Ambiente e salute

Quando a giocare d’azzardo, a danno del cittadino, è lo stesso “Stato”

By admin

March 12, 2016

12/03/2016 – In questi anni si è discusso molto sul danno che hanno subito moltissime famiglie che attratti da numerosi forme di giochi e incoraggiati sempre di più da pubblicità ingannevoli, supportate da politici, dirigenti e manager compiacenti con enormi conflitti d’interesse, uno di questi è il caso Franco Mirabelli  (riportato sul blog di Beppe GRILLO) che ha fatto molto discutere, capogruppo Pd in antimafia, non è titolato a dare lezioni di etica politica a nessuno, specialmente per quanto riguarda ruoli e azioni nella commissione che si occupa del contrasto al crimine organizzato. Come ben ricordano tutte le associazioni che si battono contro l’azzardopatia, tema fortemente legato alle mafie che sfruttano questo settore sia legale che illegale, questa estate Marco Dotti, giornalista del quotidiano terzo settore Vita.it colse clamorosamente in fallo Mirabelli. Il capogruppo Pd in antimafia, depositò un disegno di legge sul settore giochi scritto direttamente da Italo Volpe, che in quel periodo era capo dell’ufficio amministrativo dell’Agenzia Dogane e Monopoli che si occupa di.. “giochi”. Si tratta di un disegno di legge che concedeva diversi favori alle lobby di ‘azzardopoli’ sul quale il Movimento 5 Stelle presentò anche una interrogazione.

Eppure di soluzioni ne esistono, il primo comune in Italia, che ha deciso di vivere senza la presenza di slot, leggi la Notizia

Una indagine svolta dall’Agenzia specializzata Agimeg e pubblicata dal settimanale L’Espresso, ci dice che nel corso del 2015 il business di giochi e lotterie ha mosso circa 88 miliardi di euro, molto di più rispetto all’anno precedente (chiuso con 84 miliardi e 200 milioni di euro).

 

Ecco l’articolo su l’Espresso: “Gratta e vinci”: per far tornare i conti lo Stato gioca d’azzardo. Siamo i primi al mondo: stampiamo un quinto dei biglietti di tutto il pianeta. E mentre i Monopoli lanciano 20 nuove lotterie istantanee, la ludopatia diventa emergenza nazionale. Ma solo un premio su tre supera il prezzo del biglietto. Le accuse di poca trasparenza: da “Nuovo Miliardario” a “Turista per sempre”, le possibilità di grattare il primo premio sono dello 0,000013 per cento. Allo Stato piace vincere facile. Giocando, a volte, con i risparmi dei contribuenti. Secondo l’Agenzia specializzata Agimeg nel 2015 il business dell’azzardo legale ha mosso circa 88 miliardi di euro. Molto di più rispetto all’anno precedente, che si era chiuso con 84 miliardi e 200 milioni di euro. E tra gli “svaghi” preferiti dagli italiani spiccano i “gratta e vinci”. Un passatempo evidentemente molto remunerativo per le casse pubbliche, visto che nel solo 2015 sono state istituite ben 20 nuove lotterie istantanee (si chiamano così i tagliandi da grattare). L’ultima trovata, “il Forziere”, è stata immessa sul mercato con un decreto del 31 dicembre. In totale, compresi i biglietti più vecchi ma ancora in voga, esistono 59 tipologie diverse di tagliando, con prezzi che vanno da uno a 20 euro. Un giro d’affari che – solo per i gratta e vinci – nel 2014 ha toccato quota 9 miliardi e 400 milioni di euro e che nel 2015 si stima intorno ai 9 miliardi. L’Italia è il Paese in cui si vendono più gratta e vinci al mondo: stampiamo un quinto dei biglietti di tutto il pianeta. Ma quando si parla di cifre, nel gioco d’azzardo, bisogna andarci coi piedi di piombo. In questo mondo, infatti, le informazioni ai consumatori sono merce rara. Per conoscere il dato sulle vendite dei gratta e vinci nel 2014, ad esempio, è stata necessaria un’interrogazione parlamentare di Giovanni Paglia, deputato in quota Sel, che a dicembre del 2015 ha chiesto delucidazioni al ministro dell’Economia . Quel che è certo è che il 73,6 per cento del denaro raccolto viene restituito ai giocatori (pay out) in forma di premi, il resto – più di 2 miliardi l’anno – entra nelle casse dell’Erario e in parte viene ripartito tra i distributori finali e il concessionario unico che gestisce i “gratta e vinci” per conto dei Monopoli: la Igt-Lottomatica, del gruppo De Agostini, che nel 2014 ha incassato 370 milioni di euro, escludendo gli introiti derivanti dal gioco del Lotto. Senza trucchi e qualche inganno Ma un pay out così alto non deve trarre in inganno. Due premi su tre, infatti, equivalgono al costo del biglietto. Una piccola gratificazione che spesso illude il consumatore e lo induce a giocare ancora, confidando nella dea bendata. Che però non può fare miracoli. Per fare degli esempi concreti: quante possibilità ci sono di grattare il premio più ghiotto (500mila euro) di un “Nuovo Miliardario”? Una su 5 milioni e 280 mila biglietti, lo 0,000013 per cento. E quante probabilità esistono di mollare tutto e diventare “Turista per sempre”? Una su 2 milioni e 880 mila, lo 0,000035 per cento. Ma il giocatore spesso non è affatto consapevole delle reali probabilità di vincita, perché queste informazioni non sono contenute sul retro tagliando, o meglio, sono riportate in maniera parziale, accorpando varie classi di premio. Per conoscere il dettaglio, i più motivati potranno andare sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e spulciarsi i dati sui singoli giochi. Un’eventualità remota nel caso in cui a grattare, come accade di frequente, sia un anziano. Eppure il decreto Balduzzi del 2012 obbliga il concessionario a riportare sui biglietti le reali probabilità di vincita riconosciute al giocatore. Con una possibilità di deroga: «Qualora l’entità dei dati da riportare sia tale da non potere essere contenuta nelle dimensioni delle schedine ovvero dei tagliandi, questi ultimi devono recare l’indicazione della possibilità di consultazione di note informative sulle probabilità di vincita pubblicate sui siti istituzionali». Nella prassi la deroga si trasforma in norma e, con la scusa della mole dei dati, sulle lotterie istantanee non c’è traccia di informazioni dettagliate. Un escamotage che fa infuriare l’avvocato Osvaldo Asteriti, presidente di Asdi (Associazione sviluppo dell’individuo), che dal 2012 a oggi ha inviato decine di segnalazioni all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) per verificare eventuali violazioni in materia di pubblicità ingannevole, mancate informazioni sui rischi per la salute e insufficienti indicazioni del divieto di gioco per i minori. «Appellarsi alla deroga prevista dal decreto Balduzzi è strumentale», dice l’avvocato. «Ho più volte inviato all’Authority dei fac-simile di gratta e vinci, identici agli originali per forma e dimensione, dimostrando come sia possibile inserire sui tagliandi tutte le informazioni previste dalla legge senza compromettere in alcun modo il “campo di gioco”. In realtà non siamo più davanti a un’interpretazione della legge ma davanti a una sostanziale abrogazione». E per obbligare Lottomatica e i Monopoli al rispetto delle norme vigenti, Osvaldo Asteriti, insieme al Codacons, nel luglio scorso ha presentato un ricorso al Tar, avviando una class action amministrativa. L’obiettivo è di «tutelare i giocatori, sempre più esposti al rischio di patologie legate all’azzardo», spiega l’avvocato. «Sono convinto che inserire le probabilità di vincita sui tagliandi cambierebbe di poco il comportamento dei consumatori abituali, ma di certo scoraggerebbe la nascita di nuovi giocatori patologici. E in ogni caso, in questo modo si rispetterebbe la legge». Il virus del gioco Gli italiani affetti da gap (gioco d’azzardo patologico), infatti, sono in costante aumento. Secondo i dati forniti da Federserd (Federazione dei Servizi pubblici per le dipendenze) 9 mila cittadini si sono rivolti a strutture specializzate nel 2015. Ma secondo uno studio utilizzato dalla stessa Federazione sono oltre 800 mila le famiglie che convivono con un malato di ludopatia. Cifre simili a quelle diffuse dal ministero della Sanità, secondo cui una percentuale tra variabile l’1,5 e 3,8 per cento della popolazione sarebbe composta da giocatori d’azzardo problematici mentre nel 2,2 per cento dei casi saremmo di fronte a individui patologici. Una sorta di epidemia con conseguenze drammatiche sia sul piano economico che sociale. Tanto da costringere il governo ad adottare dei provvedimenti tampone contenuti nella legge di Stabilità 2015: come la creazione di un fondo di 50 milioni di euro l’anno destinati alla cura e il divieto per la tv generalista di promozione del gioco in fascia protetta. Se dunque con una mano lo Stato aumenta costantemente l’offerta di azzardo, con l’altra prova a ridurre l’impatto socio-sanitario del gioco con un cerotto. Uno sforzo simile a quello del ministero della Sanità che a maggio ha istituito un Osservatorio nazionale. Obiettivi: monitoraggio della dipendenza, osservazione dell’efficacia delle azioni di cura e prevenzione, valutazione delle misure più efficaci di contrasto alla diffusione del “virus del gioco”. A distanza di più di sei mesi, però, l’Osservatorio non si è ancora insediato. «Ci sono state varie vicissitudini dovute all’intervento della Corte dei Conti e a una pioggia di ricorsi», spiega il sociologo Maurizio Fiasco, presidente dell’associazione Alea e membro del futuro organismo ministeriale, «ma credo che entro i primi mesi dell’anno l’Osservatorio possa finalmente vedere la luce». Insignito a ottobre dell’onorificenza di Ufficiale dell’ordine al merito della Repubblica Italiana «per la sua attività di studio e ricerca su fenomeni quali il gioco d’azzardo e l’usura», Fiasco individua la causa dei disturbi da gioco nelle modalità stesse degli “svaghi” proposti ai consumatori: «Si è diffusa un’offerta capillare in cui l’esperienza dell’individuo non è più divisa – come avveniva fino 20 anni fa – nelle alternative frustrazione/gratificazione. Adesso tutti i giocatori passano comunque attraverso un’esperienza di gratificazione, perché fanno vincere qualcosa a tutti a differenza del passato, salvo poi fare la somma algebrica e scoprire che il risultato finale è sempre col segno meno». Per il sociologo, quella dell’azzardo è una dipendenza da gratificazione in cui l’elemento razionale della logica costi/benefici viene meno. «La dimostrazione sta nel fatto che con la diffusione di un’offerta capillare di gioco è diminuito l’ammontare delle vincite significative, quelle sopra i 500 euro: sono esattamente la metà di quelle si registravano 20 anni fa», dice Maurizio Fiasco. Con queste premesse diventa complicato persino ipotizzare un identikit del giocatore patologico e a poco servirà la nascita di un Osservatorio ministeriale. A rischio c’è un’intera popolazione. L’unica soluzione, dunque, sarebbe ridimensionare l’offerta. Ma equivarrebbe a un suicidio per lo Stato, che ormai si affida all’azzardo per far quadrare i conti, e per le concessionarie che col gioco guadagnano milioni di euro. L’ESPRESSO Commenta anche questa idea per una proposta di legge su tutte le forme di giochi dello stato

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