Abruzzo

Ultima ora, esclusivo: Berlusconi all’attacco: “Voglio governare con la Lega, i grillini pensano solo al vitalizio”

By admin

June 12, 2017

12/06/2017 – Presidente, alla luce delle ultime evoluzioni in Parlamento, con quale legge andremo a votare e quando? «Le rispondo volentieri, ma solo se mi fa una promessa. Che dopo, nel resto dell’intervista, parliamo di contenuti, di programmi e di problemi reali. La legge elettorale è importante, ma gli italiani non vivono di legge elettorale». Promesso. Ma intanto mi dica come voteremo. «Sono preoccupato. Quello che è successo nei giorni scorsi in Parlamento non è accettabile. Spettacoli come questi non fanno altro che aumentare la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni. Nella vita normale, fra le persone normali, non rispettare i patti, anzi tradirli di nascosto, è considerato un comportamento riprovevole. Non vedo perché la stessa cosa dovrebbe diventare un atto di libertà quando accade in politica, quando a tradire sono i rappresentanti del popolo, che avrebbero il dovere di essere trasparenti nei loro atti e di risponderne agli elettori. Questa legislatura è vissuta di tradimenti, di accordi non rispettati, di parlamentari che hanno abbandonato lo schieramento che li ha eletti. Temo si stia concludendo nello stesso modo, che è il peggiore, anche perché quelli che ci rimettono sono ancora una volta gli italiani, i quali dovrebbero avere il diritto di andare a votare al più presto con una buona legge elettorale. A questo punto non ci sono certezze, se non quella che in queste condizioni la data del voto potrebbe allontanarsi molto».

Come si spiega la retromarcia dei Cinque Stelle? «È stata una retromarcia che ha preso come pretesto un tema marginale della legge elettorale, il sistema di voto in Alto Adige per assicurare la rappresentanza in Parlamento della componente tedesca. È quindi sospetto il mettere in crisi un accordo così faticosamente raggiunto per una questione così di dettaglio. Le ragioni del voto dei Cinque Stelle sono altre rispetto al tema oggetto dell’emendamento. L’opinione corrente è che i deputati grillini abbiano approfittato dell’occasione per rinviare la data delle elezioni al fine di garantirsi l’indennità parlamentare per altri sette mesi sino alla fine della legislatura e al fine di consolidare e aumentare il diritto ai vitalizi che scatterà, dicono, solo se la legislatura si concluderà dopo il mese di settembre. Quanto è accaduto in Parlamento è quindi riprovevole, ma la rissa che ne è derivata fra Pd e M5S è certamente sproporzionata rispetto al merito effettivo della questione. Ci vorrebbe più senso di responsabilità, per consentire agli italiani di andare al voto con una legge elettorale condivisa. Sarebbe davvero urgente, dopo quattro governi consecutivi non scelti dagli italiani». Come si spiega l’insistenza di Renzi ad andare al voto comunque in autunno? «Deve chiederlo a Renzi. Io immagino che preferisca evitare prima delle elezioni una manovra economica che sarà inevitabilmente dura, visti gli sprechi e le mance elettorali distribuite dai suoi governi negli ultimi anni. Però una cosa dev’essere chiara: il voto non è una patologia, è anzi il sistema fisiologico di una vera democrazia. La Germania voterà in settembre e nessuno avanza preoccupazioni».

L’intesa con Renzi sulla legge elettorale è naufragata: tenterete un altro accordo? «Se questa legge è davvero naufragata sarà molto difficile scriverne un’altra che abbia un consenso diffuso. Per questo aspetterei a definirla naufragata. In commissione le quattro maggiori forze politiche l’hanno votata. Ripartiamo da lì». Quale legge elettorale auspica ora e quando vorrebbe andare a votare? «Noi siamo sempre stati chiarissimi: una legge elettorale che riproduca in Parlamento il voto degli italiani nel modo più fedele possibile. Se un partito ha il 20% dei voti, deve avere il 20% dei seggi. Il rapporto fra elettore ed eletto dev’essere assicurato con strumenti efficaci e trasparenti, evitando lo scandaloso e pericoloso sistema delle preferenze. La data del voto la deciderà il capo dello Stato, che è garante di questo complicato passaggio e ha chiesto più volte una nuova legge condivisa». Lo sbarramento al 5% rendeva difficile la rielezione in Parlamento di Alfano e dei centristi e di tutto il variegato schieramento a sinistra del Pd: lavorerete per reintrodurre uno sbarramento così alto? «La frammentazione non fa bene alla democrazia e rende difficile governare per chi vince le elezioni. Per questo sono stato e rimango favorevole a soglie alte anche perché favoriscono le aggregazioni. Comunque lo sbarramento al 5% era una specifica richiesta del Pd e di M5S». Cosa risponde a chi sostiene che l’intesa elettorale era propedeutica a un’intesa di governo? «Qualcuno pensa davvero che sia possibile un’intesa di governo fra Lega, Forza Italia, Pd e M5S? Sono questi i partiti che avevano raggiunto un’intesa sulla legge elettorale. Pensare che vogliano governare tutti insieme è ovviamente fantapolitica. Le regole invece sono un tema sul quale occorre il massimo accordo possibile». Come programmi, su temi caldi come Europa, euro e immigrazione Forza Italia è più vicina al Pd di Renzi o alla Lega? «Mi pare ovvio: il Pd su queste materie si è limitato alle parole alle quali non sono mai seguiti i fatti. Con la Lega abbiamo governato insieme, ottenendo grandi risultati, e vogliamo continuare a farlo. Il contrasto all’immigrazione clandestina, che era stata praticamente azzerata, è stata uno dei grandi risultati ottenuti dal nostro governo. Sull’Europa abbiamo idee simili, solo che la Lega preferisce farsi interprete di paure diffuse, noi preferiamo cercare risposte praticabili. Siamo europeisti con convinzione, ma proprio per questo consapevoli della necessità che l’Europa cambi profondamente».

Cosa pensa di un tecnico europeista come prossimo premier in caso d’ingovernabilità per tranquillizzare i mercati e l’Europa? «Non ci sarà ingovernabilità perché noi vinceremo le elezioni. È quindi un problema che, semplicemente, non si pone». Libero ha titolato «Silvio è risorto» e ha scritto che il segreto della sua resilienza è che ha sempre tenuto duro: negli ultimi difficili anni c’è stato un momento in cui stava per mollare davvero la politica? «Non ho mai lasciato a metà una cosa che avevo cominciato, non ho mai pensato di farlo per l’impresa che considero la più importante e la più nobile di tutte: quella di battermi per garantire la libertà e la prosperità al Paese che amo». Nell’intervento sul Corriere ha sostanzialmente affermato che l’intesa sul proporzionale aveva lo scopo di scongiurare un governo Cinquestelle: perché ha cambiato idea dopo aver sostenuto per anni che è giusto che chi ha più voti governi? «Mi scusi, forse non ha letto con attenzione il mio intervento. Ho scritto al Corriere, e ribadisco volentieri a Libero, che non si fanno le leggi elettorali contro qualcuno, e che se il Movimento Cinque Stelle avesse i voti della metà più uno degli italiani avrebbe pieno diritto di governare. Solo in quel caso, però, solo con quel livello di consenso effettivo, senza numeri parlamentari drogati da un premio di maggioranza». Non pensa che l’indicazione di Draghi possa essere sfruttata sia dalla destra sovranista che dai Cinquestelle contro di lei, accusandola di essere diventato macronista e di accettare i diktat dell’europa filo-Merkel? «Draghi è un valente economista che fu proprio il presidente del Consiglio Berlusconi a collocare alla guida della Bce, superando il contrasto della Germania e della Francia, pochi mesi prima di essere abbattuto da un vero e proprio colpo di stato, uno dei cinque che hanno alterato la democrazia italiana dal 1994 ad oggi. Draghi è riuscito a cambiare la politica della Banca Centrale, convincendo anche la cancelliera Merkel ad accettare l’idea di introdurre liquidità nell’economia dei Paesi in difficoltà, attraverso lo strumento del quantitative easing. Peraltro quello che ho detto rispondendo ad una precisa domanda è che Draghi sarebbe un ottimo premier, non che sia il nostro candidato premier». Come risponde a chi (Meloni e Salvini) la accusa di non volere l’unità del centrodestra perché non vuole trattare alla pari? «Non rispondo nulla, perché è una critica che non ha senso. Io tratto tutti con grande rispetto, sempre. E con Salvini e Meloni ho anche condiviso il 95% di un programma elettorale indispensabile per rispondere ai grandi problemi del Paese: lo sviluppo dell’economia per creare nuovi posti di lavoro, il controllo dell’immigrazione per restituire la sicurezza ai cittadini, la riforma della giustizia per garantirli e difenderli dall’oppressione giudiziaria. Vogliamo parlarne?». Nei sondaggi il centrodestra unito è primo. Gli elettori vi vogliono uniti: non teme di averli delusi? «Sono d’accordo con gli elettori e lo affermo in ogni occasione: il centrodestra deve essere unito». Lo sbarramento al 5% mette in difficoltà Fdi: si può insinuare che, dalla creazione del Pdl all’opposizione alla candidatura della Meloni a Roma, alle scelte nelle ultime due Regionali pugliesi, lei di fatto non voglia una forza alla destra di Forza Italia? «Forza Italia non è “la destra”, è un partito di centro, che fa parte della grande famiglia della democrazia e della libertà che è il Partito Popolare Europeo. È ovvio che vi siano partiti alla nostra destra, con piena dignità». Che effetto le farebbe vedere Parisi, il candidato sindaco che si è inventato lei, alla guida di un movimento centrista con Alfano? «Sarebbe una modesta conclusione di un percorso politico cominciato sotto ben altri auspici. A Parisi avevo proposto di darmi una mano in Forza Italia, ma lui si dichiarò non interessato. Ha preferito costruire un piccolo partito di cui mi sfugge la funzione. Peccato, perché ho stima delle sue qualità intellettuali e politiche». Come voterà al referendum per l’autonomia della Lombardia? «Voterò certamente “Sì” al referendum sulla Lombardia». Perché con Salvini non è mai scattato non dico l’amore ma almeno l’intesa: questione generazionale, temperamentale o di visione? «Mi permetto di dire che l’amore è un sentimento troppo nobile per mischiarlo alla cose della politica. Stimo Salvini come leader che ha fatto ottenere alla Lega buoni risultati. Non sempre ne condivido i toni e il linguaggio, ma siamo alleati non siamo fidanzati». Resta convinto che sia percorribile la strada della doppia moneta euro-lira, che di fatto non è stata accolta favorevolmente da economisti e altre forze politiche? «Non solo percorribile, ma necessaria. L’euro è una moneta nata malissimo, con un cambio lira-euro che ha dimezzato il valore dei nostri patrimoni in lire, ma uscirne comporterebbe un prezzo troppo alto. Isolerebbe l’Italia, farebbe schizzare in su i tassi di interesse, genererebbe inflazione, favorirebbe manovre speculative alle quali siamo troppo deboli per resistere. L’Italia non è il Regno Unito. Però riacquisire una parziale sovranità monetaria è fondamentale. A questo fine la doppia moneta è l’unica strada praticabile. Ci sono importanti economisti che stanno lavorando per definire i dettagli del progetto». Come reimposterà il rapporto con l’Europa dopo le elezioni? «Non si tratta solo del nostro rapporto con la Ue, quella da ripensare è l’idea stessa di Europa, se vogliamo salvare questo grande sogno. L’Europa ha garantito 50 anni di pace. Le frontiere sulle quali milioni di giovani vite si sono immolate in guerre sanguinose ora sono aperte, le persone, i capitali, le merci le attraversano senza neppure la necessità di un documento, e questi – per la mia generazione che ha visto l’orrore della guerra – sono dei risultati straordinari. Ma l’Europa che avrebbero voluto i padri fondatori era un grande spazio di libertà, non una gabbia burocratica. Si sarebbe dovuta basare su valori condivisi, sulle comuni radici giudaico-cristiane e greco-romane, e quindi avere assolutamente una politica estera e una politica di difesa comuni che la imponessero come potenza mondiale alla pari di Stati Uniti, Federazione Russa e Cina. Non abbiamo fatto nulla di tutto questo, e in compenso ci siamo dati regole ottuse che danneggiano le nostre economie. Dobbiamo rifondare l’Europa che deve diventare l’Europa dei popoli, non l’Europa dei burocrati contro i popoli». Nel resto d’Europa la crisi è finita, noi ancora arranchiamo: da grande politico e imprenditore unico, sa spiegarmi il motivo? «Le rispondo prima di tutto da imprenditore: fare l’imprenditore in Italia oggi è un’impresa quasi eroica. Tasse altissime, una burocrazia soffocante, una giustizia ostile, infrastrutture carenti: sono tutte cose che scoraggiano gli investimenti. Ma senza investimenti non vi è crescita, e senza crescita non si risolve nessuno dei drammatici problemi che l’Italia sta vivendo, a partire dalla disoccupazione, soprattutto giovanile ma anche dei “giovani anziani”, i 50enni espulsi dal mercato del lavoro, che oggi non hanno praticamente nessuna possibilità di ritrovare un’occupazione. L’Italia vive una condizione davvero grave, il nostro tasso di crescita è meno della metà di quello europeo. La povertà – è drammatico dirlo – dilaga: abbiamo 15 milioni di poveri, e fra loro 4,6 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta. Oltre un milione in più da quando abbiamo lasciato il governo. Occorre trovare delle soluzioni immediate e radicali». Lei è sulla scena politica da quasi 25 anni: ha qualcosa di cui rammaricarsi o da rimproverarsi? «Dico spesso, scherzando ma non troppo, che l’unica colpa che mi riconosco è quella di non aver saputo convincere il 51% degli italiani a darmi fiducia con il loro voto. In effetti la necessità di costruire coalizioni con alleati riottosi o concentrati su piccoli interessi di bottega non ci ha consentito di realizzare tutti gli obbiettivi che ci eravamo proposti. Nonostante queste difficoltà, però, sono orgoglioso dei risultati ottenuti dai nostri governi. Al di là dei grandi risultati nella politica internazionale, se oggi si va da Milano a Roma in meno di 3 ore e da Napoli a Milano in poco più di 4, senza bisogno dell’aereo, è perché abbiamo realizzato l’alta velocità ferroviaria. Se il numero di morti sulle strade è dimezzato, è perché abbiamo introdotto la patente a punti. Se il numero dei malati di tumore è calato è perché abbiamo varato severe norme antifumo. Se i ragazzi italiani si sono visti restituire un anno di vita, è perché abbiamo abolito il servizio di leva obbligatorio. Potrei continuare a lungo, parlando dell’emergenza rifiuti a Napoli che abbiamo risolto in poche settimane, mentre oggi un’emergenza analoga rischia di mettere in ginocchio la città di Roma senza che nessuno abbia la necessaria risolutezza per intervenite. Potrei ricordare che di fronte alla tragedia dell’Aquila nel 2008 abbiamo in un tempo record dato un tetto sicuro e confortevole a migliaia di persone che avevano perso la casa, mentre oggi le popolazioni dell’Italia centrale colpite del sisma nei mesi scorsi sono ancora abbandonate a sé stesse e hanno trascorso l’inverno in condizioni di fortuna. Potrei ricordare infine le 36 grandi riforme di sistema che abbiamo realizzato senza mettere mai le mani nelle tasche degli italiani. Mi limiterò a due dati, che considero i più eloquenti. Noi avevamo mantenuto anche nella fase peggiore della crisi il tasso di disoccupazione due punti sotto la media europea. Da quando governa la sinistra il tasso di disoccupazione è due punti sopra la media di eurozona. Noi avevamo ridotto la pressione fiscale al 39%, oggi supera il 43%». Quali saranno le battaglie forziste della prossima legislatura? «Abbiamo un programma estremamente concreto, che abbiamo riassunto simbolicamente nell’Albero della Libertà. Un grande albero che fonda le radici nei nostri valori e che porta su ogni ramo i frutti di tre soluzioni concrete. Voglio citare solo due esempi, che considero forse i più importanti. Il primo è una radicale riforma del fisco, con l’introduzione della flat-tax, l’imposta “piatta” uguale per tutti, famiglie e imprese, con esenzione totale per i primi 12mila euro di reddito. Un’imposta semplice, a prova di evasione ed elusione, che riduce in modo significativo la pressione fiscale complessiva e cancella l’eccesso di progressività che scoraggia la crescita. È un sistema che sta dando ottimi frutti, favorendo la crescita nei numerosi Paesi che l’hanno applicato. Il secondo esempio è quello che abbiamo chiamato “reddito di dignità”, come risposta concreta e immediata per chi è costretto a vivere in condizioni particolarmente difficili, con un reddito inferiore a 1.000 euro mensili. Ci siamo ispirati agli studi del grande economista liberista della Scuola di Chicago, Milton Friedman, sull’imposta negativa sul reddito. Per la stessa ragione le pensioni minime devono essere portate a 1.000 euro per tutti, e prima di tutti per una categoria di anziani spesso priva di protezione e che ha svolto nella vita una funzione fondamentale: mi riferisco alle nostre mamme, che come casalinghe spesso sono prive di una pensione adeguata alla fine di una vita di sacrifici e devono avere invece diritto ad una vecchiaia serena e dignitosa». Sembra avere un successo notevole il Partito degli Animali: ma si presenterà autonomamente o nell’alveo di Forza Italia? «Dipenderà dalla legge elettorale e dalla data delle elezioni. Io spero che si possa presentare autonomamente ma quel che è certo è che considero l’impegno per i diritti degli animali un dovere di civiltà. Lo dico da cristiano, da persona civile». Lei e Renzi avete in comune un rapporto difficile con la magistratura: la giustizia sarà riformata, in caso di grande coalizione? «La giustizia italiana ha un drammatico bisogno di riforme, nell’interesse dei milioni di cittadini vittime di procedimenti penali che durano anni e che spesso si concludono in assoluzioni dopo aver rovinato la vita di tante persone. Assoluzioni contro cui non deve essere possibile alcun ricorso in appello o in cassazione da parte dei pm che nel nostro programma chiamiamo “avvocati dell’accusa” con parità di diritti rispetto agli avvocati della difesa. C’è bisogno di una diversa tutela della privacy di ognuno di noi, contro il fatto che la vita privata delle persone – anche di quelle non accusate di nulla – sia sbattuta sui giornali con la complicità di qualche procura. Ci sono da modificare le norme sulla custodia cautelare, introducendo anche l’istituto della cauzione. Occorre mettere fine ai processi infiniti e rafforzare il diritto alla difesa rendendolo effettivo per ogni cittadino. C’è bisogno di far funzionare la giustizia civile, visto che oggi spesso si rinuncia a tutelare i propri interessi per via giudiziaria, visti i tempi, le lentezze e le farraginosità dei processi. Il fatto che Renzi e alcune persone vicine a lui siano stati vittime come me – ma certo in una misura non paragonabile alla mia – di una malevolenza mediatico-giudiziaria mi dispiace molto e non lo condivido. Tuttavia non c’è alcun bisogno di una grande coalizione per riformare la giustizia: lo farà il nostro governo». Ci chiarisce la sua posizione riguardo l’emergenza immigrati? «Il tema è drammatico: la gente ha paura, ed ha ragione. Nelle strade italiane secondo le statistiche si commette un reato al minuto: scippi, violenze, spaccio, prostituzione e nelle case degli italiani un furto ogni due minuti. Sarebbe sbagliato dire che tutto questo dipenda solo dagli immigrati clandestini, e sarebbe sbagliato dire che tutti gli immigrati clandestini vengano qui per delinquere. Ma chi non ha visto riconosciuto il diritto alla permanenza in Italia, e quindi non può neppure contare sul sussidio di 35 euro al giorno, per sopravvivere delinque. Per questo il fenomeno va assolutamente bloccato, nel loro stesso interesse. Ormai nei furti in appartamento i ladri prendono di mira prima di tutto il frigorifero: cercano cibo prima ancora che denaro e gioielli. Significa che sono alla fame, che sono disperati. In Italia ci sono sulle strade migliaia di giovanissimi e giovanissime che vivono in condizioni simili alla schiavitù, subiscono violenze e omicidi da parte delle organizzazioni criminali che le hanno portate in Italia. Tutto questo va stroncato. Il nostro governo era riuscito a farlo, con accordi bilaterali con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, poi travolti dalle cosiddette primavere arabe. In cambio di denaro o altri aiuti, alcuni governi, a cominciare da quello di Gheddafi, stanziavano delle truppe che impedivano ai trafficanti di partire e ne mettevano fuori uso le imbarcazioni. Con altri accordi bilaterali gestivamo il rimpatrio dei pochi clandestini che comunque riuscivano ad arrivare in Italia. Bisogna tornare a questi accordi, a partire dalla Libia, coinvolgendo le diverse fazioni che si contendono il controllo del territorio libico. I migranti vanno trattenuti in campi di raccolta gestiti sotto l’egida dell’Onu e poi rimandati nei paesi d’origine. È l’Unione Europea che deve farsi carico di stipulare questi trattati con tutti i paesi africani sul Mediterraneo. Però anche questo non basta. La drammatica pressione migratoria va fermata nei paesi d’origine, offrendo una speranza di futuro a quelle popolazioni. Occorre un grande “piano Marshall per l’Africa”, che sotto la bandiera delle Nazioni Unite coinvolga tutti i Paesi del benessere, dall’Europa agli Stati Uniti, dalla Russia alla Cina. Solo se riusciremo a garantire a quelle popolazioni un futuro nella loro patria, cesserà l’illusione di milioni di loro di poter venire da noi e condividere il benessere dell’Occidente come lo raccontano i giornali e le televisioni. Un sogno che si traduce in una moderna schiavitù per loro e in un pericolo gravissimo per noi». Quale destino dobbiamo aspettarci per Mediaset e per il resto del suo impero economico? «Mediaset è un grande patrimonio dell’Italia destinato a crescere ancora. Ma non sarò io ad occuparmene perché è in ottime mani, quelle dei miei figli e dei loro validissimi collaboratori. Complimenti e auguri a loro e a tutti quello che lavorano nelle aziende che ho creato. Mi consente però una osservazione finale? Abbiamo toccato tanti temi, che riguardano il futuro del nostro paese. Quel futuro cominciamo a costruirlo proprio oggi, in molte città italiane, chiamate a scegliere il loro sindaco e i loro consiglieri comunali. È una scelta importante, che riguarda da vicino la vita di ciascuno. Io credo che gli italiani sapranno guardare la qualità dei candidati e dei programmi».

di Pietro Senaldi per Libero

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