Ambiente e salute

Cambiar tutto per non cambiar nulla. La rivoluzionaria abolizione delle Province è stato solo un bluf.

By admin

December 17, 2014

17/12/2014- Province, è solo un bluff: così si rischia il default. Le Regioni rifiutano le competenze delle Province. Ma restano i tagli e gli esuberi. Non solo perché gli enti continueranno ad avere voce in capitolo in tema di edilizia scolastica, viabilità e ambiente, ma addirittura manterranno la gestione di quelle competenze che avrebbero dovuto cedere alle Regioni ma che i governatori si sono rifiutati di amministrare. Con un aggravio. Avranno 1,3 miliardi di euro (e 20mila dipendenti) in meno rispetto a prima.

Tutt’altro che cancellate, le Province sono vive e vegete e sono, per loro in arrivo nuovi presidenti e consiglieri, non votati dalla popolazione ma dai colleghi. Che cosa è cambiato dunque? Il Palazzo della Provincia esiste ancora, così le poltrone delle cariche ancora occupate dagli stessi di sempre…l’unica cosa che è cambiata con la cosiddetta “cancellazione” delle Province che è stata tanto pubblicizzata è stato il taglio delle indennità, duemila euro l’anno per ogni consigliere provinciale. Un risparmio ridicolo se si pensa ai debiti del nostro Paese, se si pensa agli inutili sprechi che ogni mese si continuano a spendere per indennità, diarie e rimborsi di politici. Ma poteva sembrare già un inizio. Avevano definito le Province “enti inutili” e Renzi e il suo governo ne hanno voluto la cancellazione annunciandola a gran voce, facendone partecipi tutti come se si stesse compiendo chissà quale passo avanti nell’abolizione degli sprechi italiani. E invece neanche il piccolo passo che doveva essere questa cancellazione c’è stato, solo un bluff, perché le province sono ancora lì con la sola differenza che ora ad eleggere chi ne fa parte saranno i consiglieri comunali e i sindaci e non più gli elettori. A guidare le nuove Province saranno votati 64 nuovi Presidenti e 760 consiglieri, a votarli i propri colleghi con due schede a preferenza secca che porterà, come si può già prevedere, ad accordi tra partiti che faranno di tutto pur di piazzare il proprio candidato, l’amico che ha bisogno di lavoro o il parente disoccupato.

La legge Delrio è un flop, o peggio: un bluff. A seconda di come vogliamo guardare la situazione (disastrosa) delle Province. Comunque sia, il governo non ne esce bene. Tanto che, prima o poi, il premier Matteo Renzi che la rivoluzione non c’è stata. Proprio no. La prima a mettere in chiaro le cose è stata la Regione Lombardia. “Alle province – ha fatto sapere ieri l’Osservatorio regionale – resteranno tutte le funzioni oggi delegate dalle Regioni”. I centri per l’impiego, per esempio, rimarranno sul groppone dei bilanci provinciali in attesa che vengano riorganizzati a livello nazionale in base al Jobs Act. Stesso discorso per l’edilizia scolastica, per la viabilità, per l’ambiente, e così via. Lo dovranno fare, però, gestendo 1,3 miliardi di euro in meno e con l’obbligo di mandare a casa il 50% del personale. “Le risorse sono insufficienti a garantire funzioni ben più importanti di quelle delle vecche province – ha commentato il presidente dell’Anci Piero Fassino – se non nella legge di Stabilità, una soluzione va trovata al più presto, perché il primo gennaio è dietro l’angolo, ed anche sugli esuberi di personale delle vecchie province, il peso dell’avvio del nuovo sistema finirà per ricadere sulle spalle dei comuni”.

Lo scorso sabato il governo ha presentato un emendamento per dare alle Province e alle Città metropolitane novanta giorni tagliare il personale. Un processo che, però, è destinato ad andare per le lunghe. Difficilmente le Regioni e i Comuni che dovranno assorbire i 20mila dipendenti provinciali riusciranno, infatti, a farlo prima del 2016. Il caos, insomma. Come fa notare Francesco Cerisano su ItaliaOggi, c’è “il rischio che i lavoratori debbano restare a libro paga delle Province in sovrannumero, senza peraltro avere la certezza che vi sia un ente pronto a riassumerli”. Fonte