Abruzzo

L’IMPORTANZA DELL’ONERE DELLA PROVA ART. 2697 Codice Civile

By andrea fisco

July 26, 2016

Dispositivo dell’art. 2697 Codice Civile Fonti → Codice Civile → LIBRO SESTO – Della tutela dei diritti → Titolo II – Delle prove (artt. 2697-2739) → Capo I – Disposizioni generali

Chi vuol far valere un diritto in giudizio [99 c.p.c., 100 c.p.c.] deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento [115 c.p.c.] (1).

Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda (2).

Note (1) L’onere di provare un fatto ricade su colui che invoca proprio quel fatto a sostegno della propria tesi (onus probandi incumbit ei qui dicit): chi vuol far valere in giudizio un diritto deve quindi dimostrare i fatti costitutivi, che ne hanno determinato l’origine.

Ad esempio, Primus il quale reclami l’osservanza da parte di Secundus di un certo contratto, dovrà dare dimostrazione dell’avvenuta stipula del medesimo, esibendone l’avvenuta scrittura, o ancora, colui che vanta una pretesa risarcitoria di natura extracontrattuale dovrà provare la lesione del generale principio del “neminem laedere”, tutelato dall’art. 2043.
Perciò è necessaria la dimostrazione del fatto costitutivo del danno, dell’entità di quest’ultimo e infine dell’esistenza dell’elemento psicologico, attribuito quindi all’autore. La vittima di un tamponamento, ad esempio, avrà l’onere di dimostrare, in aggiunta al fatto storico in sè considerato, anche la presenza di un requisito soggettivo di responsabilità (almeno al grado della colpa), in capo all’autore del sinistro, provando la non osservanza delle regole del codice della strada. (2) Colui che contesta la rilevanza di tali fatti in giudizio ha invece l’onere di dimostrarne l’inefficacia, o provare eventuali altri fatti che abbiano modificato od fatto venir meno il diritto vantato, chiamati rispettivamente fatti impeditivi, modificativi ed estintivi. Di conseguenza, tenendo fede all’esempio della nota precedente riguardante l’osservanza delle norme contrattuali, il convenuto dovrà dimostrare l’invalidità del contratto (fatto impeditivo), oppure che, ad esempio, è intervenuto un patto di proroga nel termine di adempimento (modificativo), o ancora che è intervenuta una risoluzione consensuale del contratto (estintivo).

Le ripercussioni sull’onere della prova, art. 2697 c.c.

Tale precisazione non ha una valenza puramente descrittiva, ma essa com­porta rilevanti conseguenze pratiche, particolarmente in riferimento all’opera­tività della regola dell’onere della prova. Questa è contenuta nell’art. 2697 c.c., che cosi recita: «Chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento./ Chi eccepisce l’inefficacia ditali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda».

Siamo in presenza di una regola di giudizio, che il Giudice utilizza per formare il suo convincimento finale. Egli, alla fine del gioco processuale, non può mai giungere ad una non-decisione, ossia rispondere, a colui che ha affermato la titolarità di un diritto, che non riesce a formarsi un convincimento, ma deve sempre dare una risposta univoca, nel senso dell’accoglimento o del rigetto del­la pretesa, in altre parole dell’affermazione o della negazione del diritto vantato.

La legge, quindi, fornisce al giudice un criterio chiaro, disponendo che l’onere della prova dei fatti costitutivi del diritto affermato è a carico di colui che compie l’affermazione, per cui questi perderà la causa se quei fatti non sono provati. Tutto ciò a prescindere dalle posizioni formali di attore e convenuto. In altre parole, è vero che normalmente è l’attore ad affermarsi titolare di un diritto, per cui normalmente l’onere della prova descritto va a suo carico, ma è anche vero che questo non accade sempre e non a caso l’art. 2697 c.c. addossa l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto non all’attore, bensì a colui che fa valere il diritto, lasciando aperta la possibilità che le due figure non si identifichino nel caso concreto. Tornando, quindi, alla tutela di mero accertamento, è evidente che, se l’attore si afferma titolare di un diritto, la cui esistenza il convenuto aveva precedentemente contestato, sarà a lui addossato l’onere di provarne i fatti costitutivi, con la conseguenza che egli perderà la causa ove difetti quella prova. Ma, se l’attore nega l’esistenza di un diritto, della cui titolarità nei suoi confronti il convenuto si era precedentemente vantato, starà a quest’ultimo l’onere di provare, in positivo, l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto in gioco e non certo all’attore l’onere di provare, in negativo, l’inesistenza del diritto vantato. In conclusione, non bisogna lasciarsi fuorviare dalle posizioni processuali assunte dalle parti: ciò che conta veramente, a prescindere dalle posizioni di attore e convenuto, è la sostanza delle cose, per cui è sempre colui che si afferma titolare del diritto a dover, innanzitutto, subire il rischio del processo, ossia a doversi accollare l’onere di provare il fondamento di ciò che afferma.

ricorrente – che, chi fa o ha fatto ricorso istante – chi presenta un’istanza citante – chi cita in tribunale. querelante – che, chi sporge o ha sporto querela. esponente – chi, in un’istanza, espone le proprie ragioni o le altrui: le richieste dell’esponente attore – chi intraprende un processo civile (si contrappone a convenuto) Anche chiamata parte attrice.

querelato – si dice di colui contro il quale viene sporta una querela. convenuto – chi è citato a comparire come parte in un processo civile. citato – participio passato del verbo citare 1 (convocare qualcuno dinanzi al magistrato come accusato o come testimone.

processo – il complesso delle attività svolte dagli organi giurisdizionali e dalle parti, attraverso cui si pone in essere, si sviluppa e si risolve una causa giudiziaria: processo civile, penale; istruire un processo; mettere, essere sotto processo.

querela – atto con il quale la persona che si ritiene offesa da un reato non perseguibile d’ufficio, manifesta la sua volontà che si proceda penalmente a carico del colpevole: querela per diffamazione, per ingiurie; sporgere, ritirare una querela; remissione di querela; querela di falso, impugnazione che tende a disconoscere l’efficacia probatoria e la verità delle attestazioni di un atto pubblico.

istanza – domanda scritta rivolta a un’autorità per ottenere una concessione; domanda fatta in giudizio: presentare, respingere un’istanza – giudizio di prima, seconda istanza, – di primo, secondo grado | in ultima istanza, in corte di cassazione; si dice di deliberazione definitiva presa dopo lunghe discussioni.

ricorso – richiesta indirizzata a un’autorità giudiziaria o amministrativa allo scopo di ottenere la revoca o la modifica di un provvedimento ritenuto lesivo di un diritto o di un interesse; la domanda scritta che contiene tale richiesta: far ricorso all’autorità competente; presentare un ricorso in appello; ricorso gerarchico, tipo di ricorso amministrativo rivolto all’autorità gerarchicamente superiore a quella che ha emanato l’atto da cui il ricorrente si ritiene leso.

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