Politca

Il mandato che non scade mai

By admin

November 08, 2013

ROMA – Il segretario generale della Camera dei Deputati Ugo Zampetti festeggerà il quattordicesimo anno di permanenza in carica con una buona notizia: l’offensiva grillina è stata respinta. Martedì il vicepresidente del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio aveva battagliato nell’Ufficio di presidenza di Montecitorio per difendere un ordine del giorno che reintroduceva il limite di mandato di sette anni per quella nomina. Soli contro tutti, con l’unica eccezione del vicepresidente democratico Giachetti (renziano), l’avevano persino spuntata, ottenendo di poter far votare la loro proposta dall’assemblea. Ma il giorno dopo l’aula l’ha bocciata. Zampetti potrà così attendere serenamente la proroga del suo incarico oltre l’età pensionabile che raggiungerà alla fine del prossimo anno. Un prolungamento che gli era stato già promesso, ma che la reintroduzione di un tetto temporale al mandato da lui oggi ricoperto avrebbe certo reso poco opportuno.

Il superfunzionario della Camera  e il mandato che non scade mai, la questione è delicatissima: chi riveste quella funzione è il capo assoluto dell’amministrazione della Camera, dove vige la cosiddetta «autodichia». Il che significa che nessuno, al di fuori degli stessi parlamentari, può sindacare su come vengono impiegate le risorse. Il segretario generale di Montecitorio è di conseguenza una delle figure più potenti della burocrazia pubblica. Fa parte di quella ristretta cerchia di funzionari da cui talvolta attinge anche la politica. Come dimostra la circostanza che fra i quindici segretari generali che si sono alternati nei 105 anni da quando esiste la carica, due sono diventati ministri: Antonio Maccanico e Gian Franco Ciaurro.  Zampetti è in carica dall’11 novembre del 1999: si accinge a superare Aldo Rossi Merighi.

Caso ha voluto che gli sia capitato di sedere su quella poltrona mentre esplodevano nel Paese le polemiche sui costi della politica, e in anni durante i quali le spese degli organi costituzionali hanno toccato il massimo storico. Nel decennio compreso fra il 2001 e il 2010, prima che la crisi costringesse Camera e Senato a contenere almeno le richieste di dotazione al Tesoro, le uscite correnti di Montecitorio sono passate da 749,9 a 1.054,4 milioni di euro. Con una crescita del 41,3 per cento monetaria e del 17,7 per cento al netto dell’inflazione mentre il Prodotto interno procapite reale del Paese si riduceva di circa il 4 per cento.

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