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Riforme, ok della Camera, con 357 sì, 125 no e 7 astenuti: M5s fuori da Aula e accusa, “Fascisti”

By admin

March 11, 2015

10/03/2015 – Si chiude il cerchio sulla prima lettura del ddl Boschi che tornerà a Palazzo Madama. Governo alle prese con dissenso nel Pd: all’appello mancano 18 voti, ma i dissidenti sono di meno. Tornano le tensioni nel Pd, mentre Fi si spacca. Renzi esulta: “Paese più semplice e giusto”. Ma è tensione nel Pd con la minoranza che chiede modifiche all’Italicum. Anche Fi si spacca. Berlusconi ai dissidenti: ‘Basta protagonismi’.

Fi, Lega e Sel hanno spiegato la loro presenza con il “rispetto” verso il presidente della Repubblica Mattarella. Ma il loro “no” al merito della riforma è stato ribadito. In particolare Renato Brunetta ha usato parole forti, ed ha spiegato che il dietro-front degli azzurri è stato dovuto al “tradimento” di Renzi del Patto del Nazareno. Da parte sua forti critiche anche al testo, ma nessuna spiegazione del perché esso sia stato appoggiato da Fi fino ad oggi. Proprio su questo punto si è inserito il vice segretario del Pd, Lorenzo Guerini: “abbiamo cercato il confronto con tutti – ha detto in Aula – anche con una forza che ha cambiato idea senza farci capire fino in fondo i motivi”. A spiegarlo è stato Silvio Berlusconi in una nota, che addebita il cambio di rotta di FI al Pd che ha “imposto scelte che avrebbero dovuto essere concordate”, cioè l’elezione del Presidente della Repubblica. “Abbiamo rispettato i patti fino in fondo – ha insistito l’ex Cavaliere – altri non possono dire lo stesso”. Comunque quel dialogo, ha detto, “è ormai impercorribile”.

Nella nota Berlusconi si compiace della “compattezza” dei suoi deputati nel “no”, cosa che ha “smentito le cassandre” che prevedevano dei voti in dissenso (solo Gianfranco Rotondi ha votato sì). In realtà un gruppo di 17 parlamentari vicini a Denis Verdini ha affermato in un documento di votare “no”, “non per disciplina di gruppo”, cosa che implicherebbe riconoscere il ruolo di Brunetta, “ma per affetto e lealta’ nei confronti” di Berlusconi. In più i deputati vicini a Raffaele Fitto, sono intervenuti in Aula con Daniele Capezzone per dichiarare il voto contrario, ma rimarcando le differenze rispetto al resto del gruppo, che è quindi diviso in tre tronconi.

Sul fronte opposto la minoranza del Pd ha annunciato con Pierluigi Bersani, Rosi Bindi, Gianni Cuperlo e Alfredo D’Attorre il sì alle riforme (solo in 8 non hanno partecipato al voto) ma con la minaccia di togliere il sostegno se non verrà cambiato il testo in Senato e l’Italicum alla Camera. “Abbiamo fatto un passo in avanti importante e abbiamo messo un altro tassello” ha detto comunque il ministro Boschi, e Renzi ha aggiunto che “la fine del bicameralismo paritario e’ più vicina, l’Italia diventerà un paese più semplice, più giusto e più veloce”.

Eppure se vorrà blindare il testo delle riforme in Senato si ritroverà contro i 24 senatori bersanini, determinanti nell’Aula di Palazzo Madama. E rischi ci sono anche alla Camera per l’Italicum. A meno che Renzi rinunci ad una conferma pura e semplice dei due testi nei due rami del Parlamento accettando i diktat della minoranza Pd, o recuperi Fi o almeno una sua parte. – Fonti ANSA