Ambiente e salute

Marcegaglia, Caltagirone, il socio di Verdini, De Benedetti e le coop rosse. Tutte le cifre e nomi dei grandi debitori di Mps e delle altre banche

By admin

January 16, 2017

16/01/2017 – Camera e Senato discuteranno la richiesta che viene dalle opposizioni (M5s a Palazzo Madama e Forza Italia a Montecitorio) di accelerare sull’istituzione di una commissione d’inchiesta che faccia chiarezza sulle crisi bancarie e sulle vicende che hanno portato al salvataggio pubblico di Mps mentre la stessa banca si dice pronta, se le norme lo permettono, a pubblicare la lista dei suoi principali debitori insolventi. Al momento ci sarebbero infatti ostacoli normativi che riguardano tutti gli istituti di credito a dare seguito al suggerimento arrivato dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che già aveva scatenato ampio dibattito. Intanto la direzione risorse umane di Mps, proprio mentre aumenta il pressing per avere la lista dei debitori, ha ricordato ai dipendenti gli obblighi di condotta, legati anche a normative, per garantire uniformità e correttezza nella diffusione di informazioni.

I nomi degli insolventi e le cifre Se l’istituto di credito e una parte del nostro mondo politico tentenna, la stampa italiana è da tempo alla ricerca di nomi e cifre. Libero e La Verità sono in prima linea in questa caccia all’uomo. E proprio queste testate hanno cominciato a fare i primi nomi eccellenti e le cifre che costoro non avrebbero ai restituito non solo a Mps, ma anche a Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Popolare Etruria, Banca delle Marche e Unicredit. I primi nomi li aveva fatti Libero il 28 dicembre scorso in un articolo firmato Giuliano Zulin. Stando ai dati diffusi dal giornale diretto da Vittorio Feltri, il 70% dei cattivi debitori di Mps non sarebbero commercianti o artigiani, ma grandi gruppi industriali. Tra questi si distinguono la Sorgenia della famiglia De Benedetti e i Marcegaglia. La “prima tessera del Pd” ha chiesto e ottenuto senza mai restituirli 650 milioni di euro. I secondi, lo scorso marzo hanno beneficiato di un nuovo finanziamento da circa 500 milioni nonostante abbiano già debiti per 1,5 miliardi di euro. Nella stessa situazione si trovano altri importanti gruppi industriali del nostro Paese.

Il soldi prestati e mai restituiti Uno dei casi più significativi si insolvenza è stato quello del gruppo Sansedoni Siena spa, cui Mps, spiega Libero, che proprio grazie ai soldi non restituiti è divenuto “parte correlata” della Mps. La banca ha infatti trasformato il credito vantato, 25.9 milioni, nei confronti della capogruppo nel 21.75 del capitale. La stessa cosa, ha spiegato il giornalista Franco Bechis, è accaduto per le società controllate a valle: Marinella Spa che non ha mai restituito 26,9 milioni. Lo stesso è accaduto con le controllate della Sansedoni: alla Sviluppo e Interventi è stata congelata la cifra di 48.4 milioni di euro. Lo stesso trattamento era stato riservato alle Robinie Spa, diventata proprio per questo proprietà Mps. Altre risorse, 20 milioni di euro, sono state inghiottite dalla fallita NewColle srl. Così è andata anche con gli 11,3 milioni prestati al gruppo Fenice della famiglia Fusi e alle relative controllate come Una spa, quella degli hotel, Euro srl e Il Forte spa. Non si sa neppure che fine faranno i soldi prestati a Menarini, per il quale è in corso un’inchiesta.

Il settore pubblico non è da meno di quello privato Il settore pubblico non è da meno di quello privato. A non restituire il maltolto, fra le insolventi ci sono infatti le municipalizzate e società regionali toscane: la Fidi Toscana spa, che lo scorso agosto ha ricevuto un altro prestito da 98 milioni di euro, con Mps già al 27,46% del capitale. Nella lista le Terme di Chianciano, esposte per 10 milioni, e i 4,8 dell’Interporto Toscano A. Vespucci spa. Negli elenchi spuntano anche i nomi delle romane Atac e Metro C. Nei confronti della società di trasporto locale il Montepaschi, che nel 2013 aveva partecipato ad un pool di banche che concessero un finanziamento per oltre 200 milioni, poi rischedulato a 163 milioni, rischia circa 30 milioni. Altri nomi eccellenti li ha fatti La Verità. Colpiscono in particolare i nomi della Tassara di Romain Zalenski (un buco di 200 milioni), il Sole 24 Ore, i costruttori romani Toto, Luigi Zunino.

Gli altri nomi Gli altri grandi nomi li ha fatti il Sole 24 Ore. Uno è quello di “Gianni Punzo azionista di peso di Ntv e patron e ideatore dell’interporto di Nola, la grande infrastruttura logistica del meridione. Da tempo la Cisfi, la finanziaria che sta in cima al complesso reticolo societario è in affanno per l’ingente peso debitorio. Anche qui le banche Mps in testa hanno convertito parte dei prestiti in azioni. Mps è oggi il primo socio della Cisfi sopra il 7% (con Punzo al 6,1%). Anche la Cisfi Spa che recepisce la crisi dell’interporto di Nola è un incaglio per Mps che ha titoli in pegno svalutati anch’essi per 11 milioni a fine del 2015. Ed ancora la ex banca di Mussari deve tuttora metabolizzare il disastro della BTp, il general contractor della ditta Bartolomei-Fusi, che aveva in Verdini un grande sponsor, protagonista più delle cronache giudiziarie recenti che di quelle economiche.

Dal dissesto del contractor delle grandi opere toscano è rinata la Fenice Holding. Anche qui Mps se la ritrova in portafoglio in virtù dei prestiti non ripagati. Tra gli immobiliaristi come non citare Statuto che ha visto pignorato il suo Danieli di Venezia su cui Mps (con altri) aveva ingenti finanziamenti. E c’è il capitolo amaro della Impreme della famiglia di costruttori romani Mezzaroma che hanno portato i loro guai in casa Mps. E poi residua a bilancio dal 2007 il disastroso progetto immobiliare abortito di Casalboccone a Roma eredità dei Ligresti che vede Mps azionista (in cambio dei crediti non pagati) con il 22% del capitale. Il capitolo Coop vede Mps protagonista della ristrutturazione del debito di Unieco.

Tra i dossier immobiliari c’è il finanziamento di alcuni fondi andati in default: come un veicolo gestito da Cordea Savills, finanziato con eccessiva leva da Mps, che aveva in portafoglio gli ex-immobili del fondo dei pensionati Comit. Ma Mps ha finanziato anche alcuni dei fondi di Est Capital, società finita in liquidazione che gestiva il progetto del Lido di Venezia. E infine c’è il capitolo della partecipate pubbliche. Mps è inguaiata con pegni o titoli in Scarlino Energia; Fidi Toscana; Bonifiche di Arezzo; l’Aeroporto di Siena e persino le Terme di Chianciano. La banca si ritrova a fare l’imprenditore di società in crisi quando avrebbe dovuto solo fare la banca”. Ecco le altre banche La Verità ha anche fatto i nomi degli insolventi delle altre banche in crisi. La Popolare di Vicenza, che ha bruciato dall’oggi al domani ben 6 miliardi e mezzo, si era fidata delle imprese di Alfio Marchini che ai vicentini aveva chiesto 76 milioni di euro. Cinquanta non li ha invece restituiti il gruppo pugliese Fusillo, che ha anche un debito di 120 milioni con la Popolare di Bari. La Degennaro costruttori avrebbe dovuto restituire 27.5 milioni. La Veneto Banca ha, d’altro canto, sbagliato a fidarsi di Antonio Casale, l’immobiliarista bolognese ha incassato 78 milioni. Altri 50 milioni li ha introitati Francesco Bellavista Caltagirone. Somme importanti sono finite nelle tasche dei cementifici Federici e nelle finanziarie dei fratelli Landi (crac Eutelia). La Banca delle Marche piange i soldi versati a Davide De Gennaro (70 milioni), il gruppo costruzioni Lanari (110 milioni), Minardi (130), Ciccolella (80). Il capitolo Unicredit si apre con i nomi di Rcs (54.4 milioni), Alitalia (20), Tassara (119), i costruttori Parnasi (650 milioni di debiti). Il governo Gentiloni ha una bella gatta da pelare.

La replica di Marchini L’ex candidato a sindaco di Roma interviene sulla vicenda della Popolare di Vicenza in cui secondo l’articolo della Verità di Maurizio Belpietro sarebbe tra quelli ad aver beneficiato di un prestito. Alfio Marchini si infuria e replica con un tweet di fuoco: “Io avrei frodato? Semmai è la banca popolare di Vicenza che ha frodato me”. –FONTE CONTINUA A LEGGERE >>

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