Abruzzo

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By andrea fisco

October 22, 2016

Questa pillola ha lo scopo di darvi appieno la visione della problematica legata all’insolvenza . Se dobbiamo dei soldi ad una banca / finanziaria od a un creditore bisogna conoscere per difendersi.

Per annientare i nostri nemici dobbiamo conoscerli.

Riscossione dei crediti: atto di diffida, decreto ingiuntivo, precetto. La procedura di riscossione di Equitalia

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Come si può recuperare un credito da un privato? E’ necessaria una diffida? Cos’è un titolo esecutivo? Come si ottiene un decreto ingiuntivo? E’ sempre valido il limite del quinto? Quanto tempo passa? Quanto costa? Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 cod. civ.): ci sono però differenze fra teoria e la pratica.

Per poter iniziare la riscossione dei crediti fra privati è necessario poter contare su un titolo esecutivo: una attestazione che il credito esiste e che può essere riscosso (titoli esecutivi giudiziali sono ad es. le sentenze, i decreti ingiuntivi; titoli esecutivi stragiudiziali gli assegni o un altro titolo di credito, .. ). Il titolo esecutivo più comune per le esigenze pratiche (es. per ottenere il pagamento di una fattura insoluta) è il decreto ingiuntivo.

Diffida, ricorso, decreto ingiuntivo

Per poter procedere alla riscossione coattiva, cioè forzata, di un credito sono necessari i seguenti passi.

– inviare un atto di diffida e di costituzione in mora(una raccomandata a.r. indirizzata al debitore con la quale viene riassunta in forma chiara e dettagliata l’origine del credito / debito, eventuali acconti versati (senza dimenticare eventuali interessi o spese aggiuntive), la modalità di pagamento con la richiesta di pagamento entro il termine normalmente di 15 giorni; non è necessario che la diffida sia scritta da un avvocato ma difficilmente ci si potrà poi scostare dalla iniziale richiesta senza perdere credibilità);

– proporre ricorso ex art. 633 c.p.c. al Giudice per ottenere (previa documentazione esaustiva del credito medesimo) il decreto ingiuntivo che, solitamente, non essendo provvisoriamente esecutivo non permette l’immediata aggressione dei beni del debitore;

– notifica del decreto ingiuntivo al debitore, attendere quindi i 40 giorni previsti per legge affinché il debitore possa esercitare la facoltà di opporsi (l’opposizione apre un processo civile vero e proprio che comporta tempi e spese maggiori);

– trascorso questo tempo, sempre se non interviene né opposizione né il pagamento, si deve formare il c.d. atto di precetto con cui si intima il pagamento, sempre con termine di minimo 10 gg. dalla notifica;

– in caso di mancato riscontro positivo al precetto, si può richiedere il pignoramento al tribunale (dopo aver verificato, normalmente tramite agenzie investigative specializzate nell’analisi patrimoniale del debitore, se il debitore ha beni immobili, veicoli, o conti correnti sufficienti per poter rifondere il debito.

ln Italia (eccezione fatta per l’omesso versamento dei crediti tributari allo Stato) è da oltre un secolo abolita la prigione per debiti – un pò di storia – , e dunque se il debitore è nullatenente il creditore non ha altro modo per tentare di farsi pagare che affrontare più volte a distanza di anni la procedura appena descritta per tenere monitorata la situazione patrimoniale del debitore.

Quale pignoramento preferire?

La legge prevede diversi tipi di pignoramento: 1 pignoramento immobiliare (che riguarda immobili), 2 pignoramento mobiliare (che riguarda cose mobili, come gioielli, arredamenti, oggetti, .. ), 3 pignoramento presso terzi (di un qualsiasi credito che il debitore ha con terzi: si pensi ad un conto in banca, a un credito derivante da un lavoro svolto, allo stipendio, ..). Ognuno di questi tipi di procedimento ha i suoi pro e contro che dovranno essere valutati caso per caso, anche se la forma più efficace da un punto di vista dell’incasso effettivo e meno oneroso per le spese è il pignoramento presso terzi (tipicamente: pignorare il conto in banca o lo stipendio). Si tratta, è bene saperlo, di una procedura che richiede tempi non brevi e, nelle fasi successive all’invio della diffida, l’assistenza di un legale, e costi ulteriori (es. per la messa all’asta dei beni pignorati). Peraltro, solo chi la dura .. la vince!

( ecco la filosofia delle finanziarie e recupero credito !!)

Quanto costa? L’avvocato saprà chiarire prima di iniziare tutti i costi: la trasparenza è un diritto, anche per quel che concerne le spese. In generale, il decreto ingiuntivo – e in generale l’attività di recupero giudiziale – ha costi che variano in proporzione dell’entità del credito: più alto è il credito da riscuotere, più salgono i costi. Così, ad esempio: • (Es.1) credito da riscuotere fra i 5.200 ed i 26.000 € 118,50 € di contributo unificato (tassa da pagare allo stato quali spese processuali forfetizzate) 27 € di marca da bollo (cd. iscrizione a ruolo) circa 540 € oltre IVA, 15% di spese generali e CNPA (cassa forense) per il legale • (Es. 2) credito da riscuotere fra i 26.000 ed i 52.000 € (225) ora 259 € di contributo unificato (tassa da pagare allo stato quali spese processuali forfetizzate) 27 € di marca da bollo (cd. iscrizione a ruolo) circa 1300 € oltre IVA, 15% di spese generali e CNPA (cassa forense) per il legale

Vanno valutati altresì – eventuali costi relativi all’indagine patrimoniale (ricerca conti correnti, ricerca immobili, ricerca posto di lavoro, ricerca autovetture, ..) da parte di una agenzia investigativa (almeno 200 – 300 € circa), – eventuali costi notarili per la autentica delle scritture contabili (in media di circa 80 €) – i costi connessi con l’asta (in caso di pignoramento mobiliare o immobiliare).

La (buona) notizia è che è stato introdotto con DL del 12 settembre 2014 numero 132 la possibilità per l’ufficiale giudiziario di ricercare con modalita’ telematiche i beni da pignorare (anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti). (art. 492 bis c.p.c.).

E se devo riscuotere un credito da lavoro subordinato(pagamento della busta paga, TFR, ..)?

Per il lavoratore dipendente che agisce per recuperare un suo credito da prestazione lavorativa la strada è (un pò) più agevole: i tempi sono generalmente minori, non ci sono spese di contributo unificato (a patto che il lavoratore rispetti il limite di reddito attualmente fissato in 31.880 € circa, art. 75 TU spese di giustizia). E’ comunque utile, prima di agire in via esecutiva, spedire a mezzo raccomandata a.r. la diffida con messa in mora (cfr. supra) dove eventualmente verranno fatti salvi i diritti ulteriori (es. ore di straordinario, ..). Il datore di lavoro NON può decidere unilateralmente di ritardare / dilazionare / rateizzare / .. il pagamento di quanto dovuto: è una prassi diffusa ma non vi è alcuna normativa che lo consenta. In mancanza di accordo con il lavoratore le spettanze vanno liquidate entro il mese successivo alla maturazione del diritto o, in caso di TFR, di interruzione del rapporto lavorativo. E’ peraltro indispensabile avere copia delle buste paga per poter usufruire della procedura privilegiata appena descritta (altrimenti si potrà sempre far ricorso alla procedura ordinaria).

Quanto dura l’attività di riscossione?

La durata dell procedura non è facilmente preventivabile e dipende ad es. anche dall’efficienza del(la cancelleria del) giudice competente. La completezza della documentazione da portare all’avvocato (comprensiva dei solleciti con relativi cedolini delle raccomandate, ..) e la pronta risposta ad eventuali richieste integrative sono essenziali per poter procedere velocemente. Molti sono spaventati dai tempi ma in realtà la decisione vera da prendere è “Vale la pena tentare di recuperare giudizialmente?”. Una volta deciso, prima si inizia prima si riscuote!

Si può pignorare tutto il conto corrente dove confluisce la pensione o lo stipendio?

Alcuni crediti (pensione, stipendio, crediti alimentari..) sono pignorabili solo in parte per principi generali di civiltà. La pensione, come lo stipendio, è quindi pignorabile solo per una parte, non rilevando però eventuali cessioni volontarie: è infatti prevista l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati (es crediti alimentari, cfr. sotto), della sola parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte ( e del quinto dello stipendio). In caso di versamento sul conto corrente bancario o postale, si ritiene che possa essere pignorata l’intera somma perchè “il divieto di pignorabilità della pensione viene meno quando, una volta corrisposta, essa si confonde col patrimonio del percettore” (Trib. Roma, 24 marzo 2000) o, più precisamente per il caso che ci tocca, l’impignorabilità della parte di pensione idonea ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del pensionato non sopravvive al momento in cui “le somme provenienti da trattamento pensionistico, (…) una volta percepite dal debitore, nella specie, affluite su conto corrente del medesimo, perdono la loro specifica connotazione, rientrando nel patrimonio dell’obbligato” (Trib. Bari, sez. II, n. 2946 del 4 ottobre 2010), che diviene pertanto liberamente aggredibile dai creditori; si segnala che in data 2 gennaio 2014 il Tribunale di Sulmona ha provato a contrastare tale indirizzo finora granitico, sostenendo la non pignorabilità di un conto corrente alimentato esclusivamente dalla pensione (ma si potrebbe ragionare secondo lo stesso principio anche per il conto alimentato solo dallo stipendio). Non sono invece pignorabili, salvo eccezioni, i crediti cd. alimentari: gli alimenti sono le prestazioni di assistenza materiale dovute per legge ad una persona • con la quale vi sia un vincolo di solidarietà familiare o di gratitudine (parenti, o l’autore di una donazione) e • si trovi in stato di bisogno economico anche se per propria colpa (artt. 433 e segg. del codice civile). Il credito alimentare non può essere ceduto, rinunciato; compensato; non si prescrive, non è sequestrabile, né pignorabile tranne per cause di alimenti e salva la decisione del giudice (ed è escluso dalla massa fallimentare nei limiti di quanto necessario al sostentamento del fallito e della sua famiglia): per converso, è intrasmissibile agli eredi dell’obbligazione alimentare, sia dal lato attivo che dal lato passivo.

Quanto ai limiti della quota soggetta a pignoramento, il testo dell’art. 545 c.p.c. recita come segue:

“Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto.

Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette.” In sostanza l’art. 545 del Codice di Procedura Civile stabilisce che il pignoramento è consentito: a) nella misura autorizzata dal giudice per crediti alimentari (cioè anche OLTRE il 1/5); b) nella misura di un quinto per ogni altro credito (tributario compreso); c) nel caso di simultaneo concorso di crediti aventi titoli di tipo diverso corrispondenti a quelli prima indicati (alimentari ed altri) il pignoramento non può estendersi oltre la metà delle retribuzioni.

E quali regole deve seguire il concessionario Equitalia nella riscossione dei debiti verso lo Stato?

La riscossione dei debiti del cittadino verso lo stato è regolamentato in maniera del tutto diversa. La legge che disciplina le esecuzioni esattoriali è il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46

All’Agente di riscossione Equitalia sono legislativamente attribuite delle funzioni proprie di organismi pubblici. E per il recupero dei crediti dello Stato viene attribuito un potere ben più efficace di quello in possesso dei privati per il recupero forzoso dei propri crediti. Se il credito è di un ente pubblico che conferisce il mandato all’agente di riscossione i tempi saranno completamente diversi e molto più brevi rispetto a quelli necessari ad es. per ottenere un decreto ingiuntivo. L’ente inpositore procede alla formazione ed alla notifica dell’avviso di accertamento. Se tale avviso non viene opposto nei termini di legge (variabili a seconda del tipo di imposizione) si ha la definitività dell’accertamento. Ciò significa che successivamente, quando l’agente inizierà la sua attività di recupero coattivo non sarà più possibile contestare nel merito il tributo o l’imposta per cui si procede. Formato il ruolo esattoriale si procedere alla formazione ed alla notifica della cartella di pagamento. Se non viene opposta nel termine di 60 gg. si ha trasformazione automatica in titolo esecutivo, con conseguente aumento del debito, dato che al capitale si aggiungono interessi di mora, somme aggiuntive e il cd. aggio di riscossione oltre spese per le procedure esecutive e le spese di notifica, nonchè iscrizione di ipoteca legale ex art. 77 sulla base del ruolo esattoriale.

Sulla base del ruolo divenuto esecutivo (perché non opposto ed anche quando pur essendo opposto non si è ottenuta la sospensiva) l’agente per la riscossione (Equitalia) procede alla notifica della intimazione di pagamento (assimilabile al precetto delle procedure ordinarie) con termine gg 5 per il pagamento.

Infine Equitalia procede con il pignoramento che però, a differenza di quello che succede nelle esecuzioni immobiliari secondo la disciplina del codice (quelle ordinarie promosse dai privati) consiste direttamente nell’avviso di vendita dell’immobile di proprietà del soggetto esecutato.

Il tutto senza l’intervento del Giudice nella formazione degli atti impositivi. Infatti il giudice delle esecuzioni interviene solo nel caso vi sia una opposizione o alla fine, dopo l’aggiudicazione, per la predisposizione del decreto di trasferimento in favore dell’aggiudicatario dell’immobile venduto all’asta da Equitalia.

Quello che è importante porre in luce è che se manca una cartella di pagamento regolarmente formata non può esserci ipoteca esattoriale. Stesso principio vale per tutti quei casi in cui la cartella sia affetta da vizi relativi, ad esempio, di notifica, di intervenuta prescrizione o decadenza del diritto, etc.

Tutto questo perché vi è un principio in campo di riscossione e, più in generale, in diritto tributario secondo cui la pretesa tributaria si forma legittimamente solo nel rispetto di una sequenza legislativamente e tassativamente prevista dalla legge. Significa che il procedimento ha l’anatomia di una catena, per cui, se uno degli anelli manca o è debole si spezza.

E’ importante perciò, una volta venuti a conoscenza dell’esistenza di una ipoteca legale sul proprio immobile, verificare con l’aiuto di un professionista (avvocato o commercialista) che la sequenza sia stata rispettata. Se non avete impugnato nel merito l’accertamento tributario (quando vi è stato notificato l’accertamento o il ruolo esattoriale che vi riguarda), e tutte le notifiche sono regolari, non vi è molto da fare se non pagare, magari richiedendo la rateizzazione. Ma se la procedura è affetta da uno dei vizi, vi è modo di contestare il mancato rispetto di queste regole procedurali. Ed ottenere in tal modo la cancellazione dell’ipoteca.

Come conoscere l’esistenza di una ipoteca legale sul vostro immobile?

Tramite ispezione/visura presso l’Agenzia del territorio ed anche online:http://www.agenziaterritorio.it/?id=6112 È inoltre necessario effettuare un accesso presso l’Agente di riscossione (Equitalia.it) per conoscere l’eventuale esistenza di ruoli/cartelle di pagamento che, possibilmente, non sono state notificate, ovvero, non si ha memoria di averle ricevute. L’indirizzo dove consultare il proprio “estratto conto” come lo chiama Equitalia, su internet e’: http://www.equitaliaonline.it/equitalia/export/sites/default/focuson/34653455465.html In poche parole, se si hanno dei dubbi (magari dopo una eredita’ o prima di un acquisto) e’ possibile via internet conoscere nel dettaglio la propria posizione.

Equitalia può pignorare / espropriare  la prima casa?

No (o, meglio, solo in casi limitatissimi). L’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, ha modificato l’art. 76 del D.P.R. n. 602 del 1973: “Ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile, l’agente della riscossione: a) non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente; b) nei casi diversi di cui alla lettera a), può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera centoventimila euro. L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca di cui all’articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia estinto.”. Equitalia non potrà quindi procedere all’espropriazione immobiliare se l’immobile è l’unico di proprietà del debitore, a condizione che lo stesso: • sia adibito ad uso abitativo; • il debitore vi risieda anagraficamente; • non sia una abitazione di lusso o un fabbricato classificato nelle categorie catastali A/8 e A/9. Nello specifico, la norma in questione è entrata in vigore il 22 giugno 2013; e per le procedure iniziate prima? Il Ministero dell’Economia con una nota del mese di maggio 2014 ha ritenuto che la norma in questione non avesse effetto retroattivo e che, pertanto, tutti i pignoramenti effettuati prima del 22 giugno 2013 dovevano considerarsi validi ed efficaci. E’ peraltro intervenuta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 12 settembre 2014, n. 19270 con la quale i giudici di legittimità hanno avuto modo di precisare che la norma ha effetto retroattivo e, pertanto, si applica anche alle procedure esecutive pendenti alla data del 21 agosto 2013. In particolare, con tale pronuncia, la Corte ha chiarito che la lettera a) della disposizione novellata, mediante l’espressione <>, non prevede un’ipotesi di impignorabilità della prima casa, ma piuttosto è volta a regolare l’azione esecutiva dell’agente della riscossione, in presenza di determinate condizioni. Da tanto ne discende che, <> Alla luce di tanto, è stato così affermato il principio secondo cui <>.

ESEMPIO DI LETTERA DI DIFFIDA E COSTITUZIONE IN MORA

Spettabile NOME e COGNOME del debitore, indirizzo raccomandata a.r.

(luogo e data di invio) OGGETTO: richiesta di pagamento con effetti interruttivo della prescrizipne e costituzione in mora ex. art. 1219 c.c. Il / la sottoscritto/a NOME e COGNOME DEL FIRMATARIO formulo la presente per significare quanto segue: 1) in data … inviavo fattura n. … per aver eseguito senza alcuna lamentala … (in sintesi: breve descrizione del fatto con la specificazione della titolarità del credito vantato e gli eventuali inadempimenti contrattuali di controparte); 2) a tutt’oggi non risulta adempiuto il pagamento di ________ (somma esatta di denaro di cui ci si ritiene creditori) per Vostra esclusiva colpa dal momento che a nulla sono valsi i precedenti tentativi di sollecito a riguardo; 3) ad oggi la somma dovuts ammonta ad € … (capitale iniziale oltre agli interessi legali che ad oggi ammontano ad …, oltre alle spese successive pari ad € .. per (specificare quali spese accessorie: costo dell’invio della raccomandata, marca da bollo per il certificato di residenza al Comune, eventuali spese per l’indagine patrimoniale, ..), Tutto ciò premesso e considerato, Vi comunico che ho deciso di costituirVi in mora, e con riserva di richiederVi il risarcimento ulteriore di tutti i danni occorsi, pertanto VI INTIMO E DIFFIDO anche quale atto interruttivo della prescrizione ed ai sensi e per gli effetti dell’art. 1219 del Codice Civile ad adempiere al versamento di ________ (somma esatta di denaro di cui ci si ritiene creditori) entro e non oltre il termine di 15 giorni dal ricevimento della presente fatti salvi i maggiori danni ed interessi. Potrete adempiere eseguendo il pagamento con bonifico a mezzo di conto corrente bancario intestato al sottoscritto (IBAN ________________) o mediante invio di assegno circolare intestato al sottoscritto all’indirizzo: .. . Vi significo inoltre che, qualora non ricevessi il Vostro positivo riscontro entro e non oltre il termine suddetto, agirò come riterrò più opportuno per la tutela dei miei diritti ed interessi, con riserva di adire le competenti vie legali, per il rimborso delle spese, interessi di mora e risarcimento dei danni, con maggiori spese a vostro carico. Distinti saluti.

Firma

Il Presidente protempore Andrea Fisco

Chi volesse ulteriore materiale ne faccia richiesta a : a.fisco@avvocatoinfamiglia.com

Un pò di storia del recupero crediti

Il primo diritto romano conosceva forme di tutela particolarmente aspre ed incisive: il riferimento è alla legis actio per manus inectionem, contenuta all’interno della legge delle XII tavole, primo corpus normativo scritto la cui emanazione risale al 449 a.C..

La tutela creditoria nei confronti del debitore insolvente veniva in particolare garantita attraverso la costrizione in catene, presso la casa del creditore, del debitore per un periodo di sessanta giorni, decorso il quale lo stesso debitore (addictus) poteva essere venduto come schiavo, oppure ucciso.

Solo a partire dal III sec. a.C. la condizione dell’addictus fu mitigata, prevedendone la permanenza in stato di soggezione presso la casa del creditore, sino a che con il proprio lavoro non avesse provveduto a saldare il dovuto. L’abolizione della prigione per debiti – istituto prettamente civilistico e regolato sino a quel momento dal codice di procedura civile – è convenzionalmente fatta risalire alla Legge 6 dicembre 1877, n. 4166. La legge, in realtà, non abrogava totalmente l’istituto, mantenendo l’arresto personale per le ipotesi di mancato pagamento dei risarcimenti civili conseguenza del danno da reato, ipotesi anche questa infine abrogata a seguito dell’emanazione del codice penale nel 1931 che novò l’intera materia del risarcimento civile per danno da reato.

Unico caso residuo di prigione per debiti: si tratta di omesso versamento dell’IVA entro il 27 dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento se la somma dovuta è superiore a 50.000 € –

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