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Ambiente e salute

“Ma anche”…l’ultimo editoriale di Marco TRAVAGLIO

By admin

October 21, 2017

21/10/2017 – È un vero peccato che il boss stragista Giuseppe Graviano si sia avvalso della facoltà di non rispondere, come un politico qualsiasi, nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Intanto perché ha perso l’occasione di riaffermare, ove mai ve ne fosse bisogno, la serietà dei mafiosi in contrapposizione con la cialtroneria dei politici. E poi perché nessuno meglio di lui avrebbe potuto sciogliere il nodo delle sue parole rivolte al compagno di ora d’aria Umberto Adinolfi e intercettate nell’ora d’aria del carcere di Ascoli il 10 aprile 2016. Secondo la Dia e la Procura, la frase esatta, riferita all’ex Cavaliere e alle stragi del 1992-’94, è: “Lo stavano indagando… Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza”. Secondo i consulenti della difesa Dell’Utri, invece, il boss di Brancaccio dice solo “Lo stavano indagando” e, quando Adinolfi risponde “Disse lui”, commenta “Bravissimo”, senza nominare B. I periti della Corte d’Assise confermano la trascrizione della Dia e dei pm. E Graviano tace perché, parlando, dovrebbe scegliere fra “Berlusca” e “Bravissimo”.

Nel primo caso, impallinerebbe il Caimano redivivo proprio ora che può tornare decisivo per il prossimo governo, dunque prezioso (in quanto ricattabile) per gli amici degli amici. Nel secondo, gli farebbe un regalo mica da ridere, accreditando la tesi del complotto giudiziario, e gratis, senza ottenere nulla prima, né poterlo più ricattare dopo – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 21 ottobre 2017, dal titolo “Ma anche”.

Essendo un criminale matricolato ma non un politico, Graviano non ha considerato la terza via: il “ma anche” tipico dei politici. Poteva parlare e, alla domanda “Ha detto Berlusca o bravissimo?”, rispondere: “Entrambe le cose: Berlusca e bravissimo. E chi vuole capire capisce”. Se qualcuno avesse obiettato che le due cose non stanno insieme, avrebbe potuto replicare: perché rifiutate le doppie verità da un mafioso, se le accettate ogni giorno dai politici? E fare qualche esempio, a sua scelta. Il Pd è contro il governatore Visco, ma anche pro. La Boschi fa riunioni e telefonate segrete con banchieri per salvare Banca Etruria vicepresieduta da suo padre, ma il Parlamento la lascia al suo posto perché non si è mai occupata di Etruria. La Boschi mette lo zampino nella mozione Pd contro Visco (che ha multato due volte il padre per Etruria) all’insaputa di Mattarella, Gentiloni, tutti i ministri e tre quarti del Pd, infatti tutti la accusano di “tradimento”, ma poi Gentiloni le conferma “piena fiducia” come i cornuti contenti. Pisapia giura “mai con Alfano”, poi si allea in Sicilia col Pd e con Alfano. Sul referendum anti-euro i 5Stelle cambiano più posizioni del Kamasutra.

Un po’ come il Pd sui referendum lombardo-veneti. Renzi vince le primarie su un programma che promette “una legge elettorale che restituisca ai cittadini il sacrosanto diritto di scegliere a chi affidare i propri sogni, le proprie speranze e progetti” perché “i deputati devono essere scelti tutti direttamente, nessuno escluso, dai cittadini”, e giura “mai più larghe intese”; poi fa una legge elettorale (Rosatellum) che produce i due terzi di parlamentari nominati dai capi-partito (come l’Italicum) e le larghe intese. Salvini ripete per mesi “Mai con B.” e B. “Mai con Salvini” e ora vanno a braccetto. B. l’altroieri attacca Visco d’accordo con Renzi e ieri attacca Renzi d’accordo con Visco. B. fa per anni il populista anti-Europa, anti-euro e anti-Merkel, poi l’altroieri va a Bruxelles al vertice Ppe, travestito da argine anti-populisti, e difende l’Europa, l’euro e la Merkel (“Sono legato da una grandissima stima ad Angela”). Poi però gli parte il braccio teso come al Dottor Stranamore e fa lingua in bocca col fascio-populista ungherese Orbán, quello del muro anti-migranti (“È mio amico ed è anche milanista, l’ho portato a Milanello a vedere gli allenamenti, ci vedremo io e lui e risolveremo il problema dei migranti”). Il suo Giornale passa da anni di campagne forsennate contro la “culona” e “golpista”, al sontuoso titolone “Euroberlusconi. Rivincita del Cavaliere: torna al vertice del Ppe e la Merkel lo accoglie a braccia aperte: è l’unico argine ai populisti in Italia”. Si scopre poi che l’han fatto parlare alle 14.15 del pomeriggio, davanti a una sala semideserta, quando i big Merkel, Juncker e Tusk se ne sono già andati da un pezzo, avendo di meglio da fare. Tipo mangiare un boccone. Ora, per carità, niente di nuovo sotto il sole. Stiamo parlando dell’ometto di Stato che nel ’94 andò al governo alleandosi al Nord con la Lega e al Sud con An perché Bossi e Fini non si parlavano se non per insultarsi. Che per vent’anni e passa fu contemporaneamente per il maggioritario e per il proporzionale. Che strillava contro i ribaltoni (altrui) e intanto si comprava i parlamentari (altrui). Che stava con Bush ma anche con Putin e con gli altri nemici di Bush. Che a Gerusalemme era filo-israeliano alla Knesset e filo-palestinese con Abu Mazen. Che un giorno baciava la mano a Gheddafi, l’indomani lo bombardava e dopo i funerali lo rimpiangeva. Che appoggiava il governo Monti e poi prometteva di cancellare tutte le leggi del governo Monti che, senza i suoi voti, non sarebbero mai passate. Che approvava la legge contro la prostituzione minorile e, quando si applicava a lui, gridava al complotto. Che votava la Severino per cacciare i condannati dal Parlamento e, quando scattava per lui, strillava al golpe. Ma poi, col tempo, tutti avevano imparato a non tener conto di quel che diceva, a farsi una risata appena apriva bocca, a trattarlo come un simpatico nonnetto rincoglionito. Ora lo prendono tutti di nuovo terribilmente sul serio. Anche perché, al cospetto di Renzi, Pisapia&C., pare un monolite. E soprattutto perché un Graviano direttamente al governo non ce lo possiamo permettere. Non ancora.  Articolo intero su Il Fatto Quotidiano in edicola oggi.

 

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