Ambiente e salute

L’occupazione è record ma solo con lavori occasionali. E la crescita non decolla

By admin

November 04, 2017

04/11/2017 – L’Italia ha un problema. Enorme. Il lavoro non è più il motore dell’economia. Probabilmente perché negli anni è cambiato il concetto stesso di lavoro e per questo la produttività di un occupato di 10-15 anni fa non può essere paragonata a quella di oggi. Per capire la portate del problema basta guardare i numeri. Alla fine del 2016 il Pil era calato del 7% rispetto al 2007 (ultimo anno prima dalla crisi) eppure gli occupati sono cresciuti: 23,1 milioni oggi; 23 milioni a dicembre 2007. In simili condizioni anche l’economia dovrebbe essere migliorata, invece non è successo.

La spiegazione più drammatica è che negli ultimi 10 anni sia crollata la produttività media degli occupati italiani. In realtà è più probabile che ad essere crollata sia l’intensità del lavoro: se una volta l’impiego era a tempo indeterminato per 8 ore al giorno, oggi l’occupazione è una giungla fatta di contratti a chiamata; part time; ex voucher e precariati vari.

“Il dato Istat tiene conto delle teste e quindi risultano come occupati anche i ragazzi che fanno consegne per Foodora o Deliveroo anche se poi magari lavorano mezz’ora al giorno” spiega Lucia Tajoli, professoressa ordinaria di politica economica alla School of Management del Politecnico di Milano, che poi aggiunge: “Se convertissimo i posti di lavoro a tempo parziale in impieghi full time ci accorgeremmo di essere sotto di quasi un milione di occupati rispetto al periodo pre crisi”. Tradotto: probabilmente è arrivato il momento di mettere mano anche al moto in cui le rilevazioni sul lavoro vengono fatte. Per essere considerati occupati, infatti, basta lavorare appena un’ora nella settimana presa a riferimento dall’Istat. “L’interpretazione del dato però non può essere solo negativa perché nell’aumento degli attivi e degli occupati – dice Tajoli – c’è anche l’emersione di un po’ di lavoro nero, magari proprio tra i pensionati più giovani e gli studenti”. Un altro dato interessante riguarda il tasso di attività: a luglio e agosto sono stati raggiunti i livelli massimi (65,7% della popolazione) con un aumento di oltre due punti percentuali negli ultimi quattro anni. L’aumento più consistente riguarda gli over 50: sono cresciuti di 7 punti percentuali. “Il tema degli attivi – spiega Vincenzo Galasso, ordinario di economia politica alla Bocconi – dipende in larga parte da donne e prepensionati. La riforma Fornero ha allungato l’età pensionabile spingendo gli over 55 a lavorare più a lungo; per quando riguarda le donne, invece, è in atto un ricambio generazionale. Dalle statistiche escono le 65enni ed entrano donne che vogliono lavorare anche perché molte sono più preparate degli uomini”. Nonostante il balzo in avanti, però, l’Italia resta indietro rispetto al resto d’Europa dove la popolazione media attiva è al 73,3%. Le riforme degli ultimi anni hanno avuto l’effetto di migliorare le rigidità del lavoro in Italia con effetti che dal punto di vista numerico sono stati positivi per l’occupazione. La ripresa, per quanto debole, ha spinto i nuovi contratti, ma resta il nodo della produttività che – come nota Galasso – “è calata molto in alcune aree, ma è cresciuta in altre per effetto della globalizzazione”. Il risultato è che da un lato l’Italia si è adeguata a quei Paesi – come quelli scandinavi – che pur garantendo i lavoratori hanno contratti interessanti per quelle fasce della popolazione che cercano un’occupazione part time poche anche per poche ore alla settimana; dall’altro lato, però, non è riuscita a dare la stabilizzazione promessa ai tanti precari che cercano un impiego stabile. Con il paradosso che in termini assoluti il mercato del lavoro si è impoverito non facendo crescere gli stipendi. Mettendo in crisi i consumi e rallentando la crescita. – FONTE

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