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Patto Renzusconi, accordi per il Quirinale: Veltroni piace a tutti

By admin

November 13, 2014

SI È AUTOROTTAMATO, PERÒ ADESSO POTREBBE TOCCARE A LUI GIOVANE QUANTO BASTA, TONI MORBIDI E PROFILO EUROPEO IL PRIMO SEGRETARIO DEL PD GARANTE IDEALE DEL RENZUSCONI. Pare che i due si siano accordati pure sul nome del nuovo Capo dello Stato. Rendiamoci conto: un premier non eletto decide con un condannato in via definitiva chi sarà il nuovo Presidente della Repubblica. Ci sarebbe da scendere in piazza solo per questo, ma ormai ci siamo talmente abituati ed assuefatti che in Italia passa qualsiasi cosa nell’indifferenza del popolo. Torniamo ai fatti. C’è un nome, pensate un po’, sul quale convergono Renzi e Berlusconi. Ne ha parlato ieri il Fatto Quotidiano dicui riportiamo l’intero articolo:

Chi è il Candidato, con la maiuscola, su cui il Condannato ha iniziato a ragionare domenica scorsa ad Arcore con i suoi fedelissimi? Il Candidato per il Quirinale, naturalmente. La successione a Giorgio Napolitano è il Grande Gioco innescato dalle indiscrezioni di sabato scorso sulla “stanchezza” di Re Giorgio e dalla conseguente ipotesi delle sue dimissioni nel bimestre gennaio-febbraio del ‘15. E il “ragionamento” aperto dall’ex Cavaliere è la prova regina che il patto del Nazareno con Matteo Renzi reggerà nonostante l’ammuina sull’Italicum su soglie di sbarramento e compromessi sulle quote di nominati. Come vanno spiegando, sino allo sfinimento, le colombe forziste “la pietra angolare su cui poggia il Nazareno è l’elezione del capo dello Stato ed è impensabile che Berlusconi si tiri fuori”.

Aggiunge un parlamentare che conosce bene il Pregiudicato: “C’è un dato psicologico di cui bisogna tenere conto: tra Ciampi e Napolitano sono 15 anni che Berlusconi non può telefonare al Colle, è sempre stato costretto a fidarsi di vari ambasciatori, a partire da quello principale, Gianni Letta. Il patto del Nazareno serve anche stabilire un filo diretto tra lui e il Colle”. ECCO PERCHÉ il Pregiudicato non romperà con lo Spregiudicato e punta il grosso delle sue fiches (a parte la scontata garanzia sulla “roba” e sulla tutela del conflitto d’interessi) su un nome davvero amico al posto di Napolitano. E ragionando, ragionando, domenica scorsa ad Arcore c’è stata una prima scrematura dei nomi possibili, con uno che svetta su tutti gli altri. Quello di Walter Veltroni, africano ad honorem, regista nonché scrittore nella sua seconda vita da autorottamato. “Di Veltroni mi posso fidare”, questa la frase berlusconiana che sottintende ai primi abboccamenti in merito con il clan renziano e che prevede Gianni Letta come segretario generale del Colle. Il premier ha già messo in chiaro che spetterà al Pd fornire l’indicazione del nome e quello di Veltroni è collocato nella primissima fascia. Ma soprattutto è l’unico autorevole in grado di unire le due sponde del patto. Non Romano Prodi, detestato da B. ed escluso dalla stesura originaria del patto segreto. Non D’Alema, che è l’incubo di Renzi; non Casini, autocandidatosi, ma che sa di muffa democristiana; non l’ex craxiano Amato, che sarà però il nome che Napolitano farà ai due contraenti, come ultima moral suasion del suo secondo e breve mandato. IL CONDANNATO vuole una figura “morbida”, rotonda, senza spigoli come Napolitano. E il profilo veltroniano è perfetto. Non solo. Il regista che ha raccontato Berlinguer rappresenta il compromesso ideale tra le due “strade” avanzate sin qui nei vari colloqui riservati sulla successione a Napolitano. Da un lato un presidente esperto e ancora garante verso l’Europa (Draghi, Monti, lo stesso Amato) ma che schiaccerebbe inevitabilmente i due soci del Nazareno. Dall’altro una soluzione più giovane, magari rosa, tenuta in pugno dal renzusconismo. Veltroni è a meta tra le due “strade” e può soddisfare le condizioni del patto. Starà poi a lui, icona politica del buonismo e del “maanchismo”, districarsi tra i primi due macigni del suo eventuale settennato: gli azzardi renziani sul voto anticipato, soprattutto quando l’Italicum sarà approvato, e l’eterna richiesta di grazia motu proprio per il Condannato. Sogghigna un deputato dem informatissimo sulla trattativa in corso: “Un presidente che si trovasse a fare subito tutte e due le cose, scioglimento delle Camere e grazia a B., si ritroverebbe i forconi in piazza del Quirinale”. I rapporti tra il primo segretario del Pd e Berlusconi non sono mai stati agitati. Fa parte ormai della storia di questo Paese, la celebre campagna elettorale delle politiche del 2008, quando Veltroni candidato premier del centrosinistra non citò mai l’avversario. Ovviamente Berlusconi stravinse e arrivò all’acme della sua popolarità con il discorso bipartisan sulla Resistenza a Onna. Dettaglio da non sottovalutare la trattativa segreta che B. e Veltroni fecero per introdurre la soglia del 4 per cento alle elezioni europee del 2009. Tutto si svolse a partire dal gennaio del 2009, come ha rivelato uno scoop del Male di Vauro e Vincino nel 2011, e l’incontro decisivo si tenne a casa di Goffredo Bettini, l’inventore del modello Roma. INDOVINATE chi c’era a rappresentare Berlusconi? L’ineffabile Denis Verdini e finanche il faccendiere pregiudicato Luigi Bisignani. Un tris di logge: P2, P3 e P4. Poco dopo s’insediò anche Mauro Masi alla direzione generale della Rai. Fu il Riformista, qualche anno prima, a svelare i contenuti dell’accordone tra B. e Veltroni: Rai, legge elettorale, giustizia, federalismo e regolamenti parlamentari. Unica controindicazione alla candidatura renzusconiana di Veltroni è il posto da dove è partito per la prima volta il suo nome: il Foglio di Giuliano Ferrara, monolocale giornalistico dell’inciucio permanente. Fassino, su quelle colonne, nel 2006 lanciò D’Alema. E venne fuori Napolitano.

Da Il Fatto Quotidiano del 12/11/2014.

 

In pillole il #JobsAct secondo il Professore giuslavorista#Alleva. Crisi costituzionale, mobbing legalizzato e spionaggio autorizzato tra i temi trattati.  Vi prego di diffondere a chi ancora non è informato sulla Legge peggiore della storia della Repubblica: