Ambiente e salute

Storia di straordinaria malagiustizia: Donna arrestata per la sua ex povertà

By admin

November 11, 2015

Denunciata senza capirlo, processata senza saperlo, condannata senza mai difendersi, ricercata senza mai nascondersi.

 

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Mentre lei, ignara di tutto, in quegli stessi anni si costruiva pian piano una vita: dalla miseria in metropolitana ai primi lavori in regola, e poi la prima residenza regolare, e i contributi Inps, e le tre figlie a scuola, e un lavoro sempre migliore, e una nuova casa in affitto. Sette anni così, raccontando ogni volta ad amici e parenti che è vero, che se ci si crede si può: anche una che parte da zero, anche «una romena come me».

Finché invece la burocrazia giudiziaria l’ha trovata, e ha deciso di no: tre settimane fa i carabinieri si sono presentati a casa sua e l’hanno portata in galera. Perché rubava di nascosto? Perché aveva fregato qualcuno? Macché: perché il Tribunale di Milano, l’anno scorso, l’ha condannata a sei mesi di reclusione per un’asserita accusa di «accattonaggio con minore» risalente proprio a quella vita precedente da cui, ormai sette anni fa, era riuscita faticosamente a sollevarsi. Condanna senza attenuanti e senza neppure sospensione condizionale, che per sei mesi si dà a chiunque, malgrado lei fosse totalmente incensurata. Della serie «torna indietro e va’ in prigione senza neanche ripassare dal Via».

Lei oggi ha 29 anni. Diciamo che si chiama Anna, anche se non è vero, visto che le sue tre figlie in età ancora elementare stanno già pagando abbastanza senza bisogno che i compagni di scuola sappiano troppo. Ma la storia ricostruita dal suo avvocato Fabrizio Busignani è documentata fino alle virgole e il suo prologo si svolge, appunto, intorno al 2006: quando una bambina viene notata da sola nella stazione metro di San Babila. L’accusa di averla mandata a chiedere la carità verrà contestata, in un secondo momento, a una donna identificata a piede libero che si qualifica con le generalità di Anna. A questa donna viene assegnato un difensore d’ufficio, di cui Anna non saprà mai nulla anche se sarà l’unico a essere via via informato. L’indagine parte e si chiude, comincia un processo. Ma Anna non saprà mai niente neppure di questo: anzi i giudici, lette le attestazioni di «vane ricerche» prodotte dai carabinieri, prima la dichiarano contumace e poi la condannano. Siamo nel marzo del 2012. I carabinieri continuano a dichiararla «irreperibile» per mesi pur affermando di averla cercata «nel luogo di nascita, dell’ultima residenza anagrafica, dell’ultima dimora, in quello dove abitualmente lavora» e persino «presso l’Amministrazione carceraria centrale». Quando il 9 gennaio di quest’anno la trovano, nella casa in cui regolarmente vive da tempo, è per arrestarla. Ed è solo a questo punto che lei nomina un avvocato di sua fiducia.

In realtà Anna sarebbe sempre stata reperibilissima: «Inizialmente – dice don Virginio Colmegna – è stata residente per diverso tempo qui da noi in Casa della Carità». Dove l’anagrafe ne certifica la presenza almeno «dal 5 ottobre 2010», sottolinea l’avvocato Busignani, e dove nessuno l’ha mai cercata: né lì, appunto, né nell’appartamento fuori Milano sua residenza attuale. Così come nessuno – prosegue il legale – ha mai chiesto di lei ai datori di lavoro succedutisi in questi anni e risultanti dalla copiosa documentazione Inps: il tutto prodotto ora in copia al tribunale per chiedere di restituire alla povera Anna la sua vita. Lo stesso appello, in questo senso, che anche don Colmegna indirizzerà al procuratore Edmondo Bruti Liberati e al presidente del tribunale Livia Pomodoro. FONTE

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