Ambiente e salute

G. Gullotta, 22 anni in carcere da innocente: il più grave errore giudiziario in Italia

By admin

May 27, 2016

27/05/2016 – Lo imprigionano, buttano via le chiavi, lo segregano 22 anni in cella, poi, dopo 40 anni di cause, lo indennizzano con 6,5 milioni di euro. I giornali rassicurano l’opinione pubblica: errore giudiziario in buonafede. Fortuna sua, se fossero stati in malafede cosa sarebbe successo ? Tante persone hanno giocato con la sua vita, magistrati compresi, nessuno ha mai pagato.

A 18 anni viene ammanettato, legato con le caviglie ad una sedia e costretto a confessare l’omicidio di due carabinieri. Non può chiedere aiuto o chiamare i carabinieri a salvarlo perché sono loro i carabinieri, i suoi custodi. E lo circondano. Non importa se sia stato lui, se sia colpevole o innocente. E’ solo un ragazzo e i volti che vede sono lo Stato. «Non ho fatto nulla», non riesce a dire altro. Si piega quando gli strizzano le palle. Il feroce capobranco gli graffia la faccia con la canna della pistola mentre uno dei suoi gli urla: «adesso ti ammazziamo». Ma non sa dire altro che la verità: «non ho fatto nulla».

Rimane solo col capobranco, baffi neri, ghigno e mani guantate. Soli uno di fronte all’altro, il lupo e l’agnello. Cerca di convincerlo che un modo c’è per uscire da lì, per liberarsi da quell’orrore: «a me puoi dirlo cos’hai fatto». Continua a ripetere: «non ho fatto nulla», ma non basta. È quasi l’alba, è prigioniero da ore, solo, in quella caserma. Ha un’unica via d’uscita, rispondere alle domande, poi tutto finirà. Le botte sono ricominciate ma non le sente più, e nemmeno gli insulti, non sente più nulla. Si è pisciato addosso. Sviene.

«Dottore, dottore, presto». «Sì, fate presto, pensa accasciato sul pavimento, lasciatemi tornare a casa». Ma non sarà così. Una mano gli tampona la faccia rossa di sangue. È mattina: «vi dico tutto quello che volete, basta che la smettete», è la voce di un ragazzo di 18 anni. Per 36 anni è stato un assassino dopo che l’hanno costretto a firmare una confessione con le botte, puntandogli una pistola in faccia, torturandolo per una notte intera. Si è autoaccusato: «era l’unico modo per farli smettere. Da lì in avanti non ha avuto un attimo di pace». Oggi è 59enne. Ha passato in una cella i migliori anni di vita, gli hanno fatto pagare colpe non commesse, la sua condanna serviva a restituire la pace ai carabinieri che dovevano vendicare i colleghi uccisi e che sapendo la verità dovevano trovare un falso colpevole. Tante persone hanno giocato con la sua vita, magistrati compresi.

Fondamentale il rimorso di un sottufficiale dell’Arma che ha deciso di salvarsi l’anima. All’indennizzo che si riferisce esclusivamente alla ingiusta detenzione vanno aggiunti gli interessi maturati in 40 anni, dalla data dell’arresto, conteggiandoli in base ai vari tassi succedutisi ammonterebbero ad oltre 3 milioni, mentre la quantificazione dei danni causati dagli atti illegali degli investigatori è stata rimessa al giudice civile. A 18 anni faceva il muratore. L’Avvocato dello Stato impugnò il risarcimento sostenendo che nel ‘76 si era auto-accusato proprio al fine di ottenerlo. Una follia. I periti del Tribunale invece hanno stabilito che «ha subito un’espropriazione esistenziale il cui danno è tecnicamente incalcolabile e si è creato una dimensione tutta sua, in cui vivere a modo suo, per evitare la pazzia». D’all’uscita dal carcere vive di carità a casa di un parroco perché senza un lavoro in conseguenza della lunga detenzione.

«Ho passato 22 anni in carcere e ne ho attesi 36 per scrollarmi di dosso questo peso enorme. Ho vissuto di speranza. Mi sono nutrito dell’amore che mi è stato dato. Mi chiamo Giuseppe Gulotta e questa è la mia storia». Lo Stato non si è mai scusato, silenzio dalle più alte cariche istituzionali, premier e ministro della giustizia compresi, é come se questi 40 anni di vergona non fossero mai esistiti. FONTE: MALAGIUSTIZIA.ORG

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