Ambiente e salute

La truffa dell’obsolescenza programmata: In Francia è reato pianificare la decadenza dei prodotti

By admin

August 13, 2015

12/08/2015 – La Francia è la prima nazione europea a prendere posizione sul fenomeno dell’obsolescenza programmata: a partire dal 22 luglio è entrata in vigore una legge che la vieta. Pianificare a tavolino la decadenza dei prodotti al fine di aumentarne il mercato è reato: è questo l’emendamento inserito nel testo della normativa sull’efficienza energetica approvata dal parlamento francese. I trasgressori saranno puniti con due anni di carcere e 300mila euro di multa.

Da tempo si discute della cosiddetta obsolescenza programmata – spiega il deputato Federico D’Incà del MoVimento 5 Stelle. Ovvero la pratica industriale in forza della quale un prodotto tecnologico di qualsiasi natura è deliberatamente progettato dal produttore in modo da poter durare solo per un determinato periodo, al fine di imporne la sostituzione. I metodi con cui sarebbe attivato tale processo sono l’utilizzo di materiali di qualità inferiore o componenti facilmente deteriorabili o talvolta l’utilizzo di sistemi elettronici creati ad hoc. I costi di riparazione poi risultano superiori a quelli di acquisto di un nuovo modello. Recenti studi confermano come l’obsolescenza programmata non sia solo una sensazione, ma un fatto che comporta evidenti problemi a livello commerciale, nonché un enorme danno economico a carico dei cittadini e dell’intera collettività con costi stimati in parecchi miliardi di euro nell’arco di un anno Lo studio “Obsolescenza programmata, Analisi delle cause, Esempi concreti, Conseguenze negative, Manuale operativo” commissionato dal gruppo parlamentare tedesco Verdi-Bündnis realizzato da Stefan Schridde (esperto in gestione d’impresa) insieme con Christian Kreiss (docente di organizzazione aziendale all’università di Aalen), dimostrerebbe che questo fenomeno viene preventivamente studiato dalle case produttrici con lo scopo di incrementare le vendite: molti elettrodomestici e numerosi oggetti di uso quotidiano sarebbero programmati per rompersi velocemente dopo lo scadere del periodo di garanzia, di solito fissato in due anni. Detto studio si è concentrato sull’esame di oltre venti prodotti di uso comune cercando di verificare la sussistenza di fenomeni di obsolescenza programmata. “Il nostro sistema economico ha bisogno di stimolare continuamente i bisogni dei consumatori affinché acquistino con ritmi sempre crescenti determinando così un sistema di consumi indotti” ribadisce D’Incà. Quando non è possibile indurre la sostituzione di un bene attraverso mode, pubblicità e strategie di marketing mirate, si fa in modo che sia il prodotto stesso a “scadere”, rompendosi e diventando inutilizzabile. Un sistema di consumo con una velocità di avvicendamento dei beni così elevata presenta due criticità fondamentali: l’utilizzo di una quantità enorme di risorse, energetiche, materiali ed economiche, e il bisogno di smaltire un altrettanto enorme quantità di rifiuti. “A questo proposito ho chiesto al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dello Sviluppo Economico e al Ministro dell’ambiente, tutela del territorio e del mare se intendano, ognuno nell’ambito delle rispettive competenze, introdurre normative specifiche per arginare la pratica dell’obsolescenza programmata” dichiara D’Incà. In particolare per aumentare il periodo minimo di garanzia così come previsto dalla direttiva 99/44/CE, obbligare le aziende a fornire i ricambi necessari per un numero sufficiente di anni (almeno dieci anni) e rendere disponibili le eventuali istruzioni necessarie alla riparazione. Prevedere inoltre che la pratica dell’obsolescenza sia considerata come un reato di frode ai danni del consumatore perseguibile per legge, prevedendo sanzioni pecuniarie e detentive. FONTE

Con “obsolescenza programmata”, nel gergo della tecnologia industriale, si indica la pratica di produrre oggetti destinati a rompersi in un periodo di tempo limitato, affinché si renda necessario comprarne di nuovi. Questa usanza truffaldina, sviluppata a favore del consumismo, si applica producendo oggetti di scarsa qualità o peggio concepiti con una tecnologia atta a rendere breve la vita del prodotto stesso o più semplicemente rendendone la riparazione troppo costosa, in maniera tale che risulterà più conveniente ricomprare l’oggetto in questione che ripararlo. Un altro metodo di rendere un prodotto obsoleto è quello di immetterne subito sul mercato una versione uguale ma con qualche optional in più, così da intaccare la nostra emotività e rendere vecchio ed imperfetto il nostro primo acquisto. L’ideatore di questa vecchia truffa a danno dei consumatori fu l’americano Brooks Stevens, il quale coniò il termine “obsolescenza programmata” verso la metà del secolo scorso. Stevens intuì che attraverso gli spot pubblicitari sarebbe stato in grado di innescare nel consumatore il bisogno psicologico di possedere sempre qualcosa di: “un po’ più nuovo”, “un po’ migliore” e “un po’ prima di quanto non fosse necessario”. Steven iniziò dunque a progettare una classe di prodotti nuovi, usando tecnologie moderne che però si guastavano in maniera del tutto programmata. Secondo la sua visione ciò sarebbe servito a far girare il commercio e l’economia così da apportare un beneficio a tutta la comunità. In realtà non bisogna essere dei cervelloni per capire che gli unici a trarre beneficio da questa pratica sono le solite multinazionali. La luce è senza dubbio il più grande esempio di tecnologia, difatti la scoperta del fuoco ha segnato la prima pagina di progresso tecnologico dell’uomo. Il Dio greco Prometeo rubò a Zeus il fuoco, simbolo della conoscenza, e lo donò agli uomini. Alla stessa maniera, quando ci viene una buona idea, siamo soliti dire”ho avuto un lampo di genio” perché il lampo è appunto un forte bagliore di luce. In passato si parlava di “lumi della ragione” e gli uomini con profonde conoscenze erano chiamati “illuminati”. E che dire del “genio della lampada” protagonista nelle storie di Aladino? Quando leggiamo un fumetto in cui un personaggio ha una buona idea, vediamo sempre una lampadina disegnata nella nuvoletta dei pensieri, perché in tempi moderni la lampadina è di certo il primo simbolo di progresso tecnologico. Ma la lampadina è anche il primo esempio di obsolescenza programmata. Le lampadine moderne hanno una vita molto limitata perché le multinazionali hanno pianificato la loro fine in partenza. In realtà già agli inizi del 1900 era possibile produrre lampadine dalla longevità secolare. Inutile dire che con le tecnologie moderne potremmo quindi costruire lampadine di lunghissima durata ma ciò non gioverebbe di certo il commercio ed i traffici delle grandi corporations . Nel 1924 le varie multinazionali si riunirono in segreto e fu così che nacque il primo cartello mondiale per il controllo delle lampadine, il suo nome era PHOEBUS. In un paese americano esiste una lampadina accesa da oltre un secolo, la sua longevità è dovuta al fatto che fu prodotta da un comune cittadino e non dalle solite multinazionali, utilizzando un tipo di filamento fatto per durare nel tempo. Più tardi gli abitanti del posto fondarono “l’associazione della lampadina” e quando questa speciale lampadina compì il suo primo secolo di vita costoro organizzarono una festa a cui parteciparono in centinaia e tutti insieme cantarono “Happy Birthday” alla festeggiata. E che dire delle stampanti moderne che si guastano ad un ritmo impressionante? Ma quando andiamo per ripararle il tecnico ci dirà che la riparazione avrà costi elevatissimi, almeno il triplo di quanto spenderemmo volendo ricomprare una stampante nuova. In realtà la fine delle stampanti è del tutto programmata attraverso una spugnetta che ripulisce l’apparecchio dal getto di inchiostro in avanzo sulle testine, e dopo un numero predefinito di spruzzi la spugnetta è piena e la stampante decide che è giunta la sua ora. Le multinazionali si giustificano dicendo che questa tecnologia viene sviluppata apposta affinché non coli inchiostro sulla scrivania, in realtà le loro stampanti sono progettate al solo fine di bloccarsi dopo un certo numero di prestazioni. Un altro sistema è quello di collocare un chip nella stampante che conteggia il numero di fogli di lavoro, una volta raggiunto un certo numero di stampe il chip blocca la stampante. Un altro grandioso e becero esempio di obsolescenza programmata è lIpod della Apple. Tale dispositivo infatti, a differenza dei comuni telefonini, non è dotato di una batteria esterna ma interna, e la durata di questa batteria è di circa 18 mesi. Quando si scarica la batteria di un comune telefonino puoi sempre sostituirla con una nuova, invece la Apple non sostituirà la batteria dell’Ipod, ti suggerirà piuttosto di comperare un nuovo Ipod, considerando che nel frattempo sarà resa disponibile una nuova versione dello stesso. Un avvocato americano decise però di intentare una causa di gruppo alla Apple e per la prima volta un caso di obsolescenza programmata finì in tribunale. Ne venne fuori che la batteria al litio della Apple era stata disegnata per durare poco. E dopo una battaglia legale la Apple si impegnò a prolungare la garanzia del prodotto a due anni e ad offrire un servizio di ricambio. Al giorno d’oggi tutto funziona così. Il progresso industriale ha fatto sì che i nostri prodotti siano concepiti per durare il minor tempo possibile, anche l’industria tessile segue questa regola poiché si fonda sul credo del consumismo. Continuiamo a produrre ogni tipo di prodotto senza sosta, ma non si può pensare di produrre oggetti in maniera illimitata sfruttando le risorse naturali di un pianeta invece limitato. Questa è la ragione per cui lasciamo che paesi come il Terzo Mondo vivano ancora allo stato brado. Il mondo occidentale ha ormai esaurito le proprie risorse, dunque adesso stiamo sfruttando le loro, e per farlo non dobbiamo permettere la loro crescita economica e culturale. Noi non permettiamo deliberatamente il loro progresso e la loro emancipazione perché sappiamo che quella gente non ci permetterebbe più di sfruttare il loro territorio per le nostre industrie. Alla fine dei conti, ciò che finisce nel Terzo Mondo sono invece tutti i rifiuti tecnologici del globo intero: pc, monitor, stampanti, tv, frigoriferi, forni etc. Il Terzo Mondo è divenuto, all’insaputa delle masse, la più grande discarica della tecnologia moderna, nonostante un trattato internazionale lo proibisca. Ma i grandi gruppi scavalcano l’ostacolo della burocrazia dichiarando tali prodotti di seconda mano. Pensateci la prossima volta che buttate via un telefonino.

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