Ambiente e salute

Renzi l’amico fidato del Caimano, Finanzia MEDIASET

By admin

March 14, 2015

14/03/2015 – Anno 2013, a Palazzo Chigi c’è Enrico Letta, a Mediaset va il 10 per cento della pubblicità del governo, 539.000 euro. Anno 2014, a febbraio Matteo Renzi subentra a Letta, al Biscione va il 57 per cento degli investimenti in propaganda: 2,5 milioni di euro, una crescita del 369 per cento.

I numeri di Nielsen, che sono elaborazioni molto prudenti e inconfutabili, azzerano qualsiasi chiacchiera sul patto del Nazareno infranto, sul rapporto sgualcito fra il giovane Renzi e l’anziano Silvio Berlusconi, sui rantoli di Forza Italia e le riforme interrotte. I numeri, quelli che valgono denaro per l’azienda di Cologno Monzese, l’interesse principale di Berlusconi, dicono che all’ex Cavaliere conviene che il governo sia renziano.

IL COLMO per Renzi, il premier sempre connesso che aspira a una banda larga velocissima e cinguetta da mane a sera, lo spiegano gli esperti della multinazionale Nielsen: per rastrellare i soldi versati poi a Mediaset, l’esecutivo di Renzi ha ridotto del 70 per cento gli stanziamenti pubblicitari sui portali Internet.

Quando c’era Letta, in rete finivano 1,7 milioni di euro. Con Renzi che andò a visitare la Silicon Valley anche per carpire i segreti di Twitter e Google, i portali Internet si devono accontentare di un misero mezzo milione.

Giù gli introiti anche per le radio, per il cinema; irrilevanti per Sky e La7. A questa competizione, cifre non pesanti però indicative di una corsia privilegiata con Palazzo Chigi, non partecipa la Rai perché l’azienda è pubblica e deve concedere spazi gratuiti all’esecutivo. Un bel gruzzolo, da non guardare con disprezzo in questi anni di bilanci poco floridi, al Biscione arriva pure da Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro: il molto renziano presidente Franco Bassanini, per reclamizzare l’acquisto di obbligazioni Cdp, ha speso 2,5 milioni di euro e 953.000 li ha girati a Mediaset, soltanto 398.000 per Viale Mazzini.

Nessuna legge prescrive al governo di lanciare campagne di prevenzione o per la “buona scuola” in esclusiva su Mediaset. Sarebbe più comodo usare i 15 canali di Viale Mazzini, che fanno più ascolto dei concorrenti di Cologno Monzese (+5% di share), senza sganciare un euro.

A PALAZZO CHIGI, attraverso il dipartimento per l’editoria gestito dal sottosegretario Luca Lotti, impartiscono le solite linee guida. Poi i dicasteri, in autonomia, scelgono dove piazzare la pubblicità e, però, dovrebbero rispettare i criteri di proporzionalità stabiliti da una delibera dell’Autorità di garanzia (Agcom): un po’ ai giornali, un po’ ai nuovi media, un po’ agli operatori televisivi e via elencando. Il ministro Beatrice Lorenzin (Salute) ha pagato 2 milioni di euro per informare i cittadini sui rischi dell’influenza, sui vaccini o quant’altro di sua competenza, ma non ha comprato cartelloni stradali, non ha occupato gli schermi di autobus e metropolitane, non ha intercettato il pubblico giovane di Mtv o Deejay, non ha invaso il mercato radiofonico: no, Lorenzin ha acquistato su Mediaset pubblicità per 1,7 mi- lioni di euro sui 2 spesi. Cifre inferiori sì, ma il ministero per i Beni culturali (senza consi- derare il Turismo) ha acquistato inserzioni per 800.000 euro e, certo, in gran parte sono per Mediaset: 631.000 euro. Massimo Bray, predecessore di Dario Franceschini al Mibact, a Mediaset ha destinato zero euro.

Ora queste saranno coincidenze, la Nielsen è un gufo malefico e la predilezione di Renzi per l’ex Cavaliere (ricambiata) è un’ossessione, ma questi milioni di euro, seppur marginali rispetto ai miliardi fatturati a Cologno Monzese, dimostrano che gareggiare contro Mediaset è complicato. O meglio, impossibile. Se in palio c’è anche un solo euro, c’è da scommettere che quest’euro è per il Biscione. Fonte