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Sessanta avvocati di Bergamo. Votiamo No, ecco le falsità della riforma.

By admin

November 29, 2016

29/11/2016 – I sottoscritti avvocati del Foro di Bergamo, in relazione al voto del 4 dicembre avente ad oggetto la riforma costituzionale – in qualità di operatori del diritto che intendono dare il proprio contributo al dibattito pubblico, indipendentemente da qualsiasi orientamento politico ma esclusivamente sulla base di considerazioni di natura tecnico-giuridica e di buon senso – intendono spiegare qui di seguito e far conoscere alla cittadinanza le ragioni in base alle quali ritengono che si debba votare NO al referendum costituzionale. VIDEO: Sessanta avvocati di Bergamo. Votiamo No, ecco le falsità della riforma. 1) La “Riforma” è una legge dal contenuto disomogeneo, che affronta svariate complesse questioni, che si concretizzano nella modifica di ben 47 articoli della Carta, che trattano i temi più eterogenei. A fronte di tale complessa articolazione, l’elettore sarà chiamato ad esprimersi con un semplicistico SÌ o un NO, a seguito peraltro di una campagna elettorale in cui spesso anziché la spiegazione del merito è stata privilegiata la semplificazione populistica (“Vuoi diminuire il numero di politici? Vota sì”). 2) La “Riforma” è caratterizzata – anziché dalla semplicità e chiarezza con cui i Padri Costituenti avevano scritto la Costituzione repubblicana – da contraddizioni, confusioni di concetti e prolissità, che rendono i testi normativi di difficile e controversa lettura anche per i tecnici del diritto 3) La “Riforma” è frutto di un’iniziativa del Governo che si è impegnato con tutte le sue forze per farla approvare, e non parlamentare, come invece avrebbe dovuto essere secondo gli insegnamenti dei nostri Padri Costituenti: la Costituzione deve essere infatti un patrimonio comune il più possibile condiviso, e non l’espressione di un indirizzo di Governo e risultato del momentaneo prevalere di alcune forze politiche su altre. 4) La “Riforma” (approvata dalla Camera con 361 voti su 630!) è stata decisa da un Parlamento sul quale pesano fondati dubbi di legittimazione a proporre una riforma costituzionale, a seguito della nota sentenza della Corte Costituzionale, n. 1/2014, con la quale è stata dichiarata costituzionalmente illegittima la legge elettorale con cui è stato eletto, per l’attribuzione di un premio di maggioranza abnorme e per la impossibilità di scelta da parte dei cittadini dei singoli parlamentari. 5) La “Riforma”, che dichiara di superare il bicameralismo paritario, in realtà lo mantiene, creando un bicameralismo confuso e pasticciato (sono ben 22 le categorie di norme che restano bicamerali, con procedure di approvazione diverse a seconda della materia che trattano) nel quale i sistemi di produzione legislativa, che oggi sono solo due (leggi ordinarie e leggi costituzionali), risultano enormemente aumentati in misura che gli stessi Costituzionalisti non riescono ad identificare (si passa, a seconda degli autori, da 4 a 11 modalità), ma soprattutto crea una enorme incertezza nella identificazione delle materie cui ogni specifico meccanismo dovrebbe riferirsi. Il che da una parte determina non una semplificazione ma una complicazione, dall’altra porterà a una inevitabile moltiplicazione delle situazioni di contrasto tra le due Camere con necessità di frequenti interventi da parte della Corte Costituzionale.

VIDEO: Sessanta avvocati di Bergamo. Votiamo No, ecco le falsità della riforma. 6) La “Riforma” sostituisce il vecchio Senato con un nuovo organo che non verrà eletto a suffragio universale, in violazione del diritto di elettorato attivo, come forma di esercizio della sovranità popolare (art. 1 Cost.); tali modalità risultano assolutamente incerte, in quanto i principi che vengono indicati risultano privi di chiarezza se non contraddittori, per cui sono sostanzialmente rimessi alla determinazione del futuro legislatore. Nel nuovo Senato non si esprimerebbero le Regioni in quanto tali (come avviene in altri Stati europei), ma rappresentanze locali inevitabilmente articolate in base ad appartenenze politico-partitiche (alcuni consiglieri regionali eletti anche come senatori e sindaci, che sommerebbero i due ruoli, e in Senato voterebbero ciascuno secondo scelte individuali). Ciò peraltro senza nemmeno riequilibrare dal punto di vista numerico le componenti del Parlamento in seduta comune, che è chiamato ad eleggere organi di garanzia come il Presidente della Repubblica e una parte dell’organo di governo della magistratura: così che queste delicate scelte rischierebbero di ricadere anch’esse nella sfera di influenza dominante del Governo attraverso il controllo della propria maggioranza, specie se il sistema di elezione della Camera fosse improntato (come lo è secondo la legge da poco approvata) a un forte effetto maggioritario. A questo proposito si rileva che in base alla riforma il Presidente della Repubblica dalla settima votazione potrà essere eletto con i soli 3/5 dei partecipanti al voto, con l’effetto che il rappresentante dell’unità nazionale potrà essere eletto con molto meno della maggioranza assoluta del Parlamento. 7) Mentre nasce il cosiddetto “Senato delle Autonomie e dei Territori” (che paradossalmente a seguito della riforma è escluso da gran parte delle deliberazioni in materia regionale!), le autonomie territoriali vengono fortemente indebolite. La “Riforma” ridisegna i rapporti tra Stato e Regioni, restringendo notevolmente le competenze di queste ultime e introduce la cd “clausola di supremazia” dello Stato centrale, attivabile dal Governo, che consentirà di intervenire anche in materie di stretta competenza regionale. La “Riforma” invece lascia incomprensibilmente invariati i poteri delle Regioni a Statuto speciale, aggravando in maniera intollerabile le differenze con quelle a Statuto ordinario. 8) Il combinato disposto della “Riforma” con la nuova legge elettorale per la Camera dei deputati (il cd Italicum) rischia poi di far sì che tutto il potere si concentri in una sola forza politica, che rappresenti magari anche percentuali minime dei votanti ed ancora più ridotte (considerato anche il sempre montante astensionismo) del corpo elettorale. In conclusione, come già affermato in appelli promossi in altri Fori cui noi ci associamo, la “Riforma” – col preteso stimolo delle esigenze di modernità e di asserita governabilità del Paese – rischia invece di provocare guasti difficilmente sanabili al nostro ordinamento costituzionale, patrimonio di noi tutti e che tutti siamo chiamati a difendere con il nostro voto il 4 dicembre. – FONTE

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