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Referendum, senza elezioni anticipate a settembre 2017 il 60% parlamentari maturerà il vitalizio

By admin

December 07, 2016

06/12/2016 – A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, è la celebre frase generalmente (ma erroneamente) attribuita a Giulio Andreotti. Parole che tornano attuali in questi giorni di forte instabilità politica dopo l’annuncio di dimissioni del presidente del Consiglio. Già si parla di “voto anticipato”. Per questo sono diverse le voci nei Palazzi che invitano a mantenere la calma. Ora che lo spettro delle elezioni anticipate è dietro l’angolo, il voto in primavera (prima finestra elettorale utile) avrebbe un peso notevole per molti parlamentari. Un peso sostanzialmente economico: niente vitalizio.

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Secondo le norme approvate nel 2012 che hanno introdotto il calcolo su base contributiva, per tutti i parlamentari alla prima legislatura i requisiti per la “pensione” sono ancora lontani dall’essere maturati. Il traguardo da raggiungere sono i quattro anni, sei mesi e un giorno di lavoro di Aula. Dal momento che il Parlamento italiano si è insediato il 15 marzo del 2013, il calcolo è presto fatto: per avere il vitalizio la legislatura non dovrà terminare prima del 16 settembre 2017. Altro che primavera.

Nella XVII Legislatura sono 580 i neo-eletti su un totale di 945 parlamentari (410 alla Camera e 170 al Senato). Ben il 60% di coloro che hanno un seggio alla Camera e al Senato non avevano mai varcato, prima di marzo 2013, la soglia di Montecitorio e Palazzo Madama. Al momento dell’elezioni si trattava senza dubbio del Parlamento più giovane e con il maggior numero di donne della storia.

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Nel 2012, dopo le delibere dei presidenti di Camera e Senato di allora, Gianfranco Fini e Renato Schifani, le norme per l’accesso al vitalizio sono state modificate. Lo si legge sul sito della Camera dei deputati:

Con deliberazioni del 14 dicembre 2011 e 30 gennaio 2012 l’Ufficio di Presidenza della Camera ha operato una profonda trasformazione del regime previdenziale dei deputati con il superamento dell’istituto dell’assegno vitalizio – vigente fin dalla prima legislatura del Parlamento repubblicano – e l’introduzione, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, di un trattamento pensionistico basato sul sistema di calcolo contributivo, sostanzialmente analogo a quello vigente per i pubblici dipendenti.

I deputati devono versare un contributo pari all’8,8% della loro indennità parlamentare lorda. Va tenuto conto che percepiscono un’indennità netta pari a circa 5000 euro (pari a 10400 circa lordi). “I deputati cessati dal mandato – si legge ancora sul sito della Camera – indipendentemente dall’inizio del mandato medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi”. Cinque anni che si trasformano in quattro anni, sei mesi e un giorno di esercizio di mandato perché sarà da allora che l’intera legislatura sarà acquisita ai fini pensionistici.

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“Per ogni anno di mandato ulteriore, l’età richiesta per il conseguimento del diritto è diminuita di un anno, con il limite all’età di 60 anni”, si legge ancora sul sito. – FONTE

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