Ambiente e salute

TEHERAN PRONTO A “INONDARE” DI GREGGIO I MERCATI INTERNAZIONALI

By admin

January 18, 2016

17/01/2016 – Il nuovo affondo sembra legato agli ultimi sviluppi del negoziato con l’Iran. Il rapporto finale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha confermato che Teheran ha tenuto fede agli accordi sul nucleare sottoscritti a luglio. I tempi si sono rivelati più stretti di quanto gli analisti avessero previsto e le sanzioni internazionali sono state ufficialmente revocate. L’Iran non aspetta altro per ricominciare a vendere liberamente il suo greggio. Ma per il mercato, tuttora gravato da un eccesso di offerta superiore a un milione di barili al giorno, si tratta di una prospettiva inquietante, che rischia di verificarsi, come dice Barclays, «da due a quattro mesi prima di quanto noi e il resto del mercato avessimo inizialmente pensato».

«La revoca delle sanzioni non poteva arrivare in momento peggiore per i mercati petroliferi – rincara Commerzbank – Potenzialmente potrebbe spingere i prezzi ancora più in basso».

Il Governo iraniano ha ripetuto più volte di essere in grado di aumentare la produzione di greggio – oggi scesa a 2,7 milioni di barili al giorno dai 3,6 mbg del 2011, prima delle sanzioni, e 4 mbg nel 2008 – di 500mila bg nel giro di poche settimane e di altrettanto in sei mesi. Dopo anni di sanzioni che potrebbero aver danneggiato i giacimenti, Teheran forse non riuscirà ad essere così veloce come spera. Ma la previsione media di 12 analisti ed economisti interpellati da Bloomberg è comunque per un incremento di produzione di 100mila bg nell’immediato e 400mila bg dopo sei mesi. Tratto da IlSole24Ore

(ANSA)Petrolio sotto 30 dollari: chi guadagna e chi perde. Vantaggi per consumatori e imprese, ma soffre chi esporta Il crollo della bolletta petrolifera, la benzina in discesa ma sempre appesantita dalla componente fiscale, l’inflazione in picchiata, le tariffe di luce e gas con la retromarcia, la raffinazione in ripresa. Il petrolio sotto i 30 dollari e’ una manna per consumatori e aziende, anche se, sull’altro piatto della bilancia, c’e’ il campione petrolifero nazionale, l’Eni, in ovvia difficoltà. Ecco chi ci guadagna e chi perde.

BOLLETTA PETROLIFERA A POCO PIU’ DI 16 MLD – Nel giro di due anni i costi sostenuti dall’Italia per approvvigionarsi di greggio all’estero si sono praticamente dimezzati, passando, stando agli ultimi dati forniti dall’Unione petrolifera, dai 30 miliardi di euro del 2013 ai 16,2 miliardi dello scorso anno. Un bel risparmio in termini generali per il sistema Paese, di cui si avvantaggiano tutti.

BENZINA MENO CARA, MA IL FISCO PESA – Da luglio del 2014, quando il greggio si spinse ai massimi dell’anno intorno a 105 dollari al barile, il prezzo della benzina, secondo quanto emerge dalle tabelle del ministero dello Sviluppo economico, e’ passato da circa 1,76 euro al litro agli 1,43 attuali. Si tratta di una flessione del 19%, che impallidisce (anche considerando la variabile cambio euro/dollaro) di fronte al crollo del 65% registrato dal greggio, ma che si spiega con la componente fiscale: a luglio 2014 era pari a 1,049 euro, adesso e’ pari a 0,986, con una diminuzione di appena il 6%.

INFLAZIONE AI MINIMI DAL 1959 – Il prezzo del greggio in picchiata in Italia ha fatto precipitare nel 2015 il tasso annuo d’inflazione allo 0,1%, vale a dire il livello più basso da 56 anni. Oggi l’Istat ha confermato le stime preliminari aggiungendo che a dicembre l’inflazione sia rimasta ferma, su base annua, allo 0,1% e abbia registrato una variazione nulla rispetto al mese precedente.

RISPARMI IN VISTA PER BOLLETTE LUCE E GAS – L’ultimo aggiornamento dell’Autorità per l’energia, scattato il primo gennaio scorso, vede un calo dell’1,2% per l’elettricità e del 3,3% per il metano. In entrambi i casi il vantaggio deriva ovviamente dal forte calo dei costi relativi all’approvvigionamento della ‘materia energia’. Per una famiglia tipo il risparmio complessivo nei 12 mesi e’ di quasi 60 euro.

RAFFINAZIONE IN RIPRESA, MA ENI IN AFFANNO – Il petrolio meno caro e’ stato una boccata d’ossigeno anche per l’industria della raffinazione, da anni in crisi a causa non solo dei prezzi della materia prima, ma anche dei consumi sempre più scarsi: l’aumento della lavorazione, dovuto anche a qualche fermata degli impianti, e’ stato invece nel 2015 del 10,6%. Da questa situazione ha tratto vantaggio, per la raffinazione, anche l’Eni: ma da un punto di vista più generale il gruppo, come tutti gli altri big a livello mondiale, ha ovviamente sofferto, con una serie di risultati in contrazione e con la decisione, presa lo scorso anno, di tagliare il dividendo. ATTENZIONE ALL’EXPORT – Un listino del petrolio in caduta libera avrà effetti pesanti sui paesi produttori di greggio che dal petrolio ricavano le loro maggiori entrate fiscali e posti di lavoro. Secondo uno studio di Intesa Sanpaolo quota 30 dollari costringerebbe questi paesi a prevedere misure correttiva in termini di bilancio pubblico, questo rischia di provocare una crisi depressiva della domanda. Se si tiene conto che dal 1999 al 2014 l’export dell’Italia verso i paesi petroliferi è salito dal 6,6% al 10,6%, le stime più miti danno per l’export italiano un calo nel 2016 di circa 3,6 miliardi di dollari, mentre le stime più severe parlano di un calo di 10 miliardi di euro.

RISPARMI SU BENZINA SPINGONO CONSUMI – Secondo alcune analisi, l’ulteriore calo del prezzo del greggio sommato al rincaro del dollaro sull’euro avrebbero come effetto un beneficio di 3 miliardi di euro per minori costi dei carburanti di cui 2,5 miliardi di riverserebbero sui consumi pari a circa 116 euro l’anno per famiglia.(ANSA).

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