Ambiente e salute

Raineri, la bomba tossica di Mussomeli della quale nessuno parla

By admin

November 24, 2013

MUSSOMELI – C’è anche la miniera di Raineri tra quelle indicate dall’Arpa ad alto rischio, ovvero miniere dove negli anni passati potrebbero essere state interrate tonnellate di rifiuti tossici se non addirittura radioattivi. Si tratta di una miniera che ricade in territorio di Mussomeli (è distante in linea d’aria pochi chilometri dalla ben più nota miniera Bosco di Serradifalco-San Cataldo), ma trovandosi un po’ fuori mano rispetto alla strada provinciale, appartiene a quei siti di cui si parla poco o niente. Della miniera di Raineri si sa davvero poco e ancora meno se ne parla, nonostante evidenti tracce di salgemma, sono tuttora visibili lungo il tratto che la costeggia. E anche sotto l’impatto economico/lavorativo per la comunità mussomelese, la miniera di Raineri non ebbe rilevanza tranne sporadiche collaborazioni di qualche tecnico specializzato. La miniera, insomma, quasi nulla ha lasciato nella memoria storica dei mussomelesi tant’è che i più ignorano la sua ubicazione e perfino la sua stessa esistenza. La Raineri si trova sulla strada del sale (Sp 38) e si raggiunge attraverso una stradina delimitata da un cancello, una volta superato il bivio per Mappa. E qui, in questo perimetro di terra rigogliosa e fertile, fa da contraltare la desertificazione del terreno che delimita il luogo estrattivo. Un luogo solitario, dove la miniera di Raineri raggiunge profondità di centinaia di metri e si articola in gallerie e cunicoli per un’estensione di diversi chilometri, le stesse profondità da dove starebbero risalendo lentamente ma inesorabilmente, attraverso le falde acquifere, i rifiuti tossici che vi sarebbero stati sepolti. E proprio qui pochi anni addietro, nel febbraio del 2008, si registrò un inquietante caso, documentato con foto dal geologo della Protezione Civile provinciale dott. Salvatore Saia, che notò sul terreno una grande orma a forma di stella. L’orma si stagliava nitida sul fango a pochi centimetri dal lucore del sale. L’orma era stata impressa con forza tant’è che era traboccante di pioggia e, cosa assai strana, tutt’attorno non c’erano altre orme, né di uomini né di bestie. Da decenni le 800 tra miniere e cave siciliane sono state abbandonate, ma di quello che le ecomafie potrebbero avere sepolto là sotto, è buio pesto. Di tanto in tanto il velo di silenzio che avvolge le miniere e le cave viene squarciato, ma ben presto l’oblio torna a cadere sul contenuto sepolto nelle viscere della terra. E mentre le indagini faticano ad ingranare, da noi si continua a morire di tumori di ogni genere.

Fino a quando? Per scoprire cosa c’è sotto le miniere basterebbe poco. Siamo nel 2013 e di certo esistono le tecnologie necessarie per verificare se nelle miniere sono state sepolte, come si mormora da troppo tempo tonnellate di rifiuti di ogni genere che inquinerebbero le falde acquifere e quindi avvelenerebbero i pascoli e di conseguenze i prodotti degli ovini e dei bovini: latte, formaggi, prodotti caseari in genere ma anche cereali ed ortaggi. Come non ricordare che proprio uno dei pentiti storici di mafia del Vallone, Leonardo Messina (era diventato caposquadra nella miniera di Pasquasia), ai magistrati antimafia raccontò che una volta chiuse, le miniere erano state riempite con rifiuti d’ogni genere, comprese le scorie radioattive. L’allora procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, ritenne Messina “credibile” ma venirne a capo risultò pressoché impossibile. Non solo: nell’estate del 1990, Gaetano Butera, vigile urbano di Serradifalco, impegnato in alcuni lavori nella sua casa di campagna, s’era insospettito nel vedere un grande andirivieni di camion in direzione della miniera abbandonata di Bosco-Palo. Butera annotò come dai tir venissero scaricati grossi scatoloni di cui poi si perdevano le tracce. Si qualificò e si presentò ad uno degli autisti, un polacco, che gli mostrò un’autorizzazione scaduta, per il trasporto ma non per lo smaltimento di rifiuti speciali ospedalieri. Nell’area del Vallone i tumori del sangue son quelli più in crescita: a Gela si arriva a un drammatico +42% rispetto alla media nazionale, ma nel Vallone il dato schizza ad in impressionante +108%. Certo non sarà facile avere risposte, perché le ecomafie non agiscono da sole e godono di molte coperture a tutti i livelli. E di certo in tutti questi anni c’è stato tutto il tempo di “tombare” i cunicoli delle miniere tappandoli con milioni di metri cubi di terriccio. Ma la verità va disseppellita una buona volta, anche dalla miniera di Raineri. Fonte