Ambiente e salute

La Corte costituzionale dice sì al referendum anti-trivelle: saranno i cittadini a decidere

By admin

January 21, 2016

20/01/2016 – La Consulta conferma l’ammissibilità del quesito già “promosso” dalla Cassazione: ora la parola decisiva ai cittadini!

A decidere sulle trivelle saranno gli elettori! La Corte Costituzionale ha ritenuto che le frettolose modifiche apportate dal governo alla normativa sulle trivellazioni, con la legge di Stabilità dello scorso dicembre, non sono sufficienti, non rispondono davvero agli intenti dei promotori. Ha quindi rimesso alla volontà popolare la decisione su quelle disposizioni del Decreto Sviluppo del 2012 (decreto legge 83/2012) che riguardano le attività offshore entro le 12 miglia dalla costa.

I cittadini saranno chiamati a esprimersi per evitare che i permessi già accordati entro le 12 miglia possano proseguire oltre la loro naturale scadenza, per tutta la “durata della vita utile del giacimento“; e per ribadire che i procedimenti ancora in corso (tutti quei progetti che attendono ancora un “si” definitivo) devono ritenersi definitivamente chiusi, anziché solo sospesi.

Gli emendamenti alla legge di Stabilità dello scorso dicembre, che hanno segnato comunque un dietro front radicale (e positivo) del governo, non risolvono dunque del tutto il conflitto sollevato dalle Regioni contro la strategia fossile del governo Renzi.

Insieme a Legambiente, Marevivo, Touring Club italiano e WWF abbiamo fatto notare come la volontà del Governo di tutelare gli interessi dei petrolieri abbia creato un conflitto istituzionale senza precedenti nel Paese. Pur di assecondare le lobby dell’oro nero, l’esecutivo Renzi aveva promosso forzature inaccettabili, come la classificazione delle trivellazioni come “opere strategiche” (dunque imposte a forza ai territori) e la creazione di servitù potenzialmente senza limiti di tempo, con concessioni prorogabili ad oltranza. Con le modifiche introdotte nella Legge di Stabilità 2016, l’esecutivo di Renzi è stato in larga misura costretto a smentire se stesso.

Ora si andrà alle urne, ma la battaglia punterà al referendum e oltre. Quello che serve per difendere una volta per tutte i nostri mari è il rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione!

La lunga battaglia delle Regioni ha portato al risultato sperato. La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile un referendum sulle trivelle, ovvero il quesito che riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate in passato. L’iniziativa referendaria, in aperto scontro con il Governo Renzi era stata intrapresa da dieci Consigli regionali. La Basilicata ha fatto da capofila e successivamente si sono accodate Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania, Molise ed Abruzzo. In realtà quest’ultima Regione ha deciso di abbandonare il campo negli ultimi giorni, scegliendo di intraprendere strade diverse per la difesa del proprio territorio.

La Corte costituzionale ha detto sì al referendum anti-trivelle, dichiarando ammissibile uno dei sei quesiti referendari contro le trivellazioni in mare proposti da nove consigli regionali. Il quesito, che aveva già superato il vaglio della Cassazione a differenza degli altri 5 proposti dalle Regioni e bloccati dalla Suprema Corte dopo le modifiche introdotte dal governo con l’ultima legge di Stabilità, tra cui il divieto di trivellazioni entro le 12 miglia marine, riguarda la durata delle esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate.L’area concessa ai petrolieri va da Venezia a Pantelleria, da Santa Maria di Leuca alle Isole Tremiti, gioielli del nostro paese che hanno fatto levare gli scudi.Le Regioni (Campania, Puglia, Basilicata, Marche, Sardegna, Veneto, Liguria, Calabria e Molise), 9, dopo il dietrofront dell’Abruzzo, si preparano ora a dare battaglia per gli altri cinque referendum bocciati. Plaudono le associazioni ambientaliste. In un comunicato congiunto Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club italiano e Wwf hanno accolto “il giudizio della Consulta”, sottolineando che esso conferma “l’inefficacia del tentativo del governo di scongiurare il referendum sulle trivelle”. Nelle immagini la protesta di Greenpeace davanti alla piattaforma petrolifera offshore Sarago Mare A, posizionata a soli tre chilometri dalla costa di Civitanova Marche. Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace, allora aveva spiegato: “L’Italia sta svendendo i suoi mari per pochissimi barili di greggio ai petrolieri. Il futuro del nostro turismo balneare, le nostre vacanze, potrebbero essere così, all’ombra di trivelle o piattaforme petrolifere e invece del rumore delle onde potremo ascoltare le esplosioni degli airgun con cui si cercano gli idrocarburi sotto i nostri fondali”.

24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Anche ora, proprio mentre leggi, potrebbero esplodere degli airgun. Esplosioni così forti che balene e cetacei possono perdere l’udito. GUARDA COSA FANNO per trovare petrolio in fondo al mare E CONDIVIDI QUESTO VIDEO. Trivellazioni offshore e airgun sono un rischio non solo per il mare, ma anche per la pesca e per il turismo. Fino al 70% delle risorse ittiche potrebbe andare perduto per poche gocce di petrolio. Fatti sentire ORA CONTRO LE TRIVELLE. VIDEO:

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