Ambiente e salute

Calabria: Quattordici inchieste incombono sulla Regione

By admin

March 19, 2017

19/03/2017 – Fino a ieri esisteva un “problema Oliverio”, oggi esiste una “catastrofe Pd”. In queste ore se ne stanno (finalmente!) rendendo conto in Calabria e a Roma. Blande le contromisure messe in campo fin qui, tuttavia in queste ore le linee telefoniche tra i maggiorenti del partito democratico sono roventi. Gerardo Mario Oliverio non è più “solo” autoreferenziale ma si dimostra una scheggia impazzita. Un vertice istituzionale fuori controllo e per tale ragione irresponsabile. Basta, a destare nuovi allarmi, la cronologia dell’ultima settimana con i tempi scanditi dalla incapacità di nominare, a tre anni dal suo insediamento, i direttori generali; dall’arbitraria proroga di quelli collocati in pensione; dalla disinvolta gestione di sempre nuovi e sempre diversi siti informatici; dall’assoluta opacità garantita al segretariato della Presidenza; dalle quotidiane violazioni dei rapporti che debbono disciplinare l’attività del governo regionale con quella del Consiglio.

Fin qui ci teniamo fuori dalle vicende giudiziarie che assediano l’operato della gestione Oliverio, ormai orientata, oggettivamente, a premiare quanti vengono attenzionati da gravi indagini della magistratura, piuttosto che prenderne le distanze. È quanto rimproverano, del resto, i “peones” al segretario regionale Ernesto Magorno. Non accettano che le regole fissate per loro, costate l’allontanamento della giunta regionale di Ciconte e Guccione e le dimissioni da presidente del consiglio regionale a Scalzo, vengano invece eluse per la dirigenza regionale e per le nomine dei commissari, citando da ultima quella di Domenico Sodaro a commissario del Parco delle Serre. È chiaro a tutti, ed a questo punto anche i vertici regionali e nazionali del Pd non possono più mantenere la testa nella sabbia, che esistono situazioni, scelte, nomine e personaggi che appaiono inamovibili e inattaccabili nonostante cresca l’imbarazzo politico e istituzionale attorno a loro.

Raffaele Mauro è solo la sintesi di questo groviglio di interessi inconfessabili e di scelte dissennate e ingiustificabili. Lo è perchè la sua permanenza al vertice dell’Asp di Cosenza crea forte imbarazzo sul fronte giudiziario, essendo destinatario di almeno tre distinte inchieste. Lo è per l’esposizione mediatica, avendo trascinato Oliverio e la sua giunta sotto i riflettori dei media nazionali, coprendo tutti di ridicolo con la causa civile per lo stress che da impiegato dell’Asp rimediava, salvo poi diventare manager dello stesso ente. Lo è per i disinvolti rapporti con un segmento dell’avvocatura cosentina a disprezzo della demolita avvocatura interna all’Asp. Lo è, da ultimo, per aver segnato un punto di rottura tra giunta e consiglio regionale rifiutandosi di presentarsi davanti alla commissione Politiche sociali dove era stato convocato. Eppure resta al suo posto. Quello di Raffaele Mauro, tuttavia, è solo uno dei tanti “dogmi” imposti da Oliverio anche a disprezzo delle leggi nazionali e regionali. Altro esempio è fornito da Pasquale Anastasi: da quando, il 31 dicembre, è stato collocato in pensione, l’ex direttore generale al Turismo lavora per la Regione Calabria ben più di quando risultava in servizio. Partecipa a fiere ed eventi all’estero, dove accompagna il presidente Oliverio ed altre dame; vola a Londra per trattare con i vertici della Ryanair; presenzia agli incontri più operativi e delicati che nel comparto cultura e turismo vengono tenuti presso la Cittadella.

Sulla carta esiste un direttore generale che risponde al nome di Sonia Tallarico, la sua nomina era provvisoria ed allo stato è anche caduta ma nessuno ne prende atto. Come nessuno prende atto, e provvede di conseguenza, alle nomine degli altri direttori generali. Sotto questi un esercito di dirigenti di settore attende che qualcuno dia loro le direttive previste dal piano ordinamentale. A completare il quadro arriva l’indagine della procura antimafia di Reggio Calabria che indaga il direttore generale Carmelo Salvino per reati che vanno dalla truffa alla frode, passando per il falso e la corruzione. Reati che avrebbe commesso da direttore generale dell’agricoltura. Ma Salvino è anche tante altre cose: per esempio presidente di Fincalabra. Dovesse scivolare, un terzo delle competenze regionali raggiungerebbe l’altro terzo nella attuale condizione di totale paralisi. Se si tiene presente che il rimanente terzo è costituito dalla sanità già commissariata, ecco consegnato il quadro di una Regione Calabria capace solo di appaltare beni e servizi ed aprire sempre nuovi siti e nuovi nuclei di informatizzazione che ormai, quando non si sovrappongono, realizzano conflitti.

E veniamo al capitolo inchieste giudiziarie. Al netto di quelle che riguardano le note vicende di voto di scambio, si tratta di inchieste che già fanno capolino nelle recenti operazioni condotte dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria e da quella di Catanzaro, se ne contano almeno altre dodici e seguirle tutte diventa una impresa. Due riguardano la sanità, intesa anche come dipartimento e presidenza della giunta regionale, ed hanno al registro degli indagati i manager Mauro a Cosenza e Benedetto a Reggio Calabria, entrambi si badi bene, nominati dalla giunta e non dai commissari. Altre due riguardano la gestione di Fincalabra, con riferimento alla mancata rendicontazione di somme impegnate per speculazioni finanziarie e quindi con finalità diverse da quelle dell’ente regionale. C’è poi l’indagine sulla gestione dei bandi per la stagione teatrale 2016, fanno finta di non ricordarlo ma l’indagine c’è e sono almeno sette le persone iscritte al registro degli indagati.

C’è l’indagine sulla gestione di Calabria Verde, che non ha certo concluso il suo percorso con l’arresto degli ex manager Furgiuele e Allevato, anzi da tali arresti ha tratto nuova linfa. C’è il selvaggio taglio boschivo all’interno del perimetro della Sila, autorizzato non si sa da chi, ma consumato con tutte le certificazioni richieste. Due inchieste riguardano, invece, la gestione dei servizi informatici attraverso gare che si sospetta siano state manipolate e pilotate in modo da far vincere chi doveva vincere. Recentissima, invece, l’apertura da parte della Procura di Catanzaro di altra inchiesta sul mancato rispetto delle prescrizioni riguardanti la dirigenza regionale impartite dal Mef (Ministero economia e finanze), oggetto di due segnalazioni alla Procura da parte dell’ufficio ispettivo dello stesso Mef e della Corte dei Conti. Altrettanto recente è l’indagine avviata dalla Procura di Cosenza nel settore della formazione professionale: fondi milionari elargiti a imprese che, a parere della polizia giudiziaria, non avevano i requisiti tecnici e, in due casi, rappresentavano vecchie aziende inquisite rivestite con nuove società aventi gli stessi referenti di quelle decotte. Da Cosenza torniamo a Catanzaro per altre due indagini, una pregressa e l’altra appena avviata. La pregressa riguarda le telefonate anonime partite da uffici della presidenza regionale e dirette ad un dirigente regionale che bloccava l’adozione di pratiche considerate illecite. Attraverso altra indagine della Procura antimafia di Reggio Calabria si sarebbe riusciti a individuare l’anonimo telefonista: un imprenditore reggino. Ma come avesse accesso notturno agli uffici della presidenza della Regione e quali fossero i motivi per i quali quelle pratiche non erano in regola con la a legge è ancora tutto da accertare. Infine l’ostruzionismo che sarebbe in atto da parte dei vertici della Regione Calabria nei confronti dell’Ufficio regionale anticorruzione. A segnalarlo è proprio il vertice dell’Anac che informa la Procura di Catanzaro della impossibilità da parte del commissario regionale per l’anticorruzione Elga Rizzo a svolgere compiutamente il proprio dovere perchè dal segretariato regionale, quindi da un ufficio alle dirette dipendente del presidente Gerardo Mario Oliverio, solo una minima parte («non oltre il 20%») dei provvedimenti adottati viene trasmessa all’anticorruzione. E per stare sempre alla Procura di Catanzaro, sono in corso approfondimenti investigativi che riguardano il bando per i contributi sull’edilizia sociale, a cavallo tra vecchia e “nuova” giunta regionale. C’è quanto basta per andare ben oltre una “questione morale” che ormai sembra interessi non più di tanto il Partito democratico. E infatti non di “questione morale” discutono in queste ore, preoccupati e affannati, i maggiorenti del Pd in Calabria e a Roma. Molto più pragmaticamente si interrogano sulla possibilità di gestire una situazione politico-istituzionale pericolosamente fuori controllo. – FONTE