Ambiente e salute

Editoriale show di Marco Travaglio: “Con Renzi Ha Sentito Puzza Di Cadavere E Lo Ha Umiliato”

By admin

November 08, 2017

07/11/2017- È un vero peccato che lo spoglio delle schede in Sicilia sia stato così fulmineo: tanta bruciante rapidità ha rubato ai politici e ai politologi il tempo di riflettere sul risultato, di metabolizzarlo e di decidere di chi è la colpa. La lista dei colpevoli è dunque piuttosto nutrita, variegata e un filino contraddittoria – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 07 novembre 2017, dal titolo “Colpa del Papa”.

Faraone Davide. Il regista del decesso renziano in Sicilia è, non a caso, il sottosegretario alla Salute. Sempre lucido e tonico, appare in tv dopo i primi exit poll per spiegare che è colpa di Piero Grasso che “non ha avuto il coraggio di candidarsi” col Pd. L’idea che Grasso, dopo aver votato No al referendum per salvare il suo Senato dalla riduzione ad albergo a ore, non si riconoscesse più nel Pd, dunque non abbia mai pensato di candidarsi col Pd ma semmai di mollarlo, non sfiora il nostro. Che però, nel suo piccolo, ha ragione. Non solo su Grasso (per candidarsi col Pd ci voleva in effetti un bel coraggio). Ma anche su papa Francesco. Se il Pontefice avesse accettato di candidarsi in Sicilia col Pd, le cose sarebbero andate diversamente. Purtroppo ’sto Papa pontifica, pontifica, ma poi al dunque se la fa sotto.

Miccichè Gianfranco. L’altro reginetto della MaratonaMentana appare a tarda sera un po’ sovrappeso ma, compatibilmente con un principio di enfisema e un evidente stato confusionale, in buona forma. Fiuta subito la vittoria: non solo alle Regionali ma anche alle Politiche (“Avremo 22 collegi su 22”, inutile votare). Poi però si inalbera quando Mentana gli ricorda il 61 a 0 del 2001: “Ricordatemi per la Palermo-Messina e la Catania-Siracusa”. Ma anche per la Milano-Sanremo, la Parigi-Dakar e la Liegi-Bastogne-Liegi.

Di Maio Luigi. Alla vigilia del voto sfida il sicuro sconfitto, il fu Renzi, a un dibattito in tv. La cara salma, non parendole vero, ha un sussulto (forse il rigor mortis): accetta e riprende quasi i colori. Ieri Giggino sente puzza di cadavere e si ritrae per umiliarlo, ma si fa pure dire che ha paura, per giunta di un feretro.

Renzi Matteo. Mette in piedi la “coalizione vincente” fra se stesso e Alfano, cioè fra i più grandi perditori dell’universo dopo la morte di Fantozzi. Poi va in Sicilia per ben 6 minuti a sostenere tal Micari. Poi scappa in America. Torna in patria a funerali avvenuti e commenta la disfatta come se non lo riguardasse: “Era prevista”. Ecco: una débâcle prevista è meno débâcle. Infine ricorda a Di Maio che “un leader non fugge”. Infatti lui era a New York, dove purtroppo non si votava. Boschi Maria Elena. La Xerox di Matteo twitta: “Di Maio fugge anche da Renzi”. Infatti lei fugge alle domande del Fatto da giugno. Ed è appena tornata da Tokyo, dove purtroppo non si votava.

Morani Alessia. Spedita in tv in rappresentanza del Crisantemo Magico, si è documentata su Repubblica Tv (Claudio Tito: “M5S, sconfitta nazionale”; Sebastiano Messina: “Batosta 5Stelle”). E ci ha creduto, infatti spara: “I 5Stelle non sfondano”. In effetti sono solo il primo partito, col doppio dei voti del Pd. Pensa se sfondavano.

Micari Fabrizio. Dice che “è colpa della sinistra divisa”, come se il Nuovo Centrodestra di Alfano e Renzi fossero di sinistra. E come se il 6% di Fava potesse cambiare le cose. Quindi il suo è “un risultato straordinariamente positivo” (pensava non lo votasse neppure sua moglie). Ma benedetto ometto: un anno fa eri in prima fila alla convention di Musumeci, cioè dalla parte giusta, e poi ti vai a candidare contro Musumeci e, quel che è peggio, con Renzi e Alfano? Ma allora dillo.

Orlando Leoluca. Grande sponsor di Micari sulla scia del “modello Palermo” che lo portò l’anno scorso a vincere le sue quinte Comunali, s’è scordato un dettaglio: un anno fa c’era Orlando, stavolta c’era, anzi non c’era “cu Micari è?” (come lo chiamano i palermitani). Ieri però Leoluca ha realizzato, infatti era a Torino a una mostra sui pupi siciliani. E ho detto tutto.

Pisapia Giuliano. Per mesi tg e giornaloni (Repubblica in testa) si sono interrogati pensosi e ansiosi: Pisapia chi appoggerà? Manco fosse Napoleone. Alla fine la sfiga è toccata a Micari che, diciamo, non lo meritava.

Alfano Angelino. Vedi alla voce Pisapia. Gli sia lieve la terra. Niente fiori, ma opere pubbliche.

Orfini Matteo. Nessuno l’ha visto perché non è andato in tv (ma del resto non lo vede nessuno neanche se ci va), però lui è fortissimo nel gioco senza palla. E infatti l’apporto sotterraneo del commissario del Pd romano s’è fatto sentire a Ostia. Due anni fa governava il Pd, poi il minisindaco fu arrestato e condannato a 5 anni per Mafia Capitale e arrivò il commissario; l’anno scorso il Pd arrivò dietro i 5Selle col 19,2%, ma stavolta han fatto ancora meglio: 13,6% dietro M5S e Fd’I, poco sopra Casa Pound. Di chi la colpa? Non certo di Orfini, mancherebbe altro. Azzardiamo un’ipotesi: è tutta colpa della Raggi. Cerasa Claudio. Reduce dalle “Giornate dell’Ottimismo” di Firenze con Renzi, B., Nardella & Verdini, il ragionier direttore del Foglio punta tutto sul governo Renzusconi. L’altra sera, mentre minuto per minuto gli si restringevano i voti, l’abbiamo visto non pessimista, questo mai, ma un po’ sulle sue. Però mascherava bene: i veri sconfitti erano i 5Stelle e – udite udite – “Rosario Crocetta”. Renzi no, lui ha sempre ragione, anche perché segue sempre i consigli del rag. Cerasa, e i risultati si vedono. Ora si spera che sposi anche l’ultima, decisiva campagna del Foglio: quella per infilare nel simbolo del Pd il logo dell’Ue. Se possiamo azzardare un consiglio, per una ripartenza a razzo verso lo zero assoluto, suggeriremmo un’immagine ancor più accattivante: la foto di Jean-Claude Juncker al quinto whisky. – Articolo intero su Il Fatto Quotidiano in edicola oggi.

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