Ambiente e salute

25 pazienti guariti su 25 trattati: scoperta medica tutta italiana, senza precedenti

By admin

October 05, 2015

05/10/2015 – Un’importante scoperta destinata ad entrare nella storia della medicina porta il nome di un illustre medico beneventano, Carlo Pappone.

Grazie a lui, l’Italia mette a segno un gran colpo per la medicina mondiale. Un successo senza precedenti nella lotta alle aritmie cardiache maligne responsabili della morte improvvisa, che soltanto nel nostro Paese uccide almeno 50 mila persone all’anno.

È ancora sotto gli occhi di tutti la morte in diretta del calciatore Piermario Morosini, crollato sul campo di calcio a soli 25 anni colpito da un infarto fulminante causato da una displasia aritmogena del ventricolo destro denominata “sindrome di Brugada“, patologia genetica che prende il nome dal suo scopritore, lo spagnolo Josep Brugada.

Oggi, grazie al Prof.Carlo Pappone, si è trovata finalmente la cura definitiva. Ben venticinque pazienti guariti su venticinque trattati: il cento per cento di successo. Essi portavano in petto una vera e propria bomba ad orologeria. Ora sono stati “liberati” e possono vivere una vita più tranquilla, senza la spada di Damocle rappresentata dal fatto di poter subire un infarto fulminante da un momento all’altro.

Carlo Pappone, che da marzo scorso dirige l’Unità Operativa di Elettrofisiologia e Aritmologia dell’I.r.c.c.s. Policlinico San Donato di Milano, è una personalità di fama mondiale nel campo della cardiologia chirurgica. Il suo curriculum parla da solo: oltre ad essere l’inventore di quello che nel mondo della medicina è noto come il “Pappone Approach” (metodo Pappone, che porta appunto il nome dello scopritore ed inventore), sistema utilizzato in tutto il mondo per la cura e la soluzione definitiva delle aritmie cardiache causate da fibrillazione atriale, egli ha nel suo palmares ben 150 mila cuori operati, tutti con successo e senza mietere “vittime“, ben 295 pubblicazioni, 12 mila citazioni, oltre ad un impact factor superiore a 1.200.

Numeri stratosferici, da Premio Nobel per la medicina.

La nuova tecnica chirurgica, assolutamente poco invasiva in quanto non richiede l’utilizzo del bisturi, consiste in un’ ablazione “bersagliata“, in pratica una scossa di corrente elettrica a radiofrequenza che brucia selettivamente le cellule cardiache responsabili della patologia genetica ereditaria, dopo averle individuate attraverso una mappatura elettromagnetica del ventricolo destro.

L’intervento è in anestesia generale e prevede un ricovero di soli 3-4 giorni. A spiegarne la dinamica è lo stesso “inventore”, Prof. Carlo Pappone . “Con un ago, pungendo la parte inferiore dello sterno – spiega il “genio” – introduciamo un sondino che viene spinto fino a raggiungere la superficie esterna del cuore, l’epicardio, e ne rileva gli impulsi elettrici. In questo modo ricostruiamo l’anatomia e l’attività elettrica dell’organo, individuando con precisione il punto esatto del ventricolo destro in cui si nasconde la malattia. Quella è la zona da bruciare e a seconda dei casi può essere più o meno estesa, da alcuni a molti centimetri quadrati, fino ad arrivare, nei casi più gravi, ad un terzo dell’intero ventricolo“.

L’infarto causato dalla sindrome colpisce nella quasi totalità dei casi il genere maschile. Età media, 40 anni.

I risultati e gli esiti dell’intervento sono straordinari. Si pensi che l’esame elettrocardiografico dei venticinque pazienti operati, tutti già portatori di defribillatore, si è presentato normale sin dal giorno dell’intervento. Essi non solo non hanno più manifestato alcun segno clinico della malattia, ma addirittura non si esclude che possa essere loro espiantato, in via definitiva, il defribillatore che portano ancora in petto. Ma per farlo, dicono i medici dell’equipe del luminare sannita, bisognerà attendere cautelativamente almeno un anno dall’intervento.

È lo stesso Prof.Pappone a dare conto della sensazionalità della notizia, ” …per tutti quei pazienti che, consapevoli di essere affetti da sindrome di Brugada, vivono nel terrore delle conseguenze della loro malattia.”

Altri tentativi per eliminarne i sintomi, ed in particolare le aritmie, erano stati eseguiti in passato con buona percentuale di successo, ma non avevano mai avuto, nè avrebbero potuto averlo, come obiettivo l’eliminazione completa della malattia.

“Questo – precisa l”elettricista del cuore“, come ama umilmente definirsi – è il primo studio al mondo in cui una malattia genetica può scomparire applicando una speciale corrente elettrica attraverso un sondino che raggiunge la superficie del ventricolo destro“.

“I bambini che hanno la sfortuna di nascere con la sindrome di Brugada” -continua – “è come se portassero dentro un orologio in cui è segnata la data della loro morte, e la grande sfida è identificarli prima che il nefasto evento si concretizzi, sottoponendoli così all’intervento “riparativo” (e risolutivo).

Circa un terzo di coloro che sono affetti dalla sindrome non sa di averla. Magari perché non ha mai fatto un elettrocardiogramma, o perché inizialmente nel tracciato fatto non compariva alcuna aritmia. Morire d’infarto non è mai tanto naturale, specialmente se l’evento si manifesta in giovane età. C’è sempre, sotto sotto, qualcosa che non va. Di un uomo morto improvvisamente si è soliti dire “ Ma come è potuto succedere? Stava così bene…” Invece, se è morto, vuol dire che non stava affatto bene.

Spesso, purtroppo, la prima manifestazione clinica della malattia è anche l’ultima, cioè la “morte per arresto cardiaco“. Soltanto l’autopsia reperterà, quando ormai, però, sarà troppo tardi, la causa dell’infarto miocardico. E non di rado essa è proprio la sindrome di Brugada.

“In genere – spiega il Prof.Pappone – i pazienti affetti dalla sindrome muoiono d’infarto in concomitanza con una febbre alta, una malattia infettiva o un eccesso alimentare. La malattia è scritta nel DNA e in particolare si manifesta negli individui di sesso maschile. È trasmissibile geneticamente, il che vuol dire che se il padre ce l’ha, anche il figlio ha il 50% di probabilità di soffrirne“

“Finora – ricorda ancora lo specialista, – l’unica terapia possibile per i pazienti con una diagnosi di Brugada era l’impianto di un defibrillatore, una sorta di pacemaker che eroga una scarica quando il cuore si ferma“. Non una cura, pertanto, ma una semplice prevenzione.

“Oggi nel mondo vivono molte migliaia di uomini portatori di un defibrillatore impiantabile perché affetti da Sindrome di Brugada ad alto rischio di morte improvvisa. Ebbene per questi malati, e per tutti coloro che ancora devono scoprire di esserlo, è da oggi disponibile la prima vera cura, l’unica che ha dimostrato di eliminare la patologia fulminandola al cuore.”

Parole dirette ed inequivocabili, pronunciate non senza una giusta dose di orgoglio e di soddisfazione dall’illustre cattedratico sannita, vanto non solo per il Sannio, ma per l’Italia intera.

Lo stesso Josep Brugada, scopritore, come dicevo, della malattia, in un primo momento si era mostrato scettico. Ma poi ha dovuto arrendersi all’evidenza dei fatti.

A raccontarlo è ancora il Prof.Pappone.

“Era un giorno di giugno del 2014 e mi trovavo a Cuba, dove ho incontrato Josep (Brugada – n.d.r.). Gli ho detto che avevo un’idea per guarire la ‘sua’ sindrome, e che il modo migliore per ringraziarmi sarebbe stato quello di farmi provare. Lui era scettico, ma in ottobre è venuto a Cotignola ( presso la famosa Clinica “Villa Maria”, dove opera il medico beneventano – n.d.r) e ha dovuto ricredersi“.

E lo stesso Josep Brugada a parlare, ora, di “pietra miliare” e di “svolta” per descrivere il risultato ottenuto con la nuova metodica. “Adesso, – assicura – l’Unità operativa di Elettrofisiologia e Aritmologia dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano ( diretto dal Prof.Pappone – n.d.r.) potrà essere considerato un centro di eccellenza e diventare capofila di un network internazionale che attrarrà pazienti con la sindrome di Brugada da tutto il mondo. Nei loro cuori si potranno eliminare le conseguenze di questa terribile malattia genetica che provoca l’infarto del miocardio. È incredibile. Abbiamo messo insieme – spiega – l’esperienza di Pappone nel campo dell’ablazione, che è la numero uno al mondo, con la nostra conoscenza della malattia sul fronte genetico e siamo stati capaci di imprimere una svolta“.

“Tutti ci siamo emozionati e abbiamo sentito battere il nostro cuore all’impazzata almeno una volta nella vita – conclude l’illustre cardiochirurgo sannita – Ecco, l’aritmia è una malattia misteriosa che non si vede, non si palpa. Il sogno sono diagnosi certe e terapie possibili“.

Al “San Donato“, nel nuovo reparto sono stati predisposti un numero di posti letto sufficienti a garantire all’incirca 3.500 interventi all’anno.

Sono attesi a Milano pazienti da tutti i Paesi del mondo. Su di essi sarà applicata la nuova tecnica. Il passo successivo, che lo stesso Prof.Pappone annuncia con orgoglio, sarà di insegnare ai medici, anche stranieri, come eseguire questa rivoluzionaria procedura. FONTE

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