Ambiente e salute

Cardarelli choc: “Abbassa il culo, te la rifaccio gratis. Ecco che mi hanno fatto durante il parto”

By admin

August 17, 2017

16/08/2017 – Costretta «a raggiungere a piedi la sala parto», dopo che si erano rotte le acque. Medicata «come se stessero trattando una bestia, io soffrivo e l’ostetrica si lamentava del caldo». E durante la notte «nessuno che veniva a controllarmi, perché medici e infermieri dormivano».

È il racconto «allibito» di una biologa casertana che ha dato alla luce all’ospedale Cardarelli la sua seconda bambina. Il 9 agosto ha inviato una lettera denuncia all’ospedale. La direzione ha aperto subito un’indagine interna: «Se nei nostri reparti esistono comportamenti poco consoni, è nostro dovere individuarli».

Ricostruiamo la vicenda da quanto sostenuto nella lettera della biologa. La donna, M. F., arriva il 4 aprile in ospedale con le contrazioni, «accolta da una dottoressa gentile e professionale». Quello che lei racconta come un vero incubo inizia con il cambio turno dopo le 20.

Entra in servizio un’ostetrica che «elencava tutti i suoi malanni in dialetto, urlava di avere la pressione alta e questo atteggiamento cominciò a spaventarmi», scrive.

I dolori aumentano, si rompono le acque: «L’ostetrica, urlando dal corridoio che portava alla sala parto, disse di raggiungerla a piedi ma io non riuscivo neanche a tenermi in piedi. Mia madre vide che, in quel corridoio, l’infermiera diceva all’ostetrica che io non ce la facevo a camminare e l’ostetrica insisteva dicendo in maniera sgarbata di forzarmi a farmi camminare per raggiungere la sala parto. Io mi aggrappai all’infermiera e riuscii a raggiungere il lettino della sala parto».

Durante il parto, la stessa ostetrica «mi urlava continuamente addosso, io, per il forte dolore, tendevo a sollevare il bacino dalla sedia e lei mi urlava: ”Abbassa questo culo”, di continuo. E ancora : “Che fai la ballerina?”». Volgare tentativo di “spronare” la paziente? Per la donna non è così: «L’ostetrica – scrive ancora – non mi ha sostenuto per niente, né gestita nella respirazione, ho sopportato tutte queste denigrazioni perché l’unico mio obiettivo in quel momento era mettere alla luce mia figlia senza provocarle danni». Intanto va espulsa la placenta, dopo il parto: «Sanguinavo molto – scrive ancora la donna – l’ostetrica con modi sgarbati e mortificanti mi puliva come se stesse trattando una bestia, schifata come se io non fossi una persona e lamentava continuamente di sentire caldo, mentre io soffrivo su quella maledetta sedia».

Ad applicare i punti ci pensa un medico che per la donna «si mostrava incerto»: «In preda al timore chiesi che stessero facendo e con fare spavaldo dopo aver applicato i punti il medico mi disse: “Da me vengono le signore a rifarsi (le parti intime), io a lei l’ho fatto gratis”».

Di fatto la donna perde sangue anche dopo i punti, le applicano del ghiaccio in camera: «Un’infermiera disse che quel sanguinamento non era normale». Eppure durante la notte in corsia «nessuno venne a controllarmi, lo faceva mia madre, che uscì dal reparto alle 6 del mattino e sentì che la guardia di turno e una signora delle pulizie dicevano che in reparto non c’era nessuno, che tutti dormivano». La donna racconta di essere stata precedentemente operata per una gravidanza extrauterina in un ospedale di Treviso: «Sono stata assistita nel migliore dei modi, le infermiere tutta la notte facevano un andirivieni per il reparto. Alla fine della degenza mi fecero compilare un questionario anonimo per esprimere un parere anche sull’accoglienza e il comportamento dei medici». Invece al Cardarelli, continua la donna, «al momento delle dimissioni, chiamano le persone come se fossero delle mucche e se non senti in tempo si arrabbiano pure».

Conclude la donna: «Perché noi campani quando andiamo in ospedale non dobbiamo sentirci assistiti e rispettati? Ci si lamenta del budget sanitario, che non ci sono soldi, ma si trascura quello che è il capitale umano, non in termini di numero di persone, ma di qualità».

Contattato da “Repubblica”, il direttore generale del Cardarelli, Ciro Verdoliva ha detto: «Capiremo in tempi brevi come sono andate le cose. È un dovere anche nell’interesse dei dipendenti del Cardarelli che lavorano con abnegazione e vedono sacrificati i propri sforzi per colpa di pochi. Ascoltare i pazienti aiuta a raggiungere il nostro obiettivo: garantire salute». FONTE

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