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Feltri, il suo avvertimento a Berlusconi: “Silvio, guardati da questi o farai la fine di Mussolini”

By admin

July 30, 2017

30/07/2017 – Il cerchio magico coincideva anticamente con lo spazio sacro in cui un personaggio eminente, di solito un sovrano, era al sicuro. Una barriera contro il male, garantita da formule sacramentanti e pagane. Dentro questa corazza invisibile erano ammessi pochissimi fidi, i quali peraltro alla fine si scannavano tra loro, prima o dopo aver fatto fuori il mamma santissima. Diciamo che la cosa si è evoluta. E «cerchio magico» è diventata una formula del gergo giornalistico per definire la camarilla che si assiepa intorno a un leader politico. La cronaca degli anni recenti dimostra che è una maledizione. Il primo a sperimentarne il veleno fu Umberto Bossi.

Portò male anche alle varianti successive. Anzitutto toccò a Pier Luigi Bersani, con il suo «tortellino magico». Quindi a Matteo Renzi, e al «giglio magico». Una lezione machiavellica: il capo può essere grande o potenzialmente tale finché si vuole, ma dura se riesce ad emanciparsi crudelmente dalla serpe covata in seno. La si riconosce grazie a un test infallibile: si ritiene indispensabile al successo dei Principi. Se non li cacci, sei morto: citofonare per istruzioni alla tomba di Mussolini.

Domandatevi allora perché Silvio Berlusconi ha tante vite da poterle regalare ai gatti. Rispondo: oltre a un fisico bestiale, è dotato di un tempismo formidabile nel disfare la sua tavola rotonda. Fateci caso: dopo un po’, quelli che ritenevano di essere suoi alter ego, se ne vanno sbattendo la porta. Sono convinti di essersene andati via loro, imprecando, per uno scatto di dignità. In realtà, hanno mollato perché prima li aveva scaricati lui. Evitiamo di mettere tutti nello stesso calderone. Ci sono storie di famigli, caratterizzate da cicisbeismo, ed altre motivate da ragioni che, le si giudichi come si vuole, non hanno intaccato considerazione e amicizia (esempi, piaccia o no: Verdini e Alfano).

Eppure anche per Berlusconi c’ è stata la stagione della sua prigione. Non dei gerarchi ma delle gerarchesse. Il cerchio magico si trasformò per lui in un cerchio alla testa. Accade quando nello spazio riservato agli intimi danzano carinamente numerose donzelle. Le damazze della tavola rotonda avevano cominciato a essere la sua rovina. Esse infatti parlano, parlano, parlano. Sparlano, sparlano, sparlano. In casa e fuori.

Qui non facciamo nomi, per cavalleria. Gli amici di una vita assistevano sgomenti a questo fenomeno delle tre grazie trasformatesi in quattro o cinque disgrazie. Così i figli. Le signore usavano Silvio per il comodo loro, lo usavano come una scopa dei loro nemici e nemiche personali. Berlusconi capì. Luglio dello scorso anno: ricovero, operazione complessa al cuore. Secondo me, il coccolone se l’ è fatto venire a comando. Arma finale per la liquidazione coatta delle Muse che inutilmente gli esibirono il muso dolente. Infine, non le ha cacciate, bensì sistemate. Resta un signore.

Da quel momento il muro di malignità è caduto, e hanno ripreso autorevolezza i suoi uomini d’ oro. Il compagno di giovinezza al pianoforte e alla cassaforte, Fedele Confalonieri; l’ amico della maturità, la volpe azzurrina Gianni Letta (manca Marcello Dell’ Utri, per ragioni di ingiustizia). Questi li conoscono tutti, e del resto non se n’ erano mai andati. Tra loro, la figlia Marina, e scusate se la metto tra gli uomini d’ oro.

Inoltre, sconosciuto ai più, Valentino Valentini: coltissimo, incapace di sovrapporre interessi personali a quelli del Berlusca, a cui è votato con spirito sanamente critico. Un uomo tale da sgomberare senza chiasso la scrivania quando il cerchio di maghesse l’ aveva screditato. Da allora, da quel luglio, il cuore e la testa sia pure asfaltata di Berlusconi hanno iniziato a funzionare a mille, riportandolo al centro della scena politica. È come se gli fossero cascate le squame dagli occhi, ci vede meglio, però… C’ è un però. Pare stia rinascendo un nuovo grumo magico, di personaggi rispettabili ma che forse prendono troppo sul serio il loro temporaneo ruolino e gli stanno filtrando con occhiali sbagliati la vista.

Dal cerchio donnesco pare si sia passati al cerchio dei fanti i quali sono tornati a minacciare gli antichi santi. E qui sta il motivo per cui vi sto annoiando. Do una notizia a voi, ed insieme spedisco una cartolina a Villa Certosa. A costo di consolidare il cerchio delle solide antipatie che mi sono costruito pazientemente negli anni, procedo. Mi dicono che il ras dei parlamentari, a dispetto dei legittimi presidenti Paolo Romani e Renato Brunetta, sia diventato tale Sestino Giacomoni, che promette e seleziona chi sia degno o meno di posti in lista, rassicura tutti, mente a ciascuno, e infila i suoi protetti nelle ambite stanze. Soprattutto i deputati, misurano dal calore o meno del suo ciao, o addirittura del suo mutismo, la propria quotazione.

Fuori dei palazzi, il temutissimo capataz è Andrea Ruggieri, selezionatore del casting di volti nuovi e delle presenze televisive, nipote di Bruno Vespa, e dunque garanzia di un dna di talento e di qualche neo. Il divo protettore, l’ architetto del cerchio si sussurra (Dagospia, maestro di gossip, ne è certo) sia diventato Niccolò Ghedini, l’ avvocato più magro e lungo delle Camere penali planetarie. Io dico anche che è il più bravo e fidato. Ma come è umano, vedendolo così ascoltato da Re Silvio Cuor di Leone, gli si sono appiccicati quali cozze alla roccia svariati tenentini e marescialle di incerta fortuna e sicura inettitudine. Fermati al codice, caro Niccolò. Hai visto cos’ hai combinato nella tua Padova quando ti metti a far politica: ha vinto la sinistra per la tua ostinazione a non voler aprire alle liste in odore di centro.

Intanto che sei solo al cerchietto magico, sarebbe bene che tu o il tuo dante causa gli diate una scrollata. Lo sto raccomandando specie a Berlusconi. Non gli ho mai lesinato critiche e avvertimenti in venticinque anni di consolidati sgarbi che sono la miglior garanzia per sviluppare reciproci profitti. Rompi il cerchio, fa’ quadrato, tu eviterai il 25 luglio, noi l’ 8 settembre. di Vittorio Feltri

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