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Niccolò Ghedini, l’avvocato del Cav, difende Lotti e Renzi: “Contro il padre di Matteo un uso barbaro dell’inchiesta”

By admin

March 09, 2017

09/03/2017 – “Dell’inchiesta sul padre di Matteo Renzi viene fatto un utilizzo barbaro”. Si tratta di “uso strumentale delle indagini per finalità politiche, come vediamo anche nel caso del ministro Luca Lotti, sul quale pende un’asserita violazione di segreto”. Lo dice, in un’intervista a La Stampa, Niccolò Ghedini, avvocato storico di Silvio Berlusconi e suo stretto consigliere politico.

“Secondo l’accusa – afferma Ghedini – si sarebbero verificati episodi di corruttela legati all’assegnazione di lavori. Però l’attenzione mediatica è concentrata sul padre di Renzi perché a lui viene contestato questo nuovo reato introdotto nel 2012, il traffico di influenza illecita, al quale ero e rimango graniticamente contrario”.

Circa la contrarietà verso il nuovo reato, Ghedini sottolinea:

“Amplia a dismisura il concetto di millantato credito e dà alla magistratura la possibilità di valutare in maniera molto elastica i comportamenti. Concede ai giudici troppa discrezionalità, a prescindere che si tratti del padre, dello zio o del nonno di Renzi”. Quanto alle ipotesi di un pregiudizio politico, “sto a quello che leggo: cioè spezzoni di intercettazioni magari decontestualizzate, frammenti di appunti tutti da ricostruire, atti che secondo il codice dovrebbero essere coperti da divieto di pubblicazione. E vedo il solito metodo di anticipare le sentenze di condanna, che a me sembra inaccettabile. Renzi e il suo governo sono stati negativi per l’Italia, però dell’inchiesta sul padre viene fatto un utilizzo barbaro”.

Per Ghedini, “i magistrati fanno il loro lavoro. Contesto da parte di certi avversari politici, sinistra compresa, l’uso strumentale delle indagini per finalità politiche, come vediamo anche nel caso di Lotti, sul quale pende un’asserita violazione di segreto”.

Quanto alla sfiducia di Lotti:

“Sarà un processo (ammesso che ci si arrivi) ad accertare come stanno le cose. Ma chiedere le dimissioni del ministro – aggiunge Ghedini – sulla base di uno stillicidio non verificabile è del tutto sbagliato. Come lo fu per Maurizio Lupi, che non era neppure indagato, e proprio Renzi lo fece dimettere. Come accadde per la stessa Nunzia De Girolamo, senza distinguere tra accertamento dei fatti e sentenza di condanna, anche solo di primo grado”. FONTE

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