Ambiente e salute

Fukushima, nuovo allarme a lungo termine. Un anno per disinnescare il reattore 4

By admin

November 08, 2013

FUKUSHIMA DAIICHI – A un gigantesco macchinario di sollevamento, color verde pisello e targato Hitachi, è affidato un lavoro che tutto il mondo seguirà con attenzione e apprensione: la centrale nucleare di Fukushima Daiichi torna a provocare forti preoccupazioni internazionali non più solo per il problema delle gravi fuoriuscite di acqua radioattiva nell’oceano Pacifico.

 

I tecnici della società di gestione Tepco stanno per iniziare nei prossimi giorni la delicatissima e rischiosa operazione di rimozione delle barre di combustibile esausto dalla vasca di stoccaggio del reattore numero 4 a una vasca comune più sicura. Sono meno di 100 metri di distanza, ma si tratta anche di portare da un “quarto piano” fino a terra – e tenendoli ben sott’acqua, per evitare contatti con l’aria che rilascerebbero ingenti quantità di radioattività – ben 1.533 contenitori: 1331 con barre di combustibile esausto e 202 di combustibile “fresco” ossia non utilizzato.

 

Si tratta di una tappa fondamentale – con lavori che dovrebbero prolungarsi fino alla fine dell’anno prossimo – del processo di decommissionamento della centrale destinato a durare quarant’anni. Nel reattore 4, a differenza di quelli 1, 2 e 3, non c’è stata fusione nucleare in quanto era fermo per manutenzione ordinaria quando arrivò lo tsunami dell’11 marzo 2011; tuttavia nell’edificio si verificò una inquietante esplosione di idrogeno.

 

 

LE PRESSIONI INTERNAZIONALI Ci sono state molte pressioni internazionali per una maggior trasparenza e la Tepco oggi ha consentito ad alcuni giornalisti di testate straniere – tra cui Il Sole 24 Ore – di entrare nella centrale e visionare dall’alto la vasca di stoccaggio dalla quale sarà estratto e spostato il combustibile esausto (a questo fine, è stato costruito un intero edificio a forma di L rovesciata a ridosso di quello del reattore 4, di cui copre gran parte della sommità e dove è stato installato il macchinario che eseguirà l’operazione).

 

Lo stesso ex ambasciatore giapponese in Svizzera, Mitsuhei Murata, ha inviato di recente una lettera al presidente Usa Barack Obama in cui sottolinea l’urgenza di ” costituire una task force internazionale per assistere il Giappone dispiegando ogni possibile mezzo per ridurre i rischi dell’imminente primo spostamento di combustibile esausto dal reattore 4″.

 

L’attivista Harvey Wassermann ha sostenuto non solo che la Tepco da sola non ha le risorse scientifiche, ingegneristiche e finanziarie per procedere all’operazione per proprio conto (e quindi dovrebbe essere la comunità scientifica internazionale a farsene carico), ma addirittura che questo lavoro «potrebbe costituire il momento più pericoloso per l’intera umanità dai tempi della crisi dei missili a Cuba».

Affermazione che pare francamente eccessiva, visto che allora si rischiò un conflitto atomico militare che avrebbe provocato nell’immediato centinaia di migliaia se non milioni di morti.

 

UN CANTIERE ENORME L’appuntamento è di prima mattina al J-Village, l’ex “Coverciano” del Giappone, che da ameno ritiro per la nazionale di calcio si è trasformata da più di due anni e mezzo nel quartier generale delle operazioni di “damage control” alla centrale. Si trova a 19 km di distanza e non è più, come nei primi tempi, dentro la zona rossa di evacuazione forzata. Adesso i posti di blocco dai quali inizia l’area off-limits sono a una decina di km dalla centrale e gli abitanti di questa fascia possono recarsi alle loro case, ma non ancora restarci di notte.

 

Dopo un briefing e il sequestro di videocamere e telefonini (solo tre colleghi autorizzati potranno filmare dove consentito) si passa in un edificio un paio di chilometri più in là, per i controlli preliminari sulla radioattività (Whole Body Counter). Il bus si ferma poi all’ingresso dell’area della centrale, dove si passano severi controlli di sicurezza (anche con metal detector), si inizia a indossare alcune protezioni e si viene forniti di dosimetro. Un breve trasferimento conduce al cosiddetto “Edificio Principale Anti-terremoto”, dove si indossa l’armamentario completo (tuta in Tyvek, maschera full-face, doppie calze, doppi guanti con sigillo finale, casco ecc.).

 

820 MICROSIEVERT L’ORA Una prima sosta si fa nell’area H4 Tank, dove ci sono enormi contenitori azzurrini di acqua altamente radioattiva (alcuni dei quali hanno creato grandi problemi di “perdite”). Il contenitore più difettoso è stato svuotato e rimosso. Il paesaggio è costellato di questi grandi tank rotondi: ce ne sono oltre un migliaio, per una capacità di 350mila tonnellate che la Tepco intende raddoppiare. Un grande edificio tipo hangar ospita il sistema di decontaminazione Alps, che ha una capacità di trattamento di 750 tonnellate al giorno: può rimuovere il cesio ma non il tritio: viene ammesso che ci sono problemi di software e di altro tipo che rendo l’impianto non ancora alla massima efficienza. I piani prevedono di più che raddoppiare questa capacità al fine di poter trattare in loco tutta l’acqua contaminata entro il marzo 2015.

 

L’intero e vasto territorio della centrale è un immenso cantiere e spesso appare proprio come una normale grande area di costruzioni, con confusione di materiali e macchinari (non si deve pensare che tutto sia tecnologicamente asettico, anzi). Poi si arriva davanti all’edificio del reattore n. 4: si sale su uno sferragliante montacarichi dentro il nuovo edificio attiguo, per salire sul suo tetto a L. La vasca di stoccaggio delle barre di combustibile (un’ottantina per contenitore), situata a un’altezza di circa 30 metri, appare proprio come una piscina: qui, nei giorni successivi allo tsunami, furono messe in atto iniziative frenetiche e disperate – con elicotteri e con idranti – per mantenere sott’acqua le barre di combustibile.

 

Il grande edificio che ospita la vasca comune di stoccaggio (ebbe anch’esso danni dallo tsunami, ma ora si assicura che non presenta problemi) si trova proprio a poche decine di metri: mai nella storia un trasferimento così breve costerà tanto e creerà tanti timori. Peraltro si è dovuto costruire anche una struttura di stoccaggio temporaneo, in un’area più lontana, proprio per far spazio alle barre del numero 4. In questa zona la radioattività, che poco distante era sotto i 10 microsievert l’ora, balza a 820 microsivert l’ora. Per capire, il fondo naturale di radiazione è 2,4 millisievert anno, una radiografia emette meno di 1 millisievert.

 

LA BARRIERA SOTTO IL TERRENO Si passa infine nell’area a ridosso del mare, dove ancora ci sono tutti i segni dello tsunami, da un grande edificio con tutto i vetri rotti (quello dell’ex amministrazione) agli autocarri rovesciati e schiacciati contro i muri, con le ruote in alto. Sono iniziati i lavori per la costruzione di una “superbarriera” che entra in profondità nel terreno che verrà congelato con prodotti chimici, al fine di evitare che l’acqua che filtra nei terreni sotto i reattori finisca contaminata nell’oceano.

 

Al ritorno, ci sono due ulteriori controlli di radioattività sul corpo: uno all’uscita dalla centrale, uno presso l’edificio vicino al J-Village. nessuna anomalia, e i funzionari della Tepco ringraziano per il disturbo: il loro omaggio alla trasparenza mostrano di averlo fatto.  Fonte