Marco Travaglio: “Ma mi faccia il piacere”
13/01/2017 – L’eroico bambino/1. “Quando avevo 12 anni, nel 1948, andavo con tre compagni di liceo ad attaccare i manifesti per la Democrazia cristiana…” (Silvio Berlusconi, presidente FI, Ansa, 11.11). Perbacco: a 12 anni era già al liceo, l’enfant prodige. L’eroico bambino/2. “… Una volta mentre ero sulla scala sono arrivati cinque ragazzotti che attaccavano i manifesti del Partito comunista. Mi dicono: ‘Vieni giù che dobbiamo dirti qualcosa’. Poi mi malmenano, mi fanno uscire il sangue dalla faccia. Io sgomito, riesco a svincolarmi e corro, sono sempre stato un grande velocista. Quando sono tornato a casa, mia madre mi vide con la faccia tutta insanguinata e mi diede l’unico schiaffo in vita sua perchè credeva che fossi andato a scuola in bicicletta e non voleva lo facessi. Di questo schiaffo mi ha chiesto scusa tutta la vita” (S.B., ibidem). Dice il saggio cinese: quando rincasa, picchia Berlusconi; tu non sai perchè, ma lui sì.
Il Menzognero. “Torino, indagati Appendino e il questore: ‘Responsabili per quella notte di terrore’” (il Messaggero, 7.11). “Raggi, sul processo si decide il 9 gennaio: la tegola sulla campagna elettorale M5S” (ibidem, 7.11). “Zingaretti sfida i veleni Cinquestelle” (ibidem, 8.11). Quindi, ricapitolando: se l’Appendino è sotto indagine per reati colposi, si dice “indagata” e “responsabile”; se la Raggi è imputata per falso, si dice “processo” e “tegola”; se Zingaretti è indagato per falsa testimonianza al processo Mafia Capitale, si dice “veleni Cinquestelle” e “sfida”.
Viva la fuga. “Duelli con il Pd? Chiedo a Renzi e Boschi pubblicamente un confronto tv. Noi non scappiamo. E loro?”. “Renzi ha un accordo per spartirsi la Sicilia e l’Italia con Berlusconi. Voglio un confronto dopo il 5, Matteo ci stai? Martedì 7 novembre da Floris. È la più vista in prima serata” (Luigi Di Maio, M5S, tweet del 15.1.2016 e del 2.11.2017 citati da Wil Nonleggerlo, espresso.it). Poi da Floris va solo Renzi. Di Maio è a “Chi l’ha visto?”.
Solitario y final/1. “Alfano: ‘Pronti a correre da soli’” (il Giornale, 12.11). Tu e chi?
Solitario y final/2. “Renzi euforico per i sondaggi” (La Stampa, 9.11). “Dopo la Sicilia, il Pd cala e sale M5S. Al centrodestra quasi metà dei collegi. Per i dem 6 punti persi in 6 mesi” (Corriere della sera, 11.11). Chissà che avrà da ridere.
Solitario y final/3. “Ora dobbiamo fare un’alleanza. Come gli avversari” (Dario Franceschini, ministro Pd della Cultura, Corriere della sera, 7.11). Peccato che Salvini e la Meloni siano già impegnati, se no sarebbero perfetti.
Manette scomode. “Questa è roba della massoneria, sono i poteri forti che vogliono zittirmi, io do fastidio. Pregate per me, dite un’Ave Maria… Sto sgranocchiando i maccheroni, già sapevo che mi avrebbero arrestato. Un amico mi ha avvertito che davo fastidio” (Cateno De Luca, deputato regionale siciliano Udc appena rieletto e subito arrestato, Il Fatto quotidiano, 9.11). Soprattutto al Codice penale.
Paletta e secchiello. “Renzi vede Casini: ‘Sulle banche andremo fino in fondo’” (La Stampa, 5.11). Alla sabbia.
Chi può e chi non può/1. “Pugdemont ha violato sia le leggi catalane che quelle spagnole, ha violato la Costituzione di un Paese democratico che fa parte dell’Ue. Non è un perseguitato politico” (Antonio Tajani, presidente FI del Parlamento europeo, Corriere della sera, 1.11). Mica si chiama Berlusconi.
Chi può e chi non può/2. “Tajani ad Hammamet sulla tomba di Craxi: ‘É stato un grande politico, ha pagato per colpe non sue il prezzo di un immeritato esilio’” (Il Dubbio, 31.10). Siccome rubava a man bassa, lui sì che fu un perseguitato politico.
Pijo tutto. “Carraro mi scagiona e penso a Padre Pio…” (Luciano Moggi, ex ad della Juventus, radiato dalla Figc e prescritto per associazione a delinquere e frode sportiva, Libero, 2.11). Anzi a Padre Pijo.
Il titolo della settimana/1. “Gli errori del ministro Fedeli. Ignoranza grassa” (Libero, 3.11). Tipo quella di chi scrive “grassa” al posto di “crassa”.
Il titolo della settimana/2. “La Val Susa brucia nell’indifferenza di no-Tav e grillini” (F.F., Libero, 31.10). Abolita la Forestale di chi sarà la colpa degli incendi? Ma dei No Tav e dei 5Stelle, naturalmente.
Il titolo della settimana/3. “L’Italia vuole un gol per prendersi il Mondiale” (il Giornale, 10.11). Infatti l’ha segnato De Rossi, purtroppo nella porta sbagliata. (di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano)
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Travaglio v/s Sallusti in ” Marcello Dell’Utri, inventore di Forza Italia in carcere per mafia, è un galantuomo?”
12/11/2017- Sallusti direttore di un giornale? Per favore,un motivo perché siamo al 77 simo posto dell’informazione. Ma va a cagare uomo senza palle e dignità! Il Galantuomo collaborava con un certo De Caro, direttore, di nomina politica, della biblioteca Girolamini di Napoli, dalla quale sparirono centinaia di libri di inestimabile valore. Guarda caso Il Galantuomo ha la passione dei libri antichi.
Ascoltate il Video dal Minuto 20,00 in poi…
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“Preavviso di garanzia”: di Marco Travaglio
04/11/2017 – Ieri La Stampa ha scoperto dopo mesi di letargo un’improvvisa passione per la cronaca giudiziaria. E non per una sentenza o una nuova indagine, ma per una presunta svolta nelle indagini sulla tragedia di piazza San Carlo, dove morì una persona e centinaia rimasero ferite per il falso allarme-attentato che scatenò il fuggifuggi di migliaia di tifosi. Un evento imprevisto e imprevedibile, aggravato da due scelte sbagliate – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 04 novembre 2017, dal titolo “Preavviso di garanzia”.
La prima, la gestione improvvida dell’ordine pubblico da parte della Questura e della Prefettura (transenne tutt’intorno alla piazza e libera vendita abusiva di bottiglie di alcolici all’interno). La seconda, l’errore (visto col senno di poi) della giunta a 5Stelle di consentire ciò che tutte le giunte precedenti avevano sempre consentito, anche dopo le prime stragi dell’Isis in Europa: la proiezione della finale di Champions League con la Juventus in campo sul maxischermo in una piazza del centro città con scarse vie di fuga.
Ecco dunque il titolo di apertura de La Stampa (gruppo Elkann-De Benedetti): “Piazza San Carlo, l’atto d’accusa dei pm. A Torino pronti gli avvisi di garanzia contro i vertici cittadini. Una ventina gli indagati, tra loro anche la sindaca Appendino. Rischiano fino a 12 anni di carcere. Svolta nell’inchiesta…”. Con tanto di editoriale che elogia la Procura di Torino: “Un passo verso la verità” per l’accusa – scontata e stranota, dopo la morte di una donna – di omicidio colposo.
Quindi, par di capire, La Stampa è in possesso dell’atto di accusa della Procura e dei nomi degli avvisati. Invece basta girare pagina per non trovare, alla 2 e alla 3, un solo virgolettato (“l’atto di accusa”) né un solo nuovo indagato (su “una ventina”). Un’assoluta novità nel panorama della cronaca giudiziaria: il preavviso di garanzia (de La Stampa, non della Procura). È una vera fortuna che non ci siano di mezzo B. o il Pd, sennò chi li sentirebbe i puntuti polemisti de La Stampa sdegnati per la “fuga di notizie”, la “giustizia a orologeria”, l’“uso politico della giustizia” e il disprezzo per la “presunzione d’innocenza” alla vigilia delle elezioni siciliane? Il fatto poi che i preavvisati di garanzia siano accusati di omicidio colposo aggiunge al tutto un irresistibile tocco di surrealismo. Da quando esiste, cioè da più di un secolo, la Fiat (ora Fca) è sempre stata il principale fornitore di omicidi colposi alla Procura di Torino, con tutti i suoi operai morti sul lavoro: quelli che, ai tempi d’oro di Valletta e dell’Avvocato, La Stampa faceva morire sempre “in ambulanza durante il trasporto in ospedale” e mai in fabbrica, come se la Croce Verde fosse un covo di serial killer.
Eppure, a memoria d’uomo, non si rammenta una prima pagina de La Stampa intitolata “Mirafiori, l’atto d’accusa dei pm. A Torino pronti gli avvisi di garanzia contro i vertici Fiat. Una ventina gli indagati, tra loro anche Romiti (o Marchionne). Rischiano fino a 12 anni di carcere”. Non solo.
L’anno scorso il Tribunale di Ivrea ha condannato a 5 anni e 2 mesi l’azionista di Stampubblica Carlo De Benedetti per omicidio colposo plurimo e per la morte di 13 dipendenti Olivetti colpiti da tumori da amianto. Ma purtroppo un anno fa La Stampa non aveva ancora scoperto la cronaca giudiziaria né la gravità dell’omicidio colposo: infatti alla condanna (non al preavviso di garanzia) per il suo azionista non dedicò l’apertura della prima pagina, ma un richiaminuccio visibile solo ai lettori muniti di microscopio elettronico, ovviamente senza nomi nel titolo (“Caso Olivetti, tutti condannati”). Sempre meglio di quel che è accaduto il mese scorso, quando Ottaviano Del Turco è stato condannato a 3 anni e 11 mesi in Cassazione per tangenti (induzione indebita), ma non per associazione a delinquere, e La Stampa l’ha spacciato per “assolto”. L’altro giorno invece sono uscite le motivazioni della sentenza d’appello (reato commesso e prescritto) che sancisce definitivamente come B. nel 2006 abbia corrotto il senatore De Gregorio per rovesciare il governo Prodi: su La Stampa una notiziola di 22 righe a pagina 9, dal titolo civettuolo “I giudici di Napoli: ‘Silvio corruttore’”.
Che sarà mai comprare senatori per rovesciare governi, al cospetto della fantasmagorica denuncia di Renzi da Chicago (un’intera pagina de La Stampa): “I grillini ci attaccano con le fake news… È in atto un tentativo impressionante di condizionare la politica italiana, segnatamente contro il Pd. Non tocca a me dire se sono i russi visto che la catena organizzativa di comando la scopriranno i magistrati, ma M5S costruisce tutto sulla falsificazione scientifica, i trolls, le firme false a Palermo (invece quelle di Bergamo e di Vercelli, col presidente della Provincia Pd e la sindaca Pd condannati per firme false, sono vere, ndr), il bilancio falso a Torino (mai stabilito da alcun giudice, ndr), le fake news rilanciate in maniera costante…”.
Quindi, se B. condiziona la politica e butta giù un governo a colpi di mazzette, vale 22 righe. Se Renzi delira di un complotto russo-grillino, sul celebre asse Putin-Di Maio, una pagina. Se la Procura di Torino non si decide a incriminare la Appendino per omicidio, provvede La Stampa su tre pagine. E se ieri il Tribunale di Roma (non i pm in un avviso o preavviso di garanzia, ma il giudice in una sentenza di primo grado) accusa di falsa testimonianza su Mafia Capitale (non su un incidente di piazza) 27 politici, fra cui il governatore pd Zingaretti e la deputata pd Campana, che si fa? Oggi, per la par condicio, La Stampa dovrebbe uscire in edizione straordinaria col titolo cubitale: “Mafia Capitale, l’atto d’accusa del Tribunale. A Roma pronti gli avvisi di garanzia contro il Pd: 27 gli indagati, tra loro anche il governatore Zingaretti. Rischiano fino a 12 anni di carcere”. Dài che anche oggi ci divertiamo. – Articolo intero su Il Fatto Quotidiano in edicola oggi.
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Marco Travaglio – “Il bue dice cornuto al Grillo” ultimo editoriale
31/10/2017 – Sabato era una di quelle giornate che noi cronisti vorremmo vivere sempre: così piena di notizie da non sapere dove metterle. Tutti scandali del potere che, nei paesi normali, finiscono in prima pagina e ci rimangono finché i protagonisti non vengono cacciati, o si dimettono, o almeno danno spiegazioni plausibili. Siccome, a dispetto dell’evidenza, ci ostiniamo a ragionare come se il nostro fosse un paese normale, le abbiamo pubblicate tutte insieme domenica, malgrado i problemi di spazio, per non farcele rubare dalla concorrenza.
1) La prima notizia è un’interrogazione di Fd’I sull’assessora alla Sanità e alle Politiche sociali della Regione Toscana, la renziana Stefania Saccardi, che risulta proprietaria o comproprietaria di 14 immobili, ma vive in un appartamento dell’Istituto per il sostentamento del clero (cioè della Curia fiorentina) a canone agevolato. Con alcune aggravanti: la Saccardi non ha dichiarato i 14 appartamenti; l’istituto che la ospita partecipa al fondo regionale per l’housing sociale che parrebbe competenza del suo assessorato; questi alloggi ecclesiastici sono riservati ai bisognosi con “provate difficoltà economiche”, requisito che sembrerebbe escludere l’assessora; il delegato al patrimonio immobiliare della Curia è Simone Saccardi, fratello dell’assessora. La quale ora annuncia querele, parla di “attacchi personali”, s’avventura in sottili distinguo fra la “nuda proprietà” e la titolarità dei 14 immobili, ma si guarda bene dal produrre copia del contratto di locazione e dal rivelare quanto paga di affitto.
2) La seconda è la chiusura dell’indagine dell’Alta Scuola Imt di Lucca sulla tesi di dottorato della ministra Marianna Madia, che il Fatto scoprì essere copiata per almeno 4 mila parole (fino all’86% di certe pagine) da altre pubblicazioni, senza virgolette né citazioni delle fonti nel testo o nelle note. Il tutto in violazione del Codice etico dell’Imt, che definisce plagio “la presentazione di parole o idee di altri come fossero le proprie”. Ma gli occhiuti commissari hanno deciso che va tutto bene così. “A seguito delle risultanze degli approfondimenti svolti – comunica l’ateneo – condotti da personalità accademiche e da professionisti di comprovata esperienza internazionale nel settore della integrità ed etica della ricerca e antiplagio, considera definitivamente concluso l’iter e ritiene di non avviare alcun procedimento ulteriore”. Purtroppo gli esperti sono così esperti, i professionisti così professionali e i loro argomenti così argomentati che i verbali dell’istruttoria sono segretati.
E pazienza se due anni fa è diventato legge il Freedom Information Act (Foia) sull’accesso agli atti, fiore all’occhiello della Riforma della PA firmata da una certa Madia.
3) La terza riguarda il vicecommissario dei Vigili urbani di Milano Costantino Gemelli, indagato per corruzione col sindaco (arrestato) di Lonate Pozzolo e risultato in contatto con uomini del clan Fidanzati, al punto da far cancellare un centinaio di multe a mafiosi e amici o parenti loro. L’ex comandante Antonio Barbato (poi trasferito per un’altra storia di frequentazioni malavitose) denuncia il ghisa e altri come lui al sindaco Pd Giuseppe Sala e all’assessore alla Sicurezza Carmela Rozza in una lettera del 20.10.2016, ma – dichiara – “nulla fu fatto dalla politica. Nessun provvedimento disciplinare. Allora decisi io i trasferimenti”. Gemelli cambia aria, intanto le indagini vengono archiviate, ma le relazioni pericolose e le multe tolte ai mafiosi sono confermate (i giudici parlano pure di una Mercedes regalatagli dal boss). La giunta Sala non muove un dito, non avvia procedimenti disciplinari e ora reintegra Gemelli a Milano, promuovendolo addirittura a coordinatore dei vigili nel Municipio 9. E la Rozza dichiara “non conoscevamo la vicenda, stiamo chiedendo gli atti”. Ma la lettera di Barbato dimostra che l’assessora e Sala sapevano tutto da un anno e non hanno fatto nulla.
Indovinate qual è stata la notizia più gettonata sui giornali di domenica e lunedì. La granduchessa Pd e il suo record di case e conflitti d’interessi? L’insabbiamento del caso Madia? Il sindaco Sala che chiude entrambi gli occhi sul vigile amico dei mafiosi? O magari il capogruppo di FI Paolo Romani, appena condannato in Cassazione a 1 anno e 4 mesi per peculato? Tranquilli: quelle non sono notizie, infatti non lasciano traccia alcuna su giornali né tg. Zero tituli, a parte Romani (ben 28 righe a pag. 11 del Corriere, neppure una sugli altri quotidiani). In compenso, pagine e pagine sulle dimissioni di tal Paolo Giordana, capo di gabinetto di Chiara Appendino, che ha fatto levare una multa da 95 euro a un amico.
E non per segnalare la felice anomalia (in Italia, si capisce) di un pubblico ufficiale che se ne va per un fatterello penalmente irrilevante ma moralmente indecente, mentre autori di condotte infinitamente più gravi fischiettano incollati alle poltrone o strillano al giustizialismo o aspettano la Cassazione (e quando arriva chi se ne frega). Ma per dire che “Il caso Appendino (non Giordana: Appendino, ndr) fa tremare i 5Stelle” (Repubblica), “il declino dell’Appendino somiglia straordinariamente a quello della collega romana Raggi” (La Stampa), e i 5Stelle sono “piccoli truffatori e feroci moralizzatori al grido di onestà trallalà” (il Giornale, firmato Alessandro Sallusti, difensore d’ufficio e grande estimatore dell’onesto B. pregiudicato per frode fiscale, dell’onesto Previti pregiudicato per corruzione giudiziaria e dell’onesto Dell’Utri pregiudicato per mafia). Il governo Renzusconi non è ancora nato, ma per la libera stampa è come se già ci fosse. Meglio portarsi avanti col lavoro, anzi con la lingua.
FQ 31.10.2017 Marco Travaglio
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Fassino si scusa con Travaglio: “Mi sono sbagliato, non era nel Fuan. Mi avevano riferito notizie non vere”
28/10/2017-“Mi avevano riferito notizie non vere”. Piero Fassino si scusa con Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano. Durante la trasmissione Un giorno da pecora su Rai Radio1, il responsabile esteri del Pd aveva accusato Travaglio di aver fatto parte del Fuan, il Fronte universitario d’azione nazionale.
“Evidentemente mi sono sbagliato. Prendo atto che Marco Travaglio dichiara di non aver mai aderito al Fuan.
Se così è, mi avevano riferito notizie non vere – scrive Fassino in una lettera alla stessa trasmissione radiofonica – In casi come questi, una persona seria riconosce l’errore e se ne scusa”.
“Siccome tra i tanti difetti che ho rivendico il pregio di essere una persona seria – continua l’ex segretario dei Ds – mi sono scusato con l’interessato e mi scuso coi conduttori della trasmissione Un Giorno da Pecora e con gli ascoltatori”.
Fassino aveva risposto alle critiche del direttore del Fatto sul Rosatellum affermando che “Travaglio viene dal Fuan, io vengo da tutt’altra storia, ognuno sta sulla sua barricata”. “Sta dicendo – avevano chiesto stupiti i conduttori – che facesse parte del Fuan?”. E Fassino aveva confermato: “Sì, il Fronte universitario fascista, Travaglio viene da lì. Ha pienamente diritto di farlo, solo che siamo su fronti opposti, non c’è possibilità di confusione”.
Il direttore del Fatto aveva risposto in maniera ironica attraverso una nota smentendo la notizia: “Ho appreso oggi da Piero Fassino, fonte notoriamente autorevole, che “Travaglio viene dal Fuan… dal fronte universitario fascista”. Non lo sapevo, ma nella vita si impara sempre qualcosa”.
Subito dopo, però, aveva annunciato: “Comprendo l’imbarazzo di Fassino nel difendere la fiducia imposta dal suo partito sul Rosatellum alla maniera di Benito Mussolini nel 1923 sulla legge Acerbo, ma io non c’entro. Siccome però a nessuno può essere consentito di dare del fascista a chi non lo è mai stato, do appuntamento a Piero Fassino in Tribunale con un’immediata querela per diffamazione”. – FONTE
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Rai, Travaglio vs Ferrario (Tg1): “Polemica Fico-Vespa? Il giornalista ha scelto un contratto da artista o no?”
07/10/2017 – “Polemica Fico-Vespa? Non è una proposta del presidente della Commissione Vigilanza Rai, ma la normativa vigente voluta dal partito di maggioranza”. Così, a Otto e Mezzo (La7), il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, esordisce nella spiegazione del caso Vespa: il deputato M5S, Roberto Fico, ha, infatti, chiesto che Porta a Porta (Rai Uno) non contenesse dibattiti prima delle elezioni politiche, in virtù delle norme sulla par condicio, in quanto il conduttore ha un contratto non giornalistico che aggira il tetto dei 240 mila euro lordi annui, come compenso.
Travaglio puntualizza: “Il punto di partenza è che stata approvata una legge che fissa per i dipendenti Rai un tetto massimo di stipendio, pari a 240mila euro. Però avevano delle star che guadagnavano talmente tanto da minacciare di andarsene dalla Rai, Così sono stati sforati i tetti e sono state concesse delle deroghe con la formula del contratto artisti. Contratto” – continua – “che è comprensibile per Fabio Fazio, il quale è notoriamente un uomo di spettacolo, anche se ogni tanto viene scambiato per un giornalista.
Ma si tratta di un contratto abbastanza curioso per Bruno Vespa, che è indubitabilmente un giornalista e uno scrittore e fa indubitabilmente, piaccia o non piaccia, un programma giornalistico”. E aggiunge: “Vespa ora ha un contratto da uomo di spettacolo. In campagna elettorale le regole della par condicio dicono che i programmi di spettacolo e di intrattenimento, che vogliono occuparsi di politica, devono essere ricondotti alla testata giornalistica, cioè, nel caso di Vespa. il Tg1.
Quindi, noi avremmo il paradosso di un direttore del Tg1 che guadagna meno di 240mila euro e che deve controllare uno che guadagna un milione e 200mila euro all’anno, e si è pure ridotto del 30% lo stipendio. Se Vespa fa un programma artistico, si occupasse di arte e di spettacolo durante la campagna elettorale, visto che quello è il contratto che si è scelto. E lasci fare i programmi giornalistici” – prosegue – “a quelli che hanno un contratto giornalistico. Questa è la regola, non è la posizione bizzarra di Fico. Naturalmente diventerà la posizione bizzarra di Fico, perché figuriamoci se i partiti che sono incistati nelle poltrone di Vespa coi bulloni rinunceranno alle ospitate nelle sue trasmissioni.
Quindi, non passerà mai e avremo questa pagliacciata ennesima: un uomo di spettacolo che fa un programma sulla campagna elettorale”. Dissente la giornalista del Tg1, Tiziana Ferrario, che osserva: “E’ ovvio che quella di Fico sia una provocazione, sarebbe abbastanza curioso dire a Vespa di non occuparsi di politica, perché guadagna più del direttore del Tg1. E’ una forzatura, una polemica inutile. un tentativo che verrebbe visto come la voglia di chiudere la voce a Bruno Vespa e spegnerlo. Io sono sempre stata contraria alle voci che si spengono. E quella di Bruno Vespa deve restare”. “Ma figuriamoci” – replica Travaglio “Nessuno vuole spegnerla, vuole solo trasformarlo in artista quale è, come da contratto. E’ un artista e quindi faccia l’artista. Faccia il saltimbanco, faccia il circo. E’ quello che c’è scritto nel suo contratto. I contratti sono cose serie, non sono barzellette“. FONTE
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“Siamo tutti Mastella”: di Marco Travaglio
17/09/2017 – Ieri, tra le varie telefonate di strani “colleghi” a caccia di un mio commento, anzi di un mio pentimento per l’assoluzione di Mastella, come se l’avessi indagato e rinviato a giudizio io, mi chiama uno dei miei avvocati. Mi racconta di un processo a mio carico per diffamazione a proposito di un mio trafiletto del lontano 2010 (una giornalista del Tg1 che aveva diffuso dati imprecisi sul numero delle intercettazioni), ancora in udienza preliminare. E mi chiede elementi per dimostrare la fondatezza di ciò che scrissi sette anni fa. Per fortuna ho un buon archivio e riesco a trovare i dati necessari a difendermi. In 34 anni di carriera ho subìto quasi 200 processi (e non so quante indagini: molte querele vengono archiviate all’insaputa del querelato) per diffamazione e, a parte una multa di mille euro (a Previti!), sono sempre stato assolto. Dunque dovrei strillare ogni giorno alla persecuzione giudiziaria, alla gogna mediatica, al giustizialismo a tutto l’armamentario del finto garantismo italiota – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale
Naturalmente me ne sto zitto, mi difendo nei processi, spendo un capitale in avvocati (che devo pagarmi anche quando le querele vengono archiviate, grazie ai nostri legislatori “garantisti”) e mi faccio una cultura in diritto e procedura penali. Per esempio, ho imparato a distinguere tra fatti e reati: i processi per diffamazione non devono accertare se ho davvero scritto una certa cosa (che è lì stampata, a disposizione di chiunque voglia valutarla), ma se quella cosa sia o meno diffamatoria. E a quel punto parte il terno al lotto, a seconda del giudice, nulla essendo più aleatorio e soggettivo di concetti come la “continenza”, il diritto di satira o di critica (se fai una battuta, devi sperare che il giudice la capisca).
Un’altra cosa che ho imparato è che la legittimità di un’indagine non dipende dalla sentenza: altrimenti 199 delle 200 inchieste a mio carico sarebbero state infondate solo perché seguite da altrettante assoluzioni, e io dovrei domandarmi cosa ho fatto di male per stare sulle palle a decine di Procure. Le indagini nascono da una notizia di reato: una querela, una denuncia, un’inchiesta della polizia giudiziaria, un’iniziativa del pm, un articolo di giornale, un’inchiesta tv. Quando le aprono, i pm non sanno se il reato c’è né chi l’ha commesso: indagano apposta per scoprirlo. Se poi pensano di avere trovato il reato e il colpevole, chiedono il rinvio a giudizio al gup che, se ritiene che esistano elementi sufficienti per un processo, lo dispone. Accade ogni giorno a migliaia d’italiani e nel 2008 capitò anche a Clemente Mastella e alla moglie Sandra Lonardo.
Lui era ministro della Giustizia del governo Prodi, lei presidente del Consiglio regionale della Campania. La Procura di Santa Maria Capua Vetere li indagò (la signora finì pure ai domiciliari) insieme allo stato maggiore dell’Udeur campana, in base a intercettazioni e testimonianze sulla presunta gestione clientelare di cariche pubbliche (Asi e Asl) e appalti (Arpac). Mastella, furibondo col premier e la maggioranza, a suo dire non abbastanza solidali, si dimise da Guardasigilli e poi ritirò l’Udeur dal centrosinistra, tornando al centrodestra e facendo cadere il governo. L’inchiesta passò per competenza alla Procura di Napoli, che la biforcò in due filoni: uno minore (Asi e Asl: concussione e abuso d’ufficio), approdato l’altroieri all’assoluzione di tutti gli imputati; l’altro più grave (Arpac: presunti falsi, concussioni, turbative d’asta, abusi e un’associazione a delinquere prima confermata e poi bocciata dalla Cassazione), ancora in dibattimento. Dunque è presto per dire che l’inchiesta del 2008 fosse basata sul nulla. Sia perché manca la sentenza principale, sia perché il dispositivo di quella appena emessa non esclude che i fatti esistessero.
Mastella era accusato di aver concusso l’allora governatore Bassolino per costringerlo a nominare un amico all’Asi di Benevento: il pm ha riformulato la concussione in induzione indebita (perché nel 2012 la legge Severino ha modificato e in parte svuotato il primo reato), che poi il Tribunale ha derubricato in abuso d’ufficio, salvo poi concludere sorprendentemente che “il fatto non costituisce reato” (ma allora perché dire che era un abuso? Lo scopriremo dalle motivazioni). La signora Mastella era accusata di tentata concussione a Luigi Annunziata, il manager dell’ospedale di Caserta (“per me è un uomo morto”) che resisteva a presunte pressioni clientelari Udeur: anche quel fatto parrebbe accertato, anche se per i giudici “non è previsto dalla legge come reato” (per la Severino o per cosa? Lo sapremo dalle motivazioni). […] – FONTE
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TRAVAGLIO RAGGI & MIRAGGI: “IL QUARTO ASSESSORE AL BILANCIO IN UN ANNO È LA PROVA DEL DILETTANTISMO E DEL PRESSAPPOCHISMO CON CUI HANNO AFFRONTATO ROMA”
25/08/2017 – Editoriale con cui Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano prende di mira la sindaca di Roma e il Movimento 5 Stelle:
L’ arrivo a Roma del quarto assessore al Bilancio in un anno, senza contare i valzer all’ Ambiente, all’ Urbanistica, all’ Ama (rifiuti) e all’ Atac (trasporti) è l’ ennesima prova del dilettantismo, del pressappochismo, dell’ improvvisazione e dell’ inesperienza con cui non solo Virginia Raggi, ma tutto il M5S hanno affrontato un’ impresa già di per sé disperata: governare Roma.
E questo lo sappiamo, ma repetita iuvant, visto che i 5Stelle si candidano nientepopodimenoché a governare l’ Italia. Ciò che pochi notano, in un panorama informativo a senso unico, è che ai fallimenti grillini nella Capitale s’ aggiungono quelli della “società civile” che avevano coinvolto nell’ avventura romana.
Fra i tanti errori, la Raggi ne aveva evitato almeno uno: quello di chiudersi nel recinto grillino con un monocolore pentastellato. A parte un paio di nomi, aveva pescato il grosso degli assessori, collaboratori e manager all’ esterno, tra figure indipendenti “di area”, alcune brave e titolate.
Ed è proprio da queste – tranne il vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo e pochi altri – che ha subìto le più cocenti delusioni.
Paola Muraro, fra i massimi esperti di compostaggio-rifiuti, ha pagato suo malgrado un’ inchiesta della Procura poi finita quasi nel nulla (a parte un’ infrazione al Testo Ambientale oblabile con pochi euro) e un massacro mediatico mai visto per così poco, che infatti s’ è interrotto il giorno delle dimissioni.
L’ urbanista Paolo Berdini, icona della sinistra ambientalista, aveva collaborato col M5S negli anni dell’ opposizione in Campidoglio e aveva finalmente l’ occasione di fare ottime cose: purtroppo l’ ha persa, con pochi fatti e troppe parole, dalle continue giravolte sullo stadio della Roma e persino sulle Olimpiadi all’ intervista-harakiri sugli amori (peraltro inventati) della sindaca.
All’ Atac, dopo vari sommovimenti, era giunto per concorso un fuoriclasse come Bruno Rota, risanatore dell’ Atm milanese: la Raggi gli aveva dato carta bianca sul concordato preventivo, ma un po’ la paura di finire nei guai con la giustizia per qualche firma di troppo in quel verminaio, un po’ le resistenze dell’ assessore Mazzillo, l’ hanno indotto a fuggire dopo pochi mesi.
Il primo assessore al Bilancio era Marcello Minenna, tecnico Consob di indiscusso prestigio, che però se ne andò in due mesi perché la sindaca aveva seguito il parere Anac sull’ illegittimità del contratto d’ ingaggio della giudice Carla Raineri come capo-gabinetto. Minenna fu sostituito con Raffaele De Dominicis, ex Pg della Corte dei Conti, che però era indagato e non aveva avvertito la sindaca.
Fu così che la Raggi optò per un grillino doc, Andrea Mazzillo. Che ha lavorato benino, ha superato i rilievi dei revisori su un bilancio che tutti giuravano impossibile far quadrare. Poi, ai primi caldi, ha sbroccato: interviste a raffica per attaccare la sindaca, Grillo e Casaleggio…
Se la Raggi e i vertici M5S pensano che Lemmetti replicherà a Roma il piccolo miracolo livornese, possono pure assumersi il rischio di arruolare un indagato. Ma devono spiegare perché ciò che valeva per Muraro e De Dominicis non vale per Lemmetti. Ne va della trasparenza: spetta ai partiti valutare il merito di un “avviso” e deciderne le conseguenze politiche; ma se poi, anziché l’ archiviazione, arrivasse il rinvio a giudizio, bisognerebbe cercare il quinto assessore. E supererebbe il ridicolo.
Intanto Mazzillo, come tutti gli ex della giunta Raggi, è stato prontamente adottato dai giornaloni, Repubblica in testa, come mascotte. Era già accaduto a Raineri, Minenna, Muraro e Rota: quando la Raggi li nominava, erano dei deficienti o dei delinquenti; quando se ne andavano o venivano cacciati, diventavano dei geni e dei gigli di campo da usare contro la putribonda sindaca.
Fu così che la Raggi optò per un grillino doc, Andrea Mazzillo. Che ha lavorato benino, ha superato i rilievi dei revisori su un bilancio che tutti giuravano impossibile far quadrare. Poi, ai primi caldi, ha sbroccato: interviste a raffica per attaccare la sindaca, Grillo e Casaleggio sui “manager dal Nord Italia” (manco portassero la peste), lanciare bizzarri “allarmi sui conti” (e a chi, se l’assessore era lui?), sparare sul concordato preventivo di Atac e addirittura sposare il referendum radicale per privatizzare la municipalizzata. Una bestemmia per un Movimento nato nel 2009 proprio per difendere i servizi pubblici (una delle cinque Stelle era proprio il trasporto comunale) e in prima linea per il referendum 2011 sui beni comuni. Se voleva farsi cacciare, Mazzillo non poteva scegliere parole migliori, infatti era noto a tutti che dopo le ferie sarebbe stato sostituito con uno che condividesse il programma M5S. Cosa che, mentre Mazzillo bloccava alcuni pagamenti ad Atac mettendo a rischio gli stipendi, è avvenuta l’altroieri con l’ingaggio di Gianni Lemmetti, l’assessore uscente della giunta Nogarin che in tre anni ha risanato i conti di Livorno e gestito il concordato preventivo della municipalizzata dei rifiuti Aamps. Quest’operazione gli ha procurato, in tandem col sindaco, un avviso di garanzia per concorso in bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio e falso in bilancio tuttora pendente dopo due anni e probabilmente destinato all’archiviazione: non solo l’Aamps non ha fatto bancarotta, ma non è neppure fallita. Se la Raggi e i vertici M5S pensano che Lemmetti replicherà a Roma il piccolo miracolo livornese, possono pure assumersi il rischio di arruolare un indagato. Ma devono spiegare perché ciò che valeva per Muraro e De Dominicis non vale per Lemmetti. Ne va della trasparenza: spetta ai partiti valutare il merito di un “avviso” e deciderne le conseguenze politiche; ma se poi, anziché l’archiviazione, arrivasse il rinvio a giudizio, bisognerebbe cercare il quinto assessore. E supererebbe il ridicolo.
Intanto Mazzillo, come tutti gli ex della giunta Raggi, è stato prontamente adottato dai giornaloni, Repubblica in testa, come mascotte. Era già accaduto a Raineri, Minenna, Muraro e Rota: quando la Raggi li nominava, erano dei deficienti o dei delinquenti; quando se ne andavano o venivano cacciati, diventavano dei geni e dei gigli di campo da usare contro la putribonda sindaca. Quando Rota arrivò a Roma, i giornaloni gli diedero il benvenuto spacciandolo per un arraffa-poltrone imposto da Casaleggio (mai conosciuto) e superpagato dalla Raggi. Poi, quando se ne andò, ne magnificarono il sacrosanto concordato Atac ostacolato dal pessimo Mazzillo. Ora che l’ex incompetente Mazzillo si fa cacciare, diventa il competentissimo martire che vuole salvare l’Atac dall’assurdo concordato dell’ex incompetente ed ex genio Rota. Ora, la Raggi ha commesso un’infinità di errori. Ma è improbabile che sbagli sia quando sostiene il concordato, sia quando caccia Mazzillo perché si oppone al concordato. A meno che il vero errore della Raggi non sia quello di esistere. – fonte
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Berlusconi su Marco Travaglio: genio del male ma il più intelligente. Il video. Berlusconi prima dell’elogio a metà per marco travaglio lo accusa di averlo fatto litigare con Montanelli prima di dettare la linea editoriale del “giornale” dicendo di aver detto allo stesso Montanelli cose non vere, ma nello studio un giornalista, Luca Landò, lo smentisce in quanto anche lui presente quando si svolse l’assemblea che in pratica cacciò Montanelli dal giornale. VIDEO:
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