Ambiente e salute

Pomigliano (NA): Disoccupato e figlio unico di madre separata si è tolto la vita

By admin

May 13, 2015

13/05/2015 -“Sono disoccupato, non voglio tradire le aspettative, non ce la faccio più”. Ennesimo suicidio nell’area della ormai ex capitale industriale del Mezzogiorno. Il funerale del ragazzo 25enne si terrà oggi, a Pomigliano. Ha lasciato alla mamma una lettera, una missiva che non dà spazio al dubbio.

Parole che sintetizzano il disagio del lavoro, che aggiunto a quello della vita di tutti i giorni forma una miscela micidiale. Tanto micidiale che ieri pomeriggio Gennaro Faraco, figlio unico, 25 anni, un bel ragazzo, alto, bruno, capelli corti e faccia pulita, dopo aver scritto la lettera alla madre è salito sul tetto del palazzo, si è lanciato nel vuoto ed è morto. Un suicidio della disperazione che segue di appena 24 ore quello di Carlo Sibilli, barman, anche lui disoccupato, sotto sfratto, moglie e due figli a carico. Carlo lunedi si è tolto la vita in quel di Gragnano. Il giorno successivo, l’ennesima tragedia.

Agghiacciante la dinamica del gesto di Gennaro Faraco. Ha fatto un volo di trenta metri, dal nono piano di un palazzo della centrale via Roma, a pochi passi dalla vecchia stazione della circumvesuviana di Pomigliano. Il tonfo è stato terribile. Gennaro è morto sul colpo. Nessuno ha visto niente, ma non per l’effetto della solita omertà. In base alle prime ricostruzioni dell’accaduto pare proprio che il giovane abbia pianificato l’ora del suicidio: le due del pomeriggio. In quel momento, nel tratto di marciapiede in cui il ragazzo si è lanciato, non stava passando davvero nessuno. Poche anche le auto in transito. Quando Gennaro ha deciso di farla finita ha lasciato la lettera su un tavolo di casa, è salito fino al ballatoio che dà sul tetto del palazzo, ha aperto la porta ed è corso verso il cornicione.

Un attimo: la fine. “Gennaro si sentiva molto solo ed è morto solo volutamente”, lo scoramento di un suo amico, accorso sul posto poco dopo la tragedia. Rimasto solo anche dopo il fallimento della sua ultima esperienza di lavoro, un posto precario, a tempo determinato, non si sa ancora se con un contratto regolare o meno, un impiego da operatore socio sanitario all’interno di un centro diagnostico privato della città delle fabbriche in crisi.

Stabilimenti che ormai danno lavoro solo a pochissimi “eletti”, praticamente più a nessuno. Qui, fino ad alcune settimane fa, Gennaro era riuscito a strappare alla disoccupazione un lavoretto sottopagato, buono almeno per arrangiare. Si perché anche se aveva soltanto 25 anni Gennaro sentiva molto il peso della responsabilità. Lo ha scritto anche nella sua missiva di addio alla mamma Filomena, casalinga cinquantenne lasciata alcuni anni fa dal marito pasticciere, il papà di Gennaro. Papà che quindi se n’è andato a lavorare al nord, a Milano. Da allora le cose si sono messe peggio in casa Faraco.

L’affitto di casa e le bollette da pagare sono diventate un assillo per mamma Filomena. Nel frattempo Gennaro ha fatto quel che ha potuto. Ma ha trovato solo lavoretti saltuari, niente di più. Come capita purtroppo sempre più spesso a tanti giovani e meno giovani del Napoletano. La sera prima di suicidarsi il ragazzo ha scritto nella sua pagina Facebook una sorta di epitaffio, le parole di un certo Anton Vanligt, poeta virtuale che spopola in Fb. “E’ il coraggio che manca – si legge nel post – ed è difficile ammettere con sé stessi di aver fallito…è davvero raro trovare gente che darebbe tutto per la tua felicità”. FONTE