integrativi Regionali, invece, prevedono l’erogazione di una indennità aggiuntiva solo per specifiche attività progettuali e per lo svolgimento di attività aggiuntive a quelle normalmente svolte nonché la relativa rendicontazione ed il raggiungimento di obiettivi prefissati, tesi al miglioramento del servizio sanitario.
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All’esito degli accertamenti amministrativi, che hanno riguardato il periodo 2009-2019 e, per la sola A.S.L. 3, quello 2007-2017, la spesa sostenuta dalle aziende sanitarie della Liguria, pari a circa venti milioni di euro, è stata segnalata quale danno erariale alla Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Liguria.
L’attività di servizio testimonia il costante presidio esercitato dalla Guardia di Finanza, principale referente operativo della Magistratura contabile nei procedimenti tesi a salvaguardia della spesa pubblica nazionale e al risarcimento dei danni cagionati alla Pubblica Amministrazione. – [GdF.Gov.it]
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Al nuovo avvocato della Regione 700mila euro. Nomina decisa personalmente dalla Santelli
06/06/2020 – La nomina di un avvocato esterno alla regione potrebbe rappresentare un altro grossolano errore da parte della presidente Jole Santelli, la quale ha inteso procedere affidando l’incarico ad un professionista di sua conoscenza senza nessun tipo di selezione. Si tratta, dunque, di una nomina diretta, intuitu personae. A tal proposito interviene il sindacato Csa-Cisal che attraverso una nota stampa esprime sdegno per la decisione assunta dalla governatrice calabrese e snocciola cifre e numeri importanti.
«La nomina fiduciaria del presidente Jole Santelli attraverso cui è stato individuato il nuovo coordinatore dell’avvocatura regionale è un pessimo segnale. La procedura impiegata non solo pone una questione di “piena” legittimità dell’atto, ma comporta delle implicazioni concrete che dovrebbero far riflettere il governatore»
«Fermo restando che il presidente Santelli sarebbe comunque potuto arrivare alla nomina della professionista indicata, il modo con cui lo ha fatto non convince per niente. Il nuovo coordinatore degli avvocati non è stato selezionato, né valutato. Questo, al cospetto del conferimento di un incarico all’esterno, diventa fondamentale.
Il presidente – dichiara il sindacato Csa-Cisal – non ha nominato il suo legale di fiducia per seguire una causa privata, bensì una figura all’interno di una Pubblica Amministrazione, che – per inciso – viene pagata da tutti i calabresi. Trattandosi di gestione della “cosa pubblica” e non della “casa propria”, sarebbe stato più opportuno attenersi alle regole generali degli Enti, ossia procedere con una manifestazione d’interesse che partisse dalle risorse interne. E nel caso si fosse rivelata infruttuosa, andare a pescare, sempre con un avviso pubblico, all’esterno. Come si intuisce, si poteva comunque arrivare allo stesso risultato, ma avendo bypassato principi cardine dell’ordinamento giuridico, la strada seguita resta “macchiata”».
«Tanto per restare nel recinto dell’Ente regionale, l’avvocatura è formata da 19 avvocati. Professionisti la cui esperienza, in alcuni casi, è addirittura ventennale (l’avvocatura regionale è stata costituita con legge n. 7 del 1996 ed entrata in funzione nel 2000). Sulla carta ognuno dei legali interni ha capacità spendibili ed in grado di concorrere a diventare il coordinatore. Da quanto è dato sapere, il presidente Santelli non ha né visionato i curricula né voluto conoscere i legali interni. Perché non è stata data loro la possibilità di poter accedere a quella posizione? Forse – domanda il sindacato CSA-Cisal – sono stati giudicati pregiudizialmente tutti “poco validi”? Eppure in questi anni hanno lavorato a migliaia e migliaia di cause difendendo la Regione. Una mole straordinaria di lavoro che è stata sottaciuta».
Prima di rivolgersi ad una figura esterna, il presidente Santelli ci doveva pensare per un altro motivo. A livello economico, comunque la si giri c’è un aggravio di spesa per le casse regionali. Un coordinatore esterno costa 140 mila euro all’anno (importo lordo). In cinque anni (come da decreto di conferimento) fanno 700 mila euro a carico dei contribuenti. Se fosse stato selezionato un interno, buona parte della spesa era già incamerata nell’emolumento dell’avvocato regionale prescelto. Per farla breve, con un legale interno-coordinatore ci sarebbe stato un risparmio di circa 40 mila euro all’anno. In cinque anni 200 mila euro. Non bruscolini in tempi di crisi, in cui il danaro pubblico dovrebbe essere utilizzato ancor di più con oculatezza e parsimonia. Senza tralasciare un vantaggio sulla funzionalità della scelta interna. Un legale regionale conosce l’apparato, le pratiche in essere, mentre chi arriva da fuori ci metterà parecchio tempo prima di capire i meccanismi. Non si contesta – ribadisce il sindaco CSA-Cisal – il nome indicato dal presidente (o le capacità della professionista stessa), ma la procedura seguita. Forse c’è stata troppa leggerezza». – [FONTE]
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L’ex senatore De Gregorio e la commercialista: estorsioni a due bar di Roma e riciclaggio. Sei arresti e un latitante
03/06/2020 – Tre milioni di euro per far cadere il governo Prodi, opachi contatti con esponenti di camorra, il giro di soldi che ruotava intorno ai finanziamenti all’Avanti e, prima ancora, l’obliquo scoop che rivelò al mondo la crociera del pentito di mafia Tommaso Buscetta. Giornalista e parlamentare, passato da Italia dei Valori al Pdl, Sergio De Gregorio finisce nuovamente nei guai per un giro di estorsioni, riciclaggio e autoriciclaggio che ha per base alcuni locali del centro di Roma. Arrestato dagli uomini della Squadra mobile di Roma e condotto in carcere insieme con altre 4 persone, De Gregorio sarebbe il perno di una serie di società di comodo, create apposta per nascondere un fiume di denaro che sarebbe passato anche attraverso i conti di un’azienda le cui disponibilità sono state bloccate. Il sequestro ammonta a 470 milioni di euro e riguarda in totale 5 società.
Gli altri arrestati sono A. F., V. F., entrambi ex militari della Marina, di origini pugliesi, la campana G. de I., la commercialista M. M., di Rovereto, già pregiudicata per reati tributari, truffa e bancarotta fraudolenta. Ai domiciliari un altro pugliese, V. M.. Per M. V., di Bari, è stato invece disposto l’obbligo di presententazione alla polizia giudiziaria.
L’ottava misura cautelare degli arresti domiciliari riguarda il romano C. Di S., da tempo residente all’estero e al momento irreperibile. Tra le vittime dell’estorsione i titolari di un bar in via Chiana e uno in via Flavia. I proventi sarebbero poi stati investiti nelle società, la Apron, la Italia Global Service, Pianeta Italia, Ittica italiana e Italia Comunicazione che gestisce il magazine online Pianeta Italia News.
Le indagini sono partite dalla denuncia del titolare dei bar di via Chiana che ha raccontato di aver subito una richiesta indebita di denaro per 80 mila euro. I riscontri con intercettazioni telefoniche ed ambientali hanno permesso di ricostruire la dinamica dell’estorsione. Il gruppo avrebbe minacciato la vittima di far apporre i sigilli al locale.
Nell’inchiesta è coinvolto anche P. S., considerato il braccio destro di De Gregorio. Sarebbe stato lui a inviare presso il bar come emissari i due militari della Marina.
La vicenda del bar di via Flavia ruota intorno alla cessione del locale con una clausola capestro per l’acquirente cui sono seguite minacce che hanno indotto la vittima a mollare. “Mi hanno minacciato – ha raccontato l’acquirente- mi hanno aspettato sotto casa, così ho deciso di mollare tutto e andare via”.
Disinvolto, spregiudicato, con una rete di relazioni estesa anche nel mondo dei servizi segreti, De Gregorio si ritrova di nuovo al centro di una vicenda giudiziaria disvelata dalle indagini della Dda di Roma. Conscio delle indagini avrebbe anche cercato e raccomandato ai presunti complici di far sparire ogni traccia.
“Punto di riferimento indiscusso, lo stratega del gruppo, sempre pronto a ‘sistemare’ le cose”, scrive di lui il gip di Roma, Antonella Minunni, nell’ordinanza di custodia cautelare richiesta dal procuratore Michele Prestipino, dall’aggiunto Ilaria Calò e dal pm Francesco Minisci. “E’ lui che risolve le questioni sorte all’interno del gruppo – continua il giudice – e che suggerisce ogni volta le strategie difensive, è recidivo,avendo riportato, tra l’altro, condanne per corruzione in atto contrario ai doveri d’ufficio. Ha una caratura criminale e scaltrezza davvero eccezionale”.
Il gruppo, sempre attraverso le operazioni svolte dalla commercialista, progettava anche la realizzazione di un’azienda ittica in Portogallo. In passato per indagini analoghe in odore di camorra era finito in una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Alla ribalta della cronaca per il suo cambio di casacca in occasione della caduta del governo Prodi a gennaio 2008, tornò lungamente a far parlare di sé quando rivelò di avere intascato due milioni in nero da Silvio Berlusconi per passare dalla sua parte e un altro milione di euro come finanziamento alla sua fondazione politica. Tentò anche un’attività di scouting tra i parlamentari pronti a compiere il grande passo. Uno di questi registrò il colloquio incastrandolo. In quella occasione, stando alle rivelazioni di De Gregorio, aveva avuto una disponibilità di 5 milioni di euro per corrompere il parlamentare. I soldi, ha detto De Gregorio, gli arrivavano direttamente da Silvio Berlusconi.
Per quella vicenda fu anche condannato beneficiando della prescrizione. Dopo una richiesta di arresto respinta, fu invece lui a costituirsi beneficiando dei domiciliari. Oggi, per la prima volta, ha varcato la soglia di un carcere. – [Repubblica.it]
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Corruzione, richiesta di arresto ai domiciliari per il senatore Cesaro e il deputato Pentangelo di Forza Italia
15/05/2020 – È l’ultimo clamoroso sviluppo dell’inchiesta antimafia ‘Olimpo’ sulla riqualificazione in area residenziale e di housing sociale dell’ex area industriale Cirio di Castellammare di Stabia. Nove misure cautelari, sette eseguite, per due verrà chiesta l’autorizzazione al Parlamento. È l’ultimo clamoroso sviluppo dell’inchiesta antimafia ‘Olimpo’, anticipato da ilfattoquotidiano.it l’anno scorso: riguarda ipotesi di corruzione intorno alla riqualificazione in area residenziale e di housing sociale dell’ex area industriale Cirio di Castellammare di Stabia, e vede coinvolti il senatore Luigi Cesaro (nella foto)e il deputato Luigi Pentangelo, entrambi di Forza Italia, vicini a Silvio Berlusconi. Sono indagati – e sui loro arresti domiciliari decideranno i rispettivi rami del Parlamento – in qualità di ex presidenti della Provincia di Napoli, l’ente che nominò il commissario ad acta che a sua volta rilasciò il nulla osta ai progetti presentati dalle società dell’imprenditore stabiese Adolfo Greco, messo in carcere nel dicembre 2018 con accuse di collusione con la camorra stabiese.
Uno stralcio di quest’indagine – relativo ai reati di pubblica amministrazione – fu trasmesso per competenza alla Procura di Torre Annunziata guidata dal reggente Pierpaolo Filippelli. All’alba, la notifica degli arresti. Tra i quali figura l’ingegnere Antonio Elefante, tecnico di fiducia di Greco: agli atti intercettazioni e mail sul suo ruolo e i suoi contatti con l’architetto Maurizio Biondi, il commissario ad acta della ‘pratica’ Cirio nominato dalla Provincia di Napoli dopo la mancata risposta dell’amministrazione comunale di Castellammare di Stabia. Quando a guidarla erano Cesaro e Pentangelo. – [IlFattoQuotidiano.it]
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Coronavirus, il Governo verso la diffida all’ordinanza della Calabria: “non avete casi, ma dovete rimanere chiusi”
30/04/2020 – In base a quanto apprendiamo nella notte da fonti di governo, l’esecutivo sta valutando la diffida dell’ordinanza della Regione Calabria con cui il governatore, Jole Santelli, consente già da oggi, Giovedì 30 Aprile, la riapertura dei locali con tavoli all’aperto, dei mercati e dà il via libera alla ripresa degli sport individuali. L’ordinanza, riferiscono fonti vicinissime al Governo, è stata oggetto di discussione del Consiglio dei Ministri che si è concluso da pochi minuti. La diffida è il passo che precede l’impugnativa. Si tratta, in estrema sintesi, di una lettera con cui si invita il governatore a rimuovere le parti incoerenti dell’ordinanza rispetto al Dpcm varato dal premier Conte. Se le modifiche non verranno apportate, il governo potrà a quel punto decidere di ricorrere al Tar o alla Consulta e impugnarla. Un procedimento che prevede tempi lunghi (almeno due settimane), rispetto a un’ordinanza che è già in vigore dalla mezzanotte di oggi, Giovedì 30 Aprile appunto.
E’ doveroso ricordare che nelle scorse settimane la Calabria, come la Sicilia, il Comune di Reggio Calabria, il Comune di Messina, la Regione Puglia, la Regione Campania e molti altri enti locali, hanno già varato ordinanze in contrasto con i decreti del Governo, molto più restrittive nei confronti delle normative nazionali. Infatti molte multe e sanzioni sui territori sono state elevate in base alle norme regionali e comunali, più rigide rispetto a quelle nazionali. Non si capisce secondo quale ragionamento le misure fatte in un verso (chiusure) seppur in contrasto con le direttive nazionali, andavano bene e non venivano impugnate, mentre adesso quelle per le riaperture vengono immediatamente messe in discussione da un Governo che dapprima ha sottovalutato l’epidemia e poi ha disposto il lockdown più rigido del mondo intero anche nelle Regioni, come la Calabria, che sono state soltanto sfiorate dalla pandemia. Territori già economicamente svantaggiati a cui adesso vogliono impedire di ripartire, nonostante il tasso di contagio a 0,6 indichi chiaramente come la Calabria possa permettersi – con le cautele del caso – di iniziare a riaprire qualcosa, e in modo particolare le attività all’aperto dove il rischio di contagio è molto basso. – [FONTE]
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Covid-19, l’Oms lancia raccolta fondi
Si chiama Solidarity response fund. Come donare: Per donare al Solidarity Response Fund, potete andare sul sito http://who.int e cliccare sul bottone arancione “Donate” in cima alla pagina.
Oppure attraverso il canale Facebook.
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Mafia, il boss fermato con Nicosia era socio dell’ex parlamentare di Forza Italia
05/11/2019 – E’ finito di nuovo in manette per associazione mafiosa. Ieri è stato addirittura tra i soci di Massimo Maria Berruti, ex finanziere, poi avvocato della Fininvest di Silvio Berlusconi e deputato di Forza Italia. È il curriculum di Accursio Dimino, capo della famiglia mafiosa di Sciacca (Agrigento), fermato dalla procura di Palermo mentre si stava preparando per partire verso gli Stati Uniti. Dimino viene intercettato più volte con Antonello Nicosia, esponente dei Radicali, condannato nel 1999 a dieci anni e sei mesi per traffico di stupefacenti e ora accusato di aver usufruito delle ispezioni nelle carceri siciliane della deputata Giuseppina Occhionero per fare da tramite tra i boss mafiosi in cella e i clan.
Alla fine degli anni ottanta, quando Dimino era l’autista di fiducia del capomafia Salvatore Di Ganci, i carabinieri trovarono il suo nome tra i soci della Xacplast srl, una società di lavorazione della plastica. Dimino aveva il 10%, il 50% era di Laura Marino, cognata di Di Ganci, mentre il restante 40% era di Massimo Maria Berruti, ex ufficiale della Guardia di Finanza, poi avvocato e componente dello staff legale di Berlusconi, quindi frontman della campagna elettorale in provincia di Agrigento, zona dove trascorreva le estati nella sua villa di Sciacca, prima di essere eletto parlamentare di Forza Italia nel 1996.
Berruti della Xacplast era socio fondatore. Poi nel 1988 la società cambiò oggetto statuto, trasformandosi in Maratur, agenzia di viaggi. Titolari erano la moglie diDi Gangi, Vincenzo Leggio, altro uomo d’onore del clan che oggi per gli inquirenti era guidato da Dimino. Fermato questa notte, visto che era pronto a darsi alla macchia verso gli Stati Uniti. “Vediamo di accelerare così me ne vado che non si può stare più”, diceva. Dopo lunghi preparativi la data era stata fissata: partenza prevista per il 5 novembre. “Me ne vengo a Roma perché poi l’altra settimana ancora vado in California”, diceva Nicosia intercettato. Secondo gli investigatori avrebbero potuto utilizzare “scali intermedi in paesi del Medio Oriente” e “documenti falsificati”. Per questo i pm della Dda di Palermo, nel giro di pochi giorni hanno dovuto formalizzare nero su bianco il fermo per cinque persone, tra cui i due che da tempo programmavano il viaggio Oltreoceano.
Di certo Dimino (detto Cussu Matiseddu) era tornato a reggere la famiglia di Sciacca con i vecchi metodi: intimidazioni, estorsioni, ricatti e minacce. Da sempre fedele ai corleonesi, quando nel 1993 fu arrestato nel blitz ‘Avana’, era uno dei punti riferimento del boss Salvatore Di Ganci (che gli aveva fatto da padrino di Cresima). Condannato nel 1996, fu scarcerato nel 2004 e nuovamente arrestato nel 2010. Anche Matteo Messina Denaro si era rivolto a lui per ordinare l’omicidio di due agenti della polizia penitenziaria in Sardegna, ma nelle carte di quell’operazione si trova anche il nome di un magistrato “che viaggia in Croma blindata targata Roma con scorta” e di “cancellieri che “scherzando, scherzando” sono in grado di “correggere i verbali di udienza”. “Ieri mi ha scritto una lettera”, diceva nel 2005 mentre si trovava in auto con un complice che chiedeva “Castelvetrano?”, e lui confermava leggendo “Affettuosi saluti..cose..rimane tra te, me e l’interlocutore”.
Dal 2016 era tornato in libertà e voleva ricominciare a darsi da fare. Gli investigatori lo hanno ascoltato catechizzare Nicosia sulla storia della mafia agrigentina. “C’erano persone con gli occhi chiusi” e succedevano “venti boom”, diceva riferendosi alla stagione degli omicidi di mafia. Ma soprattutto l’astio verso i collaboratori di giustizia. “Questo una cosa inutile è”, diceva riferendosi a Giuseppe Quaranta di Favara, divenuto collaboratore dopo l’arresto nell’ambito dell’operazione Montagna. “Poi ti faccio vedere a Mario Merola”, diceva riferendosi a Domenico Maniscalco, prima arrestato per mafia e poi scarcerato lo scorso 25 luglio dal gup di Palermo. “Quello cammina con il coso in petto”, diceva riferendosi al rischio che l’uomo – che portava una collanina – fosse imbottito di microspie. – [Continua su FONTE]
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Vitalizi, evidente conflitto di interessi per due persone che devono esaminare i ricorsi
30/10/2019 – Il giorno della verità per 772 ex senatori è vicino. Il 4 novembre la commissione Contenziosa di Palazzo Madama deciderà se il taglio dei vitalizi è legittimo o meno. Un tribunale interno la cui sovranità è assicurata dall’autodichia che governa le due Camere. Sul quale però pende la pesante accusa di conflitto d’interessi. Ad avanzarla sono i parlamentari del Movimento 5 stelle. Dopo che il 29 ottobre il blog aveva lanciato l’allarme, adesso è la vicepresidente del Senato Paola Taverna a intervenire. “Allarme conflitto d’interessi per due giudici della Commissione contenziosa del Senato che il 4 novembre dovrà esaminare i ricorsi di 772 ex senatori e decidere sulla conservazione dei loro odiosi privilegi. Privilegi che qualche decennio fa le Camere si autoassegnarono ingiustamente, ricordiamolo che non fa mai male”, dice la senatrice del M5s. “Ora – continua – il punto è che esiste uno strano giro di amicizie, un nebuloso intreccio di simpatie che ci preoccupa rispetto all’imparzialità del giudizio. Sapevamo che qualche nostalgico avrebbe tentato la via dell’autoconservazione ma sarebbe davvero un brutto segnale fare un passo indietro nel percorso che ha riavvicinato i cittadini alle istituzioni”.
“Lo strano giro di amicizie“, si riferisce a uno dei 772 senatori che hanno fatto ricorso contro il taglio del vitalizio: Nitto Palma, ex ministro della giustizia di Silvio Berlusconi, ora capo di gabinetto della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. È stata proprio la seconda carica dello Stato a volere come presidente della commissione Contenziosa Giacomo Caliendo, senatore di Forza Italia da tre legislature, sottosegretario alla giustizia proprio quando il ministro era Palma. E chi era l’altro sottosegretario in via Arenula? Ovviamente Casellati, che oggi ha nominato Palma capo di gabinetto e Caliendo al vertice della commissione Contenziosa. Casellati, Palma e Caliendo erano poi membri fissi della commissione giustizia ai tempi in cui il governo Berlusconi studiava il legittimo impedimento e l’incostituzionale lodo Alfano. Adesso Caliendo dovrà decidere il futuro degli assegni degli ex senatori. Compreso quello dell’amico Palma, che si è visto tagliare di 800 euro i 6.200 euro di vitalizio.
Una decisione difficile quella alla quale è chiamato Caliendo. Che però non è solo. Della Commissione, infatti, fa parte anche una altra vecchia conoscenza di Palma: cioè il membro laico Cesare Martellino, ex magistrato che con Palma ha lavorato alla procura di Roma, e secondo La Notizia anche all’ufficio indagini della Federcalcio e persino nel comitato organizzatore dei Mondiali di Italia ’90. Insieme a Caliendo e Martellino, dovranno esprimersi sul taglio ai vitalizi anche il leghista Simone Pillon, la cinquestelle Elvira Evangelista e l’avvocato Alessandro Mattoni. Sono loro che dovranno decidere se il taglio dei vitalizi è legittimo. – [FONTE]
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