Ambiente e salute

La corruzione va combattuta estirpando dalle radici il male che infanga l’onorabilità della politica

By admin

July 03, 2015

Partiamo da un recente presupposto, Lo ha detto Raffaele Squitieri, presidente della Corte dei Conti “Non solo mancanza di etica, scarsa moralità e volontà di raggiungere profitti a ogni costo: la corruzione in Italia – badate bene – è anche frutto dell’eccessivo numero di leggi che dovrebbero regolare il nostro quotidiano”. E’ quanto si legge in un report di Editrice Europea Srl, a commento delle dichiarazioni rilasciate da Raffaele Squitieri, presidente della Corte dei Conti.

“Con l’Expo e lo Sblocca Italia siamo arrivati al paradosso: per poter raggiungere un obiettivo si è dovuto fare un dl per dire che le leggi non si rispettassero. C’è qualcosa che non va”, ha sottolineato Squitieri. “Il mondo degli appalti pubblici è tra i più regolati dalla legge e le opere non partono per i troppi ricorsi e le sospensive, attuati perché non si riesce a rispettare tutto il pacchetto enorme di leggi”, ha sottolineato Squitieri nel corso di una lectio magistralis sulla corruzione.

Mentre il nostro è il paese del “garantismo”, il paese in cui uno come Cuffaro viene quasi considerato un “eroe” perché accetta la condanna definitiva per favoreggiamento aggravato a “cosa nostra” recandosi in carcere senza inveire ed insultare la magistratura tutta. Mentre nessuno si fa la domanda giusta. Perché quest’uomo fino alla condanna definitiva sedeva nell’aula del Senato Italiano alimentando una pericolosissima commistione tra Stato e illegalità? La colpa e’ dei ‘’fessi’’, cioe’ degli onesti, che invitano alle dimissioni i politici corrotti e mendaci e esortano i magistrati a perseguire i corrotti, i mendaci, che rubano, mentono, per continuare a garantirsi ricchezze e benessere. Soprattutto la colpa è dei giornalisti che hanno la brutta abitudine di denunciare le debolezze della casta.

Ecco la cronistoria di paesi europei, dove per un non nulla, esponenti di spicco della politica hanno preferito le dimissioni per non infangare l’onorabilità della cosa pubblica:

Il ministro della Difesa tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg, stella nascente della Cdu si è dimesso per avere copiato la sua tesi di dottorato. Chris Lee, poco conosciuto deputato repubblicano newyorchese, che aveva appena iniziato il suo secondo mandato al Congresso americano. Quarantasei anni, sposato con un figlio, si è dimesso per avere pubblicato nel suo sito una foto a torso nudo per incontrare una ragazza. Lee ha dichiarato: «Mi dispiace per il danno che le mie azioni hanno causato alla mia famiglia, al mio staff e ai miei elettori’’. Com’è noto, gli scandali sessuali, nel mondo anglosassone, hanno stroncato molte carriere politiche. Ma, a quanto si sa, il peccatuccio di Lee non è certo dei più gravi. Eppure il deputato ha scelto dimissioni lampo. D’altronde, in molte parti del mondo è capitato che politici di primo e di secondo piano si siano dimessi per scandalucci e irregolarità che non sembrano certo imperdonabili… La leader dei socialdemocratici svedesi, Mona Sahlin , nel 1995, si dimise per il cosiddetto affare Toblerone, chiamato così dalla occhiuta e implacabile stampa svedese perché due confezioni del celebre cioccolato svizzero apparivano nella lista di acquisti fatti impropriamente dall’allora vicepremier di Stoccolma con la carta di credito riservata alle spese di servizio. Oltre ai dolciumi, la Sahlin aveva comprato pannolini, sigarette e altri prodotti e aveva affittato un’auto. Il totale delle spese irregolari ammontava a più di 50mila corone, cioè a poco meno di 6mila euro. Quando si scoprì che la Sahlin nel 1992 aveva assunto una tata in nero e che nel 1993 non aveva pagato il canone tv, la pressione si fece insostenibile e la Sahlin si dimise da vicepremier e da deputata. Il canone tv non pagato e la tata in nero. Sempre in Svezia, ma questa volta nel centrodestra, si sono verificati più recentemente altri due casi. Nominata il 6 ottobre 2006 ministro dei Trasporti nel governo di Frederik Reinfeldt, la conservatrice Maria Borelius il 14 ottobre si era già dimessa. Infatti in pochi giorni si erano scoperti vari suoi “crimini”: babysitter senza contributi, canone tv non pagato e un marito proprietario di una casa di vacanze intestata a una società con sede nell’isola di Jersey, paradiso dell’esentasse. Un paio di giorni dopo si dimise anche una sua collega, il ministro della Cultura, Cecilia Stegö Chilò: anche per lei tate in nero e canone tv non pagato, in questo caso con incallita reiterazione della gravissima mancanza per ben 16 anni consecutivi. Il marito che comprava i film porno in tv con il denaro pubblico. Più celebre il caso della Home secretary (ministro dell’Interno) inglese, la laburista Jacqui Smith, che nel contesto di un ampio scandalo sulle spese gonfiate dei parlamentari fu accusata nel 2009 di aver fatto alcune irregolarità, poi considerate non penalmente rilevanti. Tra queste l’aver indicato come sua abitazione principale una casa londinese di proprietà di sua sorella. Ma la cosa che più stuzzicò i giornali inglesi fu l’acquisto con denaro pubblico di quattro film su un canale pay-per-view, due dei quali porno (probabilmente comprati dal marito). Pochi mesi dopo la Smith annunciò che nel corso dell’imminente rimpasto di governo avrebbe lasciato il suo ministero, ma decise di conservare il suo posto di deputata. Nelle elezioni del maggio 2010, però, gli elettori del suo collegio le hanno preferito la tory Karen Lumley. La spintarella per il permesso di soggiorno della baby sitter. A un altro laburista inglese, David Blunkett, pochi anni prima era toccato dimettersi due volte da ministro in meno di un anno. Nel dicembre 2004 Blunkett, che è non vedente dalla nascita e ha un’effervescente vita sentimentale, fatta di amanti e figli dalla paternità contesa, dovette dimettersi da Home secretary davanti all’accusa di aver cercato di dare una spintarella alle pratiche del permesso di soggiorno della babysitter filippina assunta dalla sua ex amante. Diventato dopo pochi mesi ministro del Lavoro, Blunkett si ridimise nel novembre 2005, dopo che fu rivelato un suo circoscrittissimo conflitto di interessi. Non soltanto in Europa settentrionale ci sono politici dalle dimissioni facili. In Spagna, all’inizio del 2009, lasciò il suo incarico il ministro della Giustizia, Mariano Fernández Bermejo, messo all’angolo dal quotidiano El Mundo che aveva rivelato un suo peccato: il ministro socialista aveva partecipato a una battuta di caccia in compagnia del supergiudice Baltasar Garzón, che proprio in quel periodo stava istruendo un processo per presunti casi di corruzione che coinvolgevano alcuni esponenti del Partito popolare, avversari politici di Bermejo. Non bastasse, il ministro era stato preso doppiamente in castagna: cacciava in Andalusia pur essendo sprovvisto di una licenza valida per quella regione. Soltanto qualche giorno prima di Bermejo, dall’altro lato del pianeta, aveva appena rassegnato le dimissioni il ministro delle Finanze giapponese, Shoichi Nakagawa. Una settimana prima, durante una conferenza stampa in occasione del G7 a Roma, il politico nipponico era apparso distratto, imbolsito. Con aria assente e gli occhi che si chiudevano, Nakagawa si era rivolto con voce impastata ai giornalisti. I più pensarono che fosse ubriaco. Lui negò – «Soltanto un paio di sorsi di vino a pranzo! Forse troppe medicine per l’influenza e un jet-lag pesante!» – ma lo scandalo continuò a montare e il ministro decise per un passo indietro. I sottosegretari francesi Christian Blanc e Alain Joyandet si sono dimessi in tandem, nel luglio scorso, per motivi di gravità non straordinaria. Joyandet, sottosegretario alla Cooperazione, avrebbe ottenuto un permesso di costruzione irregolare per ampliare la sua casa e avrebbe speso più di 100mila euro per affittare un aereo privato per andare in Martinica a una conferenza internazionale. Non troppo grave? Beh, è ancora più veniale la colpa del collega Blanc, dimessosi da sottosegretario alla Grande Parigi perché scoperto dal settimanale Le Canard Enchaîné ad usare soldi pubblici per un suo vizietto: l’acquisto di sigari pregiati per un totale di 12.000 euro. Il vizio del fumo e il sigaro è stato fatale anche alla carriera di Rhodri Glyn Thomas, un politico di spicco del partito nazionalista gallese Playd Cymru che ricopriva l’incarico di ministro della Cultura del Galles. Già duramente colpito dalla stampa per aver sbagliato il nome del vincitore di un premio letterario, Thomas non ha più retto quando è stato sorpreso e sgridato dai gestori di un pub, mentre si godeva un sigaro nonostante il divieto di fumare. Detto fatto – correva il luglio 2008 – Thomas ha lasciato la poltrona ministeriale. Ma il caso limite, cioè uno scandalo legato a una minima irregolarità di un ex politico non più in servizio, è successo a Gro Harlem Brundtland, che dal 1981 al 1996 è stata in tre occasioni premier della Norvegia e in seguito direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Brundtland che nel 2002 è stata operata per un cancro all’utero, nel 2007 ha ricevuto due ulteriori trattamenti oncologici gratuiti in un ospedale norvegese. L’anno dopo i giornali di Oslo hanno scoperto che la ex premier non avrebbe avuto diritto all’esenzione dai pagamenti, in quanto ormai residente in Francia. Messa sotto pressione, la Brundtland ha tempestivamente riportato la residenza in Norvegia e ha deciso di rifondere lo Stato per le spese mediche ricevute.

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