Cronaca

I DERIVATI, ARRIVA IL MOMENTO DEI CONTI: ORA TUTTI SI ACCORGONO DELL’INNESCO

By admin

April 27, 2015

24/04/2015 – Si riaccende la bomba dei derivati sotto i conti dello Stato. Un pericolo che, seguendo l’allarme ripetuto di Paolo Savona, abbiamo più volte segnalato. Adesso il tema viene rilanciato da un’inchiesta de “Il Sole 24 Ore” cui Milena Gabanelli dedicherà una delle sue prossime trasmissioni tv. Nessuno però che dica una verità piuttosto scomoda, e cioè che i primi contratti furono sottoscritti nel 1990 quando il direttore generale del Tesoro era Mario Draghi.

Ora la Commissione Finanze della Camera ha avviato un’ indagine conoscitiva che prende le mosse da una operazione del 2012 che costò al Tesoro 3,1 miliardi. A incassare fu la banca d’affari Morgan Stanley. Il Sole 24 Ore è riuscito a mettere le mani sui contratti, e arriva alla conclusione che l’Italia ha già accumulato oltre 42 miliardi di perdite. Il valore non compare nel bilancio dallo Stato, perché quel calcolo si basa su valori di mercato attuali di prodotti finanziari che andranno invece pagati solo all’estinzione. Si tratta esattamente dello stesso meccanismo che ha messo in ginocchio la Grecia: per anni il velo dei derivati ha coperto la realtà dei conti. Quando è giunto il momento di pagare la bomba è esplosa. Per azzerare la perdita dell’Italia sarebbe necessario che i tassi d’interesse salissero rapidamente al 5%. Ipotesi, oggi, irrealistica.

Che cosa è successo? Volendo semplificare è successo questo. Negli anni lo Stato italiano ha fatto una scommessa con le banche d’affari. Se i tassi d’interesse fossero saliti oltre un certo livello a pagare la differenza sarebbero state le banche. Se fossero scesi sarebbe toccato allo Stato. Formalmente si tratta di un polizza d’assicurazione sul costo del debito. In realtà è un azzardo. La scommessa è stata vinta dalle banche, visto che il 31 dicembre 1998 il tasso a 30 anni era al 5,01% mentre ora è attestato allo 0,8 per cento. Non a caso l’ anno prossimo potrebbe arrivare una seconda “parcella” da 855 milioni e un’altra ancora da 1,8 miliardi nel 2018. Mai come adesso, perciò, è valido l’ammonimento di Paolo Savona: la prima regola per gestire i derivati? Non crearli. Visto, soprattutto, che poi a pagare saremo noi contribuenti.  FONTE